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Improvvisazioni d'autore
Da una serie di incontri con autori italiani e stranieri organizzata nel
2001 dal Comune di Milano e da Edzioni Addictions, nasce un libro a cura
di Andrea Carlo Cappi: Improvvisazioni d'autore-Scrittura creativa: teoria
e pratica, un corso di scrittura creativa corredato da consigli e trucchi
del mestiere svelati da scrittori famosi e da una serie di racconti
scritti "dal vivo", sotto gli occhi del pubblico, da alcune
delle firme più interessanti della letteratura italiana contemporanea.
Il libro somma le esperienze del curatore come insegnante di scrittura
creativa, come conduttore di incontri letterari e come intervistatore di
noti scrittori: nel volume figurano citazioni da Alan D. Altieri, Raymond
Benson, Enzo Fileno Carabba, Clive Cussler, Jeffery Deaver, Stefano Di
Marino, Andreu Martin, Raul Montanari, James Patterson, Davide Pinardi,
Andrea G. Pinketts, Douglas Preston e Paco Ignacio Taibo II. A questi si
aggiungono i racconti scritti nel corso delle "sfide letterarie"
di Improvvisazioni d'autore da Cosimo Argentina, Alessandra C, Andrea
Carlo Cappi, Federico Cavina, Andrea Cotti, Marco Del Freo, Federica
Fantozzi, Giuliano Fiocco, Andrea Giachetti, Stefano Massaron, Motor,
Gianfranco Nerozzi, Luca Ricci, Giampiero Rigosi e Alessandro Riva. La
prefazione, che potete leggere di seguito, è di Andrea G. Pinketts.
L'esperienza di Improvvisazioni d'autore continua tuttora con nuovi
incontri, dagli appuntamenti alla Fiera del libro di Torino al ciclo di
lezioni-performance alla FNAC di Milano (settembre-dicembre 2002), fino
agli incontri in numerose biblioteche, che continuano ad arricchire questo
corso in fieri. In questo sito potete leggere anche alcuni recenti
racconti "dal vivo".
Davanti alla lavagna di Andrea G. Pinketts
Ho un concetto del tutto personale della sfida letteraria.
Qualche anno fa Giovanni Pacchiano stroncò il mio romanzo Il conto
dell'ultima cena in una rubrica intitolata Da evitare. Aveva ragione. Non
nella stroncatura, quanto sul fatto che fossi da evitare. Gli telefonai
infatti una mezzanotte di fuoco, per sfidarlo a duello. Non una sfida
all'O.K. Corral, piuttosto alla OK il pezzo è ingiusto. Lui il suo pezzo
l'aveva già fatto. Non potendo, per fair play, criticare una critica
rivolta a me, gli comunicai che l'arma che avevo scelto, sempre che avesse
raccolto il guanto, era il guantone da boxe. Alt, non accusatemi di essere
violento e intimidatorio: ogni gesto è una scrittura. Giustamente, non
raccolse.
Più volte, nel corso di Improvvisazioni d'autore, la manifestazione che
ha ispirato questo libro, anziché duellante sono diventato arbitro: il
giudice di una sfida letteraria il cui campo di battaglia era una lavagna.
Quand'ero piccolo, i cattivi venivano messi dietro la lavagna, oggi
davanti. Da una frase iniziale da me imposta, gli aspiranti al titolo
(cos'è un racconto senza un titolo?) dovevano imbastire il loro post
incipit, ognuno sulla propria lavagna. A questo punto interveniva il
pubblico con le sue proposte (rigorosamente indecenti), sulle quali gli
autori dovevano confezionare un seguito di senso compiuto, usando il
proprio "senso della frase". Dopodiché gli spettatori carogne
tentavano di mettere in difficoltà i virtuosi con altre frasi, che
stavano al contesto iniziale come Valeria Marini sta alla recitazione.
Quando il tempo scadeva, come uno yogurt, restavano i fermenti letterari,
immortalati su lavagne invase da parole in libertà vigilata. A questo
punto veniva premiato chi aveva saputo abbinare dignità logica a dignità
letteraria. Come negli incontri clandestini di kickboxing, vinceva chi
resta in piedi. Nel senso dei racconti.
Più che arbitro mi sono sentito giudice.
Scrive Dante (un collega) nel Paradiso:
Or tu chi se' che vuo' sedere a scranna
per giudicar di lungi mille miglia
con la veduta corta d'una spanna?
