Sergio
Sozi
e' nato a Roma nel 1965. Nel 1995, con
altri operatori culturali, ha fondato a Perugia il trimestrale cartaceo I
Polissenidi, che ha finora presentato, in lingua italiana, brani ed
interviste inediti di, o con, Jean Giono, Yasser Arafat, Paolo Conte, J.
L. Borges, Marguerite Duras, eccetera.
A giugno del 2000, Sozi ha pubblicato a
Perugia (Fra.Ra. Editrice), il volume di poesie Oggetti volanti
(segnalazione Premio di Poesia Sandro Penna 1999. Presidente, Walter
Pedulla').
Dal 2000 vive a Capodistria, in Slovenia.
Questo Paese ha finora tradotto in sloveno un suo racconto (Le cose
cambiano), vincitore del concorso per un racconto breve indetto nel 2002
dalla rivista Primorska Srecania, e diverse sue poesie, a cura del noto
intellettuale Marko Kravos (rivista Paralele, numeri 5 e 6 del 2001).Per
quanto riguarda i gusti, a Sozi piacciono soprattutto la narrativa
italiana (Calvino, Gadda, Sciascia, Bontempelli, Malerba, Maurensig), la
grande poesia del medesimo Paese (inutile sproloquiare: in Dante, Petrarca
e Ariosto c'e' tutto e ''più di tutto'') e la Letteratura Antica (in
primis Omero, Virgilio, Ovidio, Properzio e Catullo). Fra gli stranieri,
forse si puo' citare Pasternak, Yourcenar, Cervantes, Rostand, Huxley,
Borges e Dostoevskij. L'ultima sua scoperta e' decisamente il grande poeta
sloveno France Prešeren. |
Il
maniaco
Rem tene, verba sequentur.I
Qualcuno gli avrebbe dato una medaglia,
in altri tempi. Ne era convinto, il capitanone impomatato della Compagnia
Trieste II. Poi, Euterpe Santonastasio, non è che usasse tanta gelatina, a
dir la verità: era una questione di splendore naturale, riverberantesi da
ogni pelo nero sulla ''clientela'' di quell'affollato distretto. Così,
oltre al nome sbagliato, il povero Benemerito aveva anche una fama
immeritata, quella di ''cicalone'', ovvero ''sciccoso'' e ''fotogenicofilo''.
Tutte menzogne delle malelingue - bastarde e fors'anche prezzolate! - che
spargevano unzioni agli usci di ogni palazzo ceccobeppiano del circondario,
senza risparmiare gli edifici d'epoca fascia o postquam. Questa ultima
sarebbe in realtà la postmoderna:
<<Ma poiché l'Epoca Postmoderna non esiste, bisogna contentarsi di un
Postquam.>>
Ragionamento quadrato, ineccepibile, caro capitan Santonastasio. Però gli
untori imperversano, premono, spingono e scalciano. E perché tanta
agitazione da parte della cosiddetta ''maggioranza morale'' triestina, in
quell'Anno Domini di post-finemillennio (secondo)?
<<Ve lo dico io, gentilissimi utenti: perché i belli meridionali non
devono beccare i delinquenti, ma fare le sfilate di moda sul Viale, o anche
verso le Rive, quando ogni capello neropece attira raggi solari per accecare
le pupille autoctone! Ed io, invece, 'sto disgraziato mariuolo, lo voglio
proprio caccia' in gattabuia. Be'.. mica ne sarei tanto sicuro, di volerlo;
insomma, vedremo.>>
Il mariuolo, secondo Euterpe II (''il Dialogante Solitario''), doveva esser
ingabbiato da qualche sbirro fisionomicamente più idoneo alla bisogna: uno
col viso oblungo e le lentiggini, la sparuta parrucca cinerea, ed in
allegato anche tanto di gestualità repressamente nervosa. Questo tipo umano
garantisce fedeltà lavorativa, se si tratta di risolvere casi eclatanti.
Casi come quello di un… un…
<<…Un fottutissimo maniaco alfabeticodepressivo, Bedda Matri!>>
Gli sbirri rudi e tarchiati vadano a risolvere furti di banane ai depositi
portuali o rapine. Ecco: ladrocinî e rape d'ogni tipo, col taglierino o
l'ascia a mezzaluna, con la falce fienaia o il piede di porco, con i
moschetti e le mosche-al-naso. Basta che si freghi, si sottragga, si faccia
sparire qualcosa. Anche le risse ed i regolamenti di conti vanno bene. Ma…
<<… Ma quel coglionazzo del mio maniaco triestino non borseggia e
neanche s'interessa di sghei, non malmena, non violenta, né - Dio l'abbia
in gloria! - procura dolore in giro a chicchessia!>>
Però lo deve acchiappare lui. Inutile che Euterpe ''nomedafemmina''
Santonastasio discuta col maggiore. Ed effettivamente aveva provato ad
opporre resistenza, sperando nell'affidamento di un'altra indagine. Il
maggiore si chiama Vlado Novak e durante la belle époque suo padre aveva
rinunciato a diventare un Novacchi o un Novaco.
<<Testone che non è altro, il capo. Tale e quale a me. E mai nessuno
che dia le medaglie a chi se le merita, qui. Eh, in altri tempi l'avrebbe
ottenuta sì, quello, l'onorificenza!>>
Ma in quali altri tempi, capitano Santonastasio? E a chi daresti il premio?
Lascia stare queste menate e tienti pronto, piuttosto, ché fra poco il
primo querelante entrerà nel tuo ufficio: vorrei consigliarti di evitare i
ricordi, ora, ma so che non ascolti.
II
Quel giorno del benedetto affidamento,
il maggiore Novak era nero come la fuliggine vista dalla cokeria durante il
turno di notte. Quindi, svolgendosi il colloquio alle nove di un'assolata
mattina estiva, la rabbia dell'ufficiale acquisiva, assieme alla sua folta
pelurie castano-bionda, un contrasto piuttosto inconsueto: crema e
cioccolato, come nelle migliori gelaterie.
