Catalin
Florin Maggi
nome: catalin florin
cognome: maggi
professione: neolaureato ( in giurisprudenza)
nullafacente nato il 5 11 1974 a Timisoara, Romania
email: deserk@genie.it |
SAN
ANTONIO
QUESTA LETTERA TI E' STATA MANDATA PER AUGURARTI
BUONA FORTUNA. L' ORIGINE E' NEL NEW ENGLAND U.S.A. , HA CIRCOLATO IL
MONDO 9 VOLTE. LA FORTUNA TI E' STATA MANDATA : RICEVERAI FORTUNA ENTRO 4
GIORNI DAL GIORNO IN CUI RICEVERAI QUESTA LETTERA A CONDIZIONE CHE TU LA
FACCIA CIRCOLARE. NON E' UNO SCHERZO ! RICEVERAI FORTUNA DALLA POSTA. NON
SPEDIRE SOLDI. IL DESTINO NON HA PREZZO. NON TRATTENERE QUESTA LETTERA CON
TE. DEVI ASSOLUTAMENTE LIBERARTENE ENTRO 96 ORE. UN UFFICIALE DELLA RAF HA
RICEVUTO 470 MILA DOLLARI E LI HA PERSI PERCHE ' HA SPEZZATO LA CATENA.
NELLE FILIPPINE GENE WOLEN HA PERSO SUA MOGLIE 51 GIORNI DOPO IL
RICEVIMENTO DELLA LETTERA…. TUTTAVIA PRIMA DELLA MORTE HA RICEVUTO 7
MILA DOLLARI.
NOTA LE SEGUENTI STORIE.
COSTANTINI DION HA RICEVUTO LA LETTERA NEL 1952. HA CHIESTO ALLA SUA
SEGRETARIA DI FARE 20 COPIE E SPEDIRLE. DOPO ALCUNI GIORNI HA VINTO ALLA
LOTTERIA 2 MILA DOLLARI . CAROL DELTOID, UN' IMPIEGATA, HA RICEVUTO LA
LETTERA MA HA DIMENTICATO DI LIBERARSENE ENTRO 96 ORE. HA PERSO IL LAVORO.
PIU ' TARDI, DOPO AVER TROVATO LA LETTERA, NE HA SPEDITE 20 COPIE. ALCUNI
GIORNI DOPO HA TROVATO UN LAVORO MIGLIORE. DANE PEULCHILD HA RICEVUTO LA
LETTERA E NON CREDENDOCI L' HA BUTTATA. DOPO 9 GIORNI E' MORTA.
PER FAVORE MANDA LE COPIE E OSSERVA COSA TI ACCADRA' IN 4 GIORNI. LA
CATENA PROVIENE DAL VENEZUELA ED E' STATA SCRITTA DA ST. ANTONY DE GROUP,
UN MISSIONARIO DEL SUD AFRICA. SICCOME LA LETTERA DEVE GIRARE IL MONDO
DEVI FARNE 20 COPIE E SPEDIRLE AI TUOI AMICI E COLLABORATORI. DOPO ALCUNI
GIORNI RICEVERAI LA SORPRESA .E' LA VERITA PERSINO SE NON SEI
SUPERSTIZIOSO. NEL 1987 LA LETTERA E' STATA RICEVUTA DA UNA GIOVANE DONNA
IN CALIFORNIA MA NON ERA LEGGIBILE. LA RAGAZZA SI ERA RIPROMESSA DI
BATTERLA A MACCHINA E SPEDIRLA. PURTROPPO HA ASPETTATO TROPPO TEMPO E HA
AVUTO UNA SERIE DI DISGRAZIE, COMINCIANDO DA PROBLEMI CON L' AUTOMOBILE.
DOPO AVER RIBATTUTO LA LETTERA LA FORTUNA E' GIRATA A SUO FAVORE E LA
RAGAZZA HA COMPRATO LA MACCHINA NUOVA. NON ACCUSARE LA GENTE DI AVERTI
MANDATO QUESTA LETTERA. E' IL DESTINO CHE L' HA MANDATA.
RICORDATI DI NON SPEDIRE SOLDI E DI NON IGNORARE QUESTA LETTERA
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2
LA CATENA
Ripiegai la lettera e la rimisi nel portafoglio.
La infilai tra la mia carta d' identità valida per l' espatrio e un
biglietto dell' Enalotto mai controllato ; trenta, quaranta miliardi
finiti, forse, nel dimenticatoio… erano tante, troppe, le vincite che
gli Italiani ogni anno lasciavano allo Stato.
Sfilai il biglietto dal portafoglio, lo appallottolai e lo buttai nel
portacenere accanto alla poltrona su cui ero seduto.
La Dea Bendata mi aveva già regalato una settimana di vacanza nelle
Baleari, a Ibiza. Difficile che volesse baciarmi di nuovo adesso…
Superato il check in dell' aeroporto con il mio bagaglio a mano non avevo
avuto più nulla da dichiarare…
Tutti gli altri passeggeri in attesa del prossimo volo per Ibiza erano
accompagnati- nessuno escluso. Essendo io l' unico da solo, ero io
"nessuno"- un Ciclope con gli occhiali da sole.
Un cartello affisso vicino al duty free mi informava che presto, prima di
salire sull' aereo, avrei dovuto spegnere il mio cellulare. Una volta un
tizio che l' aveva lasciato acceso era stato schiaffeggiato da una hostess…
L' avevo letto sulla "Settimana Enigmistica", nella rubrica
"Strano ma vero".