In effetti sono miope. Ma sono anche il giudice Roy Bean,
autodefinitosi "la legge a ovest del Pecos", che apriva e
chiudeva i processi con abbondanti libagioni nel suo bar. Nel West del
1884 assolse un suo amico che aveva ucciso un operaio cinese, perché non
aveva trovato nessuna legge che permettesse di condannare qualcuno per
l'assassinio di un cinese. Le bevute, però, erano a carico dell'imputato.
Questo libro è una nuova sfida letteraria: un'antologia dei racconti nati
nelle serate di Improvvisazioni d'autore e un manuale di scrittura
creativa. Un libro per chi vuole imparare a scrivere e per chi vuole
capire meglio quello che legge. Anche voi potrete diventare giudici, della
scrittura altrui e della vostra. E potrete decidere se meritate di stare
dietro o davanti alla lavagna.
Racconti dal vivo
Pagina bianca di Andrea Carlo Cappi
Racconto scritto dal vivo alla Fiera del Libro, Torino, 2002
Sottolineati l'incipit di Pedro Casals e le frasi dal pubblico.
Lo scrittore stava scrivendo un romanzo molto innovativo. L'innovazione
consisteva nel fatto che il romanzo raccontava una storia.
Lo scrittore raccontava storie a tutti quanti, anche a se stesso. La più
fantasiosa di tutte era quella in cui gli editori, il pubblico e i critici
capivano quello che diceva.
"No, ormai non mi viene", disse lo scrittore.
Era il solito incubo della pagina bianca. Le pagine bianche erano fatte
per essere deflorate a colpi di inchiostro, di sangue, di polvere da
sparo. Mancava solo un dettaglio. L'altra metà dello spettacolo: i
lettori, gente per cui le pagine non dovevano essere bianche, ma colorate.
Magari di noir.
Per questo lo scrittore aveva commesso il suo ultimo errore: si era preso
un agente letterario.
"Orco, le cisti non sono più cistiche", gli aveva detto
l'agente letterario. Era fuso anche lui. Lui non aveva l'incubo della
pagina bianca. Era lui stesso un incubo. E il suo cervello era bianco come
un disco rigido cancellato di fresco. Il guaio era che anche l'agente
letterario, come gli altri scrittori, l'editore, l'editor, la segretaria
di redazione, i critici e, naturalmente, i lettori, appariva perfettamente
normale. "Forse", pensò lo scrittore, "l'unico anormale
sono io."
"Avrei bisogno di un diger-selz", si disse lo scrittore. L'unica
terapia per il suo problema passava per lo stomaco. E ce n'era voluto di
stomaco per mandare giù l'ultima risposta dell'ultima casa editrice:
"Siamo spiacenti, ma il suo romanzo non rientra nelle nostre linee
editoriali."
Bene.
Lo scrittore non aspettava altro.
"Che cos'è questa? Roba forte, amico. Roba calibro 45", disse
lo scrittore. L'agente letterario non poteva rispondere. Era imbavagliato.
Legato. Presto sarebbe stato silenziato. Come l'editore, l'editor, la
segretaria di redazione e i critici dei principali quotidiani. Restavano i
lettori. Erano tanti.
"Bang", disse la calibro 45.
Il foglio si macchiò di rosso sangue e grigia materia cerebrale, poca,
dell'agente letterario.
I lettori erano tanti. Lo scrittore non avrebbe mai più temuto la pagina
bianca. E gli restava molto lavoro da fare.
La Dama dell'Ago di Andrea Carlo Cappi
Racconto scritto dal vivo a "Improvvisazioni d'autore", Forum
Fnac, Milano, 12 settembre 2002. Sottolineate le frasi dal pubblico.
L'ago s'infilzò nel braccio
e lui gemette di dolore. Guardò
l'infermiera, soprannominandola mentalmente "La Dama dell'Ago".
Fin dall'infanzia gli erano sempre piaciute le storie di Re Artù. E fin
dall'infanzia odiava gli aghi. Non si sarebbe mai potuto bucare. E,
soffrendo di sinusite, non avrebbe potuto neanche sniffare. E, soffrendo
di stomaco, non poteva neanche assumere acidi.
La dentiera era nel bicchier d'acqua. Il bicchier d'acqua era in piena
tempesta. Una tempesta perfetta. Lui, da sempre, non aveva bisogno di
stupefacenti. Era in perenne stato di stupore. Gli bastava guardare il
décolleté della Dama dell'Ago per immaginarsi cavaliere della valle
solitaria. Gli bastava guardare l'acqua nel bicchiere per sognare tempeste
ormonali che ormai erano lontane nel tempo. Anche a ottant'anni, era il
solito vecchio Cappi. E lo sarebbe sempre stato. |