Chiara
Fattori
nata nel 1978. Toscana. Laureanda in
lettere moderne all'università di Pisa. |
ANDATA E RITORNO
Eravamo in quattro, in quell'estate di cinque anni
fa. In quattro in una Uno bianca, tra valigie e borsoni, quello che ci
avevano detto servire per il campeggio, quello che pensavamo ci sarebbe
servito… e quelle cose che amavamo e ci tenevano uniti, allora, e un po'
anche ci dividevano: la musica, i libri, i sogni.
Era l'estate in cui avevamo fatto gli esami di stato e ci sentivamo grandi,
ci piacevano i Litfiba, Piero Pelù cantava ancora con loro, e Lacio Drom
era la nostra canzone preferita.
Francesco la intonava con la voce distorta, noi intervenivamo in coro sugli
"uh, uh", e ridevamo come scemi.
Francesco stava al volante, Andrea sul sedile anteriore a mangiare pistacchi
e noccioline, non so come facesse con quel caldo, io e Lara dietro, a
passarci salviette umide sotto le ascelle e sul collo e a giocare a "sasso-carta-forbici".
Il partire, tutti e quattro insieme, subito dopo il diploma, con due tende
canadesi che ci avevano prestato e una macchina che aveva dieci anni, ci
sembrava, allora, la cosa più strepitosa del mondo. Avevamo favoleggiato
per settimane, tra un'esegesi dell'Infinito e uno studio di funzione, su
quella vacanza: sul mare blu della Calabria, che nessuno di noi aveva mai
visto, su quel campeggio a Tropea, che ci avevano descritto come da vero
sballo, oltre che economico, su quello che ci saremmo inventati nelle notti
insonni sulla spiaggia, che sapevamo essere bianca.
L'autostrada sembrava non dovesse mai finire, mentre il sole arroventava
l'asfalto e dipingeva miraggi nell'aria sempre più densa.
Ricordo soprattutto il caldo, di quelle lunghe ore d'auto, di quello che ci
dicevamo mi ricordo che erano tutte frasi con verbi al futuro, e solo
qualche presente.
Poi l'autostrada per noi finì.
Mentre Francesco e Andrea montavano le tende, io e
Lara andammo sulla spiaggia: di sabbia bianca e a grani grossi, come
l'avevamo immaginata, ombrelloni colorati, acqua blu.
"Bellissima, vero Giulia?"
"Sì"
A dir la verità la trovavo un po' troppo affollata e rumorosa.
"Ci sono tanti ragazzi, eh?", dissi.
"Sì, vero… e ragazze… Andrea forse riuscirà a combinare…"
Ridemmo. Andrea era l'unico di noi ancora vergine, e la cosa sembrava non
preoccuparlo. Aspetto l'amore, diceva: Francesco e Lara lo prendevano
pesantemente in giro per questa frase, che credo suonasse loro come demodé,
io stavo in silenzio di solito, ma dentro di me lo approvavo.
Ero appena uscita dall'ennesima storia con il ragazzo sbagliato. Ero
diventata praticamente un luogo comune di film americani stile "povere
ragazze facili" tanti ne avevo avuti di ragazzi da sedile posteriore, e
la cosa non mi piaceva. Lara invece aveva avuto un solo ragazzo, un nostro
compagno di classe, una storia durata due anni, finita male, con loro che
non si parlavano più e con la classe spaccata in due. Francesco, poi, era
stato il "ragazzo sbagliato" per diverse.
Il mio ultimo "sedile posteriore" era un musicista, suonava in una
cover band degli U2, abbastanza penosa devo dire, anche se lui in fondo con
la batteria non se la cavava male. Voleva che assistessi a tutti i loro
concerti, in prima fila, e che dopo gli dicessi che erano stati
meravigliosi. Voleva farsi tatuare il mio nome su un braccio, diceva che era
"una cosa molto rock", giuro che lo diceva davvero… per fortuna
riuscii a non farglielo fare, e a farmi lasciare prima dell'estate.
"Vieni, Lara, andiamo a vedere se i ragazzi hanno bisogno di noi"
Avevo una sola grande speranza: che nessun ragazzo sbagliato arrivasse a
rovinare la vacanza con i miei amici.
"Sì, andiamo"
La prima sera a Tropea la passammo in un Irish Pub, a
mangiare focaccine ripiene e a bere birra scura.
Andrea faceva progetti, ed elencava tutti i posti che avrebbe voluto
visitare.
Io chiosavo i suoi nomi con un sì entusiastico, mentre Francesco e Lara
ridevano e si guardavano in giro, o facevano commenti sulla musica
commerciale che suonavano nel locale.