Strano ma vero, era grazie alla "Settimana enigmistica" se mi
trovavo lì. Fortuna aveva voluto che tra tutti i solutori dell'
indovinello proposto dalla rivista (" Ha un occhio ma non guarda in
faccia nessuno. Soluzione: "Il ciclone") fossi sorteggiato
proprio io. Il primo premio era un soggiorno di una settimana in una
località a scelta tra Sharm el sheik, Copenaghen e Ibiza. Dato che in
Egitto alcuni fondamentalisti Islamici avevano da poco trucidato
trentaquattro turisti - e in Danimarca c' era del marcio - d' accordo con
un amico avevo optato per Ibiza. Avremmo dovuto partire insieme, infatti…
Suo padre aveva scelto il momento sbagliato per farsi venire un infarto…
Non ero riuscito a trovare nessuno, tra i miei conoscenti, in grado di
chiedere le ferie con novantasei ore di preavviso . Non mi rimaneva che
partire da solo. Una vacanza gratis era lo stesso un bel colpo di fortuna.
QUESTA LETTERA TI E' STATA MANDATA PER AUGURARTI BUONA FORTUNA…
La lettera era arrivata tre giorni prima della mia partenza- e con la
fortuna non c' entrava proprio niente. Mia madre se l' era dimenticata in
un cassetto e me l' aveva fatta leggere soltanto la domenica mattina,
quando i negozi in cui avrei potuto fotocopiarla erano tutti chiusi. L'
Ultimatum (ENTRO 4 GIORNI DOVRAI SPEDIRLA A VENTI AMICI O COLLABORATORI)
stava per scadere…
E io stavo per salire su un aereo, per la prima volta …
Non mi sentivo affatto tranquillo. Se l' aereo fosse precipitato nel
Mediterraneo, la colpa sarebbe stata soltanto mia..
Un morto sulla coscienza mi bastava e avanzava.
Erano già passati due anni ma mi ricordavo ancora bene del ladro… del
ladro che avevo fatto fuori… dentro casa …
Era una calda nottata di luglio, mancava poco all' alba. Le finestre dell'
appartamento erano spalancate. Io non riuscivo a prendere sonno per il
caldo.
I miei genitori non erano in casa. Non potevano essere loro, la causa dei
rumori che provenivano dalla stanza accanto .Oltre la parete ,
evidentemente,c' era un ladro.
Il topo d' appartamento era in cucina- e forse non si sarebbe accontentato
di una fetta di formaggio . Sul comodino accanto al letto troneggiava il
romanzo che usavo per prendere sonno in quel periodo: "I
miserabili" di Victor Hugo. Un tomo di oltre mille pagine, in
edizione rilegata. Un vero mattone…
Istintivamente avevo abbrancato il libro e mi ero nascosto dietro la porta
della mia camera da letto.
Non appena il ladro era entrato lo avevo colpito con violenza alle spalle,
mirando con "I Miserabili" alla nuca. Il primo colpo l' aveva
soltanto stordito, al secondo gli era caduto il coltello di mano. Al terzo
era rovinato a terra.
Non sarebbe mai morto se, incidentalmente, non avesse sbattuto la testa
contro uno spigolo del termosifone. Questo l' ha ribadito anche il giudice
che in seguito mi ha assolto con formula piena. Non solo la mia
"Legittima difesa era stata proporzionata all' offesa", ma l
"evento dannoso era stato cagionato senza alcuna
intenzionalità".
Il morto non era Italiano : si chiamava Vlad e veniva dalla Romania. Più
precisamente, dalla Transilvania…
Laggiù aveva lasciato la moglie e una figlia di quattro anni .
Un clandestino con piccoli precedenti penali che si barcamenava tra
furtarelli e lavori in nero, saltuari .
La notizia era finita su tutti i giornali, nazionali e locali. Una troupe
del Tg4 era venuta fino a Faenza per intervistarmi. Mi avevano offerto
venti milioni e io li avevo mandati a cagare…
Avevo fatto male.
Avrei dovuto accettarli, mandarli a cagare e poi dare i soldi alla
famiglia del ragazzo che avevo ammazzato.
Forse sarebbe stata una forma di solidarietà migliore rispetto a quella
mostrata dai miei concittadini nei miei confronti. I vicini di
pianerottolo si erano affrettati a dirmi che anche loro "avrebbero
fatto la stessa cosa". Quello stronzo del mio macellaio si era
addirittura complimentato perché "Avevo fatto la cosa giusta".
Era ora di finirla con questi Africani, diceva lui.
Peccato che la Romania fosse in Europa.
Nel tabellone delle partenze il prossimo volo per Bucarest era previsto
alle 9 e mezza. Il volo per Ibiza era stato posticipato alle nove. Ancora
mezz' ora di attesa.
Tirai fuori dal trolley la mia guida turistica e cominciai a studiarla.
"I Fenici vennero a Ibiza per costruirvi una necropoli. Secondo
credenze ancestrali il terreno della città dei morti doveva essere
sgombro di animali pericolosi: ragni e scorpioni velenosi erano ritenuti
nocivi anche per i morti…"
Questo non era molto promettente. Passai oltre…
"Coloro che diedero vita al turismo di massa a Ibiza furono i
"contestatori" degli anni sessanta, gli hippy e i precursori
degli attuali ecologisti. Giovani stanchi dei contrasti con il sistema
dell' economia occidentale scoprirono una nuova Woodstock nel cuore del
mediterraneo…"
"Nel cuore della Spagna Franchista", pensai .
Mi guardai attorno per vedere se fra la gente in attesa dell' imbarco ci
fosse qualche "Figlio dei fiori". Alla mia sinistra rumoreggiava
una comitiva di adolescenti,tutti maschi, che in comune con gli hippy
avevano soltanto le sostanze (stupefacenti!) che probabilmente si
sarebbero "calati" a Ibiza. Alla mia destra c' era una coppia di
cinquantenni. Due nostalgici, forse.
