Isacco Nuvoloni
nato a Novara l'08-07-1979
Istruzione: Maturità Classica conseguita presso il Liceo Classico "S.Gaudenzio"
di Novara. Attualmente iscritto presso la facoltà di Lettere all'Università "Amedeo
Avogadro" di Vercelli.
Lavoro: ho svolto diverse attività di manovalanza presso le agenzie di lavoro come
magazziniere, operaio generico, saldatore. Ho collaborato con la rivista culturale
bimestrale "Nuova Metropolis" di Novara con poesie ed articoli letterari.
Attualmente gestisco la sezione giovani del trimestrale culturale "La rujia".
Scrivo per il settimanale "L'Azione" e per il settimanale "L'osservatore
novarese" entrambi di Novara occupandomi principalmente di cronaca. Collaboro inoltre
con il giornale on-line "Albumitalia" edito su internet e con la rivista di
critica letteraria "Atelier" (direttore prof. Ladolfi)
Una mia poesia è stata pubblicata sul libro d'autori vari "Antologia del premio
letterario del Club dei Poeti 2001"; un'altra è stata inserita nel volume "Come
fratelli" e segnalata al concorso Giovanni Barra di Pinerolo; altre ancora sono state
inserite nel libro del concorso "Parole d'autunno" del comune di Gozzano. Mi
sono classificato secondo nell'8° edizione del concorso letterario Leggi e commenta della
Biblioteca comprensoriale di Donnas, Aosta.
Obbiettivi: spero di riuscire a pubblicare il mio libro di poesie e di poter continuare a
scrivere |
CAPUCIO
Quella sera combatteva Tyson. Il bar rimase, o lo facemmo
rimanere, aperto un'ora in più per permetterci di seguire l'incontro in tv. Eravamo tutti
ammassati e continuavamo a bere, chi birra, chi vino d'annata, io e alcuni intimi
consumavamo avidamente capuci (rum e succo alla pera, in due bicchieri separati, bevuti
alla goccia). Tre, quattro, poi una bottiglia di birra divisa in due e un altro capucio.
Ricordo la prima volta che bevemmo quel cocktail micidiale ed assassino eravamo in
montagna, nei pressi della mia casa. Entrammo in un locale deserto, ad un'ora tarda della
notte, con la voglia e la rabbia di distruggere tutto. Poi il proprietario si dimostrò
simpatico e affabile e ci offrì quello strano beverone, poi un altro e un altro ancora.
Poi basta, eravamo al limite. Tornammo a casa, dormimmo in tre su di un letto, io Marco e
Stefano. A me capitò il centro, punto in cui il materasso s'inarcava. Che terribile
nottata, con l'alito caldo degli altri due che mi cullavano negli incubi alcolici.
Comunque quella sera avevamo esagerato, tra vino, birra e capuci, eravamo fradici. Ci
spingevamo furiosi mentre il presentatore annunciava l'entrata dei pugili, rovesciavamo
birra addosso agli spettatori, e li minacciavamo con le nostre espressioni spente, gli
occhi semi chiusi, giapponesi.
Entrò il nostro campione e standing ovation; poi quando si presentò lo sfidante la
delusione avvolse tutta la sala. Era grasso, con lo sguardo da scemo, impacciato, lento.
"Non è un pugile!" gridai "ma lo vedete, a quello, saltellare al corda,
allenarsi,
" mi mangiavo le parole e faticavo ad esprimere i suoni gutturali,
ma in qualche modo la gente capì e rise. Forse più per me che per ciò che avevo detto.
Comunque era la verità: quel grassone, al massimo poteva essere un picchiatore da
birreria.
Iniziò l'incontro e io seguitavo a parlare, bere, urlare. Non ricordo gran che di quei
momenti, fatto sta che al sesto (o quinto, non so) round quel cialtrone cadde come un
sacco di merda al tappeto, afflosciandosi senza un minimo di classe. Tyson, il più forte
di tutti ora era un semplice businessman, un leone senza nerbo, un assassino con il timore
d'uccidere. Delusione.