<<C'è qualcosa che fa per lei, Santonastasio.>>
Porca l'oca: ho sbagliato l'esordio. ''Che fa per lei…'' con lui non va
bene. Si corresse mentalmente: ''C'è un caso raffinatissimo per lei…''.
Si corresse facendo sforzi di petto anche se sapeva di essere malumoroso:
l'autocritica crea il consenso coi subordinati, si dice. Mannaggia… Troppo
tardi!
<<Sissignore: il prepensionamento, fa per me.>>
Oddio, che giornataccia. Ormai non posso ricominciare da capo:
<<Stavo scherzando. Indovini un po' cosa sto per comunicarle?>>
<<Che me lo hanno concesso, mica.>>
Di male in peggio.
<<Spingo nelle alte sfere, spingo, capitano.>>
<<E intanto io non ne posso più di giocare a guardie e ladri,
maggiore. Che, per caso hanno rubato un altro carico di granturco al Terzo
Molo? Non guardi me. Io, il grassatore della Barcolana l'ho ammanettato
personalmente ieri, in mezzo alla folla. Adesso vorrei un bel truffatore di
matusalemmi, per stimolare la creatività investigativa. Ma non si stanchi,
lei; spinga comunque. Grazie.>>
Creatività investigativa, bene, bene. Stavolta lo incastro:
<<Fuor d'ironia, capitano: la fantasia le servirà veramente,
stavolta! Ho fra le mani un tizio che crea scompiglio, in città, senza far
altro che discorrere con le sue vittime. Non le deruba, non le rapisce, non
le picchia. Ci parla ed anche a proprie spese, sembra.>>
<<Capito: è un maniaco che prende appuntamenti con femmine ingenue e
intellettuali per fottersele, scusi l'espressione, dopo, in luoghi
appartati.>>
<<Lui non fotte.>>
<<Logorroico parolacciaro e sporcaccione, zozzo maschio vecchio
stampo?>>
<<Castigato quanto Giovanna d'Arco.>>
<<Femmine pazze e ninfomani mitomaniacali?>>
<<Le denuncianti sono sane mentalmente come noi due. Nessuna di loro
ha a che fare con psicanalisti eccetera.>>
<<Lasci stare l'esempio, la prego, signore. Checcazzodiuomosarebbe,
questo qua?>>
<<Un caso di coscienza.>>
Lo accettò: evidentemente pensava che i suoi occhi grigio chiaro lo
legittimassero al caso insolubile, nonostante l'inguaribile brunaggine
tricomica da pesca-scippatori. Presto ne conobbe i dettagli, grazie (o
malgrado?) al voluminoso fascicolo che un soddisfatto maggior Vlado Novak
gli fece recapitare nello studio:
<<Ecco… E guarda un po'… So' sei mesi che 'ste poveracce fanno gli
esposti. Niente indagine fino alla prima denuncia contro ignoti… Ah! Ma
c'è anche un uomo. No: tre uomini e sette donne. Chissà perché. Tutti
perseguitati. Il maniaco scrive lettere. Niente imèil, non ciatta, non va
col telefonino. Niente telefonia fissa. Cazzo: addio tabulati. Rimangono le
impronte sulla carta… robba diffficile!>>
Santonastasio si allentò la cravatta con mossa di studiata decadenza, nel
concludere la lettura dei verbali dai quali ogni fastidio sarebbe derivato.
Solo ed appoggiato coi polposi gomiti alla scrivania d'ordinanza, iniziò a
pensare che era inutile atteggiarsi in presenza di un semplice mazzo di
carte. Beh… semplici per modo di dire. Una bella grattata alla nuca lo
riportò in fase concettual-meditativa:
<<Bisogna reperire ancora i molestati per interrogarli.>>
Le lettere anonime erano presenti solo in fotocopia. Alzò la cornetta e,
mentre formulava le tre cifre dell'interno, parlava con se stesso a voce
alta:
<<Eppercheccazzo non ci hanno consegnato gli originali? Mi chiami
Buritovic, per favore, Elsa? Sì, subito, subito. Come il maresciallo non
c'è. Elsa, lo devi rintracciare immediatamente. D'accordo, chiamalo a casa
e digli che mandi un fischio appena può, qui in ufficio. Sai per caso se i
giornali hanno parlato di un maniaco alfabeticodepressivo, in questi giorni?
Al-fa-be-ti-co-de-pres-si-vo. Un maniaco strano.>>
No. Niente stampa né televisione. E allora, a un tipo come Novak, cosa
gliene importa? Perché tanta fretta? Stai a vedere che qualcuna delle
denuncianti fa l'amore con lui e… la gelosia triestina… ecco il caso
fatto per me. Stronzetto. Ah, ah. (Pausa breve). Ennò: il maggiore xe molto
pulito, xe candido come Voltèr. Stronzetto xe mi. Sarà perché mancano i
furti di carichi navali. Incredibile.
Il giorno stesso spedì il povero maresciallo Buritovic a rintracciare di
persona i famosi denuncianti, tutti. Ed ecco come si trovò a dover pensare
alla medaglia al merito d'altri tempi, una settimana più tardi. Ed infatti
è ancora lì che aspetta di interrogare dieci persone; lo abbiamo
conosciuto proprio mentre attendeva il primo di costoro. Questi ha appena
salutato e chiede permesso, aprendo prudentemente la porta dell'ufficio.
III
<<Il fatto che lei non voglia
consegnare ai carabinieri gli originali delle missive anonime, signor
Bellini, a noi sembra… ecco…>>
Un vero triestino, Clemente Bellini. Nato a Palermo e vissuto tra Figline
Valdarno, Genova ed altre sett'otto città europee, espone disinvoltamente
un naso molto insinuante. Fronte piatta e vasta come il lago Trasimeno.