"Gli hippy avevano scelto Ibiza soprattutto perché è un' isola. Le
migliori utopie sono ambientate, da che mondo è mondo, proprio nelle
isole…"
Tanti Peter Pan in volo verso l' isola Chenoncè, ecco che cosa eravamo
noi turisti- ma per raggiungerla non avremmo potuto usare soltanto le ali
della fantasia. Avremmo dovuto affidarci alle ali, molto più prosaiche,
dell' aeroplano della Spainair che stava per decollare su una delle piste.
Un altoparlante sopra la mia testa aveva appena annunciato il nostro volo.
Un centinaio di persone si mossero verso le uscite. Lentamente, preceduti
da due hostess, scendemmo la rampa di scale che ci portava alla pista.
Attraverso i vetri vedevamo i due autobus che ci avrebbero accompagnato
fino all' aereo. La pista era poco illuminata.
Sull' autobus cedetti il posto a una signora anziana. Ce n' erano
parecchi, di vecchi: turismo da bassa stagione. Dopo la prima settimana di
settembre Ibiza non era più "Il tempio della trasgressione
giovanile" e il "paradiso dei nottambuli" Dentro il pullman
c' era anche una coppia di gay, mano nella mano.
Salimmo in fila indiana (io davanti, gli omosessuali subito dietro) la
scaletta che conduceva dentro l' aereo. Una hostess e uno steward ci
attendevano in cima, sorridenti.
Cercai il posto segnato sul mio biglietto : B52. Era la prima volta che
vedevo l' interno di un aereo "dal vivo". Era più piccolo di
quanto mi aspettassi, mi sembrava di stare ancora dentro l' autobus di
prima, in una versione un attimo più avveniristica. Soltanto nel
corridoio centrale, lungo a occhio e croce una ventina di metri, si
riusciva a stare in piedi. Sopra ai sedili laterali il vano per i bagagli
a mano impediva di mettersi sull' attenti davanti alle uniformi vagamente
militaresche dell' equipaggio.
Dietro a ogni sedile c' era un sacchetto per il vomito.
Io ero accanto a una coppia di trentenni, forse sposini novelli in luna di
miele. Li guardai sorridendo, mi sorrisero anche loro.
"Anche voi andate a Ibiza ?", chiesi.
"No, a Formentera"
"E' la prima volta che volo", dissi.
"Anche per noi è la prima volta…"
Bè, i piloti stavano per sverginarci tutti quanti. Avevano già messo in
moto i motori, a basso regime.
Qualche buontempone dell' equipaggio aveva diffuso dagli altoparlanti uno
dei brani della colonna sonora del film "Titanic". I passeggeri
più superstiziosi cominciarono a brontolare.
Ognuno di noi avrebbe avuto bisogno di un angelo custode, lassù in cielo.
Mentre l' aereo cominciava a scivolare lentamente sulla pista di
rullaggio, invocai la protezione di San Antonio. Non il Santo creato dalla
Chiesa Cattolica, beninteso, ma il Commissario creato da Frederic Dard…
L' aereo stava cominciando a prendere velocità. Eravamo sulla rampa di
lancio. I motori cominciarono a rumoreggiare. Fuori dai finestrini era
buio pesto, non riuscivo a vedere la torre di controllo.
Ci staccammo da terra.
Qualcuno tra i passeggeri gemeva ,altri ridevano nervosamente. La coppia
al mio fianco era quasi abbracciata. Nonostante le cinture di sicurezza
allacciate.
Dopo pochi minuti l' aereo ritornò in posizione orizzontale. Il pilota ci
informò che potevamo slacciarci le cinture. Stavamo per raggiungere quota
diecimila metri e in due ore saremmo arrivati a destinazione.La compagnia
aerea ci augurava buon viaggio e ci ringraziava di averli scelti.
Non mi sentivo ancora al settimo cielo ma neppure
col morale a terra come prima della partenza: anche il buio oltre un vetro
può risollevarti, se lo osservi da oltre dieci chilometri di altezza;
sotto ai miei piedi scorrevano città invisibili, sopra la mia testa
meteoriti venivano ridotte in polvere dall' atmosfera terrestre. Ero
emozionato come un alieno, in procinto di dirottare l' aereo e di portarlo
sulla luna.
Dentro la cabina c' erano venti gradi, fuori venti gradi sotto zero. In
mezzo, venti centimetri di aereo ci separavano dall' Altro Mondo- Paradiso
o Inferno che fosse…
Per un attimo immaginai, guardando fuori, di vedere San Pietro sopra la
nuvola d' ingresso del Paradiso. L' apostolo mi salutava agitando una
mazzo di chiavi. Accanto a lui, immobili e silenziosi, c' erano San
Antonio ( il Santo, questa volta, con un rosario o una catena in mano ) e
Vlad.
Quel ladruncolo aveva fatto una fine troppo stupida per finire all'
Inferno.
L' aereo incappò in un vuoto d' aria e precipitammo per un centinaio di
metri, mentre hostess e stewards continuavano a distribuire tra i
passeggeri le vivande.Erano abituati a i vuoti d' aria, loro.
Dal mio trolley tirai fuori il numero della "Settimana
Enigmistica" che avevo comprato nell' edicola dell' aeroporto. Era
ancora intonso, pieno di enigmi da risolvere e di barzellette che non
facevano ridere.
Incominciai con un cruciverba.
Due verticale, undici lettere. Famoso gruppo rock degli anni settanta.
Questa la sapevo. Mi toccai le palle e scrissi "LED ZEPPELIN".
Forse Lucifero, precipitando sulla terra, aveva
sofferto uguale.
La cabina dei passeggeri non doveva essere pressurizzata bene. Più l'
aereo calava di quota, più crescevano le mie fitte : mi strinsi le tempie
tra le mani e mi guardai attorno. La coppia di sposini al mio fianco non
accusava nessun malanno. Due sedili più avanti un tizio si stava
massaggiando, a occhi chiusi, la fronte.