"Sai, che pensavo ragazzi?"
"Cosa Francesco?"
"Che così sembriamo due coppie… e non riusciremo a rimorchiare per
nulla"
"Credevo che non fossimo qui per rimorchiare" risposi.
"Parla per te, Giulietta, che hai da poco scaricato l'ultimo romeo…
ma il nostro Andrea qua…"
Andrea si schermì arrossendo.
"Se ci fosse una ragazza carina non credo che avresti problemi, Fra, ad
approcciarla" gli risposi.
"Mmm… vero! Sentito, amico? Nessun problema! Guardati pure in giro e
dimmi se vedi roba"
Io intanto avevo affondato gli occhi in un assemblaggio di pettorali che
davano tutta l'impressione di appartenere ad un baywatch appena uscito dal
celebre telefilm.
"Io ne avrei vista, Fra… puoi fare qualcosa per me?"
"Dove, bambina… di' a papà…"
"Credo si riferisca" interviene Lara "al palestrato laggiù,
quello appoggiato al bancone, vedi?"
"Ah… quello lì? Ahi, ahi… piccola Giulia… è arrivata or ora
Pamela Anderson che te lo porta via…"
E difatti, una bionda curve da dea si era parata davanti al mio bersaglio.
"Peccato!"
Avrei aspettato il prossimo.
In cima alla lista di posti da visitare stilata da
Andrea c'era il santuario della Madonna dell'Isola, che dava anche il nome
al nostro campeggio e che caratterizzava quasi tutte le cartoline illustrate
che vendevano lì a Tropea.
Si trova su un promontorio, ex isola. Bellissimo.
Il terzo giorno io e Andrea lasciammo Francesco a Lara a prendere il sole
sulla spiaggia e ci incamminammo verso il santuario. Le scale per arrivarci
erano tante e faticose, ma ne valeva la pena. Ci riposammo nel giardino
pensile, all'ombra di… non so, non sono mai stata brava con la botanica,
non era un albero grande comunque.
"Secondo te, Giulia, finiranno insieme?"
"Chi?"
"Francesco e Lara"
"Ma dài!"
"Non mi sembrano molto indifferenti… ieri sera almeno…"
"Sono amici, come lo siamo tu ed io, Andrea. Francesco non è il
ragazzo adatto per Lara"
"Sei sicura?"
"Certo. Andre… tu sei il ragazzo adatto per Lara… e lo sai. Perché
non vuoi dirglielo?"
Credevo che Andrea fosse innamorato di Lara. Sembrava provare un sentimento
strano per lei, tra il protettivo e il geloso, che mi aveva fatto dedurre
fosse innamoramento. Lui non voleva ammetterlo.
"Perché non è vero"
"Secondo me dovresti provare a pensarci, a Lara, intendo, come a una
possibile ragazza"
"Rovinerebbe tutto, l'amicizia, non solo tra me e lei, anche con
Francesco, anche con te. Guarda cosa è successo in classe per Lara e
Lorenzo"
"E' diverso… e comunque non puoi perdere un'occasione solo perché
hai paura dei cambiamenti, o del rischio"
Parlavo proprio io che me la facevo sotto all'idea di andare
all'università, o di partecipare con un mio racconto ad un concorso
letterario.
"Bisogna vedere se sono cambiamenti e rischi che valgono la pena"
Ne valevano, secondo me. Ma non glielo dissi, non volli insistere. Non ero
sicura di come avrebbe reagito Lara se Andrea avesse fatto un passo verso di
lei. Non ero sicura che davvero non pensasse più a Lorenzo. Ma ero sicura
che Francesco non poteva attrarla.
Guardai Andrea negli occhi: verdi e grigi, dolcissimi, che lo facevano
sembrare più piccolo d'età.
Non ho mai capito perché avevo così tanta voglia di vederlo insieme a
Lara.
Era un'estate molto calda.
"Fa più caldo anche perché siamo più a sud" sentenziò Lara.
"Secondo me fa proprio più caldo quest'anno, cazzo"
"Devi sempre mettere quel cazzo da tutte le parti, Francesco?"
"Sì, Giulietta cara, se vuoi te lo metto anche là dove ti piace
tanto"
Detestavo quando faceva certe battute, e soprattutto quando gli altri ci
ridevano.
"Ridi anche tu, Andrea?"
Andrea rideva e guardava Lara che leccava un cono gelato all'amarena e
teneva aperto sulle ginocchia, cercando di leggerlo, un libro di De Carlo
che io avevo già letto e le avevo però sconsigliato.