Impermeabile grigetto per un mite inizio di settembre; quarantott'anni spesi
male a coprire un'evidente avarizia intellettiva, egli, inoltre, tace con
gran classe.
<<Se queste… cinque lettere autografe la infastidiscono veramente,
perché non ce le dà? Sono prove.>>
<<Lo devo proprio fare… sùbito?>>
<<Naturalmente. Altrimenti, come potremmo indagare?>>
Pausa imbarazzata del Bellini. Il capitano prosegue paternalmente:
<<Perché… lei forse ci tiene, a queste lettere?>>
La sfinge prende vita.
<<Un poco io ci tengo.>>
<<Eh, ma… a che gioco giochiamo. Prima lei fa l'esposto, poi…
siamo coerenti.>>
<<Mi fanno compagnia, 'ste lettere, signor capitano.>>
<<Allora ritiri l'esposto, così sospendiamo tutto e…
arrivederci.>>
Ancora una istantanea fiammata di vivacità dell'interrogato.
<<No. No. Vorrei sapere chi è.>>
Santonastasio sta per collassare dalla rabbia (sangue bollente ch'avvampa
gli occhi), ma si contiene, pensando alla imminente risoluzione del
pasticcio. Mo' lo metto ai ferri corti, 'sto frocetto.
<<L'Arma non è un'agenzia per cuori solitari, scusi. Io la querelo
per falso esposto. E meno male che i giornali non ne hanno parlato,
altrimenti ci sarebbe anche la turbativa di ordine pubblico; il procurato
allarme!>>
<<Capitano, io sono sposato e le assicuro di non essere… Il discorso
va messo in altri termini. Non c'è morbosità, non c'è sesso.>>
<<Dica, allora, e presto, su.>>
<<C'è che mi disturba profondamente, questo scrittore anonimo, ma
anche mi aiuta a vivere. È profondo… ha letto queste lettere?>>
<<Qualche riga. Diciamo la metà di ogni sua lettera; perché non
scrive solo a lei, lo sapeva?>>
<<Ah no?>>
<<Esistono altri nove destinatari, per un totale di… una sessantina
di lettere, tutte scritte a mano e lunghe almeno cinque pagine.E questo,
ammettendo che sia solo lui, il mittente: sa, prima di consultare un
grafologo, noi vorremmo individuare un profilo giuridico. Un reato da Codice
Penale. A mio avviso la grafia ha evidenti tratti somiglianti in tutti gli
scritti: stesse grazie (gli abbellimenti dei caratteri corsivi), stesse aste
per le ''d'' e le ''t''. Occhielli identici nelle ''e'' e nelle ''l''. Credo
che sia un unico individuo.>>
<<Maschio o femmina?>>
<<Non sono uno psicologo e lui evita magistralmente di scoprirsi, da
questo punto di vista. Certo, scrive bene. Le righe sono ordinatissime quasi
sempre, prive di sbalzi e cancellature.>>
Attento, capitano! Ti stai lasciando andare troppo. Oltre un certo limite,
inizi a sognare.
<<Ha fantasia, il suo piacevole persecutore. Se conservasse le brutte
copie, dovrebbe pubblicarle. Ieri ho letto quella parte in cui tratta della
personalità in chiave sociale: ''ogni uomo scompare nel suo relazionarsi
con gli altri''. Più avanti, ritorna sull'argomento, spiegando anche che
''l'individuo, però, acquisisce una irrinunciabile - ''irrinunciabile''
diceva, mi sembra - chiarezza, solo quando è costretto a porsi in rapporto
dialogico con altri enti.''. Bello, tutto ciò, signor Bellini. Ed anche
vero.>>
La curiosità, vecchio Santonastasio. Se eccedi in curiosità, l'intuito
svanisce. E tu ti sei fatto soffiare dei clamorosi successi investigativi
proprio per esserti interessato personalmente ai casi. Le linguacce
sussurrano che saresti portato per natura ad assolvere chiunque, a causa del
''risvolto umano'' delle vicende criminali. Ma adesso, perché non continui
a cercare di appurare se ci sia qualcosa di punibile in tutto ciò?
Sarebbe possibile che il capitano si fermasse, se non ci fosse il primo
interrogato a rispondergli prontamente:
<<Dunque le sembra giusto, che io voglia conservare per me 'sta roba
disturbante.>>
<<Se tutti i disturbi stessero in queste righe, io sarei orgoglioso
che il maniaco avesse scelto me per conversare. Ma ora arrivederci. Ci
faremo sentire noi.>>
''Bravo il fesso. Domani pomeriggio, una bella passeggiata nella zona
pedonale non me la leva nessuno: la farò per espiare.''
E si accese, a mo' di anticipatorio fioretto, pure la sigaretta
penitenziale, quella per lo stomaco vuoto. Poi prese l'inguattata bottiglia
di brandy e si versò una abbondante coppa di rimorsoso liquore. Così
qualcuno sostituisce ceri e mea culpa. Il capitanone si accarezzò la
panzona e, sornione, prese la strada sotto ai piedi, verso la propria
magione. Dell'ufficio, quel giorno, chiuse solo il robusto portone, non
l'argomento ch'era alla sua attenzione. E le rime, lo sappiamo, fanno un
robusto catenone. Anche fuor di ragione.
IV
Noi stiamo qui, in divisa con filorosso
sulle gambe, per impedire ogni disagio alla popolazione: Deus nobis haec
otia fecit! Peccato che il sereno volgo italico sia, a volte, leggermente
masochistico. Se un autolesionista denuncia un sadico dopo averlo
autorizzato a picchiarlo, come la mettiamo? Conta più il momento in cui
quello ha deciso in piena libertà di farsele dare o il fatto che l'altro
abbia accettato? Se non ci fosse plagio, naturalmente. Mandare una lettera
anonima non è, di per sé, un reato, a meno che non vi sia intento
persecutorio… anche solamente psicologico. Ma è il mittente, in questo
caso, che si sta affidando alla benevolenza di chi riceve, poiché scrivere
per motivi interiori produce sempre incertezza nel lettore. Ed un lettore
(cioè anche un uomo qualsiasi) incerto, prima o poi opta per il peggio,
immagina il marcio, lo schifo negli intenti altrui. Questo fenomeno, presumo
che abbia origine dalla profondità, che toglie facilità di interpretazione
all'espressione grafico-verbale.