Ibiza era famosa in tutto il mondo per le sue discoteche. Ora come ora,
anche l' impianto di amplificazione del Dj più agguerrito non mi avrebbe
fatto né caldo né freddo. Avevo le orecchie tappate, non mi sentivo bene…
Scesi dalla scaletta dell' aereo aggrappandomi allo scorrimano.
Il mio orologio segnava le undici e mezzo. I nostri passi rimbombavano
nell' aeroporto deserto. Percorremmo il lungo corridoio che ci portava
alla pedana scorrevole su cui avremmo recuperato i nostri bagagli.
All' uscita dell' aeroporto c' erano le persone incaricate di recuperare
noi.
Io e un gruppetto di trenta sconosciuti ci dirigemmo verso una ragazza che
reggeva il cartello "Paradise". Notai un addetto dell "Alpitour
" e uno dei "Viaggi del Ventaglio". Un autobus ci
aspettava, col motore acceso, in un parcheggio poco distante.
L' animatrice sembrava giù di corda. Probabilmente era dalle otto di
mattina che sgobbava per far divertire altri stronzi come noi. Si sedette
accanto all' autista e agguantò un microfono. Il mio mal di testa stava
migliorando, ma avevo le orecchie ancora tappate.
L' animatrice cominciò a parlare del villaggio turistico a cui eravamo
diretti. Io l' ascoltavo e intanto guardavo il paesaggio fuori dal
finestrino.
"Il nostro complesso conta duecento camere distribuite in venti
palazzine a due piani; tutte le sistemazioni sono fornite di telefono e
balconcino. La struttura comprende anche una piscina, una pizzeria e una
sala con la Tv via satellite - con programmi in Italiano. C' è anche una
piccola discoteca, ma sicuramente non regge il confronto con quelle di
Ibiza …che vi consiglio di visitare: l' Amnesia, ad esempio, o il Pacha…l'
ingresso è abbastanza caro ma ne vale veramente la pena…Vi forniremo
noi i biglietti.."
L' autobus stava percorrendo una strada deserta e poco illuminata . Non c'
erano né lampioni né case nel raggio di un chilometro. Forse sull' isola
l' energia elettrica veniva razionata, nelle zone meno battute dai
turisti.
"La zona attorno a cui ruota tutta la vita notturna di Ibiza è il
quartiere di Sa Penya, in prossimità del porto. Il CLUB PARADISE ONE
dista circa una decina di chilometri, ma ci sono autobus che raggiungono
la città , a qualsiasi ora del giorno e della notte".
In lontananza, illuminata dalla luna, si intravedeva una
"Cala",una piccola baia di sabbia scavata nella roccia. L'
autobus girò a destra e l' insenatura sparì dietro a un tornante.
Davanti alla scalinata d' ingresso del villaggio ci attendeva un picchetto
d' onore. Una claque di animatori del Club Paradise, in fila uno accanto
all' altro. Non appena scendemmo dal pulmann si produssero in uno
scrosciante applauso.
L' animatore che prese in consegna me e i miei bagagli si chiamava
Gaetano. D' inverno faceva lo studente di Giurisprudenza a Napoli. Io ero
l' unico turista da solo, notò subito lui…
E forse anche l' unico che non aveva pagato una lira per la vacanza,
rimarcai io.
Ai lati del sentiero che avevamo imboccato c' erano le palazzine di noi
turisti. Erano bianche, tutte uguali…
"Tipiche Fincas", mi spiegò il mio accompagnatore, "case
contadine Ibicensi".
Arrivammo davanti alla mia. La mia camera era al secondo piano.
Guardai l' orologio, era già mezzanotte passata. Gaetano mi consegnò le
chiavi della stanza e mi disse che ci saremmo rivisti presto. La sua
giornata lavorativa era finita.
Io salì le scale da solo, trascinando gradino dopo gradino la valigia.
Sopra al letto ( inutilmente matrimoniale) della mia camera c' era una
rosa. Omaggio del Club Paradise alle gentili clienti, probabilmente…
Sul comodino, invece, c' erano alcuni dolcetti assortiti e un po' di
affettato. Ingoiai una fetta di salame e mi distesi sul letto.
Mi levai i vestiti e uscì in mutande sul balcone. In giro per i vialetti
del villaggio turistico non c' era nessuno. La luna piena illuminava la
mia pancetta.
Mi distesi sul letto, deciso a prendere sonno. I miei vicini di stanza,
quattro entusiasti diciottenni, erano di diverso parere.
Dopo un paio di minuti mi alzai. Tirai fuori la mia guida turistica e
cominciai a leggerne qualche passo.
"La città di Ibiza ha una connotazione cosmopolita, è un unico
grande teatro in cui l' eccentricità è la regola " , lessi ( da
solo e in mutande), "Non meno movimentate, anche se di tono meno
raffinato sono le serate a San Antonio, la seconda città dell' isola in
ordine di grandezza e meta del turismo di massa."
Mi addormentai.
2
LA TENTAZIONE
I monumenti viventi non mi dicono niente.
Non ho mai lasciato una lira, nel loro piattino delle offerte.
Ne contai sei, lungo il molo di Ibiza, ma ero parecchio ubriaco; qualcuno,
forse, l' avevo visto doppio.
Un paio erano vestiti con tuniche da antichi Romani, gli altri in tipico
stile"Adlib"- da perfetti hippies benestanti…
Li superai più in fretta che potevo, lasciandomi alle spalle le loro
facce inespressive e vagamente inquisitorie. Poi mi appoggiai a una bitta.
Tenendomi aggrappato per non finire in acqua vomitai nel Mediterraneo.
Forse avevo bevuto un po' troppo.
