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Volata lunga

22 ottobre

Questa mattina, quando sono uscito, ho trovato un camion carico di fili elettrici, lampadine e tubature metalliche varie parcheggiato proprio davanti al passo carraio di casa mia. Per fortuna, ho pensato, non devo prendere la macchina. Poi mi sono accorto che quelli erano addobbi natalizi - stelle comete, fiocchi di neve stilizzati o qualcosa del genere - e che i due operai che si davano da fare con una scala all'inizio della via, proprio vicino all'edicola, li stavano montando. Ho comperato il giornale e ho controllato la data. Sì, oggi è proprio il 22 ottobre. Roba da non credere: è praticamente estate, c'è ancora l'ora legale, deve ancora arrivare il week end dei santi e quelli stanno già pensando al Natale. Assurdo.

27 ottobre

Credo che per il week end, in definitiva, finirò col restare a Milano. Avevo pensato che se la casa al mare fosse stata libera avrei potuto farci un salto, magari in compagnia, ma naturalmente ci va mia sorella Anna, con marito e figliolanza al completo. Quando ho risposto al telefono ed era lei, ho capito subito che c'era qualche bidone in arrivo e infatti. Naturalmente mi ha chiesto se ci andavo anch'io, assicurandomi che la camera piccola era libera (grazie tante) e che i ragazzi sarebbero stati felici di vedermi (figuriamoci), ma quando ho risposto no grazie, che avevo un po' di lavoro da finire e volevo approfittare di questi due o tre giorni di tranquillità (non è esattamente vero, ma qualcosa mi dovevo pur inventare), non ha fatto una piega e, anzi, ha detto subito che allora Serena, la mia nipote più grande, avrebbe potuto portarsi dietro un'amichetta, che ci teneva tanto, ma prima di dirle di sì volevano essere sicuri che la stanza non servisse a me . Tanto per fare un po' di conversazione le ho raccontato che sotto casa mia hanno già montato gli addobbi di Natale e lei, senza fare una piega, mi ha detto che nella loro via ci sono già da dieci giorni. Però, mi ha spiegato, non li accenderanno prima di Sant'Ambrogio, che è già qualcosa. Ha aggiunto che dovremmo cominciare anche noi a pensare al Natale, per non fare tutto all'ultimo momento come gli anni scorsi e mi ha chiesto se ho qualche idea per il regalo della mamma. Il che vuol dire che qualche idea ce l'ha già lei e che deve essere particolarmente letale. Loro sono in cinque, ma il prezzo dei regali per la mamma, chissà perché, lo dividiamo sempre in due, metà a me e metà a loro, e viene sempre una bella cifra. Speriamo in bene.

31 ottobre

Oggi finisce l'ora legale, la città è mezza vuota, nel senso che se ne sono andati praticamente tutti, e si sta benissimo. Mi è venuto in mente che, in un certo senso, mia sorella ha ragione: per non finire come al solito, al Natale dovrei proprio cominciare a pensarci anch'io, farmi venire qualche idea. Piuttosto di sottopormi per l'ennesima volta a tutto il rituale del pranzo, dal salmone affumicato (che detesto) al panettone (che mi fa male), per non dire dei brindisi e dello scambio de regali, con le relative lamentele e proteste da parte dei gemelli, ai quali non ne va mai bene una e che vorrebbero sempre qualcosa d'altro, e gli sguardi di disprezzo di mia nipote, con mia sorella che le dice di ringraziare lo zio in un tono che significa chiaramente figlia mia che cosa vuoi farci da uno come lui non ti puoi aspettare niente di meglio, questa volta mi sparo.

5 novembre

Un'ideuzza, in effetti, mi è venuta. Stasera, quando sono rientrato, per poco non mi sono scontrato, sul portone, con la bionda del piano di sotto, quella che tutti i vicini considerano all'unanimità lo scandalo del palazzo. A me, devo dire, non dispiace affatto: è un bel tipino, molto graziosa, se vi piacciono i tipi vistosi (e a me piacciono) e rappresenta, in definitiva, una delle attrattive di una casa che di qualche attrattiva ha sempre avuto un gran bisogno. Anche se vive da sola, ogni tanto mette su un po' di musica a tutto volume e riceve qualche visita a ore un po' strane, in fondo sono fatti suoi e non rompe le scatole a nessuno. Eppure, come dicevo, non è esattamente gradita a tutti: alla riunione di condominio del giugno scorso (ho dovuto andarci per forza, perché qualche incosciente voleva proporre di rifare la facciata interna e c'era rischio che i sì fossero in maggioranza), la maggior parte dei presenti non ha fatto altro che esprimere dubbi più o meno larvati sulla sua moralità personale e sociale e a lamentare la perdita di prestigio che la sua presenza comporta per lo stabile. Evidentemente, anche se manca poco al duemila, certa gente a farsi gli affari suoi proprio non ci riesce. Comunque, visto che era carica come un mulo e da sola quasi non ce la faceva a entrare, le ho tolto di mano uno dei tre sacchetti del supermarket che si trascinava dietro e le ho tenuto aperto il portoncino. Lei mi ha ringraziato e in ascensore abbiamo scambiato quattro parole sul clima. Fa caldo - ha detto - non sembra neanche di essere in novembre. E mi ha chiesto se non mi sembrava assurdo che fuori avessero già montato le luminarie di Natale. Proprio assurdo, ho convenuto, accorgendomi di aver trovato una sorella spirituale. E in seguito mi è venuto in mente che con una come lei si potrebbe passare un giorno di festa in modo molto più creativo e piacevole che non aprendo pacchetti colorati contenenti degli orrendi regali.

