Massimiliano Tosarelli

Classe 1972, imolese (bolognese in trasferta…), con tanta passione per lo scrivere senza però nessuna particolare nota di merito conseguita. Alle spalle tanti rifiuti e due proposte di pubblicazione di piccoli editori - a pagamento - che non sono state accolte. Amante del vino rosso dei colli bolognesi e delle belle donne, è acceso sostenitore del motto "La vita è bella, cazzo".

Hermes magazziniere

Come aveva già scritto qualcuno era una notte buia e tempestosa, per me niente di diverso da tutte le altre cazzo di notti visto che io dormo con le tapparelle abbassate e metto tappi nelle orecchie, but...

Il vento faceva sbatacchiare gli scuri delle case vicine che, visto la mancanza di luce, erano quella notte ancora maledettamente più scuri del solito. Sbatacchiavano gli alberi contro le facciate grigie dei palazzi tristi e grigi, Giovanni, noto play boy del quartiere, sbatacchiava Miriam, una nota zoccola periferica che, visto i saldi, la dava via per quindici sacchi. Io, avvolto - anche un po' avvoltoio ma questo non ha grande rilevanza... - nel mio squallido pigiama con le brache dal cavallo basso, tanto basso che un pony gli faceva un baffo, pigiama della serie: tessuto color azzurro ospedale stile reparto medicina generale, casacca infeltrita dalle maniche troppo corte per essere vere tra l'altro violentemente macchiata di caffelatte, brioche alla crema pasticcera, succo alla pesca, un panino al prosciutto da portare via e scusi c'ha mica da accendere?, bè, ecco, io mi giravo nel letto. Uno squallore di letto visto che era stato nuovo quarantacinque anni or sono quando Ernesto, il padre di Beppe - due miei vicini di casa e condomini dello stesso palazzo - l'aveva vinto ad una lotteria paesana della Festa dell'Unità da lui stesso organizzata, così da quel momento era stato il nuovo giaciglio di suo figlio (che fa pure rima, vè!) di dieci anni. Il tempo è da allora passato, ora Beppe ne ha cinquantacinque, suo babbo ottantadue con la prostata andata a puttane, e quel letto dopo vari baratti generazionali è divenuto mio, avuto in cambio di un tostapane che più che tostare carbonizzava, una bicicletta con gli adesivi maragli nelle razze e coi pedali con un gioco irresistibile - della serie un giro sì ed un giro no - ed un oramai introvabile Autovox bianco e nero con il copri schermo azzurrato per dare l'illusione del colore. Così io, modesto esemplare di trentenne, alto uno e ottantacinque, dormo ancora adesso in quello che andrebbe stretto ad un sedicenne di oggi. I sedicenni di oggi sono due e quindici ma questo lo teniamo segreto perché allora tutta la storiella crolla.

Tuttavia in quella notte le ore passavano ruffiane sulla mia faccia addormentata e la mia stupida espressione sembrava imitare la stupida espressione che aveva Alberto Camerini, in quel poster che lo vedeva nelle vesti di un Arlecchino tecnologico - che più che tecnologico pareva deficiente - che da anni occupava una porzione di muro giallo proprio adiacente al letto della mia sgangherata cameretta. Non avevo mai osato toglierlo perché troppo sgomento dal grande rettangolo di muro bianco che viveva al di sotto di esso: una sorta di quadro color avorio dotato di secolari pennellate grossolane condite di vomitevoli peli, lasciati da un vecchio pennello marrone di infima qualità, sicuramente Cinghiale, una ditta che con quella mitica pubblicità dell'imbecille in bicicletta soccorso dal vigile patinato, che non si sa perché tenesse un pennello in tasca, aveva illuso una intera generazione di aspiranti imbianchini che per verniciare una grande parete occorreva un grande pennello (pressappoco quello che diceva Miriam per attirare i clienti: "Grande figa ventiduemila davanti, venticinque fammi quello che vuoi. Pagamento in anticipo, non si fa credito").

