Emanuele
Cheloni
ho 22 anni, sono nato e vivo a Roma. Mi
sono diplomato al liceo scientifico con 97/100, ho frequentato per un anno
la facoltà di psicologia ed ora, ritiratomi da psicologia, studio
filosofia. Frequento fin dall'adolescenza i centri sociali autonomi e
autogestiti e le occupazioni della mia città, nelle quali partecipo in
prima persona alle attività che, di volta in volta, si svolgono. Per il
resto la mia vita è un continuo entrare ed uscire dalle cliniche
ospedaliere. Ho fatto 12 operazioni molto delicate alle orecchie, sia a
Bordeaux, che qui a Roma ed a Treviso. In seguito alle quali ho perso
completamente l'udito, ho portato vari apparecchi acustici, ed ora ho
fatto un'operazione molto all'avanguardia per mettere una protesi acustica
sull'osso (ossointegration) poiché non sento più per via aerea. Passo
tantissimo tempo nel più totale dei silenzi: le convalescenze delle
operazione sono piuttosto lunghe, quella di ora, per esempio, è di tre
mesi e mezzo. Fin da piccolo, anche a causa del mio handicap, ho
sviluppato un interesse molto appassionato con tutta la letteratura in
generale, passando la maggior parte del mio tempo, soprattutto durante le
convalescenze, per la condizione in cui mi trovo, a leggere. Poi, in tempi
più recenti, ho iniziato anche a scrivere. Scrivo per necessità, per
combattere il senso imperante di alienazione che provo a volte davanti al
silenzio, scrivo per la necessità che ho di esprimere, in qualche modo,
le cose che vivo e che provo, in cui credo o che immagino, scrivo perché
finché non lo faccio sono tormentato dal non scriverle. |
UNDERGROUND
Nella stanza squilla il cellulare, ma non risponde
perché dorme. Fa almeno sei squilli, poi termina di suonare, ed il monitor
si spegne, lasciando scritte le parole Chiam.1. Nella stanza filtra poca
luce. Sono le tre del pomeriggio. Mezz'ora dopo chi dormiva si alza dal
letto. E' un ragazzo di vent'anni circa, e dimostra sicuramente qualcuno in
più, rispetto a molti suoi coetanei. Si passa una mano tra i capelli,
ancora mezzo addormentato, sono pettinati come la sera prima, con una mezza
cresta davanti e dietro la testa, solo che ora sono molto storte. Sbadiglia.
Si guarda intorno, e decide di far entrare un po' di luce. Si avvicina alle
finestre e guarda fuori, nel piccolo giardino della sua casa. La luce inizia
ad entrare nella stanza, prendono vita e colore i poster, i biglietti dei
concerti, gli autografi, i ritagli di giornali, i mobili, ecc., che prima
non si vedevano. Esce dalla sua stanza per andare in bagno, e come tutte le
persone appena svegliate, fa quello che deve fare. Non si guarda allo
specchio; scende al piano di sotto e va in cucina. I suoi non ci sono, sono
fuori per il week-end.
"Meglio." Pensa.
Si fa del caffè, aspetta un po' stufo davanti alla moka che esca, pensando
che è ora di cambiarla. Ci mette del latte per raffreddarlo, non perché
gli piaccia. Prende la tazzina e se la porta su in camera, dove torna.
Accende lo stereo. Anche una sigaretta. Si sente ancora un po' assonnato e
con un leggero mal di testa, a causa del da bere della sera prima e dell'ora
in cui era tornato a casa per dormire. Ha la bocca un po' impastata. Sa che
se si rimette a letto ora, dormirà un altro po' e poi non concluderà
niente nella giornata. Opta per rimanere alzato e fare qualcosa. Studiare
non deve, gli esami all'università sono lontani e deve ancora decidere
quali dare.
"Allora lo studio no" -pensa- "tra l'altro è anche sabato,
oggi."
