Sergej Caleb Leone

nasce il 7 novembre 1976 ad Altrove. Manifesta fin da piccolissimo l'interesse per la scrittura. Ma i quaderni con le sue storie a metà tra il sogno e la realtà sono andati perduti. Le sue prime influenze sono J. D. Carr e H. P. Lovecraft. Più tardi scopre Joyce, Mann, Kafka, Musil ed altri. Appena maggiorenne, inizia il suo viaggio musicale nella psichedelia, un'esperienza che condizionerà anche i suoi esperimenti letterari. Nel 1995, intraprende gli studi filosofici, ma nei quattro anni successivi rimane ingabbiato nella Zona d'Ombra. Ne esce nel 1999 con animo rinnovato, e nuove idee per i suoi racconti.

GHIGNOMATTO

 A Stefania, una mia lettrice "speciale":
una piccola storia non-sense,
per portare un po’ di illogicità
nella realtà squadrata dei nostri tempi.

Ghignomatto è uno dei tanti miei amici, e quella che state leggendo è la sua storia, così come lui stesso me l’ha raccontata.

Ghignomatto è conosciutissimo in città; chiunque l’avrà visto almeno una volta parlottare tra sè e sè, e poi ridacchiare sornione. Non beve e non si droga. Egli è proprio così: sempre negli stessi vestiti, ogni giorno più logori, tutto solo su una panchina, un muretto, ad un angolo di strada, e sempre a bisbigliare e ghignare divertito. E’ per questo che qualcuno, tanto tempo fa, gli affibbiò questo nomignolo. Non ho idea di quale sia il suo vero nome.

Eppure, ci sono stati giorni in cui vestiva bene, e godeva di un’ottima considerazione. Ora è nulla più di un matto canzonato dai ragazzini.

Ma forse è bene procedere con ordine.

La sua storia inizia il giorno in cui notò con sorpresa che in corrispondenza del suo cervelletto avvertiva una strana vibrazione. Essa non era localizzata superficialmente sulla nuca, ma più in profondità, ed aveva la curiosa particolarità d’essere una vibrazione intermittente. Riusciva a sentirla solo quando c’era un certo silenzio, e solo se si concentrava bene. Tuttavia, all’inizio non diede molta importanza alla cosa, anche se la trovava assai singolare. Pensò che gli sarebbe passata spontaneamente. Eppure, nei giorni a seguire, quella vibrazione continuava a ronzargli in testa come prima, se non addirittura un po’ di più rispetto ai primi tempi. Non che gli creasse un così odioso fastidio, ma il persistere di quella insolita compagna dei suoi silenzi cominciava a preoccuparlo. Si convinse a chiedere consiglio ad un medico, ma questi, udita la descrizione del disturbo, seppe solo dipingersi in volto un’espressione da tonto, salvo poi recuperare il contegno che si addiceva alla sua professione, e sputare la diagnosi: solletico del midollo risiedente alla base del cranio. Gli prescrisse delle pillole di colore giallo canarino, al gusto di vaniglia. Una compressa la mattina, una la sera. Grazie mille, dottore. E andò via tutto contento.

Non saltò una sola compressa nell’arco di 20 giorni, ma quella vibrazione persisteva ancora. Spazientito, si recò da uno specialista in dolori intermittenti.

"Solletico del midollo? Ma non scherziamo!" gridò costui, "Qui si tratta di frivolezza del tessuto che riveste il cervelletto!".

Gignomatto vi credette, e pensò che questa volta la diagnosi fosse veramente esatta. Ma il tempo gli diede torto: le fialette che aveva assunto regolarmente sembravano non avere avuto nessun effetto benefico.

Durante il giorno, non avvertiva quasi nulla, ma non appena tornava nella quieta intimità della sua casa, o si rannicchiava sotto le coperte, nella calma della notte, lo zzzzzzzz... intermittente lo stuzzicava fin quando, stremato, non crollava dal sonno. Tra l’altro, aveva notato che la vibrazione tendeva a perfezionarsi con il passare del tempo. All’inizio si trattava di un ronzìo alquanto inespressivo, poi divenne più articolato. Chissà che con gli anni non sarebbe diventato una melodia.

