Silvio Fusco30enne di Caserta, scrivo racconti! | LA SCELTA
La prima volta che ho visto mamma, vale a dire poco dopo essere uscito da lei, mi ha chiesto di scegliere tra Bruno e Giovanni. Avrei dovuto capire, subito, ma ero troppo piccolo per farlo, che da allora in poi non avrei più smesso di fare scelte. E di sbagliarle. Tutte. Mamma e papà non si erano messi d'accordo sul nome da darmi. O meglio, non sapevano a quale nonno fare felice e a quale dargli una botta tremenda. Se a nonno Bruno o a nonno Giovanni. O meglio, mamma sapeva perfettamente che voleva far felice suo papà Bruno e riversare il colpo al papà di papà, così come papà sapeva ancora meglio di mamma che voleva arruffianarsi suo papà Giovanni e conservare la mazzata per il suocero Bruno. Pur di non litigare, in occasione del lieto evento (che ero io), democraticamente escogitarono un sistema infallibile: appena mi avessero avuto tra le braccia mi avrebbero chiesto di scegliermi il nome da solo. Secondo dove avessi inclinato la testa e lo sguardo, loro avrebbero capito: sinistra per Bruno e destra per Giovanni. Erano così felici del sistema trovato. E io avrei dovuto capire subito, ma ero troppo piccolo per farlo, che si erano tolti una bella responsabilità per scaricarmela addosso. E che, in futuro, l'avrebbero fatto ancora e ancora e ancora e ancora e ancora e ancora e ancora e ancora e ancora .. Girai il musetto a sinistra e divenni Bruno. Porca miseria! Inutile a dirsi, non fu proprio una scelta cosciente perché: 1) ero troppo piccolo per capire quello che facevo; 2) fui attratto, a sinistra, dalla luce del lumetto sul comodino. Vorrei vedere chiunque! Dopo nove mesi al buio! Porca miseria! Mi chiamo Bruno. E posso prendermela solo con la mia scelta infelice. Sono Bruno solo di nome. Come mi hanno detto, mi dicono e mi diranno sempre tutti. Come mi hanno preso in giro, mi prendono in giro e mi prenderanno in giro sempre tutti. Ho la pelle di latte, i capelli ed i peli di grano, gli occhi di cielo. Sono tutto chiaro. Chiaro-chiaro di quel chiaro opposto al bruno. Comunque, se fosse solo per questo! La cosa peggiore è successa con i nonni. Nonno Bruno, il prescelto, il mio omonimo, fu subito orgoglioso e felice di me. Nonno Giovanni, quello scartato, la mia scelta se la legò al dito e mi preferirà sempre mio cugino Giovanni che, beato lui, non scelse da solo di chiamarsi così perché i suoi genitori gli imposero quel nome e basta. Nonno Bruno diceva sempre: finché vivrò non vivrò che per te. E si rivolgeva a me, naturalmente. Peccato che visse solo due anni dopo la mia nascita e, che quel non vivrò che per te durò così poco che nemmeno lo ricordo. Nonno Giovanni vive ancora. E ancora mi odia. Nonno Bruno comunque, anche se fosse vissuto a lungo, non mi avrebbe certo potuto dare quello che nonno Giovanni ha dato, sta dando e darà a mio cugino Giovanni. Nonno Bruno, che era amico di nonno Giovanni, da giovane faceva l'operaio, da meno giovane si sposò con nonna Elisabetta che era la figlia del custode della fabbrica, e da vecchio faceva il pensionato. Comunista. Nonno Giovanni, che era amico di nonno Bruno, da giovane faceva l'operaio, da meno giovane si sposò con nonna Serena che era la figlia del padrone della fabbrica, e da vecchio fa il padrone della fabbrica. E' sempre abbronzato e non è ancora morto come nonno Bruno. E forse non morirà mai. Nonno Bruno, quando stava per morire, disse che mi avrebbe lasciato tutto. Infatti, lasciò tutto a me. Tutto: la Betta. E' una barchetta di legno sempre ben tenuta, colorata rosso fuoco (o forse rosso comunista), attraccata al porto di Gaeta, da Filippo, il suo amico che gliela teneva gratis e che me la tiene a prezzo da collasso. Soldi: niente. Quei pochi che aveva messo da parte gli servirono per il funerale di nonna Elisabetta, il pranzo di matrimonio di mamma, il suo ospedale ed il suo funerale. Il comunista non volle chiedere aiuto a nessuno. Case: niente. Visse sempre in affitto perché i soldi li spendeva per il mare, per scivolare sull'acqua con la Betta di legno, con quella di carne e con mamma. Non c'era tempo per conservare i soldi per comprare casa. E, dato che nonna Elisabetta morì presto, aveva ragione. Non aveva muri ma tanti bei ricordi. Nonno Giovanni dice sempre a mio cugino Giovanni: un giorno tutto questo sarà tuo. Ed il tutto di mio cugino Giovanni è più tutto del mio. Quando avrò figli, se li avrò, vorrei scegliere con la loro mamma nomi nuovi da dargli. E non di famiglia, non di nonni o zii o fratelli morti. Dopo quella del nome, ho sbagliato anche tutte le altre scelte della mia vita: scuola, studi, amicizie, amori, lavoro, ideali, religione e ora non ho niente. Tranne la Betta. Ed il mare. Bello. E pieno. Come nonno Bruno. E come me. |