Ivan
Vargiu
trentenne, cagliaritano, lettore onnivoro
e dilettante della scrittura. Ha scritto una piccola raccolta di racconti,
a sfondo poliziesco ambientati nella sua città, naturalmente inediti.
Quello proposto è uno di questi. |
QUASI PERFETTO
Se in quel momento qualcuno, puntandomi una pistola
alla tempia, mi avesse messo di fronte alla scelta di alzarmi o, in caso
contrario, di vedere che affetto avrebbe fatto un proiettile, esploso da
poca distanza, sulla mia "bella faccia"; avrei scelto di rimanere
a letto. Erano appena le quattro, avevo dormito solo tre ore e il mio giorno
di riposo era stato massacrante…due ore di fila in macchina, sulla strada
che dal mare porta in città, mi avevano devastato. - E meno male che
avevamo deciso di partire tardi per non trovare traffico-, avevo detto a
Laura seduta al mio fianco, vedendo la sfilata di macchine spalmate sui
tornati della costiera. E alle quattro quel maledetto telefono aveva rotto
il mio sonno, e purtroppo quando vengo svegliato nel cuore della notte non
ho alternative, devo alzarmi e rispondere, perché le opzioni non riguardano
più la mia pigrizia e la mia vita, ma l'esistenza, o meglio la non
esistenza, di qualcun altro.
- Chi è ?- risposi.
- Sono Fozzi commissario…- tentennava - Mi dispiace di averla svegliata,
ma abbiamo del lavoro da fare. Una donna investita da una macchina….
- E non poteva intervenire la stradale…? Mica posso andare in cerca di
pirati della strada.
- Non c'è bisogno, i colleghi hanno già trovato la macchina, vengo a
prenderla tra dieci minuti.
- Va bene, ma solo perché sei tu e me lo chiedi con questa gentilezza -
risposi sorridendo, prima di mettere giù la cornetta.
- La vittima è una giovane di 32 anni, un'assistente
di economia politica alla facoltà di scienze politiche, il dottore dice che
è morta pochi minuti prima che noi fossimo avvisati, quindi alle tre circa,
ah dimenticavo il nome, si chiama Giulia T. - Era sempre efficiente Fozzi,
per questo lo avevo voluto con me; prima che io gli dessi un ordine, lui
quella cosa l'aveva già fatta.
Quanto arrivai sul luogo dell'incidente Giulia era già sull'ambulanza
coperta da un lenzuolo, tra il marciapiede e la strada una sagoma di gesso
aveva fissato il punto in cui era stata ritrovata, alcuni agenti scattavano
le foto dello scenario, alcuni curiosi si disperdevano in varie direzioni,
sotto un cielo bianco per le nuvole basse di scirocco che stava per piangere
e lasciare la sua patina sabbiosa su tutto e regalando un risveglio con
paesaggio lunare a tutta la città.
- Ciao Marco-
- Ciao Vito, è dai tempi del liceo che non ci vedevamo a quest'ora - dico
al mio vecchio amico che di fronte agli altri mi tocca chiamare
rispettosamente dottore, ma adesso siamo soli - quando mi fai avere i dati
dell'autopsia? -
- Domani mattina li avrai, ma non troveremo grosse sorprese, so già com'è
morta poverina, presa in pieno e poi trascinata per qualche centinaio di
metri, i tuoi agenti hanno trovato una scarpa e brandelli del suo vestito
lì verso il semaforo- e indicò l'incrocio vicino, che si vedeva ora più
nitido ora più scuro sotto una luce arancione intermittente. -Non c'è
alcun segno di frenata.
- Allora il caso sembra risolto, anche la macchina è stata trovata, basta
trovare chi era alla guida. A domani, Vito.
L'ammaccatura era proprio al centro della vettura, il
cofano abbozzato proprio nel mezzo, il parabrezza spaccato. Abbandonata sul
ciglio della strada nei pressi di un incrocio, l'automobile, aveva
incuriosito gli agenti di una volante; l'avevano trovata aperta e con le
chiavi inserite nel cruscotto. Appena appresa la notizia di una ragazza
investita, avevano tratto le giuste conclusioni.