12 novembre

Il problema, naturalmente, è quello di liberarsi della mamma. Una volta tolta di mezzo lei, sfuggire ai residui impegni di famiglia sarebbe uno scherzo. In effetti, sono anni che mio cognato ripete che partire per andare a sciare la mattina del ventisei, con tutta la gente per strada, è una sciocchezza bella e buona e che mia sorella gli risponde che non si può lasciare la nonna a passare il Natale da sola senza i nipotini. Per cui la riunione di famiglia si impone e a questo punto, non si scappa, è ovvio che devo esserci anch'io. Ma senza nonna loro partirebbero di volata a mezzogiorno del ventitré e non si farebbero vivi fino all'Epifania e io sarei libero di starmene bello e tranquillo per conto mio: prospettiva, lo confesso, che trovo piuttosto allettante. Ma come si fa?

14 novembre

Oggi è domenica, ma i negozi del corso erano tutti aperti. È proprio cominciata la sarabanda delle spese natalizie. C'erano le luminarie accese (altro che Sant'Ambrogio), una quantità di gente in giro, bancarelle di panini e alimentari vari e, nel complesso, una confusione bestiale. Mi sono infilato in un bar per bermi uno spumantino in santa pace e, indovina, ci ho incontrato la bionda, che si stava facendo un caffè fuori orario. Mi ha salutato tutta allegra e mi ha chiesto se ero fuori anch'io per acquisti. No, le ho risposto: non sapevo neanche che i negozi fossero aperti e comunque mi sembrava assurdo pensare ai regali di Natale il quattordici novembre. Ha risposto che era d'accordo, che non era mai riuscita a capire tutta questa confusione natalizia, che ogni anno comincia un po' prima e chissà dove andremo a finire. Lei il Natale si riposa e basta: non vede nessuno e passa la giornata in casa a leggere un buon libro. Ho dovuto ammettere, in risposta al classico "e lei?", che io, invece, no: mi piacerebbe moltissimo starmene in pace da solo, le ho spiegato, ma devo andare a casa di mia madre, con mia sorella, un cognato che non sono mai riuscito a sopportare, una nipote adolescente del genere scemetto e due nipotini gemelli capaci, nonostante la giovane età, di scatenare immani casini. Ah, la famiglia, ha commentato lei, con un tono di allegra commiserazione che non mi è piaciuto per niente. Ma visto che eravamo gli unici presenti a non essere ingombri da pacchi e pacchetti in confezione regalo ci siamo scambiati lo stesso un sorriso di complicità. È proprio una ragazza simpatica e alla prima riunione di condominio se qualcuno si azzarderà a dire qualcosa contro di lei l'avrà a che fare con me.

18 novembre

Come tutti i giovedì, sono andato a trovare mia madre e, tanto per provare, le ho chiesto che progetti aveva per le feste. Mi ha risposto come da copione: che progetti volevo che avesse, povera donna? Anche quest'anno sua sorella, che non vede da chissà quando, vorrebbe che l'andasse a trovare a Napoli, ma lei non se la sente di andare così lontano e comunque non può permettersi il viaggio. Le ho detto che questa è una sciocchezza, che a Napoli in aereo ci si arriva in un'ora e mezza e che il viaggio possiamo benissimo pagarglielo noi e lei ha risposto subito che se proprio vogliamo che se ne vada lei sene va, ma non ce n'è bisogno perché tanto lei non vuole pesare a nessuno e di non preoccuparci, che siamo liberi di fare tutto quello che vogliamo. Ma no, le ho detto, che cosa hai capito e sono riuscito a cambiare argomento. Ma a questa idea della zia non avevo pensato: forse ci si potrebbe lavorare un po' su.

24 novembre

Con la scusa di informarmi su cosa vogliono per Natale la ragazza e i gemelli, ho telefonato ad Anna e le ho chiesto se ha notizie della zia Chiara. Ho aggiunto, in tono casuale, che se potessimo convincere la mamma ad accettare il suo invito, per una volta, sarebbe una gran bella cosa, perché lei potrebbe riposarsi davvero e loro potrebbero partire per la montagna qualche giorno prima. Era evidentemente un suggerimento, perché l'unica che può convincere nostra madre a fare qualcosa, da sempre, è lei. Infatti ha subito mangiato la foglia. Prima mi ha chiesto se avevo qualche progetto particolare. Ma no, che c'entra, ho risposto: era solo un'idea che mi era venuta. Allora ha messo subito le mani avanti, dicendo che sì, in effetti, sarebbe una bella cosa, che a Giancarlo due o tre giorni di vacanza in più farebbero un gran bene, ma che loro contribuire al biglietto dell'aereo proprio non possono, perché quest'anno, con tutte le spese dei ragazzi, sono stirati fino all'osso. D'accordo, ho ribattuto: al biglietto ci avrei pensato comunque io. Lei allora ha detto che proverà a parlarne con la mamma. Dopodiché mi ha comunicato che quest'anno dovremo proprio deciderci a comperarle il televisore nuovo, quello ultrapiatto, nel nuovo formato, con le casse stereo e la presa per la cuffia, che Serena quest'anno avrebbe proprio bisogno di un paio di sci nuovi e che a Davide e Goffredo, i gemelli, che sono ancora in un'età in cui gli può fare un regalo in comune, purché sia di un certo peso economico e tecnologico, farebbe tanto piacere la playstation. Quanto costi una playstation non lo so, ma del prezzo corrente degli sci ho una certa idea ed è molto, molto di più di quello che avevo preventivato. Evidentemente se voglio assicurarmi la collaborazione di mia sorella devo pagare in contanti.