Lo stereo è sintonizzato su una radio che trasmette rock ed un notiziario
ogni ora. E' di sottofondo, ma presente. Poi guarda il suo cellulare mezzo
scarico, e legge sul monitor la chiamata. Prende il telefono di casa e
compone il numero di chi lo aveva cercato.
"Buonasera, sono Raffaele, potrei parlare con Matteo, per favore?"
"Si, un attimo." Dice la voce della madre del suo amico dall'altra
parte della cornetta.
"Pronto?" la voce di Matteo non è molto chiara, un po' afona,
probabilmente anche lui si sarà svegliato non molto prima di telefonare.
"Ciao Krestino, sono Raffaele…"
"Ah! Ciao…"
"Buon giorno! Io mi sono svegliato da poco…"
"Anch'io… senti ti volevo chiedere cosa facevi stasera, c'è un
torretta's stile al Villaggio, per il resto non c'è niente…"
"Non fanno proprio nient'altro stasera?"
"No, purtroppo… stavo pensando di andarci…"
"Se non c'è nient'altro per me va bene… ci vediamo da te dopo cena,
verso le dieci, no?"
"Ok, Simone lo chiamo io…"
"Va bene, io sento il Bove e gli dico che ci vediamo da te…"
"Il Castoro ci aspetta là…"
"Va bene, allora a stasera…"
"Si, ciao!"
"Ciao…"
Mette giù la cornetta, contento di aver sentito l'amico. Pensa che il
torretta è un po' una palla, però il Villaggio come centro sociale è
grande e ci sarà sicuramente un bel po' di gente, questo è sicuro, e se
poi non c'è nient'altro… meglio che starsene al pub e basta…
Si sdraia sul letto e ci rimane per un po', ascoltando uno dei cd musicali
del suo gruppo preferito. Dopo prende la tazzina del caffè, va in cucina ed
inizia a mettere i piatti sporchi nella lavastoviglie. Accende la
televisione e cerca un telegiornale per sentire un po' di notizie. Trova
l'edizione pomeridiana di quello nazionale, è appena iniziato. Si mette il
grembiule da cucina, ed inizia a prepararsi da mangiare, anche se non ha
molta fame. Si cucina della pasta con la panna e pancetta. Rimane lì in
cucina mentre le pentole sono sul fuoco, e quando è pronto il cibo comincia
a mangiare.
Sono quasi le 16.
Nella casa c'è una calma piatta, e sembra di udire il silenzio statico che
permea tutti gli oggetti.
Finisce di mangiare, sparecchia e infila anche quei piatti nella
lavastoviglie; poi schiaccia il tasto "lavaggio energico". Torna
nella sua camera e si rolla una canna. Accende lo stereo e la canna, in un
rituale quasi religioso. "Quella che uno si fuma dopo mangiato, è una
delle migliori della giornata…" si dice tra sé e sé, e contempla la
canna, rollata con maestria. La radio suona ed espande musica ovunque,
riempiendo il silenzio regnante nella casa. Si massaggia il viso, e sente
grattarsi i palmi delle mani, tanto è incolta la barba.
Decide che è meglio farsi una doccia, e dopo, eventualmente, se ne avrà
voglia, la barba.
Va sotto la doccia e si rilassa al getto d'acqua per una buona mezz'ora.
Quando esce si sente decisamente meglio. Decide di farsi anche la barba; è
di buon umore. Se la taglia, però, non con la lametta, ma con il rasoio
elettrico, visto che odia la schiuma e non gli importa di una rasatura a
fondo. Decide di lasciarsi il pizzo.
"Okay!" si guarda allo specchio soddisfatto. Si sciacqua più
volte il viso con l'acqua fredda e poi si passa il dopobarba.
E' pulito e rilassato. Si stende sul letto, prende il libro che sta
leggendo, spegne la radio, e si concentra sulla lettura. Gli piace molto
leggere, è una passione che ha sempre avuto fin da piccolo. Nel giro di
cinque minuti è immerso nella lettura, dopo un'ora circa si addormenta
inconsapevolmente.
Sono quasi le 18.
