Gianni
Russo
ho 34 anni e vivo a Marano in provincia di Napoli. Sono laureato in economia e commercio ma mi occupo di tutt'altro, lavoro per ART'E' una società che si occupa di realizzare opere d'arte e di cultura. Ho un immensa passione per la lettura di ogni cosa mi capiti sottomano. Ho fatto il musicista quasi professionista per un bel po' di anni, ma adesso faccio solo il cliente privilegiato, sconto chitarrista sulle birre. |
Irma chiuse la porta dietro di se ed uscì di casa. La
valigia era già di fronte alla porta dell'ascensore. Ripassò mentalmente
le cose che ognuno cerca di non dimenticare quando parte per un viaggio. Si,
aveva chiuso il gas e tolto la corrente, chiuso bene le imposte ed
innaffiato le piante. In fondo non era la prima volta che partiva, no
decisamente non era la prima volta. Guardò il suo viso nello specchio della cabina dell'ascensore, i capelli scuri un po' sciupati che le davano un aria un po' tra il trasandato ed il vissuto. Sorrise tra se e se ripensando a quanto teneva ai suoi capelli, a quanto tenesse ad essere sempre perfetta. Una donna in carriera non può permettere ai propri capelli di ribellarsi, neanche ad una minuscola, invisibile ciocca. Ogni cosa deve essere al suo posto, perfettamente in ordine. Che ridere. A che era servivo tutto questo se poi le cose erano andate cosi come erano andate. Pioveva fuori. Una pioggerella sottilissima in una sera di fine ottobre è proprio la cornice ideale per una partenza. Le luci dei lampioni si riflettevano debolmente sull'asfalto bagnato e scivoloso della strada. Il viaggio era cominciato, un viaggio lungo una vita. Irma si stupì del silenzio che regnava nella strada, neanche un auto che sfiorasse da lontano quella perfetta cornice grigio pioggia e giallo lampione stradale che era intorno a lei. Era lì, in quella stessa strada che l'aveva visto per la prima volta. In un giorno di sole, gli alberi verdissimi a gettare la loro ombra sui giardinetti di Via G. Morandi. Andava al lavoro quel giorno Irma, perfetta nel suo completo grigio, perfetta come sempre. Gianni invece, non si sa come, ma quella mattina aveva deciso di uscire e sedersi un po' sulle panchine dei giardinetti. Tuta, maglione informe e scarpe da tennis. Via la giacca e la cravatta che era costretto a portare tutti i santi giorni della settimana. Account manager per un importante casa d'arte, vendeva quadri e sculture e si divertiva un mondo, ma col sole di luglio la cravatta era una vera tortura. Ora le panchine dei giardinetti eran deserte, nessun matto a sfidare le stilettate che la pioggia dava in quella sera di fine autunno. Non era una sera fredda, anzi. Un vento di scirocco sembrava portare con se l'odore del Sud, cosi caro a Gianni. Lo scirocco, diceva, gli ricordava il posto dove da ragazzino passava le estati . Si erano incrociati per caso e per la prima volta, nonostante abitassero nello stesso palazzo, si eran salutati. Un invito a nozze per Gianni, figuriamoci se si fosse lasciato sfuggire l'occasione di attaccare discorso con quella bella donna mora che incrociava sempre da lontano. Due chiacchiere veloci, un invito a cena ed un ciao. Poi il nulla per quasi un mese. Irma era partita per uno dei suoi soliti viaggi, l'ultimo prima delle sue brevi vacanze. Gianni invece si era sobbarcato una bella trasferta di una settimana per uno dei suoi soliti meeting operativi. Centinaia di km di stradine di provincia, paesaggi meravigliosi ma lontanissimi da quel rifugio che era la sua casa. E poi ancora il caso, un pomeriggio un temporale estivo e Irma bloccata dentro l'auto. Chi terrebbe un ombrello in auto in piena estate? Nessuno, neanche una donna in carriera come lei. Gianni si infilò nella sua auto, bagnato fradicio con la sua solita faccia tosta. Stavolta non programmo una cena, ma le impose di mettere in moto e di dirigersi fuori città. Conosceva un posticino carino, una trattoria con un giardino fiorito a far da contorno ad una cucina leggera ed estiva. Alla seconda bottiglia di vino erano decisamente e stranamente diventati intimi confidenti. Cosi diversi, avevano due vite che, perfettamente parallele per quanto riguarda i viaggi, divergevano in maniera totale per quel che riguardava la visione della vita. Gianni approfittava di ogni attimo libero per godersi la libertà, Irma non aveva praticamente attimi liberi. Quella sera di ottobre sembrava distante secoli da quel ristorantino nascosto sui colli intorno alla città. Decisamente distante. Irma contemplò la sua ombra riflessa in una pozzanghera, scosse leggermente la testa e si infilò in auto. Sembrava esserci ancora il suo profumo inciso indelebilmente in ogni luogo che avevano vissuto insieme. Due viaggiatori che si incontrano in una stazione e decidono di continuare il loro viaggio insieme. Come dice quella canzone di De Gregori, due buoni compagni di viaggio non dovrebbero lasciarsi mai. Già, non dovrebbero. Ed invece loro si erano lasciati. No, non era colpa di nessuno. I viaggi, le distanze, le telefonate continuate da una cabina perché il cellulare si era scaricato proprio nel bel mezzo di una buonanotte, mi manchi da morire. Era stata l'evoluzione naturale di un viaggio lungo una vita. Era stata la fine delle notti passate svegli aspettando che l'alba li cogliesse pronti ad un nuovo aereo, un treno da pendere al volo. Un piccolo dolore ogni volta che le loro dita si separavano. Troppi piccoli dolori. Poi una sera lui si era dimenticato di chiamare. Sai, aveva detto, ero stanco e poi a cena avevo bevuto un po' troppo. E poi lei una volta si era dimenticata di dirgli che il giorno dopo sarebbe dovuta partire all'improvviso, come spesso capitava, per una riunione straordinaria. Si eran persi di vista cosi come si erano incontrati. Nessun clamore, né rulli di tamburi a sottolineare la loro partenza dall'essere due. Neanche un lontano suono di violino, come nella tradizione del miglior cinema melodrammatico. Nulla di tutto questo. Irma indossò la cintura di sicurezza e sistemò lo specchietto. Un ultimo sguardo agli occhi stanchi riflessi nel finestrino. Girò la chiave e mise in moto. Gianni apri la portiera e si sistemò al suo fianco. Conosco un posto meraviglioso fuori città, disse, sarebbe perfetto per fermarsi ameno un attimo per questa sera. Ci si fermarono per una vita. |