25 novembre

E devo pagare caro, carissimo. Oggi, quando ho chiesto a mia madre che cosa avrei potuto regalare ad Anna, mi ha detto che proprio questa mattina lei si era lamentata perché il suo vecchio maglione di cachemire è talmente malconcio che praticamente non lo si può più portare. E siccome lei ha già programmato un altro regalo (un servizio di bicchieri, mi pare) e quella lo sa benissimo, è evidente che il messaggio è destinato a me. Infatti la mamma si è offerta di cercarmelo lei, che sa quello che piace ad Anna, il che significa che ha ricevuto una dritta piuttosto precisa. Io non oso pensare quanto possa costare un maglione di cachemire del tipo che piace a mia sorella, ma ho acconsentito subito. Cercherò di rifarmi economizzando sul regalo per suo marito: anche se è ovvio che, a questo punto, non posso più riciclare, come avevo pensato, quell'orrenda camicia scozzese in misto lana sintetico che mi hanno regalato l'anno scorso e non ho ancora tolto dalla confezione, cercherò di mantenermi comunque un po' sul basso. Sempre se ci riesco, naturalmente.

26 novembre

Non ci riesco. Anche per il cognato mi sono arrivate, attraverso i soliti canali, delle istruzioni rigorose. Il caro Giancarlo ha assolutamente bisogno di una giacca a vento nuova, di quelle in goretex foderate in pile, o viceversa, non ho capito bene. Secondo me questo significa infierire, ma oramai mi sono compromesso e visto che siamo in ballo, balliamo. Ho detto OK anche per la giacca a vento e ho rilasciato regolare delega verbale per il suo acquisto..

27 novembre

Ho incrociato la bionda, giù nell'atrio. Non mi ha detto niente, salvo buonasera, ma mi ha sorriso in un certo modo.

30 novembre

Manca una settimana a Sant'Ambrogio, ma le luminarie sono già accese fin dalla mattina in tutti i quartieri. Domenica il centro era affollato come in un giorno feriale e il traffico era bloccato praticamente dovunque. Sui giornali c'è scritto che i negozianti si lamentano perché tutti entrano, guardano e si informano ma comperare non compera nessuno, ma questo lo scrivono tutti gli anni. Avevo una mezza idea di andare a informarmi per gli sci e la playstation (il maglione di cachemire e la giacca a vento li ha già comprati mia madre: io non li ho nemmeno visti, per non sciupare i pacchi) ma mi è mancato il coraggio. Da mia sorella, finora, nessuna notizia: mi sa tanto che l'unico risultato del mio tentativo sarà quello di spendere per i regali due volte quello che ho speso l'anno scorso, senza parlare del biglietto aereo. Avrei dovuto saperlo che contro il Natale non si combatte.

2 dicembre

Invece no: la ragazza ce l'ha fatta. Oggi la mamma mi ha detto, tutta esitante, che le dispiace tanto lasciarci soli a Natale (è tipico del suo punto di vista pensare che saremo noi a essere soli senza di lei), ma che la zia ha tanto bisogno della sua presenza e lei ha deciso di accettarne l'invito. Partirà il 20 e non tornerà che a metà gennaio. Oltretutto, lo zio sta molto male, poveretto, ed è necessario assisterlo giorno e notte. Mio zio, per quel che mi risulta, sostiene di aver bisogno di assistenza continua almeno dal '66, ma, in realtà, sta benissimo e ho sempre pensato che sarà lui a seppellirci tutti. Comunque, ho fatto mentalmente tanto di cappello al genio persuasivo di mia sorella: presentare la trasferta presso la zia come un dovere penoso da compiere invece che come un meritato piacere da concedersi una volta tanto (che era il modo in cui, da perfetto ingenuo, l'avrei impostata io) è stata indubbiamente una mossa vincente. Alla mamma ho risposto che sì, d'accordo, capivo e che faceva bene, le ho raccomandato di non stancarsi troppo e di pensare anche a se stessa e l'ho accompagnata di corsa all'agenzia viaggi a fare il biglietto. In termini monetari, è stata un'altra bella sberla: non sapevo che andare a Napoli costasse quasi come un biglietto per New York. L'ho detto a Giancarlo, che mi ha telefonato per avvertirmi che anche nel week end di Sant'Ambrogio al mare ci vanno loro, nella vaga speranza di impietosirlo e spingerlo a cacciare un qualche contributo, ma lui si è limitato a rispondere che la distanza, ormai, conta poco e che la maggior parte del carburante lo si consuma nell'atterraggio e nel decollo.

5 dicembre

Negozi aperti, luminarie al massimo, ma la città è mezza vuota. Con la storia che il 6 è lunedì e fa ponte con il 7 e l'8 se ne sono andati quasi tutti. Mi sono deciso ad andare a vedere gli sci e ho avuto un mezzo colpo. Per qualche motivo, mi hanno spiegato, su questi nuovi sci che si usano adesso non si possono trasferire gli attacchi dei vecchi, per cui mi è balenato l'orrendo sospetto che il regalo per la nipote non si limiti agli sci in sé, ma preveda, appunto, gli attacchi. Ho sondato mia madre per avere lumi e lei mi ha confermato che sì, naturalmente Serena si aspetta sci e attacchi al completo. Le racchette, a quanto sembra, ce le ha e gli scarponi, per fortuna, ce li mette la nonna.