Sollevai la testa. Ormeggiato a pochi metri dalla mia carcassa c' era un
lussuoso yacht. Le luci erano tutte spente, lo yacht sembrava deserto, ma
forse da uno degli oblò uno sceicco mi stava osservando perplesso,
indeciso se chiamare o no le sue guardie del corpo. Dietro di lui, distese
su un enorme materasso ad acqua, c' erano le favorite del suo harem…
Io invece ero solo, solo e sfasato come una lampadina in balia della
corrente.
Vomitare, per fortuna, mi aveva rimesso un pò in sesto.
Mi pulì la bocca con uno scottex e proseguì la mia romantica passeggiata
lungo il molo, illuminato dalla luna, mano nella mano con me stesso…in
attesa di portarmi a letto. Chissà se ci sarei stato!
Mi fermai davanti al monumento "a Los Corsarios".
Secondo la mia guida si trattava dell "unico monumento nell' area
mediterranea dedicato ai Corsari".
All ' inizio del diciannovesimo secolo gli Ibicensi avevano incaricato il
corsaro Antonio Riquer Arabì di compiere rappresaglie nei confronti dei
pirati che infestavano il mediterraneo, rendendo il commercio rischioso.
Arabì aveva ottenuto il suo più grande successo nel 1809, quando era
riuscito ad affondare nel porto di Ibiza la nave Britannica "Felicity",
molto più agguerrita della sua. In segno di riconoscenza gli Ibicensi
avevano eretto un obelisco nel punto esatto in cui avevano assistito alla
battaglia, durata un' intero giorno. Arabì, come molti altri corsari, era
poi stato nominato ufficiale della Marina Spagnola.
Mi guardai attorno per sincerarmi che in giro non ci fosse nessuno.Poi mi
sbottonai la patta e pisciai sull' obelisco.
Gli Inglesi erano stati cacciati nel 1809 dall' isola, ma erano tornati in
massa nel 2000, sotto forma di turisti.La maggior parte dei visitatori
dell' "Isla Bianca" erano inglesi, tedeschi e italiani.
Gli Inglesi erano i turisti più ubriachi, i tedeschi i più compassati,
gli Italiani i più allegri. I più allegri e anche ubriachi, come stavo a
dimostrare io. Non bisogna mai generalizzare…
Mentre pisciavo presi mentalmente in esame ( delle urine…) i miei primi
tre giorni a Ibiza. Il risultato , tutto sommato, era negativo.
Nel villaggio avevo conosciuto tre ragazzi di Forlì e avevo cercato di
inserirmi nel loro gruppo. I tre avevano noleggiato una Seat Ibiza in modo
da spostarsi con più facilità nell' isola. Dopo avergli sganciato
qualche pesos loro, un po' controvoglia, avevano acconsentito a
scarozzarmi fino in città: di sicuro avrebbero preferito farci salire una
bella ragazza, sulla macchina, piuttosto che un maschio sconosciuto come
me. Li capivo…
I tre Forlivesi erano a corto di battute ( il loro senso dell' umorismo
era un po' limitato, carburava soltanto dopo un paio di birre) ma pieni
zeppi di problemi : uno era stato lasciato da poco dalla morosa, un altro
aveva dei guai con la legge a causa di un incidente automobilistico, il
terzo aveva seri problemi di salute. Io avevo provato a tirarli un po' su
di morale con una barzelletta:
"A una festa in maschera ognuno si presenta vestito da qualche cosa;
chi da Pokemon, chi da Star Trek, chi da Pippo Baudo. A un certo punto
entra una ragazza tutta nuda e smaltata di bianco…Allora le chiedono
"E questo che costume è?!".. E lei: "Un costume da
dente" E loro: "Da dente?! E da cosa si capisce?!". E lei,
alzando una gamba:
"Guarda qui che carie!"
I Forlivesi avevano sorriso educatamente .
Si erano già stufati della mia compagnia, si vedeva. La terza sera uno di
loro aveva trovato una "carie" in grado di sostituirmi
degnamente dentro la macchina.
Io, invece, non avevo ancora cavato un ragno dal buco…
Ci avevo provato con un paio di ospiti del villaggio turistico, ma senza
raggiungere risultati sostanziali: tanto rumore ( di chiacchiere) per
nulla. Giù a Ibiza avevo abbordato una ragazza tedesca, ma ero talmente
ubriaco che mi ero azzardato a chiederle "Willst du mein schwanz
saugen?".
"Vuoi essere la mia fidanzatina?"… per chi non sapesse il
tedesco. La ragazza non aveva apprezzato.
Terminai di pisciare e me lo sgocciolai, tenendo le gambe ben divaricate
per non sporcare i miei pantaloni bianchi.
La zona del quartiere Sa Penya in cui mi trovavo non era molto frequentata
dai turisti. Dovevo attraversare di nuovo la Calle Mayor per ritrovare,
nei vicoli attorno al porto, un po' di vita. Accesi una sigaretta e mi
incamminai.
Erano già le due di notte ma c' era da giurare che anche alle quattro ci
sarebbe stata le stessa " movida " in giro per le strade: la
stessa quantità di gente, cioè, con meno soldi in tasca…
Due ragazze mi passarono accanto e allungarono le mani.…per smollarmi un
biglietto riduzione dell' "Amnesia".
Costavano l' ira di Dio, le discoteche a Ibiza. E sparavano la musica a un
volume infernale. Buttai il biglietto appena svoltato l' angolo.
Le vie attorno al porto erano troppo strette. Bar da una parte e boutiques
dall' altra limitavano, in certi punti, a un paio di metri lo spazio per
il passeggio dei turisti. Ogni tanto cortei di drag queens e di cubiste si
facevano largo sculettando tra la folla, per pubblicizzare la discoteca da
cui erano prezzolate.
