Gabriele
Dadati
è nato a Piacenza il 3 Agosto 1982. Ha
pubblicato il primo libro nel 2000: si tratta della raccolta di racconti
Catene di smontaggio (ed. Berti), con prefazione di Marco Bosonetto. Nel
dicembre 2002 è uscito un libro scritto a quattro mani con il critico
d'arte Stefano Fugazza Piacenza2 (ed. TEP). Ha curato la racconta di
racconti Anche i denti di babbo Natale sono bianchi (ed. Berti)
coinvolgendo scrittori come Paolo Nori, Chiara Gamberale, Marco Bosonetto
e altri. Per tre volte consecutive finalista al Premio Chiara Giovani ( -
1999, 2000, 2001), vincitore della sezione giovani del premio "Radici
e ali" promosso dal giornale di strada "Terre di mezzo" e
del premio Camena 2001. Su Smemoranda 12 mesi del 2002 Aldo Nove ha
scritto "Gabriele Dadati è fuori come un balconcino esposto al sole,
scrive benissimo e si è diplomato l'anno scorso con un voto
altissimo". Ha provato a scrivere per un paio di giornali ( - tra cui
l'allegato della Stampa "La voce nuova"), ma gli ha dato in
fretta ai nervi ed ha subito smesso.
Qui di seguito un raccontino estrapolato da un romanzo che comincerà
prima o poi la sua faticosa strada verso la pubblicazione (o almeno l'idea
era quella). |
Mettete
dei fiori nei vostri cannoni ( - e del terriccio)
La faccenda è iniziata nel Marzo del 1969, se me
l'hanno raccontata giusta. Qualcosa del sessantotto era filtrato fino a
qua - nel piccolo liceo della mia piccola città - e anche se con qualche
mese di ritardo i capelli avevano iniziato ad allungarsi, i simboli della
pace a proliferare e il vessillo dell'amore per tutti a guadagnar terreno.
Nella 2° C, come in tutte le classi, le incisioni sui banchi si erano
moltiplicate: contro ogni guerra, a favore di ogni forma di amore. Le
gomme da masticare masticate, be', anche quelle continuavano a lasciarsi
attaccare sotto le seggiole, ma adesso erano intrise di saliva
rivoluzionaria, masticate da mandibole che masticavano tutto il giorno
ideali di fratellanza, durante i loro discorsi.
Comunque, nella 2° C c'era questo banchettino curioso, in fondo e vicino
alla finestra.
Quando il bidello lo puliva trovava sempre delle scritte strane, scritte a
matita. Su tutti gli altri c'era scritto, non so, Mettete dei fiori nei
vostri cannoni, e su quel banco si trovava scritto, Ma non sarebbe meglio
fornire dei cannoni alla Binagli così fuma e ci lascia vivere? Oppure -
Voltaire - Non credo nelle tue idee, ma lotterò fino alla morte perché
tu possa esprimerle, e su quel banchetto singolare, Non credo nelle idee
della Binagli, ma il problema è che lei vuole che io le impari a memoria
e le esprima quando interrogata.
Insomma, il bello di quel banchetto era che sapeva non prendersi troppo
sul serio, ecco.
Il bidello era davvero curioso: seguiva le vicende di quell'animo in pena
(- un vero e proprio Zibaldone di pensieri, e cioè un documento
filologico di sicuro interesse che ci permette di seguire l'evoluzione del
pensiero di un autore per l'eventuale attribuzione di opere dubbie o per
il loro posizionamento cronologico nell'arco della vita dell'autore
stesso) e gli sembrava sempre un peccato dover cancellare le scritte con
la spugna.
E poi, c'erano degli indizi anche in un altro senso. La scrittura tutta
tonda a palloncini e gli aggettivi al femminile: il controcanto ironico
dei figli dei fiori ( - che, secondo una scritta rinvenuta una volta sul
banco stesso, nella penisola scandinava si chiamavano figli dei fiordi) lo
tesseva di sicuro la voce di una fanciulla.