11 dicembre

Hanno aperto da poco, qui in zona, un negozio di elettronica enorme. Ci ho fatto un salto, sfidando la folla del sabato, e ho sistemato anche la questione della playstation. Mentre mi aggiravo, un po' barcollante per l'entità dell'esborso, nel reparto piccoli elettrodomestici mi sono imbattuto nella bionda. "Anche lei qui per regali?" le ho chiesto. No, mi ha spiegato, lei regali non ne fa mai e d'altronde non saprebbe neanche a chi farne: cercava soltanto un asciugacapelli. Poi mi ha chiesto se avevo già fatto tutti i preparativi per il mio Natale in famiglia. No, le ho risposto con orgoglio: quest'anno non se ne fa niente. Mia madre va a Napoli dalla zia e la sorella, il cognato e i nipoti si trasferiscono in massa in montagna. Me ne resterò anch'io a casa a leggere un buon libro e per la cena avevo pensato a qualcosa di meno natalizio possibile, per esempio il ristorante cinese all'angolo (mi sono informato: loro a Natale non chiudono). Bella idea, ha detto lei: perché non ci andiamo insieme? Magari prima avrei potuto fare un salto a casa sua a bere qualcosa. Niente di natalizio, naturalmente: si impegnava persino a non farmi gli auguri. Ho risposto che mi sembrava un'ottima idea.

16 dicembre

Ho passato questi giorni ad accompagnare mia madre a fare i suoi acquisti: gli scarponi per Serena, qualche gioco per la playstation dei gemelli, un paio di pantaloni di velluto per Giancarlo, una borsetta per Anna. Tutte cose normali e di prezzo accettabile, beata lei. A me ha consegnato un pacco da aprire la mattina di Natale: a giudicare dalla forma e dalla consistenza deve contenere la classica camicia scozzese. Da Anna e Giancarlo, che, pur ricevendo un regalo a testa, si sentono autorizzati dalla condizione matrimoniale a farne sempre uno in due, dovrebbe arrivarmi un paio di scarpe da ginnastica, se ho ben interpretato la telefonata dell'altro ieri, con cui la mamma si informava della misura e dei modelli che prediligo. Da Serena o un libro o un disco e speriamo in bene. Dai gemelli niente.

18 dicembre

Sono arrivati i pacchetti di Anna e Giancarlo e di Serena e, stando alla forma e alla grandezza, dovrebbero contenere gli articoli previsti (quello di Serena è un CD). Sci e playstation sono stati debitamente consegnati e ne ho ricevuto i debiti (sobri) ringraziamenti. Maglione e giacca a vento saranno portati in montagna ancora impacchettati, per essere ivi visionati dai destinatari, che ringrazieranno telefonicamente. Il televisore ultrapiatto è stato consegnato e apprezzato. Ho incontrato di nuovo la bionda in ascensore. Abbiamo scherzato un po' e lei ha confermato l'appuntamento.

20 dicembre

Ho accompagnato la mamma all'aeroporto. Piangeva a fontana e non ha fatto che ripetere che non avrebbe dovuto accettare l'invito della zia e che un Natale senza di noi non le pareva neanche un Natale. Ho dovuto confortarla, ma non senza assicurarle che la sua assenza dispiaceva anche a me. Il bello è che sono sicuro che questi Natali familiari con figli, genero e nipoti - in definitiva - rompevano non poco le scatole anche a lei e che di rivedere Napoli e la sorella aveva una gran voglia, tanto è vero che appena qualcuno le ha offerto una scusa decente si è affrettata ad approfittarne. Ma questo non gliel'ho potuto dire, naturalmente.

23 dicembre

Le scuole hanno chiuso a fine mattinata e nel primo pomeriggio sorella, cognato e nipoti si sono stipati nella fuoristrada, con tanto di sci, scarponi, bagagli e pacchi dono vari (ma senza la playstation, il che ha fatto sì che Davide e Goffredo fossero un po' lamentosi) e sono partiti per la montagna. Io ero passato a salutarli e per un ultimo scambio di auguri e li ho visto partire con un senso di sollievo incredibile. Non che mi siano proprio antipatici, poveretti: in fondo sono i miei unici parenti. Sono quasi sicuro che, con gli anni, Serena smetterà quei modi insopportabili e i due gemelli cresceranno fino a diventare giovinetti assennati. In fondo non è colpa loro se gli è capitato il padre che si ritrovano. Ma il rituale natalizio è talmente meccanico e oppressivo che rovina quegli stessi rapporti che dovrebbe rinsaldare. Credo che un anno di libertà non potrà che far bene a tutti.

24 dicembre

Ho passato una vigilia d'incanto: passeggiata in centro, con la piacevole sensazione di non avere regali da comperare all'ultimo momento, un paio di acquisti personali (libri e alcolici, essenzialmente), aperitivo al bar con un paio di amici che dovevano cominciare già in serata la corvée delle cene e non hanno nascosto la loro invidia per il mio programma solitario, cena in pizzeria, un po' di televisione e a letto presto. Ho anche aperto i pacchetti: la camicia della mamma è mettibile, le scarpe di Anna e Giancarlo sono un po' vistose, ma ogni tanto si possono anche portare. Il CD di Serena si è rivelato essere l'album di un gruppo che non ho mai sentito nominare. Poteva andar peggio.

