Sabato Bufano
La mia "vita letteraria" é nata
qualche mese fa. Autore di alcuni racconti,
non ancora editi. Non ho ancora vinto nessun premio letterario.
Mi piace molto scrivere, ma non ho ancora riscontri su quello che scrivo.
Gli unici riscontri sono dei commenti positivi di lettori che hanno avuto la
pazienza di leggere le mie cose. |
Chat
assassina Io e Terry
passeggiavamo come al solito, quella sera, nella piazza del paese. Attente ad eventuali
sguardi dei ragazzi. Eravamo lì per acchiappare, come al solito. Nessuna di noi aveva uno
straccio di ragazzo. Uscire da sole non ci andava. Volevamo a tutti i costi un ragazzo e
il piccolo paese dove abitavamo offriva pochi spazi: solo quella piazza, con lo struscio
solito. Ma già sapevamo come sarebbe andata a finire: anche quella sera sarebbe andata
buca. Saremmo tornate a casa con la coda tra le gambe. Non eravamo belle, nemmeno
"bone", e nemmeno disposte a compromessi. Le nostre amiche sì, loro erano
"accondiscendenti", ci raccontavano le loro storie d'amore e di sesso. Facendoci
crepare d'invidia. Non si facevano tanti problemi, loro. Alla seconda uscita con un nuovo
ragazzo già finivano in una macchina, in un luogo appartato. Noi no. Noi sognavamo una
storia d'amore bella, pulita. E così portavamo i nostri diciotto anni ogni sera in
piazza, con la speranza di incontrare il ragazzo della nostra vita. Quella sera ci
annoiavamo parecchio. Io e Terry, Terry e io. A chiacchierare. E sognare.
Terry ad un certo punto propose: "Andiamo a prenderci qualcosa?"
"OK, andiamo, tanto qui non ci fila nessuno!"
Mi portò in un nuovo localino che avevano aperto da poco, un "Chat café".
"Terry, che cos'è un Chat Café?"
"Mah, non so. Mi sembra sia un posto tipo pub. Dove ci si collega anche a
Internet"
"Internet? Ma in un locale si beve qualcosa, si incontrano persone! Cosa c'entra
Internet?"
"Boh! Andiamo e vediamo!"
Ci intrigava quella novità, in un paese in cui non succedeva mai niente. Almeno a noi.
Entrammo e ci avviammo al bancone.
Prendemmo due frullati e ci guardammo intorno. C'era tanta gente. Molti erano incollati a
dei monitor disposti intorno alle pareti.
"Come funziona?" chiese Terry.
"Andate a una postazione libera. È facile! Poi passate alla cassa" le rispose
il ragazzo al bancone.
Avevamo visto Internet qualche volta a scuola. Non eravamo certo esperte. Io avevo il
computer da qualche giorno, regalo di papà per il diploma. Ma ci avevo solo giocato un
po'.
Nella postazione accanto alla nostra, una ragazza bionda scriveva messaggi e qualcuno le
rispondeva. Comparivano sulla maschera scritte di risposta ad ogni cosa che lei scriveva.
"Cos'è?" le chiese Terry.
"La chat!" le rispose la bionda.
"Come funziona?"
"Semplice. È un modo per scambiare quattro chiacchiere con persone conosciute su
Internet"
"Conosciute su Internet?" chiesi perplessa.
"Sì, ti scegli uno tra le persone collegate e cominci a chiacchierare. Ce l'hai un
nick?"
"Un cosa?"
"Un nick, un nome finto, uno pseudonimo. Mica vorrai collegarti col tuo nome e
cognome?"
Io e Terry ci guardammo un attimo e subito ci venne l'idea.
"Per la chat noi saremo 'Nonsisamai'" proposi a Terry.
"OK, mi piace!" approvò lei.
Detto fatto, ci collegammo. Il nostro sguardo curioso andò subito ai nick collegati. Ce
n'erano di tutti i tipi, alcuni erano inequivocabili sulle intenzioni o desideri dei loro
possessori.
Accanto ai teneri 'Cucciolo', 'Scricciolotuo', 'Piccolococco', c'erano i promettenti
'ParadisoItalia', 'SogniImprudenti', 'Esplosivo72'. Per non parlare degli inequivocabili
'Toro74', 'Latuaverga' o 'Mandrillo26'.