Santonastasio, celibe e nottambulo, rifletteva sul suo fottutissimo caso, al
termine del decimo colloquio con i denuncianti e non riusciva a decidere.
Ancora evitava di capire se avesse perso l'ultima settimana guadagnandosi il
pane, o, piuttosto, in un privato esercizio intellettuale sulle orme di
quell'epistolario. ''A due passi dalla pensione, sono: se non due, massimo
tre anni ancora e… la pace dei sensi.''. Brutta strada, imboccano i
pensieri, alle due di notte. Bisogna indirizzarli meglio.
Colmato nuovamente il bicchierino di grappa croata, l'uomo si rimboccò le
maniche, al fine di riordinare i dialoghi tenuti in caserma. Era tornato a
casa da poco. Nel salotto liberty, il rombo delle macchine triestine
sembrava esser quanto di meno pertinente ai mitici Roaring Twenties -
atmosfera eccitante a cui lo rimandavano gli ereditati mobili scuri. Quelle
persiane verde smeraldo, poi, lasciavano che anche certi sporadici miagolii
interrompessero i soliloqui prodotti dai veicoli. Peggio ancora: annoiati i
guidatori sgommanti ed in calore i felini… il contesto, a modo suo
armonico, non abbisogna di tutori dell'ordine.
<<Saremmo noi ad aver bisogno di silenzio. Anzi, sarei io.>>
disse.
Beh, tutti i ''perseguitati'' avevano in fondo espresso la medesima
incertezza, fra il sentirsi in colpa per aver chiamato i carabinieri e la
volontà di esprimere a qualche essere umano, neutrale come un gendarme, il
proprio disagio interiore. Una serie di interrogativi sembravano esser
affiorati alle coscienze di costoro, a cagione delle lettere. Era gente
alquanto sola o solitaria, per quanto oggi si possa considerare pienamente
solitaria o sola la generazione fra i trenta e i cinquant'anni. Infatti, la
solitudine è così diffusa che forse nessuno la vuole ma tutti non possono
starne senza. Come 'sto maniaco: va ricercato e preso o… È un caso di
coscienza, certo. Quel cazzo di Novak me lo ha spiattellato sulla scrivania
per farmi impazzire. La gente parla, comunque. Presto andrà a finire tutto
sui giornali, è questione di giorni. E dopo Bellini, ho parlato con quella
grassoccia, la Ortolano, o con la Cosulich? Sì, era la Cosulich, la più
giovane. L'unica che abbia sporto denuncia contro ignoti. La più strana ed
incomprensibile, 'sta Marialisa Cosulich. Carina, magra, truccata,
sprofumata, vestita alla moda. Orecchino al naso, ovviamente, senza che sia
una rom. Aria germanica, eccetto la struttura ossea, la complessione. Forse
uno dei suoi cento antenati era proprio italiano. Oh, che voce sottile e
limpida:
<<È un criminale, un arrogante. Dovete aiutarmi.>>
<<Ho visto le quattro lettere a lei indirizzate, signorina. Non
contengono insulti, contumelie, minacce… voglio dire… mi è sembrato,
leggendole, che si trattasse di poesie, con qualche osservazione in mezzo. O
sbaglio? Mi dica, prego.>>
Ero fresco come un giglio di campo, quel pomeriggio con la Cosulich, poiché
l'angoscia del tormentone, al secondo colloquio, ancora non m'aveva riempito
lo stomaco. La biondina sembrava in preda ad un panico sottocutaneo, che
penso credesse di nascondere bene. Quasi tremava, mentre le pupille
scoppiettavano nervose, inquadrando istantaneamente ora me, ora i muri
dell'ufficio, la finestra, il pavimento di vecchie maioliche cilestrine.
<<Ho bisogno della mia riservatezza, signor capitano. E la legge la
garantirebbe, giusto?>>
Ero tentato di mandarla a fare in culo; così, a pelle.
<<Certo, certo. La garantisce, entro certi limiti.>>
Quasi mi interruppe:
<<Allora cerchi di evitare che questo sconosciuto mi importuni per via
postale. Io non lo conosco, né l'ho invitato a scrivermi. Cosa c'entrano le
poesie? Io non le desidero e questo basta. I limiti di cui lei parla,
capitano, credo che prevedano il rispetto della la mia volontà di vivere a
casa mia senza essere bersagliata da lettere anonime. Se cerco qualcuno, io,
prima mi presento con nome e cognome.>>
<<Ma la legge prevede l'accertamento preventivo, da parte nostra, di
almeno una sola vera e propria offesa, di un turpiloquio esplicito o molto
probabile, prima di avviare indagini e prove calligrafiche, eccetera. Non
posso arrestare un tizio solo perché le scrive dei biglietti non
richiesti.>>
In procinto di ribattere acidamente, la Cosulich si esibì in una smorfia
che non dimenticherò mai, sempre che riesca a non farmi seppellire da
questa cazzutissima storia meta-investigativa. Ecco: allargò le narici come
un negro senza strabuzzare gli occhi o arricciare le labbra carnose.
Difficile a vedersi, roba da circo Barnum.
<<Lei non può? Ed io chiedo al mio avvocato di procedere contro
l'Arma per interpretazione ingiustificatamente estensiva del Codice Penale,
a questo punto.>>
Stava per andarsene senza salutare.