Comunque. La tempesta tempestava i campi di albicocchi in fiore e probabilmente i contadini stavano già compilando domande di risarcimento statale per calamità naturali, ma io non potevo accorgermene perché troppo sordo a causa degli spugnosi tappi gialli - gialli da nuovi, ma poi dopo poco marroni... - "Ear classic" e troppo preso da un sogno erotico che non giungeva mai al momento cruciale. Così, sul più bello, proprio quando la Schiffer si era fatta convincere a mettersi nella posizione dello scoiattolo che schiaccia le noci - "stai attenta che le mie non son noci e non si mangiano, perbacco!" - in definitiva quella preferita da quel culattone di Cip durante l'amplesso con quel drogato di Ciop che nel frattempo si faceva delle canne... Ecco, proprio in quel momento qualcosa mi destò facendomi imprecare non poco. Pensai a cosa poteva essere stato. Un nano della dubbia sessualità che mi faceva strani discorsi all'incontrario per aiutarmi nella risoluzione del giallo della morte di Laura Palmer? (Che tra l'altro non era neanche morta ma solo rapita da una banda magnetica di alieni totalmente alienati). La mia odiata professoressa di latino del liceo - un catorcio - che sfogliando l'album di fotografie le era capitato in mano un mio foglietto da lei requisito sul quale si ritraeva Polifemo (che non ci vedeva un tubo ma aveva un cazzo così!) che la sodomizzava dicendole "Errare umanum nord-est" ed improvvisamente le era venuta voglia di fare l'amore con me? Furia a cavallo di Tex, inseguiti da Minny e Topolino, Stanlio ed Olio, Stusky ed Hutch, Klismann e Matthaus? Avendo i tappi nelle orecchie se qualcuno avesse bussato non avrei potuto sentirlo?

Via via - scappate via! - i miei pensieri si fecero più limpidi e sensati. Uno strano male atroce al di sotto dello stomaco mi stava uccidendo, ecco cosa mi aveva svegliato! Era una notte buia e tempestosa e forse Alien aveva scelto il mio intestino per far nascere il protagonista dell'ultimo nuovo e micidiale episodio di quella nefasta saga: "Alien 19, alle prese col quotidiano. Il controllore ti ha beccato sul tram senza biglietto ed a causa del ritardo il tuo capufficio ti farà un culo così". Un male lancinante - che avrebbe steso perfino il cavaliere Lancillotto che dal nome o era un gay o aveva un culo terribile con i numeri ritardatari - tentava di stendere pure me. Scesi a fatica dal letto strisciando fino alla finestra, alzai la tapparella e faci ampi gesti a Giovanni e Miriam che stavano copulando sulla Regata metallizzata, parcheggiata sul marciapiede di fronte, ma loro erano troppo impegnati per starmi a sentire. Gli lanciai la sfida, ma più che la sfida gli lanciai un sasso che finì sul cofano della prestigiosa berlina, che a quell'ora era alla berlina dei lanciatori di sassi notturni. Giova alzò la testa e cercando di non perdere il ritmo, mi guardò e mosse lentamente le labbra cercando di comunicare con me: "Vaffanculo, testa di amianto domani vado dal carrozziere e metto tutto sul tuo conto!" Ma io feci un po' fatica a leggere quel labiale e capii: "É molto buio quasi color amaranto, questa donna ha una carrozzeria niente male, l'ho scopata molto ma ho perso il conto." Oppure: "Ciao ciccio-bello-quà-quà la serata è niente male se non fosse per il caldo tropicale ed il sole allo zenit che impedisce ai miei occhi una corretta visione della vita, cosa fai domani sera vieni allo Stork (night club di fama internazionale) che c'è un duo lesbo mica da ridere?". O al limite: "Vecchio cialtrone tirasassi!" Sbigottito dal dubbio mi ritirai annaspando in cerca del bagno. Rantolai svegliando la tarantola but it's not important. Nessuno poteva aiutarmi ero spacciato, qualche volta spacciatore ma solo per rimediare due soldi e tra l'altro in quel momento non faceva certo cambiare quella tragica e fatale situazione. Stavo morendo, qualcosa dentro di me tentava di farmi esplodere le viscere, ero un malato terminale, quasi-quasi computer, a fatica giunsi in bagno e finalmente capii da dove veniva quel dolore svuotando la vescica nell'opaco cesso e mentre pisciavo non potevo fare a meno di guardare la mia grande e sublime facciacculo che riflettendosi nello specchio sembrava dire:

"Hermes fai in fretta e torna a letto che domani c'è da fare l'inventario".