Di fatto poi la faccenda era finita. Il '68, voglio dire, era finito. Le
scritte avevano cambiato indirizzo e le gomme da masticare attaccate sotto
i banchi erano adesso intrise di saliva menefreghista.
Però, su quel banchettino, il controcanto ironico non era cessato: si era
anzi allargato a tutta la vita di tutti i giorni. E alla lunga la voragine
di quelle scritte avrebbe di certo inghiottito il banco, pensava il
bidello pulendo ogni giorno, lui che i suoi bei capelli lunghi se li era
tenuti.
In seguito, la situazione era caracollata in questo senso: le scritte
avevano preso a farsi più rade, e quando c'erano erano d'umore nero. A
volte gemiti d'aiuto tipo, Sto soffocando!, altre volte intenti criminosi,
E se impiccassi il gatto della Caverzan?, altre volte anche cose che tutto
sommato facevano ancora ridere, Siccome la Ghigni è di sicuro
extravergine, non è che per caso si masturba con le bic?
Insomma che però si capiva che quella ragazza stava male. E i giorni del
calendario che restavano bucati dall'assenza delle sue scritte erano i
giorni in cui lei non aveva avuto voglia di spingersi fino a scuola.
Così, a forza di pensarci e di cancellare suo malgrado, il bidello aveva
deciso di mettersi a scrivere di rimando. Cercava di essere spiritoso,
scriveva: Sì, in effetti la Ghigni si masturba usando le bic, in
particolare quelle rosse perché sono quelle con cui sublima il suo eros
sadico martoriando di correzioni i compiti degli alunni. Oppure, Il gatto
della Caverzan? Meglio nel forno che impiccato, perché la testa potrebbe
scivolare via dal cappio.
A volte cavalcava la grammatica un po' a modo suo, e questo non è
granché come biglietto da visita in un liceo classico, ma per il resto
sembrava cavarsela egregiamente visto che le scritte della ragazza sul
banco avevano ricominciato a farsi fitte.
E così, era iniziato un dialogo.
Era durato qualche mese (- la 2° C era diventata 3°, e a fine anno c'era
anche l'esame di maturità, da affrontare); poi nella luce calda di
Maggio, con il tempo che stringeva la cintola e poco era ancora quello in
cui condividere il banchetto, il bidello di era sbilanciato.
- Hai il ragazzo?
- Tu?
- No, niente ragazza.
- Neanche io.
- Possiamo vederci?
Dopo tanti mesi - a cavallo c'era stata anche un'estate che lui aveva
passato a Rimini in un monolocale affittato con tre amici a respirarsi afa
addosso e ad accusarsi l'uno l'altro di non pulirsi bene le ciabatte prima
della soglia e dunque di riempire sempre casa di sabbia mentre lei era
stata nella casupola di mare dove i nonni giocavano a carte e
sonnecchiavano crassamente - , dopo un bel po' di dialogo, insomma,
s'erano visti.
Lui: un bidello ex universitario che però le aule non le aveva mai viste
da dentro, ex comunista, ex metalmeccanico, ancora sessantottino,
trentenne e capellone.
Lei: una diplomanda color confetto, ex niente, carinissima e timida, a
breve diciannovenne e con un fungo pettinato di capelli biondi in testa.
La situazione: un dopo-lezione dell'ultima settimana di Maggio, in un
momento in cui anche le pareti della scuola si erano messe diligentemente
a sudare e ad afflosciarsi.
Il luogo: la scuola medesima, ma nella fattispecie l'ultimo piano dove
praticamente nessuno si era mai avventurato e nessuno si sarebbe
avventurato mai, visto che era teatro della temutissima aula di biologia
(- e, francamente, a cosa poteva servire nel '70 un repertorio inesausto
di ossa e scarti umani vari in un liceo classico?)
I due, si piacquero.
Erano stati soli di una solitudine così forte da cercarsi reciprocamente,
fino a quel momento, e non erano due sconosciuti, visto che era da più di
un anno che le loro anime se la cantavano vicendevolmente. Il nostro
bidello Romeo sapeva di dover essere il primo a parlare. Però aveva
un'iguana ferma in gola, e non riusciva a fare altro se non sgranocchiare
le parole che tentava di buttar fuori. Alla fine esordì abbastanza bene:
"CiaoSonoSicuroCheCiRiusciraiAllaFineAdUccidereIlGattoDellaCaverzan…"
Che idiota. Porco cane che idiota di importanti dimensioni che era.