<<Ma cosa la infastidisce, di quelle lettere, scusi? Mica pensa che
quell'uomo tenterà di avvicinarla?>>
<<E perché non dovrei, capitano? Sono sicuro che lo farà, prima o
poi!>>
<<Dopo un anno che le scrive? Ed usando quei toni delicatissimi,
elegiaci, direi?>>
<<Anche il mio ex fidanzato mi ha rivolto la parola dopo due anni che
mi vedeva all'università. Chi sa, cosa agita la mente dei matti?>>
<<Magari stavolta non si tratta di un matto.>>
<<Non raccolgo l'ironia; poca confidenza, signor carabiniere.>>
Che facesse pure quello che voleva: denunciasse me per libidine mentale, la
stronza. Poco me ne importava. Volevo vedere chiaro nella faccenda e quello
era proprio il momento di capire qualcosa di più… scommisi tutto sulla
Cosulich:
<<Gli altri nove che hanno ricevuto analoghi dispacci dallo stesso
individuo - e le assicuro che è lo stesso, ché di scrittura autografa ne
so qualcosa - non sono stati ancora avvicinati. E la prima lettera risale
addirittura a due anni e tre mesi fa. Il maniaco è più paziente del suo ex
fidanzato, signorina.>>
<<Lei sta dalla sua parte. Solidarietà maschile.>>
<<Non sono sicuro che si tratti di un uomo.>>
<<Meno male che lei è esperto di scrittura corsiva.>>
<<Un navigato grafologo le confermerà la mia incertezza: l'anonimo
potrebbe tranquillamente essere una donna.>>
Dio, che nervi. Ripresi subito senza lasciarmi irretire dal gesto di sfida
che mi fece (una rigida manina agitata nell'aria, come a dire: ''tu sei
fuori''):
<<Il contenuto di una, fra quelle lettere, mi ha stupito.>>
<<A me invece tutte, mi hanno stupito. Ma finisca il suo discorso.
Dica perché non cercherà il maniaco, su. Così lo potrò riferire a mio
zio, il generale Aulenti.>>
<<Ossequi al signor generale. L'ho incontrato al comando regionale
l'altro ieri. La lettera, però, è quella dove l'anonimo paragona una
aurora sul Carso triestino alla solitudine di un granchio fra i neri scogli
dalmati. Bellissima immagine…>>
Attento ancora. Santonastasio, la subdola mano della aerea fantasia ti sta
nuovamente arpionando, per sottrarti al dominio della razionalità
mediterranea!
<<Bellissima immagine>> continuò a ricordare nel salotto
liberty <<che egli ottimamente precisa, considerando il crostaceo ''un
brutto anatroccolo del nostro semisoffocato pelago adriatico''. L'alba,
così, viene ad assumere la valenza di ''sole triste fra desolati anfratti
carsici'', se non ricordo male.>>
La ventisettenne tacque. Socchiuse gli irrequieti occhi. Credevo che stesse
proprio, addirittura, riflettendo.
<<Il maniaco, secondo lei, la desidera carnalmente, signorina?>>
<<No.>>
<<E questo… cosa le fa pensare?>>
<<Che la sua maniacalità sia ancora più spaventosa di quella che
muove i violentatori, i bruti.>>
<<E perché lo dovrebbe essere?>>
<<Perché vuole scavare dentro di me.>>
<<E… ci riesce.>>
Marialisa Cosulich così lasciò il mio ufficio, cinque giorni or sono che
mi sembrano una vita. Questa indagine mi piaceva sempre più, respingendomi
al contempo: pioggerella salutare dopo l'afa, che diventa bufera, grandine,
poi ancora nevischio. Bailamme.
Dopo vennero la quarantenne Rosa Ortolano, vedova da un decennio, negoziante
in centro. Il trentatreenne Goran Colarich, impiegato in una ditta di
importazione alimentari che lavora al Molo Settimo. Agata Vascotto,
trentacinque anni, dipendente sovraffaticata di una azienda di
intermediazione finanziaria - boh, chissà di cosa si occupa? Ed ancora:
Sergio Tosi, quarantuno anni, impiegato portuale;
Giovanna Servi, cinquantatré anni, insegnante con la mini-penzion,
divorziata;
Elsa D'Ambrosio, trent'anni esatti, piccola industriale della Zona Est;
Catia Pannese, disoccupata laureata in Lettere Moderne, trentadue anni;
Giulia Corsani, quarantuno anni, buona carriera fra tante ditte, libera
professionista, cioè consulente aziendale.
Tutti apprezzavano il persecutore, l'ossessivo grafomane alfabeticodepresso,
nonché mascherato. Eroe o eroina da ingabbiare quanto prima.
Fuorilegge? Questo spetterà ad un uomo dal nome femminile deciderlo.
Intanto nessuno dei dieci aveva manifestato a chiare lettere la volontà di
lasciar cadere tutto nel dimenticatoio. L'iter era libero di iterare.
V
Sospettati zero. Inutile scavare sulle
conoscenze dei dieci soggetti. In circostanze simili, abitualmente
interveniva Euterpe III (''l'Astuto''). Ne sarebbe stato propriamente il
caso? Se Euterpe Santonastasio lo avesse desiderato, Euterpe III si sarebbe
posto sull'attenti in un battibaleno, certo. Ma dopo… vàllo a fermare!
Quello si sa dove comincia e non si sa dove né come finisce: tre anni prima
era riuscito a sbattere dentro una ghenga di contrabbandieri specializzati
in mandarini extracomunitari e tuberi vari (eccetto i tartufi) privi di
documenti. Euterpe II (''il Dialogante Solitario'') ricordò ad Euterpe I,
''il Capitano Filantropo'', quanto dispiacque a tutti e tre mettere in
gattabuia quelle famiglie di poveracci - tre italiane, due bosniache, una
albanese ed una cinese. Era gente così sana che neanche fumava o beveva
alcolici. Avevano solo il vizio di masticare e vivere sotto un tetto
triestino.