Ormai erano passati ben tre mesi dalla comparsa dello strano sintomo, e c’era la necessità di trovare una cura efficace. A quel punto, Ghignomatto reputò che era il caso di farsi ricevere da uno dei migliori specialisti del mondo, che esercitava in una città molto lontana da qui. Se anche quel medico avesse fallito, si sarebbe rassegnato ad udire quella litanìa per il resto dei suoi giorni.

Il luminare in questione si occupava di disturbi che provocano rumori, come tosse, ronzii, starnuti, flatulenze moleste e brontolii di stomaco. Questo medico, a differenza degli altri, lo ascoltò con attenzione, e dopo un profondo respiro emanò il suo solenne responso:

"Ci sono buone possibilità che si tratti di totalitarismo del sistema nervoso centrale. In questo caso, è sufficiente che prenda dello sciroppo all’acetilene, e nella migliore delle ipotesi guarirà" fece una lunga pausa "Tuttavia, esiste un margine di probabilità che non si tratti di un malessere fisico. In quel caso, non sono io a poterla aiutare. Se la mia terapia non dovesse dare risultati positivi, le consiglio vivamente di recarsi da uno specialista in increspature della coscienza. Eccole il suo indirizzo".

Ghignomatto temeva che la cura all’acetilene non l’avrebbe guarito. E così fu.

Allora, davvero non doveva trattarsi di un’affezione del corpo, curabile con delle medicine, ma un’alterazione della sua personalità. In poche parole, come gli venne spiegato in seguito, la sua coscienza aveva preso una piega inaspettata. Quali conseguenze avrebbe comportato, non sapeva immaginare. Non gli rimaneva altro da fare che mettersi nelle mani di quello strano tipo di medico (si trattava di un medico?) che gli era stato consigliato.

"La soglia di guardia del suo livello di realtà si è abbassata".

Ghignomatto, ignorante com’era, non capì, e chiese spiegazioni.

"Per intenderci" gli venne detto "ognuno di noi ha nella propria coscienza una specie di termometro. Se il livello a cui esso si mantiene è quello di ogni persona normale, allora noi riusciamo a percepire nè più, nè meno che la nostra banalissima realtà. Se si abbassa, avremo la possibilità di comunicare con altri livelli di realtà. E questo è quello che è successo a lei. La vibrazione intermittente che avverte è solo la voce di un abitatore di qualche realtà "altra", che cerca di farsi sentire. Lo ascolti. Non si tratta di un disturbo veramente preoccupante per la salute, anzi, se lo desidera, potrà perfezionare la sua anomalia con un costante esercizio, così da riuscire a rafforzare questo filo conduttore, per ora davvero sottilissimo. Si convinca: non è una malattia, è un dono!"

"Quante persone sono venute da lei per il mio stesso motivo?"

"Per ora, nessuna. Lei è il mio primo paziente"

Oltre a queste sconcertanti spiegazioni, quell’enigmatico vivisezionatore della coscienza diede a Ghignomatto un quaderno tutto usurato dal tempo, su cui erano vergate a penna una serie di consigli su come perfezionare quella dote così inusuale. Vi era scarabbocchiato un titolo: "De gramathica cosmica. Articolatio dialectica et semantica".

Il quaderno sembrava essere stato usato da molti altri prima di lui, eppure gli era stato detto che la casistica medica non aveva mai annoverato qualche altro depositario di quella facoltà straordinaria.

In ogni caso, dalla lettura di quel taccuino ricavò delle conoscenze importanti, le quali gli permisero di fare enormi progressi nella comunicazione con gli amici (perchè si accorse che erano più d’uno!) che stavano "oltre". Il ronzìo indistinto divenne un suono più definito, anzi una serie di suoni diversi. Ne aveva contati una ventina, e all’inizio gli sembrava si ripetessero in sequenze sempre differenti. Lì fu il taccuino malandato a venirgli in aiuto. Sfruttando le informazioni in esso contenute, riuscì pian piano a ricostruire tutta una sintassi completamente diversa da quella della sua lingua madre. E non solo, imparò anche a "parlare" in quel linguaggio corporale, sviluppando la capacità di far vibrare la corteccia del cervelletto. Certo all’inizio quelle sillabe sonore gli venivano fuori un po’ biascicate, e non era sicuro che i suoi amici riuscissero sempre a comprenderlo. Ma dopo mesi d’assiduo esercizio era diventato il retore della lingua cosmica! Si faceva certe chiaccherate mentre si radeva! O prima di coricarsi, oppure quando si sedeva sulla poltrona del salotto, sorseggiando una tazza di caffè.