Dopo alcuni momenti dedicati a scorrere l'elenco e a decidere una scelta sicuramente
difficile, ci collegammo con un rassicurante 'Dolcevita27'.
"Ciao" scrivemmo nell'apposita maschera.
Ci pareva banale come approccio, ma forse era il più semplice e diretto. Dopo alcuni
secondi di silenzio dall'altra parte, ecco apparire un "Ciao. Chi sei?" di
risposta.
"Mi chiamo Nonsisamai!" replicammo. Non ci sembrava il caso di dichiarare subito
i nostri nomi.
"Tu chi sei?"
"Dolcevita27!" ci rispose il nostro nuovo amico, rendendoci pan per focaccia.
"Di dove sei?" chiedemmo.
"Provincia di Mi. Tu?"
"Provincia di Bs". Forse in chat si usa parlare per sigle, pensammo.
"Ah, siamo vicini!" fece lui.
"Quanti anni hai?"
"27, non l'hai capito dal nick?" mi rispose.
"Non ci avevo pensato. È la prima volta che mi collego" mi giustificai.
"Tu quanti anni hai?"
"Diciotto" dichiarammo.
"Che ci fai davanti a un computer di sabato sera?" fece lui.
"Invece di essere in giro a folleggiare?" continuò.
Aveva ragione. Ma non volevamo dirgli della nostra noia e della nostra solitudine.
"Veramente sono in un locale. Con un gruppo di amici. E ci stiamo divertendo un
sacco!" mentii.
"Tu invece? Anche tu davanti ad un computer?" replicai.
"Sono a letto influenzato" dichiarò lui.
La cosa ce lo rese immediatamente più vicino. E simpatico.
"Sei solo?" chiesi ingenuamente.
"Sì" replicò lui.
"Cosa fai nella vita?" chiese.
"Studio. Università" mentii, per rendermi più interessante. In realtà ho
lasciato la scuola, dopo il diploma. Sono ragioniera, ma faccio la cassiera in un negozio
di abbigliamento.
"Io mi sono laureato l'anno scorso. Ingegneria" replicò lui.
"E nel tempo libero che fai?" incalzò ancora.
"Mah, leggo, vado al cinema, a ballare, viaggio. Mi piace molto viaggiare!"
"Dove sei stata di bello?"
"Mah, America, Spagna, Grecia, Inghilterra,
". Ormai raccontavamo balle a
ruota libera. Lui non aveva modo di controllare, per cui il gioco di renderci interessanti
a tutti i costi diventava ogni momento più divertente.
"Caspita! Sei una giramondo!" replicò lui.
La serata continuò chiacchierando del più e del meno. Dopo un paio d'ore ci lasciammo,
contenti di averci fatto compagnia. Questo nuovo gioco, così lo consideravamo, ci era
piaciuto. In cuor mio pensai che l'indomani l'avrei richiamato, dal mio computer di casa.
Ci era sembrato un tipo interessante. E poi non si sa mai!
Quella notte dormivo e sognavo. Chissà com'era? Che faccia aveva? Era carino? Aveva una
ragazza? Una cosa era certa: quel nuovo gioco poteva rompere la monotonia delle nostre
serate. Poteva farci conoscere nuovi ragazzi, non i soliti noiosi del paese. L'incontro
avveniva tramite un computer, ma che importava? L'importante era incontrare nuova gente.
Raccontarsi. E farsi raccontare. E poi chissà? Non si sa mai! Mi svegliai presto, quella
domenica mattina. Con un pensiero fisso. Accesi il computer. Mi collegai a Internet. Aprii
la chat. Cercai febbrilmente nell'elenco dei nick collegati. 'Dolcevita27' non c'era.
Guardai l'orologio. Le sette e dieci. Bé, era ragionevole che non ci fosse. Gli lasciai
un messaggio. E un appuntamento in chat.
"Ci sentiamo più tardi, alle dieci, OK?"
Mezz'ora dopo mi chiamò Terry.
"C'è un sole niente male fuori. Andiamo a fare un giro?" propose.