E' strano a dirsi, ma passa molto tempo in casa, a leggere, studiare ed
ascoltare la musica, e, ovviamente a suonare il suo basso elettrico. E'
molto casalingo a causa delle sue passioni e delle cose che gli piace fare,
ma a vederlo non si direbbe. Allo stesso tempo è anche molto girovago,
adora molto viaggiare, e gran parte, quasi la metà dei mesi dell'anno, li
passa a rincorrere le sue storie e la sua vita, dove lo portano. Sempre
pronto a partire, ad andare. Le due cose in lui, lo stare a casa ed il
vagabondare senza casa, trovano un equilibrio, anche se gli costa molta
fatica ed energia. Un cercatore con una base da dove partire ed,
eventualmente, dove tornare.
Dorme placidamente,e ora sembra quasi un fanciullo. Il suo volto è disteso,
calmo, non è velato da quelle preoccupazioni che lo assillano normalmente
da sveglio. Forse starà sognando… ciò che desidera… come tutti, la
felicità soggettiva, che non si riesce mai a far durare o afferrare a lungo…
Ma il sonno non può durare in eterno…
Verso le 19 si sveglia, molto riposato e rilassato. Guarda l'ora sulla
sveglia del suo comodino e dice
"Cazzo! Le sette…". Si alza in fretta e si comincia a vestire,
con i vestiti di ieri, ma anche dell'altro ieri e un po' di giorni
precedenti. I vestiti sono un bel po' sgualciti, ma non se ne cura, li
indossa velocemente, calza le scarpe ed esce da casa. La sua auto è
parcheggiata lì davanti; la mattina, quando era tornato, non aveva la forza
di metterla nel box. L'auto è molto sporca, impolverata, dentro e fuori.
Mette in moto e parte. Va all'occupazione ad acquistare un po' di hashish,
prima dell'ora di cena, perché anche gli spacciatori mangiano. Ne acquista
un po', nel limite delle sue esigue finanze, e spera che gli basti per tutta
la serata, anche se, ovviamente, sa che non sarà così. Torna a casa e
ormai è l'ora di cena. Lancia il pacchettino di hashish sulla sua
scrivania, e va in cucina. Non ha fame, però mangia qualcosa ugualmente, un
po' di formaggio e un po' di frutta. Si siede davanti alla tele, ma annoiato
si alza subito. Non riesce a stare fermo.
Biip.
Un sms.
PASSA PRIMA DELLE 22, KE C ASPETTA C. AL VIL. PRIMA.
KR
Risponde.
OK PASSO PRIMA. S K
Glia amici lo chiamano anche Special K, per varie
ragioni, ma principalmente perché, tra di loro, hanno quasi tutti un
soprannome che alternano al nome di battesimo. Forse per la ragione di
sentirsi appartenere a qualcosa comune, a una situazione, a un gruppo e
contesto ben definito; a essere, in quel momento, inequivocabilmente e senza
ombra di dubbio "quelli". O forse no, solo per il caso o chissà
quale blando motivo.
Guarda l'ora sull'orologio della libreria, e vede che manca un po' alle
nove.
"Sono le venti e quarantatre," pensa sorridendo e prendendosi in
giro da solo, perché odia quando gli dicono l'ora con la precisione di un
orologio svizzero, odia gli orologi in generale, in particolare quelli
digitali, che hanno quella precisione ridicola che non lascia spazio a
niente, che vogliono invano controllare il tempo misurandolo; considera
questo una stupida invenzione caratteristica dell'uomo.
Va nel bagno, quello vicino alla cucina, e vede che qualcuno, sicuramente
suo fratello, poiché i suoi non ci sono, non ha tirato la sciacquone dopo
aver fatto i propri bisogni.
"Che schifo!" grida a voce alta, che rimbomba nel bagno. E' una
delle cose che odia di più. E' incazzato e vorrebbe prendere a calci
qualcosa. Va nel soggiorno e prende un foglio, che va a mettere sopra il
water chiuso, dopo aver tirato lo sciacquone; e scrive:
FAI SCHIFO!!!!