Non c'era voluto molto a rintracciare il proprietario. Abitava a pochi metri
dal luogo in cui la macchina era stata abbandonata.
Fozzi suonò il campanello, rispose dopo circa un minuto una voce assonnata
- Chi è?
- Polizia.- Si sentì lo schiocco che indicava che qualcuno ci aveva aperto
la porta.
Era un giovane, aveva qualche anno in meno di me, i
segni del cuscino sulla faccia. Due melanzane al posto degli occhi assediati
da sopraciglia forti.
- E' successo qualcosa a mio padre?- Sembrava davvero preoccupato.
- Non proprio. E' lei Carlo D.?- dissi, mentre lui cambiava espressione.
Sembrava sollevato dalla mia risposta.
- Sì, sono io.
- E' sua la vettura targata AB***PO?
- Sì, certo che è mia, perché, l'avete trovata? E ancora una volta
sembrava sincero, tranquillizzato dalla nostra presenza, come se noi fossimo
lì per proteggerlo e non per dirgli che era sospettato di aver messo sotto
qualcuno.
- Perché, era convinto che gliel'avessero rubata? A noi non risulta sia
stata sporta nessuna denuncia. - Risposi bruscamente, sentendo che l'odio
nei suoi confronti montava. Aveva ucciso una ragazza e faceva finta di
niente? Stavo andando in bestia.
- Infatti non c'è nessuna denuncia, è solo che mi è successa una cosa
strana…sarei andato domani mattina a denunciare il furto, se non si fosse
fatto vivo.
- E perché mi sarei dovuto fare vivo? Ormai ero sul punto di attaccarlo al
muro, ero sicuro di trovarmi di fronte ad un pazzo o quantomeno in presenza
di una persona con forti crepe nella personalità, probabilmente scissa.
- Ma io non mi riferivo a lei, commissario. Mi riferivo ad un tizio che ha
comprato la mia macchina.
- Si vesta, chiami un avvocato se ne ha uno e gli dica che sta venendo con
noi in commissariato. Qualcuno alla guida della sua macchina ha ucciso una
ragazza. - Dissi utilizzando una formula che lasciava trasparire la
possibilità che lui fosse del tutto innocente; in realtà ero assolutamente
convinto del contrario.
Lo vidi senza fretta andare in camera sua a vestirsi, seguito da D'Angelo
che l'aveva pregato di lasciare la porta aperta.
Sulla macchina la scientifica aveva trovato un
brandello del vestito di Giulia, in attesa di ricevere notizie sul sangue
aggrumato sul paraurti, eravamo pressoché certi che fosse quello l'ultimo
ostacolo che si era piazzato, insormontabile, di fronte alla giovane vita
della ragazza.
Mai come in quell'occasione, da quando ero alla mobile, un caso mi sembrava
tanto limpido e semplice, ero convinto in capo a due ore di ottenere la
confessione del giovane.
Portarono il ragazzo nel mio ufficio, con sé il suo avvocato, che entrando
mi sorrise e a passi lungi venne a stringermi la mano.
- Marco, come stai?- il suo saluto.
- Certo che senza capelli sei irriconoscibile - Risposi, accorgendomi che
chi avevo di fronte era il collega col quale avevo preparato metà degli
esami all'università. - Ma quando sei tornato? Ti potevi anche fare vivo.
- Sono qui in vacanza, sono arrivato da pochi giorni, ma se il fratello di
mia moglie è accusato di aver ucciso qualcuno, le vacanze possono anche
aspettare.
Gli misi una mano sulla spalla, volevo che capisse che mi dispiaceva.
- Iniziamo - dissi.
- Avevo deciso di vendere la macchina, a Sheffield
non mi sarebbe servita. Devo tornare in Inghilterra, a lavorare, per tre
anni, me la sarei comprata lì una macchina. Era ferma da quasi sei mesi,
così ho deciso che appena tornato l'avrei messa in vendita….Sì anche io
sono in ferie, ne abbiamo approfittato io e mia sorella per stare insieme un
po' di tempo.