Un'alternativa ci sarebbe… Vediamo. Il quattordici settembre del
Duemilaedue, Euterpe Santonastasio prese dalla agenda mentale di Euterpe III
solamente un numero telefonico che nessuno chiamava da tempo. Poi lasciò
l'Astuto nel cantuccio a sonnecchiare intorpidito e mosse l'indice sulla
tastiera dell'apparecchio di casa.
<<Buonasera, professore. Mi riconosce?>>
Dall'altro capo della linea giunse un farfuglio. Poi la rauca voce
dell'interpellato:
<<All'una di notte, o è san Dionigi o un suo adepto. Salve capitano…
ha finito di leggere le Onoranze postume di Pandurovic?>>
<<Un paio di semestri or sono.>>
<<E adesso è in procinto di scusarsi per l'ora. Non lo faccia o
abbasso la cornetta.>>
<<Lungi da me. Peccarità!>>
<<Continua a dare gli esami?>>
<<Ehm…>>
<<Le ho consigliato spesso di lasciar stare i titoli, capitano. Alla
sua età… eh, eh, eh…>>
<<Alla nostra età, lei fa conferenze ed io carcero.>>
<<Con la laurea in Lettere, continuerà a carcerare come prima. A cosa
debbo il piacere? Ne avrei una mezza idea.>>
<<Allora io le svelo l'altra metà, la prima: se il professor Ernesto
Spitella ricevesse una serie di lettere anonime, contenenti poesie,
elucubrazioni filosofico-morali, opinioni, eccetera, dopo un anno, cosa
farebbe?>>
<<Andrei da lei e denuncerei il fatto.>>
<<Veramente l'hanno denunciato direttamente in Procura, poi il
maggiore Novak mi ha passato il fardello. Come fa a saperlo,
professore?>>
<<Verba volant. Ne parlano anche nei bar. Ma io non denuncerei
nessuno, Santonastasio.>>
<<Già: lei fa le conferenze. Io regolo i tragitti delle manette sulle
strade di Trieste.>>
<<Come fa a carcerare se non sa chi sia il colpevole?>>
<<Tra le varie mezze idee che ho, Spitella, qualcuna potrebbe farmi
arrivare a quel tizio. Basterebbe… non so se mi spiego… farle camminare,
svilupparle.>>
<<Oh… finis coronat opus! Dunque le sviluppi, esimio.>>
<<Devo prima decidere se c'è il reato.>>
<<E c'è?>>
<<Le segnalazioni giunte in Procura dicono di sì. Io…>>
<<Lei dice di no.>> Spitella lasciò uscire in un sospiro fra i
denti qualcosa di simile ad un sorriso: <<Ecco. Scrive bene?>>
<<A volte. Provoca riflessioni utili: sulla natura dell'infanzia
sostiene che i genitori trattano da deficienti i bambini, li viziano senza
dar loro un vero aiuto per risolvere i propri enigmi. E tutti i destinatari,
eccetto uno, hanno prole.>>
<<Ah… Sai che fastidio!>>
<<Ovviamente. Però le vittime sono ormai dipendenti dal carnefice.
Quindi tocca a me decidere se acchiapparlo. Posso anche far scivolare il
fascicolo nel limbo dei casi insoluti: nessuno si scandalizzerebbe, visto
che una persecuzione postale raramente fornisce indizi validi.>>
<<Però lei, se ci si mette proprio di buona lena, lo becca nel giro
di una settimana, vero?>>
<<Sì. Dopo due anni, saranno in molti a sapere; basta ungere le ruote
dei miei migliori informatori.>>
<<Capìto. Continui a parlarmi di lui, non ho sonno.>>
<<Un'epistola contiene esclusivamente la descrizione del monologo
interiore di un bambino immaginario. È dolcissima, struggente: il movimento
del nascituro, visto nel corpo della madre quando inizia appena a muoversi,
rappresenta il suo chiedersi se vorrà effettivamente nascere. I movimenti
di questo essere privo di nome sostituiscono la sua voce. Non è un
embrione, un feto, ma un essere completo, perfetto, cosciente, che teme di
sporcarsi col mondo esterno. L'anonimo presta alle movenze tutta la potenza
dei suoni. Un'intuizione spiritualmente paragonabile al puer aeternus.>>
<<Lasciamo perdere i classici, capitano. A mio avviso lei dovrà prima
rintracciare questo scrittore, con molta discrezione. In secondo luogo…>>
Verso le tre, Santonastasio si rimise a studiare le lettere. Non avrebbe
dovuto portarsi le incriminande fotocopie a casa. Ed ora non dovrebbe
esaminarle nello studiolo, immagina, però…
Euterpe Santonastasio raramente ha visto i suoi tre gemellini interiori
collaborare tanto proficuamente: il filantropo seleziona quel che i dialoghi
propongono, mentre l'astuzia sbirresca si prodiga per scansare problemi
d'ordine professionale. Come una troica fra i coriacei ghiacci moscoviti,
egli approfondisce gli autografi passando, anzi sgusciando, fra le nervose
mani dell'opinione pubblica. Ostinato a non darla vinta ad altrui
convinzioni.
Quanto amore esiste, sparso, perduto, inclassificabile per la moltitudine!
L'organizzazione umana demolisce quanto ogni singolo vorrebbe edificare.
Sforza gli stanchi occhi, Euterpe, e si ferma con l'indice sopra delle
frasi:
''Il silenzio dètta alla parola usando caratteri eterni. La parola, se non
naufragherà nella propria abissale indecisione, saprà scegliere i più
armoniosi vestiti per evitare all'uomo i lutti infiniti del silenzio. Ma
senza silenzio non v'è parola che tenga. Ed io avverto quel primo
linguaggio tacere: è fuoco sotto la cenere, covo di animali errabondi e
selvatici, imprevedibilità dell'empireo. La parola resiste solo se c'è un
solido tacere alle sue spalle.''