Gli abitanti di "Altrove" sembravano essere detentori di un sapere assai diverso da quello umano. Ghignomatto stava lentamente rendendosi partecipe di quella visione del mondo, e questo lo cambiò molto. Tra il passaparola della gente cominciò a circolare la notizia di questa singolare facoltà. La diceria giunse all’orecchio di un Pigmalione, il quale decise di prendere Ghignomatto sotto la sua protezione e farne un personaggio di successo. Fu ad opera di questo scopritore di talenti, che gli individui dall’altra parte del filo vennero ribattezzati "Iperbòrei".

Venne fatta una massiccia campagna pubblicitaria per suscitare la curiosità dell’opinione pubblica riguardo allo strano caso, e rendere questa vicenda un prodotto massivamente vendibile. I giornali se ne occuparono per settimane, e la gente ne parlava di continuo. Ma la consacrazione di Ghignomatto all’altare della notorietà avvenne quando fu invitato in tv. Tutto fino a quel momento era stato preparatorio al grande exploit televisivo. Mezzo mondo si trovava incollato ai teleschermi, incantato da quello che si preannunciava l’evento mediatico più straordinario che la storia ricordasse.

E Ghignomatto parlò:

"Gli Iperbòrei dicono: ciò che è, può contemporaneamente non essere, e ciò che non è, può contemporaneamente essere".

Fu un tripudio. Ognuno si sprecò in lodi di ogni genere.

"Ma che rivoluzione!"

"Che profondità d’indagine!"

"Che acume logico!"

"Il primo capitolo della Nuova Era!"

"Un’osservazione che rischiara le Tenebre!"

Moralisti, platonici, grammatici, tomisti, occamisti, fenomenologi, matematici, esistenzialisti, nichilisti, francescani, apollinei, fascisti, protestanti, nazionalsocialisti, asceti, rivoluzionari, stoici, psichiatri, esteti, cristiani, bolscevichi, suffraggette, panteisti, materialisti, fisici, razionalisti, spiritualisti, hegeliani, fondamentalisti, dionisiaci, anitedonisti, positivisti, e finanche gli scettici della prima ora si convertirono al verbo degli Iperbòrei.

Ghignomatto fu invitato una seconda volta a rivelare il Nuovo Pensiero tramite la televisione:

"Gli Iperbòrei dicono: se da quantità uguali, si sottraggono quantità uguali, non si otterranno quantità uguali".

"Ma che bravo!".

"Che parole!".

"Un assunto di capitale importanza!".

"Occorre riscrivere qualche capitolo del Pensiero Umano!".

"Le fondamenta della Filosofia Cosmica!".

Nel trambusto generale, la storia di Ghignomatto divenne un fenomeno di massa. Le differenze etniche, sociali, politiche, razziali e religiose vennero appiattite dalla condivisione dei Nuovi Principi degli Iperbòrei. Fiorirono associazioni, comunità, sette, e tutte riponevano nel Nuovo Pensiero la più totale fiducia.

"Gli Iperbòrei dicono: due determinazioni contraddittorie, come ‘bianco’ e ‘non bianco’, possono essere entrambe vere, o entrambe false".

"Straordinario!".

"Quale rivelazione inaspettata!".

"Gli Iperbòrei non finiranno mai di stupirci!".

L’aspettativa per le affermazioni degli Iperbòrei crebbe a dismisura, soprattutto quando cominciò a circolare la notizia, per altro del tutto vera, che l’enuciazione seguente sarebbe stata d’importanza decisiva e definitiva. Tutti erano convinti che, dopo aver appreso il principio finale, l’umanità avrebbe mosso il primo passo della sua seconda evoluzione. Nel pomeriggio di un giorno che sarebbe passato alla storia, Ghignomatto entrò nelle case di tutto il mondo, per lanciare il messaggio che serviva da suggello al pensiero degli amici di "Altrove":

"Gli Iperbòrei dicono: tutto quello che Noi diciamo è falso".

Non ci sono parole per spiegare il putiferio che ne seguì.

"La più grande truffa della storia dell’uomo!".

"Gli Iperbòrei sono il frutto dei vaneggiamenti d’un folle!".

"Ma che zotico!".

"Rinchiudetelo!".

"Un oltraggio infamante!".

