Pietro Dossena

sono milanese, sono venticinque

A volte è dura

A volte è dura essere dei tossicofiliaci, soprattutto quando fa così caldo e tu hai la bici bucata.

Era fine luglio, giusto qualche giorno dopo il mio ventunesimo compleanno, era domenica:

mio padre stava spaparanzato sul divano a guardare il gran premio, la ventola che girava vorticosamente e una penombra malvagia lasciava trasparire la luce accecante di fuori.

Non ce la facevo a stare in casa a scroccare birra al vecchio tutto il pomeriggio così mi sono trascinato fino alla fermata della settantanove sotto il sole cocente delle tre di pomeriggio.

Di fianco alla fermata c’è una fontana e mi sono bagnato come facevo da piccolo, in faccia e sui capelli finchè l’odore dell’acqua, così ancestrale, mi è entrato dentro.

Avevo una voglia matta e oscena di farmi una canna: decisamente non riuscivo a tollerare l’idea di essere normale, decisamente non l’ho mai tollerato.

Era il mese del mio compleanno, era il luglio dei gialli e dei blu.

La settantanove era deserta, mi sono seduto di fianco al conducente e guardavo la strumentazione di bordo, avrei voluto creare una qualche forma di relazione con quell’uomo che in fondo mi stava dando un passaggio, ma lui era a disagio, sudato, grasso e con una coda di cavallo unta. Mi ha scaricato dalle parti di Vetra, ho camminato ma non c’era nessuno a parte questo marocchino che mi ha chiesto : "fumo?"; aveva una faccia butterata e vestiti volgari dell’adidas.

Io avevo uno scudo e lui non ha voluto darmi niente – dai deca-

  • ma non ce l’ho –
  • così mi sono andato a comprare una birra e mi sono seduto al sole.
  • Non pensavo a niente

Non volevo niente se non un cannone e un po’ di compagnia, qualcuno con cui dividere un po’ di banalità, qualche attimo del conto alla rovescia verso la morte; volevo beffarla, l’assurda tutrice del nulla, con argomenti banali che dissimulassero il mio terrore dell’annientamento.

Nella plaza c’eravamo solo io e il marocchino butterato; ogni tanto arrivava qualcuno gli comperava il fumo e spaesava in fretta verso l’ombra, il fresco, attraverso Milano semideserta.

Dopo un po’ il marocchino è venuto da me, si è seduto e mi ha offerto una canna ( se maometto non va a la montagna, ho pensato …), io gli porto la birra ma lui l’ha rifiutata ( musulmano?);

  • caldo- ha detto
  • - eh si-

Ci siamo fumati sto cannone sotto il sole cocente, una coppia portava a spasso per il parco un cane peloso e sofferente per il caldo.

Il cannone mi ha fatto svalvolare, mi sono dovuto alzare e ho cominciato a camminare frenetico come sempre, vedendo tutto meno lucidamente, più astratto e fumoso.

Ho camminato fino al bar, dove c’era un po’ di gente, mi sentivo diverso dagli altri, fuori dal consorzio civile, bello soddisfatto della mia paranoia da hashomane.

Una ragazza dal tram che passava mi ha mandato un bacio che mi ha fatto sentire utile e bello, e reale…

L’ho seguita rapito finchè il tram non è scomparso, e lei con lui, per sempre.

  • addio- ho sussurrato

Nel delirio ho pensato che mi dovevo drogare ancora… ancora… di più…

Ero di nuovo solo con la mia testa, i miei ticchi, il mio corpo martoriato dal caldo e dalla coscienza della sua materialità, nessuno mi guardava, nessuno sapeva, nessuno pareva pensare in questa città dolente.

Sembrava di essere prigionieri della realtà quel pomeriggio.

Sono tornato in Vetra: il marocchino era in compagnia di due tizi, gli stessi del cane, lo stavano ammanettando, le loro facce si erano trasformate per lo sforzo: eh si, adesso stavano lavorando.

Il marocchino, che pareva una brava persona e forse era tunisino, o algerino, non si muoveva e tuttavia i gesti del poliziotto erano violenti: gli aveva dato un pugno in testa e mentre cadeva c’era scappata pure un anfibiata… alcuni vecchietti erano accorsi dal bar lì di fianco e guardavano incuriositi…bavosi derelitti.

Quando quei due mi hanno visto subito lei ha detto a lui

  • fermalo, quello era con lui-
  • fermati - ha gridato il pulotto

io mi sono fermato, inebetito hashishomane accidenti a me.