25 dicembre

Ho dormito fino a tardi, ho fatto il bagno, mi sono concesso una colazione sontuosa, ho telefonato a Napoli (la mamma sembrava di ottimo umore, la zia era abbastanza allegra e lo zio si è lamentato meno del solito del suo stato di salute) e ho ricevuto la prevista telefonata di ringraziamento per il maglione e la giacca a vento. Ho parlato solo con Anna, perché Giancarlo, Serena e i gemelli erano già andati a sciare. Poi mi sono messo a leggere. Era una sensazione strana, quella di starmene in casa così da solo in un giorno di festa, in una città così silenziosa, senza nessun impegno, nessuno a cui rivolgermi, salvo la bionda, per la quale era ancora un po' presto (avevamo parlato, genericamente, di vederci "verso sera"). Ma era precisamente quello che avevo voluto. Alla televisione davano il discorso del papa, cartoni animati vari e un vecchio film con un prete che a sprezzo dell'indifferenza altrui riesce a realizzare qualche obiettivo lodevole e utile alla comunità; alla radio trasmettevano carole o dialogavano telefonicamente con le ascoltatrici sul menù natalizio che stavano preparando. Ho provato ad ascoltare il CD di mia nipote, ma devo dire che non ci ho capito un gran che. Che razza di musica ascoltano questi ragazzi. Verso l'una ho deciso di uscire a fare due passi. Non c'era nessuno in giro: evidentemente erano già tutti riuniti a scambiarsi auguri e regali e ad aspettare l'ora di mettersi a tavola. Le poche persone in vista camminavano in fretta, con l'aria di dirigersi in qualche posto preciso, o scaricavano dalle macchine montagne di pacchi e si affrettavano a suonare il citofono di qualche casa. Invitati in ritardo. Di automobili ne passavano pochissime. Mi sono sentito un po' solo. Ho deciso di fare una lunga camminata, fino al parco. In tutto il percorso non avrò incontrato più di quattro persone, compresi un barbone e un marocchino che mi ha fatto gli auguri. Glieli ho ricambiati. Sono rientrato che imbruniva, anche se era ancora presto per andare dalla bionda. Ho bevuto qualcosa e ho cercato di leggere ancora per una mezz'oretta. Ma ero inquieto e vagamente depresso. Mi è venuto in mente che se fossi morto nessuno se ne sarebbe accorto fin dopo l'Epifania. Era un pensiero morboso e l'ho scacciato subito. Ho deciso che ero nervoso per via del mio appuntamento. Comunque sono riuscito a far passare il tempo fino alle sei e mezzo. Poi mi sono cambiato, mi sono infilato un paio di jeans e una camicia scozzese (non quella della mamma, una vecchia), sono sceso al piano di sotto e ho suonato alla porta della bionda. Lei mi è venuta ad aprire e mi ha salutato con un sorriso. Aveva un bicchiere in mano. L'ho guardata e ho visto una ragazzetta vistosa, con i capelli tinti e un'espressione falsa sul volto. Mi sono detto che era per stare con lei che avevo passato il Natale solo come un cane, lontano dalla mia mamma, da mia sorella e dai miei nipoti. Le sono saltato addosso e l'ho presa per il collo.

Per fortuna che in quel momento stavano scendendo le scale il figlio e il genero del commendator Lanfranconi, che portavano il cane a fare un giretto. Sono intervenuti con prontezza e me l'hanno tolta dalle mani, impedendomi di strozzarla per davvero, che sarebbe stato davvero un bel guaio per tutti. Però non c'era davvero bisogno di chiamare la polizia. D'accordo che volevo passare il Natale da solo, ma adesso, con la storia dei giudici e degli avvocati che sono via per le feste, mi sa che in cella di isolamento ci resterò fin dopo Capodanno.

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Questo è il fin di chi fa mal

Le due donne sedevano l’una di fronte all’altra, nella veranda. Nel giardino profumato, sotto di loro, stavano calando le ombre del crepuscolo. Le prime farfalle notturne avevano cominciato a volare attorno alla siepe dei gelsomini. Faceva già abbastanza fresco, per la stagione.

"Non riesco proprio a crederlo" ripeté la padrona di casa, una bella donna bruna, piuttosto formosa, stringendosi lo scialle nero attorno alle spalle ben tornite.

Era perplessa. Quando l’altra le si era presentata, aveva creduto che si trattasse di una delle solite visite di condoglianze che scandivano, da un paio di settimane, le sue giornate. Ma dopo poche parole stentate sulla grave perdita che aveva subito e su quanto le si sentisse vicina, la visitatrice aveva subito cominciato a lamentarsi di suo marito. Era una situazione davvero imbarazzante. Anche perché quella donna, a ben vedere, le era sempre stata piuttosto antipatica.