In Afghanistan le avrebbero messe al muro tutte, le drag queens di Ibiza…
ma non per fucilarle. Dietro di loro un bulldozer avrebbe abbattuto la
parete a cui erano addossate, in modo da schiacciarle sotto una montagna
di mattoni.
Questa era la sanzione prevista per il reato di omosessualità, in
Afghanistan
Se qualcuno riusciva a sopravvivere a questa condanna- avevo letto- la sua
pena veniva commutata in ergastolo. Se invece moriva, era stata fatta la
volontà di Allah.
Bisognava proprio avere un gran culo, per sopravvivere a pene del genere…
Uscì da Sa Penya e mi inoltrai verso il quartiere di Dalt Vila, nella
città alta.
Mi fermai e mi sedetti sopra un muricciolo, vicino a un cespuglio di
fichidindia. Il loro odore pungente, avevo letto sulla guida, teneva
lontane le mosche. A una decina di metri da me una coppietta gay stava
amoreggiando. In un certo senso, li invidiavo…
Avevo bisogno anch' io di qualche tentazione alla mia portata.
Il mare circondava Ibiza come un' enorme deserto di sabbia scura, come una
Tebaide attorno a un oasi… o a un miraggio. Mi sentivo stanco e anche un
po' depresso, tentato dall' idea di lasciarmi rotolare giù dalla collina,
verso il mare, con una pietra attaccata al collo: mi si chiudevano gli
occhi, cominciavo a vedere tutto nero.
Decisi di tornare al villaggio.
Feci l' occhiolino a un po' di ragazze, lungo il percorso,ma se fossi
stato un sorcio (un ratto delle Sabine…) avrei fatto di sicuro più
colpo. Gli elefanti hanno spesso paura dei topi perché temono che in
qualche modo essi possano penetrare dentro la loro proboscide. In quanto
alle "tope"…
Al tavolino di un bar vidi Michael Schumacher assieme a sua moglie. Gli
sfrecciai accanto e lo sorpassai.
Le statue viventi erano ancora al loro posto. Le salutai agitando una
mano. Loro, ovviamente, non risposero al mio saluto.
Cento metri più avanti c' era una piazzola di sosta per i taxi.
La fila era poca ma agguerrita: bisognava stare all' erta per non farsi
passare davanti dall' ultimo arrivato. Io tagliai la strada a due ragazze
e le sentì protestare , in inglese,alle mie spalle.
" Vamos, hombre"., dissi al taxista salendo.
Lui mise in azione il tassametro.
Questa volta non mi aspettava nessuno, davanti al
"Club Paradise".
Gli animatori dovevano già essere tutti a letto.
Attraversai l' atrio deserto e mi diressi verso il bar. Attorno alla
piscina amoreggiavano delle coppiette e alcuni maschi tiravano le somme
della serata appena trascorsa. Molti rullavano delle canne…
Imboccai un vialetto a caso, diretto alla mia camera.
Camminavo con le mani in tasca, palpando tra le dita i pochi spiccioli che
mi erano rimasti. Per ubriacarmi a Ibiza avevo dovuto prosciugare il mio
portafoglio.
Mi fermai dietro a un cespuglio e pisciai l' ultima "cerveza"
che avevo acquistato.
La finestra della "finca" più vicina era spalancata.
Sapevo che in quella camera ci stavano due ragazze,ero passato spesso
davanti alla loro terrazza. Sapevo anche che quella sera erano andate fino
a Ibiza perché le avevo viste, in attesa, davanti alla fermata dell'
autobus. Sapevo anche che il prossimo autobus sarebbe tornato al villaggio
alle sette. Sapevo quanto bastava, insomma.
Mi guardai attorno e scavalcai la ringhiera della terrazza in due secondi
netti. Vlad sarebbe stato fiero di me.
La camera era parecchio in disordine e non sembrava esserci nulla di
interessante da rubare. Un paio di riviste femminili, una manciata di
cartoline ancora da compilare, una scatola di preservativi…
Sopra al comodino c' era un lettore di Mp3. Le proprietarie avevano
probabilmente soffiato tutte le canzoni dai siti di Napster o di Gnutella-
un buon motivo in più per soffiargliele a mia volta . Presi il lettore in
mano…e lo posai di nuovo sul comodino.
Era inutile: le ragazze avrebbero denunciato subito il furto e le
cameriere che tutte le mattine venivano a pulire la mia stanza mi
avrebbero sgamato al volo. Era impossibile nascondere quell' aggeggio in
dieci metri quadrati.
Stavo per andarmene, quando notai un wonderbra sopra il letto. Presi in
mano il reggiseno per veder di che misura era e sotto vidi un sacchetto,
trasparente, pieno di spiccioli. Meglio che niente…
Agguantai i pesos e uscì dalla stanza. Fuori alcune nuvole coprivano la
luna.
Ancora due ore e avrebbe albeggiato. Avevo due ore per prendere sonno ,
prima che il caldo ,il sole e i megafoni degli animatori mi impedissero di
dormire.
Gli spiccioli tintinnavano nella mia tasca. Infilai una mano dentro per
fermare quel rumore. Con l' altra tirai fuori la chiave della mia stanza e
la aprì.
Adesso ero al sicuro. Tirai fuori la refurtiva e la infilati in un
comodino assieme agli altri miei spiccioli. Il sacchetto lo buttai dentro
al water e poi tirai l' acqua.
Mi stesi sul letto, vestito, e cercai di prendere sonno. Oltre la parete,
qualcuno stava facendo l' amore…
Mi masturbai.
3
IL FUOCO
"14 orizzontale: leggendario guerrigliero
Argentino morto negli anni sessanta"
10 lettere. Senza colpo ferire scrissi: Che Guevara.
"Il soldatino più fotoigienico del ventesimo secolo". Steso su
una sedia a sdraio, ai bordi della piscina del villaggio, pensai :
"Per fortuna lo hanno riempito di piombo".
