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Natalia Milazzo
Natalia Milazzo


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PER QUEL GRAPPINO IN PIÙ DEL PADRETERNO

Si era agli albori del mondo, tutto era incerto e sospeso. Iddio percepì una certa aspettativa, in giro: e c'era ben da capirlo. Erano giorni cruciali. Ogni possibilità era ancora aperta: Iddio non aveva ancora stabilito a chi assegnare che cosa, dove stanziare gli esseri, come strutturare il sistema. Da questo una confusione eccitante, ma anche continui intrighi, rimostranze, petizioni. D'altra parte, oltre alla ovvia lotta per la spartizione dello spazio, la posta in gioco era grossa. Iddio ci teneva a istituire una specie predominante, ormai era una notizia quasi ufficiale. E la voce si era sparsa fulminea.

Specie, razze e famiglie, pur cercando di non darlo a vedere, sgomitavano e intrigavano per mettersi in mostra. Ognuno cercava alacremente raccomandazioni e appoggi. Era un incessante brulicare di patti, accordi, promesse. Si stringevano e scioglievano alleanze sempre nuove, mentre partiti e associazioni nascevano come funghi e si disfacevano come neve al sole.

Gli esseri, appena creati, iniziavano subito a organizzare fra loro degli scambi, seguendo contorti calcoli e tornaconti. Chi cedeva due zampe in cambio di un set di pinne, chi offriva una pelliccia come nuova per un paio di ali. I risultati di questi mercati erano poi magari assurdi, stranezze che Iddio non aveva mai progettato: tipo l'ornitorinco, peloso ma con becco d'anatra; o lo struzzo, tutto gambe ma praticamente senza ali. E Iddio doveva continuamente rimediare a pasticci anche peggiori.

L'ultima sfrontataggine era stata quella dei mammiferi, per la questione del mare: ci si volevano ficcare dentro tutti, dio sa perché. Mentre Iddio - ostinatamente - voleva riservarlo ai pesci. Ma proprio il giorno prima, non gli si presentano davanti con l'ennesima petizione in carta da bollo delfini, balene e foche? A forza di astuti scambi e baratti si erano conciati con coda di pesce e pinne: e tutto per dimostrare che la vita nell'acqua era fatta apposta per loro. Dai e dai, finì che la spuntarono. Furono i soli, però, ad averla vinta.

Ma erano in fondo piccoli problemi, che Iddio aveva ampiamente previsto e che si sarebbero risolti col tempo. Nel complesso, pensava tra sé, socchiudendo gli occhi per la luce abbagliante e sorseggiando un ultimo grappino dopo pranzo, tutto andava a meraviglia. Nel grande risplendere ed ondeggiare di quella prima giornata c'era un solo neo: l'Aiutante, che aspettava Iddio con l'aria di chi annuncia grane in corso.

Il Padreterno trattenne a fatica un'imprecazione. Cosa diavolo voleva adesso quel menagramo? Di malavoglia, andò incontro al fedelissimo Alfomega. "Novità?" chiese, sperando debolmente che non ce ne fossero.

"È per gli uomini, capo. Secondo me, dobbiamo inserire un programma di adattamento più spinto. Muoiono come mosche".

"Muoiono? È perfettamente normale, Alfomega. Te l'ho già detto mille volte che ho strutturato tutto a cicli: si nasce, si vive, si muore. Qual e' il problema?"

"Ma quelli sono fuori media, capo. Muoiono per le inezie più assurde: ieri dieci sono morti di dolore al calar del sole, quattordici sono morti offesi perché non sono stati invitati alla gara di volo degli alati, quattro sono morti di fame tra la colazione e il pranzo, uno è morto di malinconia, uno di rimorso perché senza volerlo aveva calpestato una viola mammola... Se la prendono per tutto, sono ipersensibili..." L'Aiutante diede una rapida occhiata intorno e abbassò la voce. "Non dovevano essere loro, a predominare? Se va avanti così, non ce la faranno mai..."