Ho messo un annuncio sul giornale di inserzioni, se controllate….Allora
questo pomeriggio è venuto a casa un giovane, …non mi ricordo il nome,
dicendo che voleva comprare la macchina. Un tipo sulla trentina, capelli
castani, chiari, lisci, più o meno alto come me. Anche gli occhi mi sembra
fossero castani, non lo avevo mai visto, credo, non ricordo altro.
Ha fatto un giro di prova, con me a fianco, poi entusiasta per la macchina e
per il prezzo ha detto che l'avrebbe comperata. Mi ha però chiesto un
favore…..Se avessi potuto lasciargli la macchina per andare a farla vedere
alla sua ragazza, poi sarebbe tornato. Per dimostrami la sua buona fede mi
ha messo in mano, in contanti, l'intero prezzo dell' auto. I soldi sono nel
cassetto della mia scrivania..se volete controllare. E io mi sono fidato.
Solo dopo qualche ora ho iniziato a preoccuparmi, non tanto per la macchina
quanto per il fatto che quello non fosse più tornato. In ogni caso la
macchina era ancora mia, non avrei voluto passare qualche guaio per colpa di
un altro…-
Ancora una volta sembrava sincero. Forse la presenza di suo cognato e gli
occhi tremolanti avevano di colpo cancellato l'antipatia che avevo nei suoi
confronti. Il mio odio era diventato comprensione, per la sua ingenuità,
per la sua buona fede, per essersi fidato di uno sconosciuto, o forse si era
solo fatto abbagliare da un mazzo di banconote fruscianti che avevano un
valore superiore a quello della vettura. Forse era la compiacenza di avere
fatto un buon affare ad averlo fottuto.
- Io, commissario non ho fatto niente….- E ancora una volta gli occhi
supplicanti sembravano sinceri. Parlava con lo sguardo, Carlo D., ma uno
sguardo non si può mettere a verbale né costituire una prova.
Entrò D'Angelo - Commissario ecco il primo rapporto della scientifica.
- Uhm, niente impronte digitali sul volante, sul cambio e sugli sportelli…C'è
la conferma che il sangue sulla macchina appartiene a Giulia T.
- Come?- Mi interruppe l'avvocato. - Come si chiamava la ragazza?
- Giulia T. - Risposi, non riuscendo a capire l'agitazione che aveva colto
il mio vecchio compagno di studi.
- Chiedo, di sospendere l'atto e di poter conferire con il mio cliente - Il
mio amico, cambiati, improvvisamente, espressione e atteggiamento prese
sottobraccio il giovane
- Le cose si complicano Marco, Giulia sino a sei mesi fa era la fidanzata di
Carlo. Noi avevamo dato per scontato che non si conoscessero…Ci eravamo
dimenticati entrambi che esisteva anche una vittima e che questa aveva un
nome.
-Parla pure con lui, avrà bisogno del tuo aiuto per
salvarsi .- Gli diedi ancora una volta una pacca sulla spalla, come quando
l'avevo incontrato e come avevo fatto con Vito, il medico legale. Erano dei
gesti che mi accompagnavano da sempre e me ne rendevo conto solo allora, in
quella notte di penoso "amarcord".
Mi chiamò il Dott. Casoni il sostituto che seguiva
il caso, mi confermò che aveva chiesto al giudice per le indagini
preliminari di convalidare il fermo per Carlo D.
Era convinto che si trattasse di omicidio premeditato, e non, come era
sembrato all'inizio, di omicidio colposo.
Il fatto che la vittima fosse la ex fidanzata era un elemento inequivocabile
della premeditazione e del tentativo successivo di scaricare la propria
colpa su un ipotetico acquirente della vettura.
La tesi del magistrato era logicamente perfetta, però stavolta l'intuito mi
suggeriva che era l'altra la pista da battere.
Chi indaga deve seguire tutte le strade e vedere dove portano, deve sfondare
porte blindate e non lasciarsi sedurre da usci socchiusi che lasciano
intravedere vie meno tortuose e aspre, a volte addirittura concentriche,
senza che vi sia nemmeno la più sottile crepa tra i cerchi, in cui
incunearsi.