"Scusa, Giulia. Francesco, lei ha ragione, guarda di calmarti. Sei un
po' troppo nervoso, oggi"
Eravamo lì da una settimana, e avevamo in programma di passarcene un'altra.
Avevamo visitato quasi tutti i luoghi che Andrea aveva segnato sul suo
quaderno.
"Stanotte è la notte di San Lorenzo"
"E' vero" s'illuminò Francesco "dobbiamo fare il
falò!"
"I ragazzi accanto già lo fanno, ci hanno invitati" disse Lara,
passandosi la lingua sulle labbra sporche di panna "Accidenti, questo
gelato mi si sta liquefacendo tra le mani"
"Ehi, e perché non l'hai detto prima?"
"L'avevo dimenticato"
"Sei la solita"
I ragazzi accanto erano il gruppo che occupava la piazzola vicino alla
nostra: tre coppie di Roma. A Francesco piaceva una delle ragazze, Teresa, e
faceva di tutto per mettere in ridicolo il ragazzo di lei, alle volte
riuscendoci.
"Sono andati in spiaggia, vero?" chiese Francesco riferendosi ai
romani.
"Sì, se ne sono andati poco fa"
"Vado a cercarli… e mi metto d'accordo. Andrea, vieni con me?"
Lara lo guardò mi sembrò con un po' di apprensione, o delusione.
"No… ho voglia di fare una partita a carte… vi va ragazze?"
Non mi piace stare vicino ai falò nelle notti delle
stelle cadenti, c'è troppa luce e non si vede bene il cielo.
Ci eravamo allontanate dagli altri, io e Lara, e stese sui teli da mare a
pancia in su. Sentivamo in lontananza la voce di Francesco.
"Sta raccontando di Londra" disse Lara.
"Sì… quante volte l'abbiamo sentita?"
"Già"
"Stai bene, Lara?"
"Sì"
"Mi sembri triste"
"No… ehi, guarda… una stella cadente!"
"Vista. Non è che è vero quello che pensa Andrea su te e
Francesco?"
"Cosa pensa Andrea?"
"Che l'altra sera è successo qualcosa quando noi ce ne siamo andati al
pub e voi due no"
"Guarda…"
"Vista"
"Non abbiamo fatto nulla"
Lara guardava il cielo e io le guardavo il profilo perfetto. Lara è molto
bella: ha i colori di un quadro di Tiziano e una specie di sorriso naturale,
un'allegria intelligente negli occhi, che la rende seducente ai ragazzi e
antipatica, di solito, alle ragazze.
"Va bene"
"Lui ha detto che non vuole rovinare l'amicizia tra noi, che è meglio
per noi lasciare tutto come sta… che secondo lui io piaccio ad Andrea e…"
Si voltò verso di me: aveva gli occhi lucidi.
"Oddio, Lara… ma allora è vero…" mi sollevai e mi appoggiai
sul gomito, gli occhi fissi nei suoi "Lara, senti, lui ha ragione, su
Andrea, ma ti dice delle stupidaggini sul fatto dell'amicizia, perché se
davvero tenesse a te in quel senso…"
"Lo so"
"Lara?"
"Non importa, Giulia, va bene così… Guarda…"
Mi voltati di scatto verso il cielo.
"Accidenti, me la sono persa"
"Giulia, tu l'hai visto quel film dei fratelli Taviani? Quello sul
duomo di San Miniato?"
"La notte di San Lorenzo? Sì. Bello, vero?"
"Sì"
"Mia nonna partecipò alle riprese come comparsa…Lara… guarda…"
"Vista"
"Lara… io so della sorella di tua mamma. Me lo ha detto mia
nonna"
"Era così bella, dalla foto, e aveva solo diciassette anni. Era andata
lì a pregare per il suo fidanzato, perché tornasse a casa dalla guerra…
lui tornò"
Con Lara non avevamo mai parlato di quella sua zia morta ragazzina nella
strage del duomo, chissà perché, e dopo quella sera non ne parlammo più.
A me sarebbe piaciuto molto scriverci un racconto a proposito, magari un
giorno o l'altro lo farò.
"Lara, io credo che non dovresti più pensare a Francesco, non è
adatto, e non credo che si innamorerà mai di te"
"E tu che ne sai?"
Già, che ne sapevo? Non so perché mi ero così convinta.
"Guarda!"
"Vista!"
L'ultima sera andammo ancora al pub irlandese,
d'altronde era l'unico locale.