"Ma chi è che quell'idiota che ha fissato i parametri?" si irritò il Padreterno.

All'Aiutante non parve vero di mettere in cattiva luce un altro settore. "Ci hanno pensato all'Ufficio Pensanti, mi scusi il gioco di parole... e non è tutto. Li hanno tarati su un livello di aggressività dannatamente basso. Cosa vogliamo ottenere: degli uomini o dei conigli? Passano le giornate a discutere dei massimi sistemi, a suonare la chitarra, a raccogliere fiori, naturalmente morendo di dolore se appena un'ape li punge. Bei manager del creato, che ne vengono fuori, da questi intellettuali rammolliti."

A Iddio non sfuggì l'allusione neanche troppo velata di Alfomega (tra Ufficio Pensanti a Amministrazione ordinaria c'era una ruggine vecchissima), ma volle ugualmente premiare il suo fedele, che recentemente si era sbattuto come un negro per mettere una pezza a tutti i guai della creazione.

"Rirégolali, tu, Alfomega, ti dò piena fiducia". La grappa, a volte, gioca brutti scherzi: "E dacci sotto, mi raccomando. Potrei anche ripensare a quella famosa promozione..." E con una pacca sulla spalla lo rese completamente felice.

Alfomega - che inseguiva quella dannata promozione da un'eternità - non si risparmiò, e rese gli uomini adattabili come nessun altro essere al mondo. Diede anche una ritaratura all'aggressività, per far vedere che lui sì che ci sapeva fare: "D'altra parte, non dovevano essere a immagine e somiglianza del Vecchio?", concluse tra sé, soddisfatto. "E il Vecchio è tutto tranne che un tipo ipersensibile". Tergendosi il sudore dalla fronte si buttò finalmentein branda. La promozione, se la sentiva in tasca.

 

Trascorsero i millenni, e Iddio, dopo essersi occupato di tantissime cose, riposava. Alfomega era stato promosso, naturalmente: e sulla questione degli uomini non aveva più detto una parola. Ormai l'Universo era perfettamente strutturato.

Finché un bel giorno Iddio vinse la pigrizia e si decise a fare una bella ispezione generale nello spazio e tempo. Alfomega, come di consueto, lo accompagnò.

Nove e supernove esplodevano silenziosamente, galassie roteavano scintillando, la materia si infilava sibilando nei buchi neri, i sistemi ordinati disegnavano coscienziosamente le loro orbite, incrociando con disinvoltura pianeti e stelle senza mai farli urtare.

"Bene, bene...", mormorava Iddio, di buon umore. "Molto bene".

"Ah, già, gli uomini..." si ricordò a un tratto con voce soddisfatta, mentre si avvicinavano al pianeta biancoazzurro che ruotava con una decina di colleghi intorno a una stella di media grandezza. "Vediamo un po’ come te la sei cavata, quella volta (aveva una memoria divina)."

Si stupì, vedendo che il volto di Alfomega si copriva di imbarazzo. "Che c'è, Alfomega?" Immediatamente, puntò lo sguardo sul mondo, lasciandolo scorrere per i millenni.

"Ammazza, se sono diventati adattabili...", prese a mormorare tra i denti, dopo qualche minuto. "E non si ribellano, mai, mai... Ma come fanno a resistere tanto? Dio santo, Alfomega, ma questa è follia, non è possibile... ma questi sono conciati come bestie, sopportano letteralmente tutto... no, no, no, Alfomega, non ci siamo, non era questo il concetto... è colpa anche mia, avrei dovuto pensarci... dio, guarda in quel lager, resistono alla fame, alle botte, alla dignità calpestata... li preferivo quando morivano per un tramonto, se questi sono i risultati... Dovevamo prevederlo, se ne fanno a vicenda di tutti i colori... Se solo fossero un po’ meno adattabili, sarebbe semplicemente impossibile arrivare a questo... No, Alfomega, non ci posso credere: qui c'è gente che sopravvive alla tortura e agli stupri, gente che ammazza bambini e sopravvive al rimorso... non li ammazza niente, questi, nessuna bassezza, nessuna vergogna... E poi, scusa, ma a che razza di tasso di aggressività li hai regolati? Non hanno fatto altro che darsi addosso a vicenda, da quando sono sulla terra... bei manager del creato, veramente..."