E' per questo che ho scelto questa vita che mi costringe a scontrarmi ogni
giorno col dolore degli altri promettendo loro che il colpevole sarà
trovato. Ma non un colpevole qualsiasi sul quale far ricadere la colpa, come
se il nostro compito fosse quello dei vendicatori che si affannano per
giungere ad un finale consolatorio e rassicurante, ma trovare il colpevole,
se è possibile, senza che altri, per superficialità di chi deve scoprire
la verità, paghino per lui.
Persone a me care hanno sputato sangue perché la mera apparenza era stata
scambiata per verità; la stessa verità che io ho giurato di difendere, se
possibile. Anche se poi è stato il caso a volere che io diventassi uno
sbirro. A volte penso anche quanto sia ridicolo uno sbirro idealista;
sentendomi imbrigliato nell'immagine che gli altri hanno della nostra
professione per come la hanno percepita leggendo libri gialli. Ma a volte è
la certezza di essere uno stereotipo vivente, in tutto e per tutto uguale ai
miei eroi di carta, che non mi da pace. Ma questa è un'altra storia.
Avevo fatto il concorso quasi per gioco, in realtà ero andato per
accompagnare un amico. Volevo provare la sensazione di fare una selezione.
Metà delle risposte l'ho data a caso, non avevo studiato per niente le
norme sulla pubblica sicurezza, e invece mi sono ritrovato tra quell'esigua
minoranza di eletti che avevano passato la preselezione. Se poi non fosse
capitato quello che è successo a mio padre non avrei continuato quel gioco;
se non avessi avuto bisogno di un lavoro non avrei mai abbandonato il
tirocinio da un avvocato. Ma un investigatore che non sapeva fare il suo
mestiere aveva praticamente fatto fuori il mio vecchio, sbagliando tutta
l'indagine. Dopo la sentenza di assoluzione resistette un mese, gli avevano
aperto la pancia già tre volte, non riuscivano a trovargli l'ulcera che me
l'ha portato via.
Avevo un sacco di cose da dirgli, e non ho fatto a tempo. Non credevo ci
fosse quella fretta di dimostrargli quello che provavo davvero per lui.
Ero seduto nel mio ufficio in attesa di risentire Carlo D. quello che a
prima vista avevo creduto un pazzo, ma che adesso, sebbene tutto fosse
contro di lui, credevo sincero. Speravo di non sbagliarmi.
Me lo trovavo di nuovo di fronte, sembrava distrutto,
la sua rigida compostezza della notte precedente era scomparsa, sostituita
da un fare sgualcito, più della sua camicia.
- Vuole parlarci dei suoi rapporti con Giulia?- Gli dissi dolcemente, per
tranquillizzarlo.
- Si, certo….Sino a sei mesi fa era la mia ragazza, poi abbiamo deciso di
farla finita. Io dovevo partire per i primi sei mesi in Inghilterra e
avevamo deciso di lasciarci. Lei non voleva abbandonare l'università, non
aveva voglia di trasferirsi da me…io nessuna voglia di restare qui a fare
il disoccupato. Di una storia a distanza non voleva sentirne….Sì, ci
siamo visti la settimana scorsa, i rapporti erano rimasti buoni, anzi io
pensavo di amarla ancora, sino a ieri…Avevamo cenato in un ristorante nei
pressi del porto, poi l'ho riaccompagnata a casa. L'amavo, non l'avrei mai
uccisa, mai- Era scoppiato a piangere, subito confortato da suo cognato. Mi
si rivolse con occhi che chiedevano di nuovo comprensione, mentre veniva
riaccompagnato.
- Marco, è innocente, non può aver commesso una cosa così, lo conosco
bene.- Anche il suo avvocato cercava la mia comprensione, oppure era il mio
amico a cercarne…
- Forò di tutto per scoprire la verità- Risposi, convinto di non essere
stato per niente rassicurante.
