Vincenzo Mancuso

Mi chiamo Vincenzo, scrivo racconti, e quello che ogni tanto mi passa per la testa.
Ma non sempre mi passa qualcosa per la testa. E forse questo è un bene….

Ironico

Riesci e essere ironico ?, mi domandava Sandro mentre salivamo sulla collina. No, in realtà non ne sono capace. Perché ridere di qualcosa che non mi fa ridere?

I due salivano in cima alla collinetta che sovrastava la città. Lí c’era il castello vecchio.

Seduti su un sasso, preparavano la prima. Un tiro. E poi a guardare la città spegnersi. Dall’alto.

Mick Jagger vomita canzoni sul mio piatto di pasta mentre guardo la tv. Sono al sesto piano di un palazzo compatto e pieno di gente. Fuori è sera. Il mio gatto dorme sul divano.

In realtà dormo anch’io.

Il giorno inizia alle 11.30. Ho il supermarket vicino a casa. Pane e formaggio.

Poi il computer acceso e io aspetto di scrivere qualcosa.

Forse non ho niente da dire.

C’era qualcosa che spingeva Sandro a comprare della droga. Forse il fatto che non essere allineati lo faceva stare bene. Ma un giorno si accorse che avere i capelli lunghi, ascoltare il rock, consumare eroina era essere allineati. Si tagliò i capelli e smise di comprare droga.

Iniziò a fumare. Costava meno. In piú si sentiva ironico.

Ho in mente strani pensieri di solitudine questa sera. E’ una lunga notte di solitudine. E io godo di questa solitudine. Fante e Bukowski mi tengono compagnia. Vorrei andare in America. Non ho i soldi.

Apro un libro di Tondelli. Mi sento a casa.

Il giorno che Sandro decise di partire Michela aveva tagliato i capelli. Era dimagrita in quel periodo. Si sentiva piú bella. L’incontro avvenne alle cinque di sera.

Se tu hai deciso di partire fallo. Non mi interessa. Se hai deciso di andartene vai. Ho altre cose che starti dietro . Credo che domani comprerò un cane, mi farà compagnia.

Si lasciarono come si erano trovati. Niente baci. Niente mano. Un cenno rapido, e si divisero.

Il treno partí alle dieci di sera.

Ho avuto mal di stomaco per molto tempo prima di andare dal medico. Dice che probabilmente è gastrite. Forse peggiora se non mi curo. Ho deciso di mangiare meno formaggio e piú frutta.

Quando il mondo ti crolla addosso la cosa migliore da fare è spostarsi.

Prendo un’arancia dal frigo.

Michela usciva dal negozio di scarpe, ne aveva comprate un paio nere con il tacco basso, lucide.

Il pomeriggio scaldava la strada, in questi casi si sceglie il metrò.

Mentre scendeva le scale vide una coppia baciarsi contro un muro. Provò un brivido e si eccitò.

Lui toccava lei sul seno.

Era tempo che Sandro non la toccava piú.

Pianse a piccoli singhiozzi e corse via.

Il nocciolo della questione è capire perché si fanno le cose. Io ho la mente allargata e vuota di aria. Non credo che il lavoro nobiliti l’uomo. Non credo che scrivere aiuti a trattenere il fiato.

Per pigrizia respiro. E sento il tanfo e il puzzo dell’aria.

E’ questo il mio limite. Respirare.

Un giorno Michela si svegliò con una telefonata. Sandro le diceva che sarebbe tornato. Un salto da lei lo faceva. Lei non rispose. Ma un sorriso le riempí la faccia piena di brufoli.

Era ingrassata.

Ma il suo cane l’amava ancora. Quel giorno avrebbe fatto un giro al parco per farlo correre.

L’aria quel giorno era buona.

Se chiudo gli occhi posso vedere piú chiaro. La rabbia e la frustrazione di non essere creativo come vorrei esserlo mi fa credere che la creatività non esiste. Potrei guardare la tv. Mangiare delle noccioline. Cercare una rivista porno.

Ma questo mi fa sentire scialbo.

Quello che cerco forse sta nella mia stanza. Spengo il computer e la radio e chiudo gli occhi.

Mi addormento. Forse l’ho trovato.

Al parco Michela ci arrivò alle tre. Era l’ora in cui tutti portavano a pisciare i cani. Si sedette su una panchina sudicia. Un ragazzo gli si avvicinò. Lei sorrise.

Erano le quattro, e forse si innamorò.

In casa ho finito la carta igienica. Devo trovare dei fazzoletti di carta. Per questo motivo mi rattristo, e la giornata diventa tutta triste.

Metto un disco di Guccini, ma questo non mi aiuta.

Devo andare a cagare lo stesso.

Sandro arrivò con il treno delle ventidue. Lei aspettava alla stazione con il cane. Appena si videro si abbracciarono. Il cane cercò di scoparsi la gamba di Sandro.

La serata la passarono insieme. E lei gli toccò la gamba, erano in macchina sotto casa.

I vetri si appannarono in fretta, mentre il cane, fuori sulla strada, iniziava ad abbaiare.

Oggi ho letto sul giornale che la nuova tendenza è essere ironici. Io ho un amico che lo è. Forse è per questo che vorrei esserlo anch’io.

Quello che mi fa male è che penso di essere già ironico, ma forse non abbastanza, non abbastanza per essere di tendenza.

E’ importante essere di tendenza?

Mentre Sandro guardava fuori, Michela si rivestiva, e parlava del suo nuovo lavoro, del cane e altre cose che a Sandro non interessavano.

Era tardi.

Adesso lui sarebbe sceso dalla macchina e si sarebbero salutati, non avevano piú nulla da dirsi.

Cosí fecero.

Mentre Michela posteggiava e Sandro si allontanava, qualcuno era sceso a prendere il cane, che continuava ad abbaiare.

scrivono storie per fermare dei pensieri, o delle immagini. Forse si vuole ingannare il tempo, o si vuole ingannare chi legge.

Io passo il tempo a ingannare solo me stesso.

E questo era ironico.