"Deve credermi, invece " si sentì rispondere con una voce tesa, stanca, in cui vibrava, tuttavia, una riconoscibilissima nota di impazienza. "Mi ha reso la vita un inferno. Mi ha tradito. Mi ha sempre tradito, dal primo giorno. Lei non sa di che razza di uomo si tratti. "

Non riusciva davvero a crederci. Lei, in realtà, conosceva il marito della sua ospite praticamente da sempre e da sempre lo aveva considerato un uomo di costumi irreprensibili, assolutamente incapace di fare un torto a chicchessia, e meno che mai a una moglie di cui, stando a quanto raccontavano le solite amiche ben informate, era preso fino all’infatuazione. Ma di fronte a una dichiarazione tanto esplicita, non poteva certo dar voce a queste sue convinzioni.

"Ne è proprio sicura?" si limitò a chiedere, debolmente.

"Certo che ne sono sicura" scattò l’altra. " Si figuri che eravamo sposati da pochi giorni quando l’ho scoperto mentre diceva delle sciocchezze alla mia cameriera."

La padrona di casa si permise un sorriso. Tutti in città sapevano che la cameriera in questione era una brava ragazza, ma, per così dire, un po’ esuberante, un po’ troppo propensa a scherzare con gli uomini. Che avesse civettato un po’ con il marito della sua padrona… be’, questo era assolutamente plausibile. Che questi le avesse dato retta, tuttavia, poteva crederlo soltanto una donna pazzamente gelosa, come quella che gli sedeva davanti.

"Tutto qui?" si azzardò a dire. "Guardi che…"

"Oh, so già. quello che mi vorrebbe dire. Che non bisogna badare a delle sciocchezze del genere, che è tutta colpa del carattere di quella ragazza, delle cose così… Me l’hanno già detto. Ma io non ci credo. Anche perché un paio di giorni dopo…"

La visitatrice ebbe un attimo di esitazione.

"Un paio di giorni dopo?" la incoraggiò la padrona di casa. Chissà che idee si era messe in testa, quella strana donna.

"Un paio di giorni dopo mi disse che doveva dare un ricevimento per i suoi dipendenti, nella villa di campagna. Si era sposato il fattore, o qualcosa del genere."

"Be’, in questo non c’è niente di strano. Questi impegni sono praticamente un dovere sociale, per chi è nella nostra posizione. Anche a casa nostra, ricordo, ogni tanto…"

"Ma si figuri! Mi aveva detto che non era necessario che io fossi presente, che sarebbe stata una cosa noiosa."

"È sempre stato un uomo così premuroso…"

"Sì, premuroso. Un uomo prudente, vuol dire. Io, naturalmente, ci sono andata lo stesso."

"Naturalmente" ripeté la padrona di casa con un pizzico d’ironia.

"Non se lo aspettava di certo. E sa cosa ho trovato? La villa era piena di ragazze, mezze ubriache, per di più. Ce n’erano dappertutto: nella galleria, in giardino, nelle camere. Doveva vederle come davano spettacolo."

"Se era un ricevimento per le nozze del fattore, probabilmente erano ragazze di campagna" cercò di farle notare l’altra. "Non è logico aspettarsi che conoscano le regole di comportamento che si addicono a delle vere signore…"

"Io in casa mia donne di quel genere non ne voglio! E la moglie, poi... Una ragazzotta volgare, con un’aria da svergognata che non le dico. Gli girava continuamente attorno, facendo quasi impazzire quel poveretto di suo marito, e lui continuava a farle le smancerie più ridicole. Evidentemente avevano in piedi chissà quale tresca, alle mie spalle."

La padrona di casa sospirò. Sapeva che quelli, in fondo, non erano affari suoi, ma sentiva il bisogno di difendere il suo vecchio amico da un’accusa così sicuramente infondata. Non ne conosceva i dipendenti, naturalmente, e non aveva la minima idea di chi avesse sposato il fattore, ma era sicura che se, prima del matrimonio, ci fosse stato qualcosa tra lei e il datore di lavoro del suo fidanzato la notizia si sarebbe sparsa chissà da quanto tempo. La società cittadina era tanto pettegola…

"Non credo proprio che suo marito potesse conoscere quella donna " azzardò. "Come avrebbe potuto? Probabilmente l’ha vista per la prima volta soltanto al matrimonio."

"E crede che questo l’avrebbe trattenuto? Con una sfrontata simile? L’avrà trovato ancora più eccitante. Ho imparato a conoscerlo, sa?"

La padrona di casa si sforzò di essere ragionevole. "Sono sicura che lo conosce benissimo" disse, cercando di eliminare dalla sua voce qualsiasi sfumatura che potesse suonare sarcastica. Non per niente lo ha sposato. Ma ammetterà anche lei che quelli che mi ha citato finora non sono dei fatti precisi. Al massimo, parlerei di comportamenti criticabili, un po’ indiscreti, magari, ma spiegabilissimi, viste le circostanze. E in sostanza non sono neanche dei comportamenti suoi…"

"Comportamenti criticabili? Le circostanze?" La visitatrice alzò di scatto la bella testa bionda. Sotto il tono controllato della sua voce, era facile cogliere una vibrazione minacciosa. "Quando mi sono resa conto di che tipo era, ho cominciato a guardarmi attorno. E ne ho scoperte, di cose…"

Quella donna parlava davvero in modo bizzarro. C’era qualcosa, in lei, che non riusciva a convincerla. Era davvero un po’ strana. Sì, strana era la parola giusta.

"Che cosa ha scoperto?"

"Che era un esaltato."

"Mi scusi?"

"Sì, un esaltato. Un maniaco. In pratica andava con tutte."

"Con tutte?"