Ripresi in mano il rapporto della scientifica, Fozzi
era con me che fumava una sigaretta dopo l'altra mentre rileggeva i verbali
dell'interrogatorio di Carlo D.
Avevo lasciato da parte la perizia necroscopica, mi era bastato telefonare a
Vito che mi aveva descritto la dinamica dell'incidente.
"…Nessuna impronta digitale sul volante e sul cambio, nessun segno
sulle maniglie delle portiere. In tutto il resto della macchina sono
presenti impronte del D. Vari capelli dello stesso D. Un capello biondo
presumibilmente maschile, vista la lunghezza. Potrebbe in teoria essere un
capello dell'ipotetico acquirente della vettura, secondo la versione del D…."
Interruppi la lettura.
- Fozzi, tu che cosa ne pensi di questa storia?
- Commissario che vuole che le dica? E' certo che in ogni caso la storia è
balorda, davvero. Non abbiamo un'impronta. Se è stato lui a cancellare le
ditate o se è stato quello che avrebbe preso la macchina non lo sapremo
mai, a meno che qualcuno non confessi. Il problema è che abbiamo una
vittima, "l'arma" che l'ha uccisa, un movente possibile per
l'omicidio. Potrebbe esserci qualcun altro, si ma chi ? E soprattutto è un
caso che un ipotetico cliente vada proprio ad uccidere la ex ragazza di chi
gli ha venduto la macchina? Allora ci sarebbe un altro che ha premeditato un
omicidio volendo fare ricadere le colpe sull'ex fidanzato. Non potendo
decidere sulla sorte degli altri facendo testa o croce….
- Bisogna spremere i pochi neuroni rimastici, Fozzi.- finii io la frase. -
Però almeno due ore di riposo ci servono, è da un giorno che non dormiamo.
Tornai a casa, Laura mi corse incontro, mangiai un boccone, poi restammo
abbracciati tutta la notte.
Decisi che era arrivato il momento di conoscere la
vittima, seppur attraverso i racconti degli altri.
Fu penoso ascoltare i suoi genitori. Era stata il loro orgoglio, una ragazza
perfetta, mai un problema. Non potevano credere che fosse Carlo l'assassino,
-Noi che gli abbiamo voluto bene come un figlio- dicevano. Parlammo anche
con alcuni amici di Giulia, nessuno di loro ci fu utile, non diceva mai
niente di sé era riservata e timida, questo il ritratto di chi la
conosceva.
Paola N. era stata l'ultima a vederla prima dell'incidente.
- Mi aveva accompagnato a casa, eravamo state a cena. Da quando era di nuovo
libera frequentava solo me e poche altre, non credo vedesse dei ragazzi. Poi
deve aver trovato parcheggio vicino a casa e mentre attraversava è stata
investita…lei parcheggiava sempre sul lato opposto rispetto a dove
abitava, perché lì non ci sono i parcheggi a pagamento…._
In effetti il racconto di Paola coincideva con quella che era stata la
realtà, acefala di un solo imprescindibile elemento. Chi guidava quella
macchina?
Anche il Professor Giudacci non ci fu affatto utile, dipinse una studentessa
modello, una perfetta ricercatrice, che mai aveva avuto problemi né con gli
studenti né con i colleghi….Era un po' severa agli esami, di sicuro
qualche studente lo aveva fatto arrabbiare, ma non era mai successo niente
che non fosse "ordinaria amministrazione" , aveva concluso.
Ero di nuovo in alto mare, il Dott. Casoni ormai totalmente convinto della
colpevolezza di D. Mi aveva pregato di non affannarmi alla ricerca di chi sa
chi, perché ormai l'indagine aveva "trovato le sue coordinate".
Il pomeriggio l'avevo passato a rileggere i rapporti e i verbali delle
dichiarazioni, senza riuscire a trovare nessuna idea. Decisi di tornare a
casa, Laura sarebbe stata felice.
Appena mi trovai di fronte all'uscio infilai la chiave, girava a vuoto, la
porta non si voleva aprire e poi, la folgorazione; stringevo in mano la mia
soluzione, ce l'avevo in pugno. Suonai e Laura mi aprì, entrai e telefonai
a Fozzi.