Finito l'incontro sputavamo sentenze, tutte insensate ed incoerenti, ci spingevamo e
ancora rovesciavamo birra in terra e sulla testa della gente. Ci spinsero fuori dal bar e
dopo un po' di bagarre furibonda, ci allontanammo rumorosamente verso un pub, che si
trovava lì vicino. Un posto di merda, ma l'unico aperto a quell'ora.
Ancora birra, e spinte, urla. Le cameriere seguitavano a rimproveraci per l'assordante
rumore che facevamo. Noi niente, continuavamo imperterriti. Davamo pure fastidio ai
clienti, scroccandogli sigarette ed insultandoli, costringendo certi addirittura ad
andarsene via.
Marco spinse poi Alex contro una stufa in ferro battuto. Caddero lui e il pesante oggetto.
Frastuono e risate, parolaccie, insulti. Alex raggiunse il bagno per sciacquarsi il
sopracciglio che sanguinava e Marco lo seguì per assisterlo. Uscì il proprietario del
locale, un sessantenne stronzo con la pancia, ubriaco, arrogante, che chiese chi fosse
stato a far cadere la stufa. Marco rispose lesto: " sono stato io, e allora?"
"sei un cretino" "e tu sei un pirla" "che cosa?" "sei
un pirla!". A quel punto il pancione diede uno schiaffo a Marco. Lui con una
velocità olimpionica cominciò a riempirlo di calci sugli stinchi e cazzotti sui denti.
Quando sentimmo il rumore ci precipitammo tutti fuori. Alex continuava a dargli calci in
culo con tutta la violenza che aveva e urlava indemoniato, Luca cercava di dividerli. Io
arrivai e saltando sopra tutti sferrai un colpo su quella testa di cazzo, e poi pure una
sberla. Subito dopo afferrai Marco che continuava a gridare ingiurie in siciliano
(incomprensibili) e a menar calci e pugni. In quel mentre era arrivato anche il fidanzato
della figlia del coglione: "vattene via che ce n'è anche per te!" gli disse
qualcuno, lui ubbidiente si allontanò a vedere suo suocero come stava. Sanguinava dalla
bocca e si toccava le gambe dolenti, e rientrò sconfitto nel locale. Mandarono a casa
tutti i clienti, tirarono giù le saracinesche e chiamarono i carabinieri. Noi iniziammo a
dar calci alle serrande, li minacciavamo. Marco d'un tratto corse verso la porta di
servizio del pub e rientrò. Noi tutti dietro pronti per spaccare il locale, invece voleva
solo chiarirsi sull'accaduto col diretto interessato. Io me la presi con quello sfigato
del ragazzo della figlia che intimorito s'allontanò, quel chiacchierone mingherlino e
invadente "vattene a far le pulizie, pirla!" gli grifìdavo, mentre gli altri
discutevano animatamente. Poi dissi al ciccione coglione guardandolo per quanto riuscivo
negli occhi: "tu sei fortunato che noi siamo ubriachi e cristiani. Ti capitava
qualcun altro ti faceva davvero male" tutto questo lo espressi con gran fatica,
biascicando lento ogni suono vocale.
Dopo poco arrivarono i carabinieri, noi eravamo già fuori dal locale, sulla strada. Non
ci dissero niente, ci guardarono, ci riconobbero uno per uno e si fermarono a parlare con
i baristi e le cameriere.
Tante cose che ho qui raccontato me le riassunsero il giorno dopo i presenti meno ubriachi
di me. Comunque avevamo fatto quello che Tyson non era più capace di fare, incazzarci e
mettere nei nostri pugni tutto il pathos e la grinta di cui disponevamo.
Serata nefasta e pericolosa in cui noi innocenti ci siamo trasformati in sanguinari
guerrafondai: tutta colpa di Tyson e del capucio. Buona notte. |