"Ma, guarda, non è più così importante adesso come adesso…"
Lui stava zitto, piegato in quattro dal peso della sua idiozia.
Lei pensò, Ecco a cosa è servito il '68: adesso tocca fare tutto a noi
donne!
Allora la ragazza Giulietta smielò un po', "Sai i film americani…
sai cosa succede di solito…", detto con la voce argentata di una
gatta che passeggia languida su un tetto, di notte, sotto la luna.
Il bidello Romeo allora si sentì montare in petto furioso e imperante il
suo ex comunismo non ancora sopito e disse con fierezza, "No, io quei
film non li guardo di sicuro!, no e poi no!, mai e poi mai!, non se ne
parla proprio. Solo verità e realismo, tra noi compagni. In culo gli
Stati Uniti!"
Andiam bene, andiamo, pensò la ragazza. Questo qui non ha mica capito
niente. Chissenefrega dei film americani: la faccenda è che ci si doveva
baciare, a questo punto. E pensare che sembrava così brillante a leggere
i suoi messaggi!
Allora la ragazza Giulietta decise che tutto sommato forse qualcosa si
poteva ancora fare. Di colpo azzerò lo spazio che sugli assi x e y del
cartesiano della realtà risultava esserci tra le sue labbra e quelle di
Romeo il bidello.
Smack.
E poi smack.
E poi ancora smack.
Gli angioletti tutt'intorno cantavano immortali con le loro voci di
velluto e qualcuno soffiava anche in minuscole trombette d'oro.
L'amore analfabeta di Romeo cercava parole per diventare assoluto e
tattile alla realtà, ma tutto il sentimento gli restava un groppo
ingolfato in gola che soffocava e soffiava. Non riusciva mica a
sfarfallare parole con ali alate di farfalle, il nostro Romeo, tra un
bacio e l'altro. Le pallonate di sentimento ai polmoni gli toglievano
tutto.
Poi, alla fine, se ne uscì scontato con un, "GIULIETTA, GIULIETTA,
PERCHE' SEI TU GIULIETTA?!?", che scapicollava la realtà, la
capovolgeva.
Allora lei lo guardò di striscio e lo compatì. Quel ragazzo con le
parole parlate, be', non ci sapeva proprio fare. Scritte ancora ancora, ma
parlate… Meglio tappargli la bocca.
E continuò a baciarlo.
Riuscirono quasi a farsi chiudere dentro, i due, visto che era sabato e la
scuola non restava aperta durante il pomeriggio.
Poi iniziarono a frequentarsi. Lui glorioso bidello, lei diplomata di
fresco.
Dopo un paio d'anni iniziarono a convivere. Giulietta trovò
un'occupazione degna di lei: dopo aver corretto bozze e bozze per
quotidiani e riviste, aver fatto l'impaginatrice, essersi proposta quale
compilatrice di quarte di copertina per case editrici minori, alla fine
sorse al più alto gradino occupazionale cui l'inclinazione della sua
personalità doveva condurla, e cioè selezionatrice di frasi per i
bigliettini dei Baci Perugina®. Figli com'erano figli del '68 italiano (-
e cioè di fatto del '69, perché noi italiani ce la prediamo un po'
sempre comoda ) decisero di non sposarsi.
Passarono attraverso tutte le vicende di trent'anni d'Italia isole
comprese. Una delle cose più belle fu il mondiale vinto in Spagna nel
1982.
E poi però al loro matrimonio sono riuscito ad assistervi anch'io.
Si sono finalmente sposati tre anni fa, hanno all'improvviso deciso così,
in una chiesetta arrampicata su una collina che c'è qui in provincia.
Romeo, lui, l'ho visto piangere. E' stata la prima volta.
Se posso dirlo è proprio strano, ma anche bello, partecipare al
matrimonio dei propri genitori. |