Secondo me non era un caso che Guevara avesse fatto la stessa fine di
Butch Cassidy: entrambi i banditi uccisi a pistolettate in una zona remota
della Bolivia.
Negli altoparlanti, intanto, continuava la musica latinoamericana.
Attempate signore e qualche bambina ( nessun maschio) muovevano i glutei
al ritmo di una danza caraibica, cercando di imitare i movimenti dell'
animatrice. Le donne ballavano abbracciate perché nessun uomo, per il
momento, le aveva seguite in pista. A me sarebbe servita una pista di
cocaina solo per muovere un passo…
Lasciai cadere "La settimana enigmistica" sull' asfalto bagnato.
Ero uno straccio: alle otto in punto, maledicendo l' umidità, le urla dei
miei vicini diciottenni e il sole che calava a picco proprio sul mio
cranio, mi ero sollevato esausto dal letto- dopo appena tre ore di sonno.
Tre misere ore di sonno e i postumi di una sbronza colossale…
Un aereo carico di turisti stava sorvolando, a bassa quota, il nostro
villaggio; ne passava uno ogni mezz' ora circa, la pista d' atterraggio
era vicina al "Club Paradise". Presto, grazie a Dio, sarei
salito in cielo anch' io. Il mio volo per l' Italia partiva alle tre di
pomeriggio.
Guardai l' orologio: le dieci e trentaquattro. Il ballo sudamericano
terminava alle undici, alle undici iniziava il torneo di ping pong.
Gaetano, l' animatore che aveva tentato (inutilmente ) di farmi iscrivere
alla gara era reduce anche lui dalla trasferta a San Antonio organizzata
la sera prima dal villaggio turistico. Anche se aveva fatto le ore piccole
sembrava lo stesso in gran forma. Del resto, era quello il suo mestiere:
non sembrare mai stanco.
La C73, la strada che collegava San Antonio a Ibiza, deteneva il record
europeo di mortalità. Auto a noleggio cariche di giovani turisti in
"ecstasy" sfrecciavano a fianco del nostro autobus . I bikers ci
superavano in sella alle loro Harley Davidson, mettendo in mostra i
bicipiti e i teschi…i serpenti, i nomi,etc.etc., tatuati sulle braccia.
Scesi dall' autobus la comitiva ( in tutto eravamo una ventina) si era
separata, gli altri allontanandosi a gruppetti, io da solo come al solito.
La partenza era prevista per le tre e mezza. Gli altri avrebbero riempito
le loro ore come meglio credevano: chiaccherando, socializzando, scopando…
divertendosi, al limite.
Io avrei fatto come il figlio di Tony Blair.
La notizia dell' arresto ( per ubriachezza molesta ) del primogenito del
Primo Ministro Britannica aveva fatto il giro delle edicole di tutto il
mondo, giungendo infine anche in quella del " Club Paradise". Io
mi ero molto divertito a leggerla : l' humour inglese mi è sempre
piaciuto….
San Antonio era un' importante enclave del turismo britannico a Ibiza e la
strada attorno a cui ruotava tutta la vita notturna della città (lunga la
metà di un campo da football, una cinquantina di metri scarsi, più
qualche traversa) era una specie di Downing street … senza numero dieci.
All' imbocco della strada, in leggera pendenza, un ambulanza messa di
traverso si frapponeva tra gli eventuali ubriachi che fossero rotolati a
terra e il molo della città, poco lontano. L' ambulanza era pronta ad
accoglierli…
Ai lati di Downing street i pub e le discoteche si susseguivano senza
soluzione di continuità, ingurgitando e vomitando giovani ubriaconi a
getto continuo. Io mi infilai dentro a un locale in cui suonavano musica
dal vivo. Una band stava eseguendo la cover di un brano degli U2 :
"One". Un paio di tequile dopo, usciì dal locale.
Adesso, dopo aver bevuto, mi sentivo un po' meglio, un po' più in
sintonia con l' ambiente circostante. Gli sbronzi che mi circondavano mi
sembravano soltanto allegri. I lampioni mandavano una luce più intensa,
le ragazze sembravano più belle. Entrai in un altro locale e mandai giù
un bicchierino di vodka.Le ragazze sembravano ancora più belle…
I capelli biondi e gli occhi azzurri si sprecavano.
Le inglesi che mi passavano accanto mi sembravano le bambine spaziali
della barzelletta, quelle che la mamma dentro l' astronave non sgridava
mai- visto che in quello che facevano c' era sempre "assenza di
gravità". Quelle bambine sembravano pronte a qualsiasi marachella.
La tattica migliore per sedurle, mi aveva avvertito Gaetano , consisteva
nell' avvolgere le mani attorno alle loro calotte craniche, attirarle con
violenza a sè e poi infilare la lingua nelle loro " boccucce di
rosa". Alla fine, eventualmente, parlarci.
Il mio inglese stentato non mi permetteva grandi conversazioni, ma
approcci così diretti non erano comunque nelle mie corde. Preferivo un
abbordaggio più soft…mi accesi una sigaretta, indeciso sul da farsi.
Forse una buona "bionda" mi avrebbe schiarito le idee…
Addocchiai un paio di tipe…le ragazze ricambiarono il mio sguardo. Feci
per muovermi nella loro direzione, senza smettere di fissarle.. e
inciampai miseramente su una lattina di Heineken …
Riuscì a non cadere lungo disteso, per fortuna, anche se il mio senso
dell' equilibrio era andato a puttane… le sentì ridacchiare mentre si
allontanavano.
"Brutte troie", ricordo di aver pensato , "non ho bisogno
di voi…" L 'unica cosa di cui avevo bisogno era un altro drink.
"Niente pubi, solo pub !", questo era l' epitaffio che avrei
fatto incidere sulla mia tomba!