"Con tutte. Non ce n’era una che non gli piacesse, glielo assicuro. Bionde, brune, grasse, magre, giovani, vecchie, povere, ricche! Probabilmente per non confondersi doveva tenere una lista. Anzi, scommetto che se la faceva tenere aggiornata dal suo segretario."

Sì, figuriamoci. "Ma cosa dice…" cercò di calmarla, con tatto.

"Dovrebbe averlo capito anche lei."

"Anch’io?"

"Sì, anche lei. Non vorrei offenderla…"

"Non vedo proprio come potrei sentirmi offesa."

"Sì, certo. Non volevo fare allusioni, mi scusi. Quella volta non ho detto niente, per non turbarla, visto che era in lutto e tutto il resto, ma si ricorda di quando ci siamo incontrati, pochi giorni dopo la morte del suo povero signor padre? Forse avrà notato che tra di noi c’era un po’ di tensione: avevamo avuto qualcosa da dire. E lui ha avuto il coraggio di farle una proposta, lì, davanti a tutti, in quelle circostanze, con me presente!"

Questa proprio non se l’era aspettata. In tanti anni, il suo vecchio amico non si era mai dimostrato, nei suoi confronti, meno che corretto. Anzi, doveva ammettere, tra sé e sé, che la cosa, a suo tempo, un po’ le era dispiaciuta. E adesso cosa le toccava sentire?

"Una proposta?" chiese, perplessa.

"Non mi fraintenda, la prego. Sono sicura che lei non se ne sarà neanche accorta, povera cara. Ma lui…"

"No, no, aspetti. Mi ricordo benissimo. Abbiamo parlato della morte di mio padre, io gli ho detto che contavamo su di lui – sa, le nostre famiglie si conoscono da tanto tempo – e lui mi ha risposto, da quel vero gentiluomo che era, di considerarlo a mia completa disposizione. Tutto qui."

"Altro che tutto qui! Le ha detto che in qualsiasi cosa lei desiderasse era pronto a servirla e che avrebbe potuto sempre trovarlo a casa sua."

"E allora?"

"Ma non capisce? A casa sua! Le ha proposto di farle visita a casa sua! A casa nostra! A una signora come lei! A una donna in lutto!"

La padrona di casa studiò pensierosa la sua interlocutrice. Nel viso magro, espressivo, gli occhi ardevano di una luce febbrile. La sua non era semplice gelosia: era qualcosa d’altro, qualcosa di più preoccupante. Era… era una specie di follia contenuta. Altro che strana: quella donna era completamente pazza. Povera ragazza, pensò.

D’altronde, era anche vero che l’accenno al segretario, per assurdo che fosse, le aveva fatto venire in mente qualcosa che sentiva il bisogno di dire. Non poteva fare la figura di quella che non sa niente, della scema cui si può raccontare tranquillamente qualsiasi cosa.

"Lei prima ha citato il segretario di suo marito" cominciò, con l’aria di chi fa un’osservazione di poco conto, ma cercando di far sentire nella sua voce tutta la perfidia di cui era capace. "A me, a dire il vero, è sempre sembrato che quell’uomo le fosse, come dire… particolarmente devoto. Non era proprio in sua compagnia che mi è capitato di incontrarla un paio di volte, quando lui era fuori città?"

Per quanto ben studiata, la stoccata andò completamente a vuoto.

"Era lui!" La voce della visitatrice si era impennata in uno scatto d’ira isterica davvero impressionante. "Era lui a costringermi! Sempre in giro, sempre dietro alle sue storie, e io sempre sola, sempre abbandonata in casa… Era lui che voleva che lo frequentassi, che me lo imponeva, quasi, come fosse un suo sostituto. E glielo assicuro: dopo un po’ mi sono quasi abituata. Quell’uomo era l’unica persona che mi stesse vicino: certe volte mi sembrava che fosse lui mio marito…"

La frase si perse in un singhiozzare disperato.

La padrona di casa si pentì subito della sua cattiveria. Di fronte a tanta disperazione, non sapeva davvero che cosa dire. "Via… la prego… si calmi…" tentò di rimediare. "Glielo ripeto: sono sicura che si è sbagliata, che ha interpretato male degli episodi, in sé, normalissimi... Vedrà che si sistemerà tutto."

"Non si sistemerà più niente."

La visitatrice era evidentemente in preda a qualche forte emozione. E aveva usato un tono di voce così cupo, così disperato, da far venire i brividi.

"Scusi?"

"È tutto finito. Per sempre."

All’improvviso, la signora in lutto si rese conto che l’altra, parlando del marito, aveva sempre usato il tempo passato.

"Cosa… Cosa intende dire?" chiese con un filo di voce.

"Non mi tradirà più. È morto."

"È… è morto?"

"È stato punito per le sue colpe."

Era strano, ma era assolutamente sicura che quella povera pazza stesse dicendo la verità. Il suo amico era morto davvero.

"Ma cosa è successo?"

"È stata la vendetta del cielo."

La pazza, adesso, parlava con una specie di calma innaturale. Innaturale e… minacciosamente compiaciuta. La padrona di casa si rese conto che quel tono poteva significare una cosa sola.

"L’ha… l’ha ucciso lei?"

" È stata la vendetta del cielo, glielo ripeto" disse la visitatrice, impassibile. "Io sono stata solo… come dire… l’esecutrice. Lo strumento. La morte dei perfidi è sempre uguale alla loro vita."