Ghignomatto cadde nella rovina più totale. Il Pigmalione lo mollò, e con lui tutte le persone che avevano cercato di ingraziarselo nel suo momento migliore. Intorno a Ghignomatto si formò terra bruciata; solo gli Iperbòrei non lo abbandonarono.

Gli stessi depositari di quella fiducia incondizionata si erano presi gioco di chi li osannava, e per di più lo avevano fatto dicendo l’unica cosa vera (e falsa) tra tutti i loro enunciati.

Le sette e le congreghe si sciolsero, il mondo riacquistò la sua intolleranza, il suo risentimento; l’illusione svanì come una bolla di sapone, e la gente piangeva la morte di un sogno. Dopo poco più di un mese, molti si dimenticarono del profeta dell’oltremondo.

Non saprei dire se gli Iperbòrei esistano veramente (ma a questo punto, esistono il vero e il falso?), o se siano solo l’invenzione di un pazzo.

Io penso che Ghignomatto non sia affatto pazzo; forse è solo un malato di solitudine.

E’ un sognatore Ghignomatto.

Ma i suoi sogni, per un po’, hanno tenuto compagnia al mondo.


Cronache dall’OltreMondo

Sono impegnato in un litigio violento con mio fratello. Calci e pugni senza troppi complimenti. I miei genitori sono presenti e stanno a guardare l’accaduto. Me ne scappo fuori e comincio a librarmi in volo, come se nuotassi nell’aria. Giungo in un borgo dove ci sono persone, e torno a posarmi sulla terra in corrispondenza di un distributore di sigarette. E’ rotto. Ma scopro di avere un pacchetto di Marlboro mezzo pieno. Fotogramma bianco e rosso. Poi proseguo fino ad un edificio. D’un tratto si fa più buio, non proprio notte, come alla luce del crepuscolo. Un ragazzo mi si fa incontro e dice ai suoi amici appollaiati sulla scala: -Eccolo! E’ arrivato!-. Tutti quanti mi accerchiano e mi spintonano e mi tirano. Io cerco di dimenarmi e fuggire, ma non ci riesco. Sanno che io temo che loro mi pestino, ma sul più bello, quando il pestaggio doveva avere inizio, tutti quanti cacciano fuori un’asticella di legno e dicono una cosa buffa, e ridono per la paura che mi sono preso. Al che io divento nero dalla rabbia, e sfilo un’asticella dalla mano di uno dei ragazzi; poi comincio a bacchettarli uno per uno, e loro inerti a subire il mio gesto di stizza. Proseguo ancora verso l’edificio che scopro essere una scuola. E’ il luogo del sapere codificato, dei valori acquisiti, sento di odiarlo. Entro dentro e comincio a fare ogni sorta di sberleffo agli alunni ed alle suore che trovo in giro. Proprio mentre sto per andarmene via, faccio un gestaccio davanti alla madre superiora, che minaccia di prendere dei seri provvedimenti contro di me (come può arrogarsi il diritto di condannare chi è esterno alla scuola?). Scendo le scale e mi trovo la suora alle costole, che scaglia strali di invettiva al mio riguardo. Sul vialetto che mi porta fuori, trovo un contadino che mi parla del suo lavoro. Stacco brusco. Sono a casa nel mio letto, nel cuore della notte. Sono in dormiveglia, ma riesco a sentire mia madre che, spaurita, dice a mio padre qualcosa che riguarda la nostra casa. Ripete la frase una seconda volta ma non riesco a comprendere, poi finalmente capisco, sta dicendo: -C’è qualcuno in casa-. Mi alzo dal letto impaurito ed assieme ai miei cominciamo a setacciare la casa, ma non troviamo nulla. Ad un certo punto, capisco che c’è qualcuno fuori della porta, così guardo attraverso l’occhiello. Vedo cinque persone che stanno uscendo dall’ascensore, e portano con loro un carretto colmo di braci ardenti. I loro volti sono minacciosi, stanno odiando. Vedo nitidamente il volto di quello che mi sembra il capo: biondo, stempiato, gli occhi sottili, cattivo. Porta in mano un cacciavite, e comincia a svitare l’occhiello. Sta smontando il mio sguardo. A quel punto, corro al telefono e chiamo il 113, ma la linea sembra occupata. Mio padre dice che a chiamare gli sbirri si incontrano solo problemi. Come d’incanto, i tizi con le braci non ci sono più. Torniamo a dormire.