Fabio Corsale

ho trent'anni. Sono nato a Napoli, ma da due anni vivo a Milano. Ho una laurea in Economia e Commercio e lavoro in amministrazione all'Università Statale. Compongo, insieme a Roberta, una rivista di poesia e di lettere: "Corrispondenze" (creata artigianalmente ed autoprodotta). Dall'inizio di questo anno ho preso a scrivere dei "fra.scritti". Essi rappresentano la frattura del distacco nel ricordo; infatti, la memoria scava tra le immagini e gli spezzoni si assestano. E mi aiutano. Gli altri "fra.scritti" sono presenti nel supplemento al numero sei di Corrispondenze di prossima uscita.

Giulio mi dice che quando si sveglia, di pomeriggio, ha mal di testa

Quando Geremia mi disse che le galline mangiavano solo pane stantio inzuppato d'acqua, ebbi l'impressione che dal vecchio nascesse il nuovo e dal nuovo il vecchio.
Occorreva che dessi una regolata al mio mangiare.
Erano, ormai, due anni che non pranzavo in maniera ordinata. Focaccine, panini, pizzette, panini e focaccine.
Le ore mi impedivano. Io mi impedivo.
Mi veniva sonno e in questa città si dorme, si dorme certo, ma solo di notte. Le abitudini del sonnellino pomeridiano mi ridonavano forza e lucidità.
Non a tutti accade. Giulio, per esempio, mi dice che quando si risveglia di pomeriggio ha forti mal di testa e la bocca più impastata del mattino.
Staccavamo, a casa, la spina del telefono. E quando ce ne dimenticavamo c'era lo scassacazzo che telefonava alle tre per chiedermi le noiose notizie sugli esami universitari. Era anche invidioso lo scassacazzo.
Era una stupenda giornata di sole. Con Sonia decisi di non andare a lezione per fare una passeggiata vicino al mare. Lo scassacazzo…sempre lui…il pomeriggio chiamò…credo sempre alle tre…e parlò con mio padre…dicendo subito che non ci aveva visti a lezione…lo stupido ebbe molte difficoltà nel superare quell'esame…io e Sonia no…però la cazziata di mio padre l'avevo avuta.
I pomeriggi si andava in motorino, d'estate. Si beveva la Strega di nascosto. Si sostituivano bottiglie e bottiglie nel ripiano scorrevole del salone. Funzionava così: Sonia, ancora in salone - porta chiusa, metteva la bottiglia vuota nella borsa. Poi, scendevamo ritornando con quella piena. Sempre in borsa. Inoltre, dovevamo far sì che la bottiglia raggiungesse il livello che mi ricordavo. Aprivo la bottiglia e a bere.
Quando, mi svegliavo avevo sempre voglia di qualcosa. Tè o cioccolata. Arance premute o limonata. Faceva freddo d'inverno a casa mia. Il solo plaid non bastava. Il solo rannicchiarsi verso la parete. A volte. Non bastava.
Le stanze col soffitto altissimo.
Non altri piani sopra. Terrazzo.
Caldissimo/Freddissimo.
Il bicchiere di Sissi è sulla nave…vicino al mappamondo.

Milano, 7 gennaio 2002
ore 15.38