In trent'anni di carriera nessuno mi ha consolato mai quanto costui: che sia
eruttato direttamente dalle fiamme dell'Etna? Quanto dignitose siete, o
pagine, laddove vi curviate alla tremula fiamma di una necessità:
''…E sempre il silenzio ha bisogno di qualcuno che parli per suo conto.''
E tu, anonimo, riesci a dargli voce, a questo pericoloso, incontrollabile
animale mitologico? Non starai mica tentando di dominare il silenzio? E…
come io so che tu esisti, non sarà che anche tu saprai che esisto io, sulle
tue tracce.
''Tutto esiste perché esiste. Solo l'uomo esiste se qualcun altro lo fa
esistere.''
Crollando addormentato sulla seggiola dello studiolo, Euterpe trae il suo
dado:
Anche se fosse l'ultima scelta della mia vita, lo identificherò.
Ma nel corso della notte - questa breve notte di fine settembre ancora
tormentata dall'afa estiva - un sogno giunge al suo capezzale. Sembra aver
le fattezze del vecchio pieno di dubbi che gli appariva a Siracusa, quando
aveva sedici, diciassette anni. Un pazzoide mezzo sdentato, canuto,
quattr'ossa appena vestite di tunica logora e giallastra. È in piedi, fra
le alte gramigne di un campo avente ghiaie, argilla e pozzanghere fra le
lievi ondulazioni. Il cielo non si mostra, probabilmente farcito di cirri o
nembi, chissà. Quanto parla, sghignazzando, e gesticola semiartritico,
curvo, eccitato per oscuri motivi! È frenetico come un burattino:
<<E dagli, dagli! Eeeeh. Scemo, illuso. Fatti gli affari tuoi, cosa ti
manca? Lasciami scrivere, no? Cosa ti manca, che cerchi di
incastrarmi?!>>
Te ne stai approfittando perché non riesco a parlare, adesso, gobbaccio.
<<Va be' che sei solo come una serpe, come - ah ah - un sasso di fiume
fra i sassi. Ma lasciami parlare, no? Ho capito, mi vuoi mettere nel
sepolcro. Ti sono scomodo. Giovinastro aguzzino; perbenista che senza
regolette scialbe e sociali crepa. E crepa, vaffanculo! Intanto io continuo
a cantare nella palude. La vedi, la palude? Mi ci hai infilato proprio
tu.>>
Non è vero, brutto rimbamb…
<<Ma io, qui, ci sguazzo. Vedi come sto bene? Canto come un grillo,
un'allodola, un…>>
Un pazzo.
<<Un flutto del Tevere!>>
Bevi meno.
<<Volevi crearmi una solitudine soffocante e invece: tié! Faccio le
corna alla facciaccia tua! Fra le rane ed i coleotteri, i girini, qualche
gatto selvatico, sto bene: canto, io! La-so-li-tu-di-ne-è-un'in-ven-zio-ne-bor-ghe-se.
Scialalalalà! La-so-li-tu-di-ne-ti-ren-de-caccia-to-re, scialalalalà!
Sogna-sem-pre-e-non-ti-svegliare, scialalalalà! Lasciami predicare,
scrivere e amare, sciallalà!>>
Eppure anche le notti agitate scorrono via. Lo si constata il giorno
successivo, quando la fisica assurdità delle cose torna.
VI
Egregio capitano Euterpe Santonastasio,
Alleluia: mi sta cercando! Non c'è
problema. Chi si voleva nascondere? Le scrivo qui sotto il mio indirizzo
(spiacente, ma non ho telefono, lo odio). Mi trova in casa tutti i giorni
tra le nove e le dodici. Sono convinto che non chiamerà i paparazzi...O
almeno hoc est in votis (scriptoris).
Cordiali saluti
Romolo Testa.
Sì… (uffa: 'ste sentenze latine
iniziano a farmi degenerare la pressione!) e la mamma si chiamerà
Capitolina. Il babbo Ascanio.
Come girano le voci, in questa città! O forse è la città che gira e le
voci stanno ferme, considerando la Storia. Meno male che non mi ha scritto
addirittura a casa, Romoletto. Speravo almeno di far in tempo a ricevere un
paio di rapporti dagli informatori… Va be', questi si tratterà di
utilizzarli per altre faccende, chissenefotte degli informatori: la pappa è
pronta ed io vado a servirmi direttamente nella cucina dello chef.
Alle dieci del mattino, il capitanaccio (capelli scarruffati per via della
notte passata con il vetusto anarchico onirico, lingua a mo' di pastafrolla,
cravatta d'ordinanza stortina) richiude la missiva dell'ex anonimo carnefice
gentiluomo. Alza la cornetta e seleziona la linea dell'autorimessa. Il cielo
promettente pioggia non lo conforta come dovrebbe ed un mutismo tutto
siciliano s'è impossessato del vecchio feudo; quando Euterpe tace e non si
rallegra nemmeno per la pioggia vuol dire che sta succedendo qualcosa di
più importante: qualcosa tipo un dialogo fitto fitto bloccato a livello di
cervice:
''E adesso che je dico a iddu, a quello?''
''Digli che sei un suo affezionato lettore.''
''Stolto e bestia: si vede che non studiasti. Sbrigati a parlare seriamente,
che fra due minuti arrivo a casa sua.''
''Stanotte, parlai, no?''
''Parlasti.''
''E tu, caruso che non sei attro, nulla capisti?''
''Caruso dillo a… Insomma… pochino, capii.''
''Bogghese, sei, non studioso! Devi rrinsavire, sennò è inutile che io
parli e palli, e palli sempre! Anzi ammo' taccio e te lascio alle tue rrogne.
Ciao, pronipote ddeficiente. Lo stagno m'attende.''
''Ma…! Aspetta! Scusa nonnuccio! Ecco s'è arraggiato e dde sicuro non lo
vedrò più fino a stanotte. Lui sta lì a parlare in dorico coi rramarri ed
io...''
