Milton Fernàndez come si potrà ben dedurre, è uruguaiano, e bazzica da queste parti dal 85'. |
FATTEBENEFRATELI Oggi è fatta, ti dico, dài coglione, è fatta!, non so perché ma, guarda, quasi quasi mi viene da guardare con tenerezza i giorni andati, quelli in cui dopo l'infinita coda sulla strada, fianco a fianco con tutti i mondi che vengono dopo il primo e il secondo (beati voi), comunque, dicevo, quando alla fine arrivavo a quella scrivania marrone col cuore nelle tonsille e lo stomaco in salamoia, giusto in tempo per sentire dalla bocca del (nonostante tutto) benamato Maresciallo Paper, "torni domani", sputate più che dette e con gli occhi di uno strano colore rossonero, qualcuno mi sussurrò all'orecchio, un giorno, che con quelle parole il Maresciallo godeva e che qualche volta, addirittura, soprattutto di venerdì, raggiungeva una sorta di orgasmo che lo ringalluzziva per l'intero fine settimana, ma no, andiamo, che non ci sono mai cascato su fanfaluche del genere, io ho continuato, imperterrito, neisecolifedele, a sorridere come un guanaco e a rispondere, riverenziale: "certo, a domani Maresciallo e grazie, grazie, grazie infinite, gra " ma oggi, porcoduncane, oggi è diverso, non ci sono ca ! cazzo, per poco non mi scappa una parolaccia, sono in punta, in pole, voglio dire, son chi, davanti al tavolo marrone quasi sepolto sotto l'alluvione di cartelle e di fascicoli, imborrati, gonfi, strapieni di scombinati, di Mohamed, di Tekle, di Juan Perez, "nato a chissàdove-sposato-celibe-abbandonato-non lavora-con dimora fissa-senza fissa dimora- soffre di reumatismo-di noia-è onanista come Gheddafi- tiene una fotografia di Kemal Ataturk sopra il comodino- un gatto sotto il letto, anche lui extracomunitario-si confessa negro- ballerino e mangiatore di cous-cous ..." ma la mia non c'è, non c'è, dove cazzo sarà?, scusate, oeilà!, arriva il Maresciallo., "buongiorno Maresciallo", oddio! ha risposto! almeno così mi è sembrato, e sorride, sì, sorride!, mi attacco alla scrivania per non svenire, oggi è la mia giornata, oggi esco di qui col permesso di soggiorno, di essere, da oggi sarò, basta tornidomani, mai più, perlomeno per ora, grazie, grazie Maresciallo, devo tutto a lei, oddio!, mi fissa e diventa serio di colpo, m'assale il dubbio che non sorridesse a me, mi guardo attorno, alle mie spalle sosta una mulatta formosa con i denti di ossidiana, sorride anche lei, accidenti, l'avevo detto che era il mio giorno!, "cosa vuole?", dice il Maresciallo, io tendo tremante il passaporto, la carta da bollo, le fotografie, "sì, sì, lo so, non sono venuto molto bene, prometto di impegnarmi la prossima volta", il nulla osta, il certificato di nascita, il contratto di lavoro e in fondo, surrettiziamente, la stampetta di San Cono - santo uruguaiano che mi sta a cuore - ma il Maresciallo non mi guarda, neanche di striscio, scruta la mulatta, andata e ritorno, poi mi fa pervenire un "Aspetti là!" che mi prende proprio tra occhio e occhio e mi incolla al lato destro della scrivania, il sorriso minerale sembra un valico alpino, il Maresciallo si scioglie, lei lo raccoglie con un cucchiaino da gelato, lo lecca piano, pianissimo e alla fine riparte spostando correnti d'aria e provocando alluvioni, smosse ed allagamenti, con quelle natiche di granito alte, senza la linea di galleggiamento che distingue il culo caraibico da quello mediterraneo e che sembra fatto apposta per ottenere il permesso di soggiorno, di essere, di non tornare domani, ma il Maresciallo ha chiuso il sorriso, ha abbassato la serranda e non ce n'è per nessuno, ora si fa avanti la gorda, voglio dire, la signora grassa con la scollatura generosa e il pacchetto col fiocco sotto l'ascella che passa vertiginosamente dietro la scrivania, il Maresciallo torna a sorridere, sorrido anch'io, sollevato, la gorda, voglio dire, la signora della scollatura grassa, sorride pure lei e promette il prossimo longplèi con la dedica dedicata " insomma, ben potrebbe venire a prenderlo personalmente, e magari si beve qualcosa insieme" "ma signora mia, lei vede che lavoraccio qui, schiavo sono, neanche il tempo per respirare, tutti qui vogliono venire, potesseroammazzz , e se fossero al meno tutte personcine per bene come lei ... ma arriva certa gentaglia ...!" e non so se è la mia immaginazione, ma mi sembra di ricevere un'occhiataccia qui, proprio sull'occhio destro, una di quelle che ti spediscono fuori dal ring per tutta la conta e andà a cantarle a Gardel, ma no, no, è soltanto una mia idea, la gorda, scusate, la cantatrice tonda scollata, se ne va, spostando anche lei l'aria insieme a un senegalese che alle sue spalle cerca di decifrare le benedizioni in stretto ragusano che gli sta rivolgendo da un quarto d'ora un funzionario dietro al bancone, e sono già le dieci, adesso mi chiama, lo so, lo sento, oggi non ha pronunciato un solo "torni domani", e perché dovrei essere io il primo? e perché cazzo non cerchiamo di pensare positivamente? chiedo scuse, il Maresciallo è diventato di nuovo scuro, si vede che ha tanti pensieri, e questo chi è? oh Dio mio! un maricòn! no, vade retro, fermo lì, me lo