NON E' LA PRIMA VOLTA CHE SUCCEDE,… MAIALE…, LA TUA MERDA NON VOGLIO +
VEDERLA. LA PROX VOLTA TE LA METTO NEL PIATTO
CI ABITO ANCH'IO QUI…
UN PO' DI RISPETTO, CAZZO!!!
VAFFANCULO
R
Guarda abbastanza divertito quello che ha scritto; ora si sente più calmo,
ci ripensa e ci ride sopra.
Visto che si trova nel bagno, ne approfitta per lavarsi i denti.
Sono ancora le nove e qualche minuto.
Non gli va di rimanere ancora a casa, sale su, prende il pacchettino
prezioso, le cartine, ed esce in auto. Va al bar vicino casa. Entra. Fuori
ci sono i soliti perditempo di tutte le età. Si chiede di cosa vivono,
visto che li vede sempre seduti tutti lì a qualsiasi ora. Prende una birra
e va alla cassa, dove c'è la padrona che dimostra un'aria molto scocciata,
forse per il suo look con la cresta, o forse perché le gira male e basta o
perché è così di carattere. Special K si sbatte altamente di tutto ciò
che gli sembra stupido, come in questo caso. Paga ed esce. Fuori non guarda
nemmeno le persone, che ormai potrebbero far parte dello sfondo locale, a
pieno titolo. Va in macchina in un posto tranquillo, e parcheggia davanti ad
un parco dove non c'è nessuno. Accende l'autoradio e beve la birra,
guardando e pensando precisamente a nulla; davanti ha il parco vuoto ed
illuminato; il suo sguardo, a volte, si posa sulla luce dei lampioni, o
sulla fontanella dalla quale scorre acqua; dietro ci sono la strada ed
alcuni palazzi. Periferia standard di Roma. Ma nella calma e rispettabilità
del posto, basta girarci un attimo e si vede un po' di degrado urbano e
umano: un divano vecchio e abbandonato in un parcheggio; un lavandino rotto
nascosto nell'erba; alcuni parchi non curati, con l'erba alta e grigia;
qualche siringa sotto un ponte; degli extracomunitari che girano bevendo e
dormendo nel parco, ma anche "comunitari", cioè italiani ridotti
ugualmente male. La città è anche questo. Ingloba tutto, anche i propri
rifiuti.
Special K si gusta il sapore amarognolo della birra, fumando un paio di
sigarette; quando finisce di bere, scende dall'auto e va a gettare la
bottiglia in un cestino.
"Alla faccia di tutti i maleducati senza rispetto degli altri e delle
cose…" lo pensa e vorrebbe scriverlo sul cestino. Sorride all'idea.
Poi risale in macchina e si avvia verso casa del suo amico.
La strada che sta percorrendo non è molto illuminata e lui è intontito dal
hashish; guida con un po' più di prudenza e ad una velocità più moderata
del suo solito. Con le ruote della sua auto italiana costeggia una pineta,
percorre una strada lunga, stretta e con molte radici che fuoriescono in
superficie; è una strada piuttosto brutta e non illuminata. Guida in queste
condizioni per quindici minuti buoni, ma non se ne preoccupa tanto, è
abituato a ben peggio… Poi il buio finisce e la strada cambia, si allarga
improvvisamente dopo una curva, diventa ben asfaltata, mancano perfino le
radici degli alberi! Ma dopo pochi metri, è già arrivato a casa del suo
amico.
Parcheggia davanti al cancello e scende e richiude l'auto e suona il
campanello e risponde al citofono:
"Sono Raffaele…"
"Bene, entra, siamo dentro…" dice la voce di Matteo dall'altra
parte del citofono.
Entra nel giardino della casa e subito intorno a lui ci sono almeno tre cani
affettuosi che gli fanno festa, senza dimostrare il minimo di aggressività.
C'è però Matteo sul portone aperto, poco distante.