Quasi non s'accorge dello scrostato palazzo di via Trissino, ovverosia la
meta. Meno male che almeno ha cominciato a piovere e non c'è un fil di
vento, pensa, mentre, lasciato l'autista in un baretto nei dintorni, si sta
pressando il cappello flàmmeo sul capoccione crucciatissimo.
Che capoccia che ho stamattina: sembro una testuggine… testa… caput…
Cinque rampe di scale…Eccolo lì, Testa: nomen omen?
I saluti durano poco, in certe occasioni, come sovrabbondanti fronzoli
rococò. Corta capigliatura con scrimo a destra e frangetta appena
accennata, naso vittimisticamente penzoloni, statura alquanto elevata e
corpo plastico ma non longilineo, Romolo Testa vanta una cravatta…
… non troppo estesa, che è un bigiù: ornata alla pompeiana, stile
architettonico con quadrati che sembrano stanze vermiglie. Una figurina
maschile in peplo appena accennata vicino all'orlo. Seta pura. Sei elegante,
criminale! Sei una Citazione antropomorfa! Sei un…
<<Un vero piacere, signor Testa, per me, è stato, leggere quanto da
lei fatto avere a quei signori.>>
<<Spedito, preciserei. Sessanta lettere in due anni e tre mesi. Tutte
con la postacelere.>>
Bella voce, hai, criminale letterato, italianista di sicuro: morbida voce.
Ettidicocriminale pecché altrimenti te ne approfitteresti.
<<Ma, scusi, perché le ha spedite in forma anonima?>>
Occhi color dell'uva passa, Romolo.
<<Secondo lei, capitano?>>
Dignitoso, Romolo Testa.
<<Non lo so proprio. Una domanda è una domanda.>>
<<Per non mettermi a declamare mostrando la faccia. Anche per
questo.>>
<<Così provocando vomiti di angoscia a mezza Trieste, signor
Testa.>>
<<Più angoscia di quella che già c'è? I mali di Pandora prima o poi
si esauriscono: è umanamente impossibile aggiungerne altri, a meno che lei
non creda che io sia Mefistofele.>>
Oddio, mi sta scappando da ridere. Autocontrollo, Euterpe.
<<Sp… spiritoso, signor Testa. Le conosce personalmente le vitt… i
destinatari?>>
<<Vittime va bene. No: mai mangiato il brodin con loro.>>
Deciso e caustico, Romoletto. È proprio autoctono.
<<Ed io la arresto immantinente.>>
<<Dura lex.>>
<<Fuma?>>
<<Beve?>>
Bisogna ammettere che in questa città - benedetto il
Millenovecentottantanove quando arrivai - ci si prodiga meglio nel
condensare il brodin di manzo che sulle elaborate variazioni maccheroniche.
Niente di scotto, sciatto, anonimo… il brodin xe propio una delle cose che
lori fanno ben e bon:
<<Scusi, Testa, ma il vinello bianco dove lo ha preso?>>
<<Mio cugino, che ga un campicel fora città.>>
<<Ed il soffritto per il brodo, lo ha preparato?>>
<<Eccome! C'ho ga miso anche el battutin finofino. Le piaxe?>>
<<Quasi quasi chiamo anche l'autista. Posso permettermi…
professore?>>
<<Go la matura media, io. La terza media e stop.>>
<<No!>>
<<Certo, leggo in biblioteca, ogni tanto… quasi un paio di volte
all'anno un libretto: a Natale e a Pasqua; però a volte salto Pasqua. E
chiami il suo commilitone, chiami prima che si freddi tutto quanto. Ma,
scusi… volevo dirle… Sa… avrei un appuntamento e forse sarebbe meglio
che ci sbrigassimo. Così lo rimando a data da destinarsi.>>
<<Ha fretta? Vada, vada. Tanto io devo tornare in caserma verso le
tre. E sono già le due.>>
<<Come vada vada, capitan.>>
<<Ah, già, l'arresto. Magari domani.>>
<<E se fuggo?>>
<<Lasciamo stare. Piuttosto: come fa a scrivere lettere come
quelle?>>
<<Penso.>>
<<E le citazioni?>>
<<Vocabolario Campanini e Carboni. Ne ho uno ch'era di mio
nonno.>>
<<Perbacco… E le figure retoriche, le parafrasi, le forme
ellittiche, eccetera?>>
<<Che roba sarìa, questa, capitan?>>
<<Sarìa… sarebbe il parlar forbito, l'eloquio ricco e
significativo.>>
<<Che ne so: io scrivo quel che go dentro.>>
Santonastasio fece un fischio dalla finestra al sottoposto guidatore,
alzandosi piuttosto frastornato dalla comoda seggioletta di casa Testa. E
non era in quelle condizioni per effetto del vinello.
<<Rimanga reperibile. Se non le dò fastidio torno domani verso la
stessa ora. Forse. E… volevo prima chiederle (pausa e grattata di
cervice): gli indirizzi dei destinatari, come li ha avuti?>>
<<Elenco telefonico, sior capitan. A caso.>>
Naturalmente. Domanda stupida. Addio, caro.
Santonastasio, tirando giù il finestrino per accendere una sigaretta senza
procurare smorfie all'attendente, si sente chiamare. Preferirebbe restare in
assoluto silenzio fino alla caserma, ma la voce non ammette dinieghi:
<<Cogghjone e bborghese sei, fosti e rramarrai pe' ssempre, figghiu.
Però io parlo e pallo. Pallo sempre, così li dubbi tuoi almeno fugghiono.
E dopo, senza dubbi stupidi, tu cerchi de vivere cchiù serenamente. E
ascolta anche queddu llì, RRomolo, pecchè co' iddu io ci parlo tutte le
notti da quando nascette.>>
P.S.
E nessuno diede a qualcuno una medaglia,
bisbigliano le anonime oralità triestine.
Capodistria, 23 X 2002. |