«Ehi, non è incredibile?»
«Cosa?»
«Guarda bene. Non è incredibile che un oggetto cosí piccolo possa mettere fine alla vita di un uomo?»
Quello che Alex ha in mano è un proiettile. Vicino a lui, oltre a Mara - la sua ragazza che gli vuole tanto bene e che da quel pomeriggio si aspettava qualcosa di meglio - c'è un fucile di precisione.
Mara lo guarda esterrefatta e comincia ad avere paura. Paura di un ragazzo che l'ha portata a casa sua non per fare l'amore, ma per farle vedere come si spara alla gente dal quarto piano di un palazzo. L'appartamento dà su una delle vie piú frequentate della città ed è proprio questo che piace ad Alex: il poter tenere sotto tiro decine di persone senza che esse lo sappiano.
«Alex, okay, 'sta cosa del fucile mi ha fatto davvero impressione» riesce a dire Mara, con lo spavento che le incrina la voce. «Adesso però smettila, eh? io sono venuta qui per divertirmi, mica per vedere te che fai il killer.»
«Perché? non è divertente?» sghignazza Alex rigirando il proiettile tra le dita.
«Non la senti? C'è la morte nell'aria!» esclama tornando alla finestra col fucile in mano. Gli basta un attimo per caricare l'arma e un attimo dopo ancora il suo occhio guarda già attento attraverso il mirino telescopico, alla ricerca di un bersaglio.
«Allora, a chi gliela facciamo la festa? Vecchietta rimbambita con le borse della spesa? Elegantone con ventiquattrore? Ragazzo con ragazza e giacca di pelle? Biondina che parla al cellulare? Fighetto con gel e occhiali da sole? Oppure aspettiamo che passi qualcuno che conosciamo, cosí poi vengono i vendicatori mascherati a interrogarci e noi gli raccontiamo un sacco di palle e li prendiamo un po' per il culo?»
Mara non risponde, occupata com'è a chiedersi se sopravviverà a quell'esperienza.
«Beh, il gatto ti ha mangiato la lingua?» chiede Alex girandosi a guardarla.
La ragazza vorrebbe dire qualcosa ma non può. Sa che se provasse a parlare finirebbe col mettersi a piangere e questo, con tutta probabilità, peggiorerebbe le cose.
Infastidito dal suo silenzio, Alex si fa piú vicino, poi riprende il suo show: «Diavolo Mara, è piú divertente se ti lasci andare. Che ti frega? Con tutti i morti ammazzati che ci sono in giro, che differenza vuoi che faccia uno in piú o uno in meno? E poi lo sai che non ci prenderanno mai. Non prendono mai nessuno.»
Fa per abbracciarla ma la ragazza si ritrae.
Adesso mi ammazza, pensa Mara, subito pentita del suo gesto scostante. Ma Alex ha un'altra idea. Senza battere ciglio, indietreggia di qualche passo e dice: «Mmm, vabbè, fai come vuoi. Anzi, sai cosa facciamo adesso? Tu stai qui buona buona, ti sdrai un attimo e ti rilassi, e io faccio un salto giú a prendere le sigarette, ché le ho finite. Cinque minuti e torno, giuro. Tu intanto pensaci a 'sta cosa. Vedrai che finisce che ti piace, se ci pensi bene.»
Una manciata di minuti dopo, Alex esce in strada. Il marciapiede pullula di bersagli e il ragazzo sorride al pensiero di tutto quello che può fare. È il padrone, lui. Il dio del quarto piano, che un giorno si manifesterà, implacabile, sull'affollato universo di via Matteotti.
Immobile in mezzo al marciapiede, le mani sui fianchi, li guarda in faccia uno per uno, i suoi bersagli, mentre gli passano accanto frettolosi, limitandosi a sfiorarlo coi gomiti o coi lembi dei vestiti, senza mai alzare gli occhi verso il suo empireo.
Il tabacchino non è lontano, basta attraversare la strada per raggiungerlo. Alex avanza con passo deciso, sempre osservando con diabolica attenzione la realtà che lo circonda.
Tutti sentono lo sparo, forte, chiaro, apodittico, ma solo Alex stramazza a terra esanime, mentre il suo cervello schizza da tutte le parti. Tutti lo guardano ma lui non può piú vedere nessuno.
Il dio del quarto piano muore e non fa neanche in tempo a pensare che la morte nell'aria c'è davvero.
[Il Secolo XIX, 7 maggio 2003]