Rosanna Gangemi

B. E DINTORNI

Una volta vidi una piccola farfalla variopinta imprigionata tra le corde del vostro clavicordio.
La farfalla, tuttavia, non facendoci caso, continuò sempre a girare suonando allegramente, fino a che le corde non la ferirono sempre più ed essa cadde giù, senza un suono, nell'apertura della cassa armonica.

E.T.A. Hoffman

VIOLETTO NUMERO 1

La casa mi accoglie con l'odiatissima Miroque compilation, Mittelalter-Barok-Gothik selection che invade ogni poro del bilocale, e una presenza spettrale che mi saluta sbraitando la sua richiesta: vuole il solito. E lo pretende con quel fare tiranno proprio della sua stirpe, che poi è anche la mia, ma ci diverte affibbiarcela a vicenda, autoescludendoci. Ma pare che niente, oggi, lo farà ridere... Ehi, fratellino, buongiorno! Potevi venire a prendermi!
Appena tornata e già preda di una gravidanza isterica di un senso di colpa in crescita che non capisco e che mi fa camminare strisciando i piedi e ondeggiando. E lui certo è una pessima levatrice.
Ma che ho fatto?! Non sarei mai dovuta partire. I lamenti dell'arpa, il suo naso soffiato ripetutamente ma con la discrezione che ne ha fatto sempre ai miei impietosi occhi un damerino e il mal di mare che dice di patire guardandomi, mi caricano di motivazione. Abbandono i bagagli, eseguo l'ordine e gli preparo una tazza di odoroso Kamillentee, di cui, mesi fa, ne ha portato da Lipsia, patria del Gothik-Treffen, una quantità per tutta la vita. Di entrambi, però. E, mi chiedo ancora una volta, non poteva farsi le canne come la più parte dei suoi coetanei?!
Lui e la tazza fumante mi raggiungono in camera. Solo quest'ultima è integra. Mi siedo dall'altra parte della stanza, tormento il lucchetto dei risicati 19 kg della mia valigia, poi lo invito imperiosa (vizio di famiglia) al canto più sfrenato. E, mentre tentenna a spiccicar parola, mi profilo storiacce di ogni sorta. Ma non nutro, in realtà, alcuna speranza che abbia fatto qualcosa d'illegale o di moralmente abietto durante la mia assenza... Un momento, e se non avesse mai pagato tutta questa camomilla?! Tento di risolvere la sua afflizione con un goffo stritolamento e qualche aneddoto del mio viaggio, sperando in un repentino cambiamento della colonna sonora. Poi mi allungo verso di lui come un elastico malconcio e gli tiro il suo adorato colore. L'afferra e ricambia lanciando un fazzolettino appesantito che, grazie al suo sguardo appannato, anziché nel cestino, finisce irrimediabilmente sul mio cuscino. Sembra sorridere. Non è il momento di alterarsi...
Quindi spreme il tubetto della sua tonalità preferita sul fondo di un piattino in tinta con l'umore e lo diluisce con un pò di camomilla teutonica, per un nanosecondo rapito.
"Si tratta di B.", mi spezza le gambe il Bruder. Odio veder confermata la teoria secondo cui quando ti aspetti qualcosa e te la descrivi e decori per benino, puoi star certo che non avverrà.

DISSONANZA COGNITIVA

La nostra dirimpettaia, vedova dal buon lascito, temperamento da far raffreddare al minimo avvicinamento e incline a trasmettere un'inquietante sensazione di confusione mentale, da tempo divideva la casa con delle polacche, che ordinava addirittura su Internet con invidiabile disinvoltura tecnologica per una della sua età. Queste mostravano pochi ma stabili tratti comuni: poverissime e destinate ad una considerazione molto prossima allo zerbino, si esprimevano soprattutto con vitrei occhi tristi e sorrisi coltivati e, se davi loro un pò d'attenzione, non mancavano di mostrarti serie infinite di foto sgualcite di parenti, amici, animali, vicini ed ex vicini. Settecentomila in nero al mese, centellinato il vitto, passabile l'alloggio, domenica mattina di smog libero e mare con divieto di balneazione per precedenti casi di epatiti. Nessuna si era trattenuta più di due mesi.
Una mattina di Scirocco particolarmente impertinente, dopo una settimana dalla fuga dell'ultima col nostro macellaio di fiducia, citofonò l'Eccezione. La giovanissima B. non intendeva affatto tornare in Polonia, non cercava un marito italiano che la mantenesse o un qualsiasi altro che l'impalmasse, né tantomeno aveva figli al di là delle Alpi. Però, l'idea che un giorno avrebbe potuto sfornare prole e torte sotto un cielo che si commuoveva di rado (e il cielo, di certo, c'era) le aumentava il già costante buonumore. Perché B. era costantemente, radiosamente, patologicamente gaia e, come la tenera e forse squinternata eroina di E.H. Porter, cercava, scopriva e, soprattutto, inventava di sana pianta, il risvolto positivo di ogni situazione. E anche se entrambi sguazzavamo nel più bieco cinismo, ci piaceva.
Amava la lingua italiana e leggeva ogni cosa le capitasse sotto mano, non mostrava reliquie né occhi rossi e, soprattutto, conosceva almeno di nome Kristof Kieslowski...
I suoi pochi affetti vivevano a 20 km da lei: la madre aveva sposato un maturo carpentiere del luogo che, a sua volta, procurava anziani a B. e al fratello gemello. Con insolente insistenza, eravamo riusciti solo a sapere che la madre badava alla casa, che il patrigno era una gran lavoratore e che l'amava come una figlia. D'altronde, non aveva mai conosciuto il padre naturale e l'avevano convinta che non s'era persa niente.
Tutti e tre trascorrevamo insieme un paio d'ore quasi ogni mattina, trascinandola fuori per una passeggiata o da noi, quando per il donnone era il tempo della messa radiofonica e/o televisiva e dei conti. Poi la vicina tornava con ancor più trasporto ad impartire ordini e noi, puntualmente, ci dileguavamo.
La fine del periodo estivo coincideva per me con un viaggio di un mese e mezzo alla scoperta di Belgio e Olanda o, per dirla con lo stucchevole pieghevole su cui io e alcune amiche avevamo trovato l'itinerario più economico, "per cogliere in ogni dettaglio la flamboyante anima flamande, per comprenderne l'indomito orgoglio". Posta così, qualsiasi parente avrebbe contribuito all'alta impresa...
Il giorno della mia partenza, dopo interminabili visite per racimolare il più possibile, andai a salutare B. e, per la prima volta, mi apparve triste. Ci gettammo sconfortate l'una verso l'altra, ma con intenti motori diversi: io per abbracciarla e baciarle le guance, lei per afferrarmi le mani e stringerle. La buffa impasse ci permise di non commuoverci.

