Alessandro Pegoraro

Sono HAVANA1977 ma mi chiamo anche Alessandro Pegoraro. Scrivo da Romagnano Sesia in provincia di Novara ( sono un "provinciale" e me ne vanto ). Scrivo racconti brevi e brevissimi quasi sempre incentrati sul "destino" e sul suo potere di travolgere con se vite apparentemente normali. Credo che la vita di ogni giorno non si debba guardare solo con quello che gl'occhi riescono a vedere, ma credo anzi che ognuno di noi ha in se gli strumenti e le ragioni per guardare oltre, senza limite. Se riuscirete a raggiungere lo sconosciuto che c'è in ognuno di voi, o se volete anche soltanto farmi sapere cosa ne pensate di questo mio brevissimo racconto scrivetemi pure all'indirizzo e-mail: havana1977@excite.it

UNO SCONOSCIUTO

Ogni notte un uomo passa sotto casa mia urlando"perché". Cammina, ride, piange e ancora ride, poi si ferma, con voce tremante urla "perché"e poi riparte.

Sembra voglia farsi sentire e se mi vede dalle imposte sembra voglia farmi capire.

L’ombra di un grosso cappello nero gli copre il viso, un cappotto lungo e scuro gli scende fino ai piedi. È stanco e lo capisco da come si trascina, un’anima in pena in attesa di risposta. Si chiede "perché", ma "perché cosa" mi chiedo ogni notte, "perché chi" mi continuo a chiedere, "perché come", e non mi do pace.

Quando la mattina esco per andare al lavoro, chiedo ai vicini se la notte prima han sentito qualcosa. Mi guardano sorpresi e quando mi allontano li sento ridere di me. Non l’ha mai visto nessuno. Non l’ha mai sentito nessuno. Anche mio padre, che mi ha sempre creduto, non capisce cosa dico, e di chi parlo.

Non riesco più a dormire, non mangio più, non riesco più a lavorare. Penso a quell’uomo sconosciuto, all’eco dei suoi "perché" e alle risposte che non trova. Penso ai suoi "perché"e a quanto devono essere importanti e grandi per spingerlo ogni notte a vagare così.

Ieri, passando per le vie del centro, una strada stretta ma piena di gente attira la mia attenzione.

Mi fermo davanti ad una vetrina poco illuminata, l’unica che sembra non invogliare nessuno non dico ad entrare, ma nemmeno all’onore di una breve sosta. Un vecchio manichino veste un cappotto lungo e scuro, e sulla sua testa un grosso cappello nero gli cade largo sul capo.

La tentazione è tanta, e quasi senza accorgermene mi ritrovo nel negozio con i soldi in mano.

No, non riesco proprio a darmi pace, tutta questa storia è assurda, quell’uomo con la sua inquietante domanda è assurdo, noi con le nostre inutili risposte siamo assurdi. Ed io di notte non vivo più. Anzi, ultimamente mi ritrovo a vagare per le strade in cerca di un "perché".

Ho un cappotto lungo e scuro che mi scende fino ai piedi, un grosso cappello nero che mi copre il viso, cammino, rido, piango e ancora rido, poi mi fermo. Un uomo da dietro le imposte mi guarda e vorrei fargli capire. Alla fine riparto, mi trema un poco la voce ma devo urlare il mio "perché".