"OK. Ma per le dieci devo essere a casa"
"Perché? È successo qualcosa?" si stupì lei, meravigliata per la novità. Le
nostre uscite domenicali certe volte duravano tutto il giorno. Niente di particolare, si
andava a zonzo. Questo rientro così subitaneo era un fatto nuovo.
"No, no. Niente. Mamma ha bisogno di una mano in casa" mentii.
Terry non rimase molto convinta. Di solito non aiutavo in casa: trovavo sempre un sacco di
scuse per evitarlo. Uscimmo. Ma ero distratta e assente. Il mio pensiero correva
all'appuntamento in chat. Questa mia assenza certamente insospettì ancora di più Terry.
Ma non volli dirle la verità. Un po' perché mi vergognavo. E un po' perché volevo
tenere tutta per me quell'occasione. Non si sa mai! Alle dieci meno cinque mi stavo già
collegando in chat.
'Dolcevita27' aveva letto il mio messaggio? E se l'aveva letto, cosa aveva pensato? Era
incuriosito? Una folla di pensieri mi attraversava mentre il modem faceva i suoi soliti
fischi per collegarsi. Ecco la maschera che si apriva. Apparve la lista dei nick. Cercai
febbrilmente. Eccolo! 'Dolcevita27' era lì! Lo chiamai immediatamente.
"Ciao 'Dolcevita27'!". Nessuna risposta.
"Ci sei?" riprovai.
Attesi alcuni minuti: lui non rispondeva. Si era forse allontanato dal computer? O stava
già chiacchierando con qualcun altro? Possibile che non aveva letto il mio messaggio?
Un'ombra di delusione oscurò il mio viso. Forse non era interessato a me. Forse il nostro
primo incontro della sera prima lo aveva deluso. Forse in quel momento stava chattando con
una ragazza molto più interessante. Pensavo a tutte queste possibilità, con la faccia
incollata al monitor, quando ecco la risposta!
"Ciao 'Nonsisamai'". La scritta tanto agognata comparve sul monitor.
"Come stai?" s'informò lui, gentile.
"Bene! Hai letto il mio messaggio?"
"Sì. Mi ha fatto piacere. Sai che mi ricordavo di te? Ieri sera abbiamo fatto una
bella chiacchierata!"
Ero emozionata. Si ricordava di me. Non ero passata inosservata!
"Cosa fai oggi?" mi chiese.
"Bé, non abbiamo ancora deciso. Penso che andremo a fare un giro sul lago"
"Andremo? Con chi vai?"
"Bé, io col mio gruppo. Siamo una bella compagnia di amici" mentii.
"Quale lago?"
"Garda. È qui vicino! C'è un ristorantino niente male. Poi a zonzo. Tu invece che
fai?"
"Lavoro. Questo week-end mi tocca lavorare"
"Che lavoro fai?"
"Sono ingegnere. Sto lavorando al progetto di un grattacielo a Milano"
Rimasi un po' intimidita. Doveva essere una persona seria. E istruita. Mi sentivo piccola
piccola davanti a lui. Anche se gli avevo detto che studiavo all'Università. Ma lui non
sapeva che ero solo una commessa.
"Hai un ragazzo?"
La domanda mi colse un po' di sorpresa.
"Sì", mentii ancora una volta.
"Lo ami?"
"Sì" gli dissi, un po' seccata da queste domande che diventavano personali. In
fondo lui era ancora uno sconosciuto!
"E perché cerchi altre persone in chat?"
Già, perché? La sua domanda non faceva una grinza. Pensai a qualcosa di intelligente con
cui rispondere. Ma non mi venne nulla.
"Bé, perché
perché mi piace conoscere altre persone", risposi
banalmente.
"Hai mai incontrato qualcuno conosciuto in chat?"
Questa volta rimasi veramente interdetta. Immaginai dove voleva andare a parare. E cosa
gli avrei risposto, in quel caso?
"No, non ho mai incontrato nessuno. Sono in chat da poco"
Dopo averla scritta mi accorsi che quest'ultima frase gli avrebbe offerto lo spiraglio
giusto.
"Ti andrebbe di incontrarci?" propose lui puntualmente. Era andato a parare dove
avevo immaginato. E gliel'avevo offerta su un piatto d'argento.
"Non mi sembra il caso. Ci conosciamo appena!" mi difesi.