C'era molta gente, e la solita musica che a noi non piaceva. Francesco per
tutta la sera scherzò con Teresa, che in effetti non sembrava disdegnare la
sua corte, e nemmeno il suo fidanzato se ne preoccupava, visto che passò
tutto il tempo a giocare a freccette con gli altri ragazzi. Io mi sentivo
stanca, avevo preso forse troppo sole, la pelle mi bruciava, e forse avevo
anche bevuto un po' troppo, perché la testa mi doleva.
"Lara, non è che tu hai voglia di andare a dormire? Sono stanca… e
domani dobbiamo smontare le tende, e partire"
"Chiedi ad Andrea, che mi sembra annoiarsi, io voglio restare
ancora"
Lei era presa da una conversazione con Gianni, un ragazzo di Napoli che era
venuto lì in vacanza da solo; si era accampato davanti alle nostre tende e
se ne stava tutto il giorno con lo stereo a volume alto, musica buona per
fortuna, ed a fare tatuaggi a basso prezzo. Credo che Lara fosse interessata
a farsene uno, o a farsi lui magari.
Chiesi ad Andrea, e ce ne andammo.
Per scendere dal paese al campeggio c'è un lunga scalinata sconnessa,
immersa nel verde: a me piaceva molto, ma non quella sera, che non camminavo
bene, ed avevo i sandali col tacco alto… mi stavano così bene con il
vestito verde corto…
"Non credo che ce la farò, Andre, a scendere queste scale con i
tacchi"
"Dammi la mano"
"No"
Mi tolsi i sandali e mi feci tutta la scalinata di corsa a piedi nudi,
arrivata in fondo avevo il fiato corto e mi sentivo arroventare le guance.
Mi voltai: lui scendeva lentamente e mi guardava sorridendo.
"Spero non ti sia fatta male"
"No"
Risi.
Mi raggiunse ancora sorridendo, gli occhi gli brillavano, commossi e più
dolci del solito. Mi cinse la vita con un braccio, aveva una stretta sicura
che mi disorientò, e mi baciò, un bacio lungo, inatteso, al quale risposi
meccanicamente, senza pensarci, forse desiderandolo fortemente con qualche
parte segreta di me alla quale la mia coscienza non era in grado di
accedere.
Quello che successe dopo è sinceramente un po' confuso nella mia mente, per
via della birra, o dei sensi di colpa, non so. Andrea aveva le chiavi della
Uno in tasca: non so perché, di solito le teneva sempre Francesco. Salimmo
in macchina e guidammo per un po', senza parlare, tenevamo lo stereo acceso,
ascoltavamo De Gregori che entrambi adoravamo più di tutto. Io tenevo la
testa sulla sua spalla. Ci fermammo in un viottolo vicino ad una spiaggia,
chissà se sarei in grado di ritrovarlo ora. Lo facemmo con trasporto e
tenerezza, come forse non l'avevo mai fatto prima con nessuno, e non ricordo
per quanto tempo.
"Ma allora di Lara veramente non sei mai stato innamorato" gli
chiesi dopo, tra le sue braccia.
"Te lo dicevo, e non so perché ti ostinavi a non credermi"
Quando tornammo al campeggio erano le quattro; Francesco dormiva, ma Lara
era sveglia, preoccupata.
Il viaggio di ritorno fu più lungo di quello
d'andata, più caldo, e più silenzioso. Ricordo che parlammo un po'
dell'università, io ero l'unica che ancora non aveva deciso cosa fare. Lara
si sarebbe iscritta a matematica, Andrea avrebbe provato il test
d'ammissione a medicina, e Francesco quello per architettura.
Io alla fine m'iscrissi a lettere.
Tra me e Andrea le cose non andarono, non ci provammo
nemmeno più di tanto a farle andare: c'erano molte ragioni, alibi, motivi
che allora ci sembravano chiari e imprescindibili, ora… non so più. Siamo
rimasti amici. Prendiamo sempre il treno insieme la mattina, la mia facoltà
è vicina alla sua, e facciamo sempre colazione allo stesso bar, quello di
Marco Aurelio e Sandra. Marco Aurelio è un uomo bello, alto, imponente come
il suo nome, Sandra è piccola e graziosa; hanno due bambini, un maschio di
cinque anni e una femmina di otto, tengono una loro foto appesa nel bar da
sempre, da quando mi sono iscritta all'università, cinque anni fa, e con
regolarità la cambiano. Io i loro due bambini li ho visti crescere da
quelle foto. L'ho detto ad Andrea stamani:
"Vedi perché devi fare la scrittrice" mi ha detto lui.
"Che vuoi dire?"
"Pensi cose come questa…"
Andrea è convinto che devo fare la scrittrice, e forse ha ragione. In fondo
lui ha sempre ragione… quasi su tutto.
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