NEMOLANDIA

Il disfatto Bruder mi porge il quotidiano locale. Il titolo non lascia spazio ad equivoci (ho sempre sognato di svenire negli istanti più dolorosi della mia vita e non ci sono mai riuscita. Alle disgrazie, alle perdite, alle forti ingiustizie, reagisco dapprima urlando e poi perdendomi in pianti e in silenzi lunghi giorni. Ma ora non so piangere e, neanche stavolta, perdo i sensi) e lui si decide a raccontare.
"Una settimana fa, la madre e il patrigno son venuti a riprendersela. Noi stavamo guardando la messa coi Sonic Youth in cuffia ed eravamo arrivati alla fase clou della funzione, sai, quando la vecchia si alza in piedi, apre la bocca e allunga il collo. Momento di grande suggestione lacerato da una citofonata isterica, seguita dai due che irrompono in casa. Lei, imbambolata, non spiccica parola, lui saluta sbrigativamente la vedova e ignora me, quindi insulta e sputa in faccia a B., ordinandole di raccogliere all'istante la sua roba e di aspettarli in macchina. B., frastornata e cianotica, sposta cauta il filo giallognolo che le penzola dal mento, poi corre in stanza singhiozzando. Riempie la valigia dimenticando di tutto, la seguo in camera, mi abbraccia velocemente, mi chiede di non raggiungerla e di non intervenire. Poi Pollicina corre via come inseguita e, col bagaglio mezzo aperto, semina indumenti e poi quaderni, buste, pastelli e conchiglie lungo tutto il corridoio. Istintivamente, mi chino per raccogliere qualcosa, ma subito lascio perdere, respiro profondamente e raggiungo i tre in cucina. Sorseggiano in silenzio un amaro, ma reggono il bicchiere con mani che tremano. Incontro gli occhi di lui: chiedono provocazioni. Imponendomi una postura più che eretta e un tono alto e risoluto, pretendo spiegazioni. Ma la voce che mi esce è rotta e quasi impercettibile, mentre quella che mi fa eco riempie la stanza e proviene da uno squarcio vermiglio congelato in un ghigno, talmente spaventoso che sequestra la mia attenzione facendomi perdere qualche improperio. Perché l'uomo mi urla, in un furioso crescendo di volgarità, di aver traviato il suo angelo, e col tuo fiancheggiamento, sorella, di averla coinvolta in uscite ambigue di cui gli è finalmente giunta notizia, di avergliela messa contro, di essermi approfittato di lei. Gli rispondo che non capisco queste assurde stronzate e lo imploro, annullando ogni orgoglio montante, di non farle del male, di non portarla via! La vicina si riempie il bicchiere, strizza gli occhi e ci osserva candidamente; la moglie si scava le unghie e non alza mai lo sguardo. Finché lui, ormai sfiatato, l'afferra brutalmente per il braccio e, agguantata l'ultima mensilità di B., ci manda tutti all'inferno, attraversando velocemente il corridoio in direzione della porta e pestando quasi apposta i souvenir che lei ci ha lasciato...
Credo che presto verranno ad interrogare anche te".
Scorro velocemente l'articolo. Il fratello è latitante. I funerali saranno domani. Ha lasciato la madre viva. Per vendetta, probabilmente. Le hanno dato un avvocato d'ufficio.
"Senti, ti sono avanzati soldi dal viaggio?" Metto a bollire l'acqua per dell'altro Kamillentee, poi mi metto a contare.