"Bé, incontrarci davanti a un caffè sarebbe l'occasione per conoscerci
meglio!" continuò a insistere.
"Non
so" balbettai io. Non so come si faccia a balbettare scrivendo, ma
il mio stato d'animo era quello. Da un lato l'offerta mi stuzzicava. Lui mi sembrava un
ragazzo interessante. Ben altro rispetto a quelli del paese. Dall'altro avevo paura. Non
sapevo chi era. Non lo conoscevo. Sarebbe stata una forte delusione se si fosse rivelato
diverso da come lo immaginavo, incontrandolo.
"Dove vai all'Università?" mi chiese, rompendo il mio silenzio.
"A Milano". Mi pentii subito dopo averlo scritto. A parte che non era vero, ma
Milano era proprio la sua tana.
"Bene, potremmo incontrarci all'Università! Facciamo domani mattina?"
"No
no. Domani non ci vado". Cercai di aggrapparmi a qualcosa.
"Meglio! Così possiamo stare insieme!"
Ero tentata. Avevo paura, ma ero tentata. Mi feci coraggio.
"OK" scrissi. Se l'avessi detto a parole, l'avrei detto con un filo di voce.
"Però non all'Università". Non mi sembrava il caso. Non c'era nessun motivo
per incontrarci davanti ad un'Università. Era un mondo che non mi apparteneva.
"E dove?"
"Non so"
Fu lui allora a condurre il gioco.
"Come vieni a Milano?"
"In treno"
"Bene. Ci vediamo all'uscita della Stazione Centrale. Angolo a sinistra. La zona dei
taxi. A che ora arrivi?"
"C'è un treno che arriva alle 10.30"
"Bene! Alle 10.30 sarò lì. Come ti riconosco?"
"Boh!", non sapevo che dirgli. Poi mi venne in mente il foulard.
"Avrò al collo un foulard rosso col bordo bianco"
"Benissimo!" fece lui.
"Ora devo andare" scrissi dopo aver guardato l'orologio. Era mezzogiorno. Erano
due ore che chattavamo.
"A domani. Conterò i minuti. Ciao" mi salutò lui.
"Ciao. A domani".
Chiusi il collegamento. Avevo fatto una fesseria? Forse sì. Ero stata un'incosciente?
Forse sì. Ma non me ne importava. La novità era troppo eccitante. Certo che un
appuntamento al buio, senza conoscersi
La mattina dopo ero in treno, il foulard bianco e rosso al collo. Durante la notte avevo
anche pensato di non andarci. In fondo non mi conosceva, non avrebbe potuto mai
rintracciarmi. Ma la curiosità e la tentazione avevano avuto il sopravvento sulla
razionalità e la prudenza. Alle 10.30 il treno arrivò, puntualissimo. Uscii dalla
stazione. Andai verso il luogo concordato. C'era tanta gente, come al solito. Cercai
istintivamente con lo sguardo. In realtà non avevo nulla da cercare, non avevo segni
particolari suoi. Ad un tratto qualcuno mi sfiorò leggermente.
"Nonsisamai?", chiese.
Mi voltai. Aveva forse trenta anni. Non era male.
"Sei ancora più carina di quanto avevo immaginato!" esordì lui.
"Vieni?" propose.
"Dove?"
"Ho la macchina qui vicino" disse lui con aria innocente.
"Non possiamo fare un giro a piedi e prendere un caffè?" ribattei. Non mi
sembrava prudente, la macchina.
"Cos'è, hai paura?", mi canzonò lui, sorridendo. Quel sorriso mi rassicurò.
Lo seguii verso la macchina. Salìì. Solo quando partì sfrecciando mi accorsi che nella
macchina c'erano altre persone.
"Chi sono?" chiesi stizzita.
"Amici miei" tagliò corto lui.
"E che ci fanno qui?". La paura stava montando.
"Vedrai!" fece lui.
Volevo scendere, uscire, scappare. Ma lui bloccò la sicura delle portiere. Andò verso la
periferia. Intanto i due dietro mi guardavano. Con occhi niente affatto rassicuranti. E
lascivi. Arrivammo in un posto isolato. Sconosciuto. E lì mi lasciarono. Dopo che avevano
fatto a turno col mio corpo. Quei bastardi. E dopo avermi finito con una coltellata al
cuore. |