-Finalmente abbiamo la confessione Dott. Casoni-
Telefonai con un certo sollievo.
- Bene, sto arrivando- Come al solito era essenziale nelle risposte, e devo
dire che questa sua parsimonia nell'uso delle parole non mi disturbava
affatto.
- Sì, l'ho uccisa io,- cominciò - Era tutto
perfetto, avevo pianificato tutto, sin dal ristorante, l'avevo rivista dopo
tanto tempo e avevo deciso che l'avrei fatta fuori. Lei commissario l'ha mai
sentito il rumore che fa un corpo quando sbatte su una macchina in corsa,
lanciata a tutta velocità? E' un tonfo sordo, all'inizio, poi sei il corpo
sbatte anche sul parabrezza sembra di sentire dei calici che picchiano tra
di loro. Anzi, è un rumore indescrivibile, solo chi lo ha provato può
saperlo. Io avevo bisogno di sentire di nuovo quel rumore. E poi la
sensazione di potenza, tu che puoi decidere il destino di un'altra persona,
come lei faceva agli esami…Io l'ho vista la faccia che lei faceva quando
ti sbatteva fuori agli esami, io l'ho vista la sua espressione quando per la
terza volta mi ha detto "mi dispiace torni alla prossima
sessione."
Quando l'ho scorta al ristorante dopo tanto tempo, il cervello ha iniziato a
frullare, mi sono messo in un tavolo vicino, ho sentito tutto quello che si
dicevano. Ho sentito tutto. Lui le raccontava del suo viaggio a Sheffield,
del fatto di voler vendere la macchina, del modello e del colore…Non ce ne
sono molte di quelle auto, l'avrei trovato subito leggendo le inserzioni.
A quel punto il piano era già fatto, era già tutto nella mia mente.
Ne avrei messo sotto un'altra e….e anche stavolta l'avrei fatta franca.
Avrei provato la duplice sensazione di uccidere e vendicarmi, di lei che mi
aveva fatto dannare con quell'esame all'università. Quella che ho ucciso
due anni fa, non l'ho uccisa apposta, ero ubriaco e stavo correndo come un
pazzo in centro. Ma anche se non era una cosa voluta, io non mi sono mai
sentito tanto bene come quella volta. Mio padre ha fatto di tutto, per
evitarmi il processo, me la sono cavata grazie ad un bravo avvocato e ad un
giudice non molto severo, che conoscendomi sin da bambino si era persuaso
che si fosse trattato di uno sciagurato incidente. Ero consapevole che mi
era andata bene una volta. Ma io dovevo sentire di nuovo quel tonfo sulla
carrozzeria. Ne avevo assolutamente bisogno e così è stato: avevo la
necessità di sentirmi vivo, la cocaina e i soldi non mi bastano più, non
mi bastano più…..-
Continuò per qualche minuto l'interrogatorio di
Agostino C.
Mi rivolse uno sguardo quando lo portavano via. Volle
stringermi la mano, poi sussurrò - Ma come avete fatto a trovarmi?
- La chiave- risposi. - Ti sei dimenticato di ripulire la punta della chiave
che hai lasciato attaccata al cruscotto. Anche quelli della scientifica se
ne erano scordati, per la verità….Poi il confronto delle impronte ci ha
portato a te, e visto il precedente non è stato difficile fare i
collegamenti….Quel poveretto che stava per pagare per te deve ringraziare
che ieri mia moglie ha lasciato le sue chiavi all'interno della porta….
Mi guardò sorridendo, orgoglioso, era riuscito a concepire un omicidio
quasi perfetto. Guardai il giovane rampollo che si allontanava, seguito da
suo padre e da una legione di avvocati, mi augurai che non la passasse
liscia, o che almeno avesse imparato qualcosa.
Adesso il gioco sarebbe passato in mano ai giudici: il mio era finito.
L'indomani avrei avuto un altro giorno di riposo, rincasando tremai all'idea
che Laura mi chiedesse di andare al mare fuori città. Ma appena la vidi
cambiai idea. |