Anonimo Lombardo

nato nel 1973, dopo una regolare estrazione casuale tra tutti i partecipanti, vince con questo racconto il concorso letterario “Terapeutica letteraria” indetto nel 2001 dalla rivista letteraria Vibrisse diretta da G. Mozzi.

Ossidazione P.

Questa è una storia vera. Di una malattia inusitata. E strana. Che ho avuto solo io. Psicosomatica mi hanno detto i medici. Premonitrice, quasi profetica, dico io. Tutto è iniziato una sera d'estate. Potrei raccontarvi del caldo di quel giorno, di tutto quello che mi successe, di ciò che dissi, fin nei minimi particolari, ma non avrebbe alcun senso perché il male non era assolutamente implicato col mio passato. Esso si manifestò. Improvviso, entrò nel mio corpo che dormiva. Sognavo. Sognavo il sole, abbacinante, e ad un tratto nero. Un cielo terso e il sole nero. Io parlavo ma non avevo voce. Mi svegliai. Era l'inizio della mia storia, la storia tra me e questo male di cui ora dirò i sintomi con cui si manifestava, il nome con cui lo battezzai (un metodo per avere un qualche potere su qualcosa è riuscire a nominarlo), il modo repentino in cui scomparve, inspiegabile. Ci sono mali che tormentano la carne in continuamente rendendola in qualche modo assuefatta. Il mio era più subdolo: quando ormai credevo di essere guarito ricompariva feroce. Ma è forse il caso che accenni alla malattia in sé. Si manifestava sempre come un prurito sordo, irrefrenabile, localizzato in una zona di cui il pudore mi costringe, per ora, a non farne cenno (fu questo che nei primi tempi mi tenne lontano dai medici). Non una pustola, né bozzi, né ponfi, nemmeno il più piccolo rigonfiamento che potesse suggerire una qualche infezione (all'inizio ciò mi tranquillizzò, in seguito avrei preferito di gran lunga uno di questi segni a quel silenzio cutaneo). I medici a cui alla fine fui costretto a rivolgermi non seppero fare una diagnosi sensata e si limitarono a qualche cura palliativa a base di creme emollienti. Del tutto inefficaci. Col tempo imparai a conviverci. In fondo di giorno non si faceva sentire: potevo camminare, parlare con gli amici, starmene tranquillo a leggere, mangiare, studiare, guardare la TV, lavorare in modo metodico sul mio tavolo di lavoro (ora per fortuna sono disoccupato), correre in bici e fare l'amore. Giuro, a volte riuscivo anche a dimenticarmene ed era solo allora che chi mi conosceva poteva vedermi ridere.
Le diedi un nome: Ossidazione P. Le diedi un nome quando intuii che dovevo per forza conviverci e a lungo. Incominciò a far parte della mia vita, si prese parte dei miei pensieri. Non dubitavo di essere io a produrre questo male: ero io che comunicavo col mio corpo dal di dentro. Passarono i mesi, le notti passate a contorcermi su un letto insonne, o nell'ascoltare in una immobilità sofferente quel ronzio tattile che era il mio supplizio. Con le prime luci dell'alba, sfinito, mi addormentavo. Fino a questo punto è la banalissima storia di un male non letale, sconosciuto e cronico. Un giorno avvenne l'incredibile. Arrivò il postino e con lui era una rivista traslucida e patinata, a cui era allegato curiosamente un libro (i miei vicini ricevettero invece solo la rivista). Sono molte le cose che si possono fare con un libro oltre che leggerlo. Un libro innanzitutto si può bruciare, una cosa per molti naturale, perpetrata in varie epoche e non certo per mere necessità termiche. Con un libro ci si può inoltre incartare per molto tempo il cibo, pareggiare la gamba di un tavolo o di una sedia; lo si può abbandonare sul sedile di un treno perché non ci piace, lo si può tranquillamente vendere e comprare, rubare; ci si può pure innamorare, di un libro. Infine è possibile mangiarlo nonostante, a quanto racconta San Giovanni, uno dei primi bibliofagi, un libro possa essere un tantino amaro. Io con un libro invece ci sono guarito, ed era il libro che quel giorno mi arrivò per posta. In sé era nefasto, dalle sue pagine scaturivano immondi progetti per un mondo futuro che sinceramente mi augurai rimanessero sulla carta. Non dirò della rivista patinata, illustrata e allucinante, ai limiti del ridicolo, perché non ci sono parole. Incredulità, risentimento, nausea, le sensazioni che si addensarono dentro di me. Quella sera per la prima volta dormii. Ossidazione Perianale se n'era andata, ero guarito. Aveva soltanto voluto annunciarmi ciò che il futuro stava tramando per opera dell'Autore, e di cui avrei potuto leggere profusamente nel Libro stesso se solo avessi avuto la forza di continuare. Ribadisco, si trattava solo di una malattia profetica. Preparatoria. Da quel giorno il prurito è stato sostituito da un male interiore, più sopportabile perché non di un dolore fisico si tratta, ma morale, politico, ecologico. Un male che presto si sarebbe esteso a ciò che mi stava intorno.

Bibliografia: Berlusconi S., "L'Italia che ho in mente", Mondadori