metti di cattivo umore, vai via, almeno aspetta che ti chiami! ma niente, il frocio, scusate, il pederastone maledetto, s'avvicina senza pensare agli altri, a noi che poi paghiamo il conto, il Maresciallo lo vede, lo punta, sto quasi godendomi la scena, adesso lo sbrana, lo massacra, lo fa a pezzi, "cosa vuole?" spara, ed è come un missile a bruciapelo, ma il biondo con l'orecchino non si ritrae, anzi, tira fuori un biglietto, lo dispiega sopra la scrivania con parsimonia, come se fosse il sigillo reale, l'asso nella manica, il Maresciallo si sistema gli occhiali, prende il pezzo di carta, lo legge, lo annusa, lo palpeggia e quando si toglie la montatura pazzesco! Non è lo stesso uomo di prima, ma Maresciallo, ma come? gli sta offrendo la mano? e le malattie? e quel suo proverbio preferito, quello del cammello, dei culastri e della cruna dell'ago? e lui che avverte il mio stupore mi incenerisce con lo sguardo fino a farmi diventare piccolo piccolo, un bonsai sudamericano nascosto dietro la montagna di cartelle, poi quello con l'orecchino che esce dall'ufficio sventagliandosi la faccia, e per un momento mi sembra che il ventaglio sia ... sì, sì, lo è, è il permesso di soggiorno, di essere ma toccherà anche a me, lo so, dopo tutto sono soltanto le undici del mattino e io sono qui solo dalle otto, cosa cavolo pretendo? adesso tocca a me, lo so, lo sento, devo calmarmi, forse non passano tutti quelli che stavano dietro di me e non escono tutti con il loro bel permesso stampato sulla faccia? ma sì, è meglio se mi fumo una sigaretta, l'ultima, lo giuro, questa è l'ultima, porcamerda!, scusate, non ho da accendere, ecco, quel funzionario che fuma l'avana, ecco, chiedo a lui, calma, calma, avviciniamolo con calma, cerca di arrivargli al cuore, di parlare senza accento, scegli bene le parole, vediamo: "scusi, mi fa accendere?" non è che mi viene: "Tiene fuego?" come l'ultima volta, e lì sì che rischio il culo, no, è meglio fare soltanto un gesto, lui capirà, m'avvicino piano, il soggetto mi guarda, mamma mia quanto è grande!, e con quel sigaro sembra Alcapone, zitto, zitto cogliùn, che tutto traspare, sento le cascate del Niagara sulla schiena, sono già qui sotto la ciminiera, appena se ce la faccio a non tossire, lui mi guarda negli occhi, io nella cravatta, accenno un gesto, quello universale che sta a significare: "ha da accendere?" oddio, continua a guardarmi, sono in apnea, vorrei parlare, ma non ci riesco, adesso glielo dico, dicoo, gli dico : "mi fa accendere, per favore?" lui aspira il sigaro come se fosse l'ultima azione della sua vita, apro la bocca, raduno tutta l'aria che giace nei miei polmoni e ... "cazzo vuole?", dice lui, e io, preso così alla sprovvista, senza aria e con la sigaretta in mano sparo, senza pensare: "mi permessa laaa soggiorna?" e cerco subito un buco dove sparire, ma è un momentaccio e sono già tutti occupati, e allora, con la sigaretta disintegrata tra le dita: "chiedo scuse", gli dico, "volevo accendere la ..." e lui, senza farmi finire "è vietato fumare, non lo sa?" e io "scusi, no, non lo sapevo, grazie, grazie infinite per l'informazione", siamo in questo e quello quando mi viene da guardare verso la scrivania del Maresciallo Paper, bingo! è vuota, voglio dire, non c'è più nessuno in coda, il Maresciallo è libero, vuol dire che tocca a me, lo so, lo sento, è il mio turno, volo più che cammino fino al mio angolo, a destra della scrivania, cercando di non farmi tradire dall'ansia, dominati, mi dico, rilassati, ricorda il trainning autogeno: "io sono perfettamente calmo io sono perfetamente calm ", il Maresciallo sistema pezzo per pezzo tutto quanto si trova sul suo piano di lavoro, una e un'altra volta, prende gli occhiali, li alita, li pulisce, sembra rilassato, si vede che non è più incavolato, sta ancora pulendo gli occhiali con un pezzettino di stoffa, il mucchio di cartelle sembra adesso la scarica di Cerro Maggiore, si mette gli occhiali in tasca, sbaglio o sta canticchiando tra i denti?, mi guarda, forse mi illudo, ma c'è della simpatia in quel suo sguardo, apre la bocca, "voleva?", mi dice, grazie, grazie Maresciallo, grazie per il tono così rassicurante. "niente, è per il permesso ..." sussurro io ... lui guarda il suo orologio. "... di soggiorno", deglutisco, di essere, penso tra me e me, lui guarda ancora, ma stavolta, quello grosso, sul muro, non scommetterei, ma mi sembra un Bulova, prende il mio passaporto, mi fissa, guarda la fotografia e fa, forse, una piccola smorfia di disapprovazione ma comunque allunga la mano e fende l'aria un riflesso argenteo quando stampa il timbro sulla pagina bianca con un colpo secco che gli sconvolge la pettinatura, poi riguarda la carta, la colpisce ancora e mentre interroga, assorto, quel magico minusculo stampino di gomma capace di aprire ogni porta e di spalancare tutte le finestre, un sorriso soddisfatto gli sorprende la bocca e gli fa risollevare gli occhi, stranamente lucidi, acquosi, non vorrei sbilanciarmi, ma c'è addirittura della dolcezza mal nascosta in quelle stanche orbite istituzionali, "e' finito l'inchiostro", mi dice, "torni domani". |