Morto. Il più perfetto, il più nobile cavaliere di Siviglia, l’uomo che lei aveva sempre amato disperatamente in segreto, era morto, ucciso da quella pazza gelosa che le stava davanti. Si strinse ancora di più nello scialle: si sentiva sprofondare in un abisso di orrore. Ma sentiva anche prorompere in sé la volontà di vendetta. Gliela avrebbe fatta pagare, a quella megera. Voleva vederla sul patibolo.

"E adesso cosa crede di fare?" scattò.

"Adesso, naturalmente, devo liberarmi del corpo."

Così, senza battere ciglio.

"E, naturalmente, ho bisogno di aiuto. Non posso farlo seppellire nella nostra proprietà. Troppo pericoloso. Ma la sua è tanto più vasta… E quella del suo fidanzato ancora di più. Per non dire che nessuno, naturalmente, andrebbe a curiosare nelle vostre terre. Le vostre sono famiglie che contano."

"E cosa le fa pensare che intendiamo aiutarla?" L’impudenza di quella disgraziata era incredibile. "Esca da casa mia! Mi rivolgerò immediatamente a chi di dovere e vedrà che…"

"Oh, no. Lei non si rivolgerà proprio a nessuno." La voce della visitatrice era tornata calmissima. "A meno, naturalmente, che voglia che tutti sappiano come è morto il suo signor padre."

"Mio padre, come sanno tutti, è stato assassinato da un sicario penetrato di notte nel nostro palazzo. Aveva molti nemici e..."

"Sì, figuriamoci. Lei prima ha detto di avermi incontrato ogni tanto con Leporello, il segretario di mio marito, no? Be’, eravamo proprio sotto il suo palazzo, quella notte. Sa, due passi per… per prendere il fresco in giardino. I nostri giardini, come sa, sono confinanti. E indovini chi abbiamo visto sgaiattolare fuori dalla porta della scala dei suoi appartamenti?"

"Chi… avete… visto…"

"Il suo bello, appunto. In maniche di camicia. Una camicia, guarda un po’, tutta macchiata di sangue. E aveva ancora la spada in mano. Il Commendatore vi aveva sorpresi insieme, vero? E anche se lui era il suo fidanzato, non poteva certo permettere che sua figlia… Per cui…"

Quel cretino di Ottavio! Le aveva assicurato che non l’aveva visto nessuno. E che nessuno avrebbe messo in discussione la storia del sicario.

"Non ho la minima intenzione di sposarlo" precisò, glaciale.

"Mi compiaccio con lei. Ma, a questo punto, lo capisce anche lei, se si venisse a sapere che cosa è successo davvero, ci sarebbero delle conseguenze, ehm, molto sgradevoli. Per tutti e due. Invece, con un po’ di collaborazione…"

Non c’era niente da fare. Avrebbe dovuto fare quello che voleva quella pazza pericolosa.

"Anche se lei riuscisse a disfarsi del corpo" obiettò "resterebbe il problema della sua scomparsa. Lo cercherebbero, si chiederebbero dov’è finito, farebbero delle indagini…"

"È qui che entra in ballo lei" replicò Donna Elvira, imperturbabile. "Se solo confidasse a un paio di amiche, delle amiche scelte con cura, che è stato lui a uccidere il Commendatore…"

"E perché mai suo marito avrebbe dovuto uccidere mio padre?"

"Ah, questo non lo so. Magari era con lui che suo padre l’ha sorpresa… No, questo no: non lo potrebbe dire senza accusare se stessa. Facciamo così: dica che l’ha aggredita."

"Che mi ha aggredita?"

"Sì. Che è entrato di notte in casa sua e ha cercato di farle la festa."

"Non capisco che cosa intenda dire."

"Di farle la festa. Di scoparsela. E non faccia quella faccia, scommetto che le sarebbe piaciuto. Ho una mezza idea che don Ottavio, a letto, non sia niente di speciale. Dunque, lui entra e le si butta addosso. Poi, all’improvviso, arriva suo padre e zac! Un bel colpo di spada in pieno petto."

"E allora?"

La visitatrice si lasciò fuggire un sogghigno compiaciuto.

"E allora, se scegliesse bene le amiche, in due giorni lo saprebbe tutta Siviglia. Mio marito diventerebbe, agli occhi di tutti, uno spregevole assassino, uno stupratore mancato. Non lo cercherebbe nessuno. Direbbero che se l’è portato via il diavolo in persona. O il fantasma di suo padre, se preferisce."

Eh sì, lo avrebbero proprio considerato uno spregevole assassino. Uno stupratore mancato. E non solo quello. Anche Donna Elvira avrebbe fatto le sue confidenze a qualcuno scelto con cura, c’era da scommetterlo. E tutti avrebbero pensato che quella povera anima faceva la corte alle cameriere, e aveva cercato di sedurre la moglie del suo fattore alla festa di matrimonio, e faceva tenere al suo segretario la lista delle sue conquiste, e aveva praticamente buttato la moglie nelle braccia di un suo dipendente … E lei non poteva farci niente. Doveva cedere alla volontà di quella maledetta arpia.

Povero Don Giovanni, così serio, così nobile, così discreto. Lo avrebbero considerato un libertino, un dissoluto. Il più perfido, infame seduttore che mai si fosse visto a Siviglia.. .

"Mi spieghi esattamente cosa vuole che faccia" si arrese Donna Anna con un sospiro.

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luglio 2000