  • Documenti – mi hanno chiesto
  • cazzo, non li ho-
  • venga anche lei allora-
  • ma se vengo qui a guardare, scusi, le sembra che ho fatto qualcosa? - ho tentato di replicare,
  • quel figlio di puttana le ha venduto del fumo – disse il mio bravo Farlock Holmes
  • non è vero- ho risposto indignato
  • come no? Vedremo- e poi rivolto al marocchino, o tunisino, - glielo hai venduto il fumo a lui? Eh?- e gli dava con l’anfibio mentre lui era seduto a terra con le mani legate.-
  • Intanto è arrivata una volante e sono scesi altri due in divisa, erano giovani e si vedeva che avevano caldo.

Parlavano del gran premio mentre il pulotto mi perquisiva, non avevo che una tasca nei pantaloni corti, sandali e una maglietta bianca.

Non hanno trovato niente…

A me sarebbe piaciuto prendere la pistola che teneva nella fondina e metterli in scacco.

È stata una questione di attimi, un cortocircuito: gli ho preso la pistola dalla fondina a quel pirla e neanche se ne è accorto, non se ne voleva accorgere nessuno, i due in divisa chiaccheravano mentre la fanciulla guardava altrove, i casi della vita…ho fatto passare un minuto buono e alla fine ho gridato

  • MANI IN ALTO, STROUUZ-

Si sono cacati sotto in un istante, che bella scena, - non fare cazzate- ha detto lei

  • quali cazzate ?- ho risposto io, ho visto il fanciullo che si avvicinava, l’eroe in borghese, l’eroe borghese, gli ho puntato la pistola addosso, lentamente e si è fermato, mi sono spaventato perché non ero mai stato dalla parte della pistola puntata se non in tutti i centomila film di Jamees bond, brus uillis ecc:ecc; pareva esercitare un influsso strano sulle persone, le rendeva caute e la cosa mi infastidiva e innervosiva: non avevo mai avuto in pugno la vita di una persona e solo ora mi rendevo conto che in un attimo di rabbia sarei potuto diventare un assassino.

Ero un instabile e, naturalmente, stavo facendo un gesto da instabile, per calmarmi cominciai a parlare al colgione di poliziotto

  • non fare l’eroe, sai come finisce questa pagliacciata?, lo vuoi sapere? E ti dico speriamo per tutti che finisca così perché è il modo migliore; ora, senza che tu, testa di cazzo faccia l’eroe lei slegherà il marocchino e poi ci darete le chiavi della macchina e ce ne andremo, ti piace?
  • Sei pazzo, t’ammazzo-

Era bastato muovere un po’ la pistola per quietarlo, la ragazza stava slegando il marocchino, pareva più ragionevole…ho continuato a parlare a lui, era tronfio e enfio da allenamenti in palestra, e seghe davanti ai film di Van Damme,

  • Tu, stronzo esaltato, van damme del cazzo, sai perché?, perché io non centro un cazzo, e lui non mi ha venduto un cazzo di fumo, gli ho chiesto di vendermelo ma non me l’ha venduto perché fa il suo mestiere del cazzo bene come tu fai il tuo-

Il piccolo eroe era evidentemente irritato, ho detto al marocchino di farsi dare le chiavi e andare al volante, quel poveretto era il più spaventato di tutti, tremava:

  • no amico, ci ammassano-
  • non mi fare incazzare, fai come ti dico - ero in paranoia per le impronte digitali.

Sempre tenendoli sotto tiro siamo saliti in macchina, ho aperto lo sportello con la maglietta, non so come, io che non sapevo neanche organizzarmi per andare a cagare avevo elaborato un piano.

- sgomma - ho gridato e siamo partiti a razzo.

Il marocchino ha guidato per due chilometri lungo la circonvallazione

  • come ti chiami?- gli ho chiesto
  • Aziz, e tu?-
  • marco- ho mentito, nel frattempo eravamo giunti dove la strada incrocia la settantanove, gli ho detto di fermarsi
  • io scendo qui-
  • e io, amico cosa me ne faccio di questa?-mi aveva chiesto indicando la macchina
  • boh? A me lo chiedi-

Rideva, il marocchino, in lontananza si sentivano delle sirene, ha tirato fuori dalla calza un po’ di fumo, hashish, e me lo ha regalato poi è partito a sirene spiegate.

Sono tornato a casa a piedi, guardingo, pensavo che forse mi ero sognato tutto, non mi era molto chiaro… comunque entrato in casa ho preso la macchinetta per i capelli e mi sono tagliato le treccie rasta che avevo, tanto per non farmi riconoscere: I miei genitori mi guardavano increduli.

  • mbe- ho detto- non siete contenti?-.