Imboccai una traversa di Downing street, a caso…
Mi guardai allo specchio e vidi un vampiro.
Il vampiro naturalmente ero io. Il bicchiere che tenevo in mano poteva
benissimo essere pieno di sangue- anziché di Martini. Le occhiaie livide
e il colorito pallido mi conferivano un certo fascino funebre che non
guastava. Ero pure vestito di nero …
Terminai il Martini e uscì dal pub.
La luna illuminava i miei passi incerti sul marciapiede. Mancavano ancora
parecchie ore all' alba.
Eccomi qua, fantasticai, il Conte Dracula appena giunto dalla
Transilvania, si aggira per le strade di Londra alla ricerca del sangue di
giovani vergini…
Vlad sarebbe stato fiero di me.
I fumi dell' alcool sostituivano degnamente le nebbie di Londra, ma in
quanto a vergini…
Nella Calle in cui mi trovavo non avrei pestato i
piedi a nessuno : non c' era anima viva al di fuori di me… e della
ragazza che aveva appena svoltato l' angolo e ora avanzava nella mia
direzione. La squadrai dalla punta dei capelli ( rossi) alla punta dei
capezzoli (dritti) alla punta della scarpe (senza tacco).
I suoi cappelli stavano facendo fuoco sulla mia fantasia. Non ero mai
salito su una testarossa in vita mia…
La ragazza non portava un filo di trucco e, osservandola più da vicino (
era a due metri di distanza, ormai ) saltavano all' occhio anche i suoi
difetti. Un po' troppo magra , le tette troppo piccole… nel complesso,
comunque, potevo sopportare benissimo queste stonature.
Gli occhi, se la vista non mi ingannava, erano verdi. Forse era irlandese,
non inglese : una turista di Belfast venuta a fare due passi dalle parti
di Downing street. In due parole, una bomba…
La gonna tendeva a risalirle lungo le cosce e ogni due passi se la tirava
giù con un gesto nervoso. Poi si scrollava i capelli rosso sangue…
Ci incrociammo…
Io, che ero un vampiro timido, restai in silenzio.
Poi mi voltai per ustolarle il sedere. Lei non si girò, naturalmente.
I suoi capelli da Medusa Rinascimentale- la Medusa di Versace, forse, il
cui volto era stampigliato su molte pasticche di MDMA in circolazione a
Ibiza- mi lasciavano di sasso. Quando la vidi, dopo pochi passi, sedersi
sui gradini d' ingresso della casa più vicina, mi fermai anch' io e feci
dietro front.
Da buon vampiro educato le chiesi se mi potevo sedere accanto a lei.
Siccome lei non rispondeva e non sollevava nemmeno la testa ( all' altezza
della mia vita) lo feci…
Mi ricordai del consiglio di Gaetano: se volevo ottenere qualcosa con una
sfattona dovevo passare subito ai fatti. Allungai un braccio per cingerle
le spalle. Mezzo metro più in basso cominciò ad allungarsi anche il mio
cazzo.
I miei riflessi erano allentati dall' alcool e non vidi arrivare in tempo
il pugno. Non sentì neppure troppo male, perché il colpo non era stato
sferrato con molta forza, ma mi toccai le labbra e quando ritirai la mano
sulle mie dita c' erano tracce di sangue.
Lei , più stupita che arrabbiata , fissava ora me ora l' anello con cui
mi aveva colpito per sbaglio… Poi allungò entrambe le braccia attorno
al mio cranio, mi attirò con forza a sé e mi infilò la lingua in bocca.
Non so perché la morsi sul collo, dopo…
Forse volevo vendicarmi del pugno di prima, forse il bacio prolungato
aveva impedito l' afflusso dell' ossigeno al cervello ottundendo le mie
facoltà mentali o forse, più semplicemente, avevo alzato troppo il
gomito. Infilai la testa nell' incavo del suo collo e la morsi.
Lei si divincolò, si alzò di scatto si allontanò di un paio di passi.
Non ci eravamo ancora scambiati una parola e fu quasi un sollievo sentirla
gridare "Fuck you!" prima di andarsene.
La guardai allontanarsi lungo la strada deserta, illuminata dalla luna.
Prima di svoltare l' angolo sollevò il braccio in una sorta di saluto
comunista. Poi, dal pugno chiuso, fece sgusciare fuori il dito medio.
Prima di alzarmi mi toccai le labbra.
La ferita si era quasi rimarginata, rimaneva soltanto una piccola crosta
che forse potevo già togliere. Decisi di lasciare dov' era quella specie
di piccolo carapace..
Il torneo di ping pong era terminato. Gaetano e gli altri animatori
stavano già organizzando qualche altra attività per gli ospiti del
villaggio . Una gara di nuoto, mi era sembrato di capire… prima che
tirassero dentro anche me, mi allontani dai bordi della piscina.
Avevo già riconsegnato le chiavi della mia camera alla reception del
"Club Paradise" e le valige le avevo lasciate nella hall. Alle 3
in punto un autobus sarebbe venuto a prenderci per riportarci fino all'
aeroporto.
Sul maxischermo della sala tv scorrevano le immagini di un vecchio film
con James Dean e Rock Hudson: "Il gigante". La pellicola era
interminabile, più di tre ore, proprio quello che ci voleva per ammazzare
il tempo prima della partenza.
Intanto che io mi accomodavo su una delle poltroncine della sala, sullo
schermo Rock Hudson stava baciando Elizabeth Taylor .Un bacio molto
profondo, appassionato…grande attore, Rock Hudson!!
Nel bar del villaggio mi ero comperato un sacchetto di popcorn.
Contemplai la pancetta che spuntava da sotto la mia maglietta.
In una settimana di vacanza ero ingrassato di tre chili.
Non appena fossi tornato a casa mi sarei messo a dieta.
Una dieta drastica, risolutiva…
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