Alfomega non sapeva più dove guardare. "Non credevo che avrebbero sfruttato fino a questo punto le loro potenzialità..." balbettò, con un fil di voce.

"Ah, no, no, mio caro, qui è tutto da rifare", disse infine Iddio, che intanto aveva scorso tutta la storia dell'umanità. "Certo, è bello vederli vivere nel deserto e sul ghiaccio, è pittoresco come affrontano il gelo e l'arsura, ma il risultato complessivo è comunque mostruoso... si sono adattati a vivere come vermi, come talpe, come topi... all'anima del predominio! E ormai è tardi per riprogrammarli... Eh, altroché se all'Ufficio Pensanti avevano fatto bene i loro calcoli..." mormorò tra i denti, senza farsi sentire.

"Guarda, carissimo, qui è proprio tutto da rifare, non è mica un prodotto presentabile" concluse Iddio infine. "Via, li faccio fuori tutti, che è meglio anche per loro, e non se ne parla più. Dai, non fare quella faccia, è colpa anche mia, te l'ho detto. Non si può azzeccare tutto alla prima volta. Su, dammi un'idea: a chi si dà il predominio, a questo punto?"

"Ai dinosauri?" suggerì Alfomega, ancora rosso di vergogna.

Iddio lo fulminò con lo sguardo.

"Ma non diciamo eresie! È il turno delle scimmie. E scommetto quello che vuoi che questa volta andrà meglio."

l parco è immerso nell'oscurità mentre lo attraverso a passi leggeri e veloci. Un vento caldo e gentile bisbiglia tra le fronde degli alberi. Sembra voglia suggerirmi di tornare indietro. Una parte di me vorrebbe farlo, ma è troppo tardi. Ormai. Le mie gambe sfiorano il terreno, vorrei sentirle pesanti, provare qualcosa di diverso. Eppure, in una frazione di secondo, ho affogato ogni certezza, sfumato il futuro, sgretolato la mia vita. In un istante … mio Dio! E' così difficile spiegare alcune cose che si possono provare in un certo momento della vita. Non tutti possono capire. Alcuni lati oscuri noi li scopriamo nel momento in cui un cono di luce ce li illumina, poi può capitare che nonostante siano stati evidenziati ci spaventino subito o, al contrario, andiamo loro incontro curiosi, vedendoli come nuove avventure da scoprire. Ma ci sono delle volte in cui dovrebbero rimanere al buio, tutta la vita. Invece, dopo che qualcuno li ha rischiarati, finiscono per farti esplodere l'anima.

Già da giorni mi parlava con tono ruvido. Avrei dovuto capire tutto prima. Nei suoi occhi ero già scomparso da tempo. Le sue ragioni erano state colpi di frusta. Le aveva pronunciate, così, senza decenza. "Fabio era da tempo che volevo dirti che… ecco…non voglio più … Dio! Insomma… ecco… sì… è che io voglio un vincente accanto a me. Capisci? Dovresti trastullarti di meno. Che so… Non concludi mai niente." Risento ancora la mia voce che vibra: "Ti prego… baciamoci almeno per l'ultima volta." Il suo no più deciso mi pulsa ancora nel cervello. Il suo corpo l'ho lasciato lì disteso sul manto erboso vicino al laghetto del parco. Vado a casa ora. Ho bisogno di dormire. Non voglio pensare al domani.

 


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ultimo aggiornamento
aprile 2001