Entra dentro e ci sono già Simone ed il Bove, che stanno bevendo. Ci sono
svariate birre sul tavolo della sala, molte delle quali sono vuote. Gliene
allungano una piena. Beve un lungo ed assetato sorso. La musica non è di
sottofondo ma neanche altissima, o meglio, a loro non dà fastidio.
Parlano. Parlano fra di loro, tra un sorso di birra e note musicali. Stanno
un po' là. Decidono poi che è ora di muoversi. Si muovono ognuno con i
propri modi e tempi, nella loro soggettività individuale, risultando molto
evidenti le loro diversità. Non sono, però, in contrasto, ma appaiono
parte di un insieme più grande, caratterizzandolo e dandogli la forma.
Sono fuori ed salgono in macchina. Mettono la radio a palla. Si fermano per
comprare due bottiglie di vino e le sigarette; poi arrivano a Testaccio al
"Villaggio Globale". Parcheggiano nei pressi.
La strada che percorrono a piedi per arrivare al centro sociale è buia e
costeggia il Tevere. Nel cielo ci sono stelle e luna. Quando arrivano
all'entrata non ci sono tante persone, ma arriveranno da lì ad un'ora.
Entrare costa cinque euro. Loro non li hanno e cominciano a scollettare.
C'è un punk che dà loro almeno tre euro, ma solo poche persone danno
qualcosa. Non hanno molto, hanno raccolto due euro a testa. Provano a
chiedere se li fanno entrare. La risposta è no. Continuano a scollettare.
Richiedono. Si incazzano un poco perché è un centro "sociale" e
non un locale, ma vengono di nuovo respinti. Si mettono vicino all'entrata
rompendo a tutti quelli che entrano, chiedendogli i soldi. Nel frattempo si
scolano tutto il vino. Quelli del centro li osservano.
Special K si trova di spalle all'entrata. Fa un passo indietro per far
passare una ragazza. Un tizio del Villaggio gli dice che non può entrare se
non paga.
"Ma che cazzo vuoi testa di cazzo??! mica stavo entrando, stavo facendo
passare una persona! sei un discriminatore di merda!!!" grida.
Il tizio lo guarda male ma non dice niente.
Altri punk dicono rivolti al tizio
"Il Villaggio ha la security di merda!!"
La cosa finisce lì, il tizio, che era probabilmente albanese, non replica.
Fanno un nuovo tentativo. Stavolta li lasciano entrare. Hanno rimediato tre
euro per uno. E' una questione di soldi. Eppure qualche anno prima non era
così…
Sono dentro e c'è parecchia confusione. Musica ad alto volume. Fa caldo.
Vanno nel grandissimo piazzale all'aperto, dove è stato montato il palco,
sul quale due dj stanno suonando. Ci sono persone che ballano. Altre stanno
sedute per terra, in giro per le birrerie, bancarelle di libri e di cylum,…
Incontrano diversi loro amici. Si fermano a parlare, si disperdono, stanno
un po' da soli se ne hanno il bisogno, vanno in giro in piccoli gruppetti di
due o tre, si riuniscono agli altri. Decidono che è il caso di prendere
qualche droga pesante. Special K e Simone optano per le pasticche, il
Krestino per la ketamina. Vanno in giro a cercarle. Special K e Simone
escono fuori, vedono che c'è una persona che ha sempre le pasticche ai rave.
Le chiedono a lui. E' un ragazzo coi capello rasta lunghissimi, con due
occhi azzurri infuocati. Gli dice di si.
"Ho le "underground", ok?"
Loro le conoscono come pasticche, già le hanno prese. Oltre l'MDMA c'è
anche un po' di mescalina e morfina dentro.
"Ok." Dicono, e gli danno i soldi, prendendo le pasticche.
Rientrano dentro e se ne vanno alla fontanella senza dirsi niente.
Alla fontanella ci sono anche altre persone. Special K indica l'acqua che
scorre e chiede ad una ragazza che aspetta lì vicino "Posso?";
quella fa cenno di si.
Si mette la pasticca in bocca e si china a bere un sorso d'acqua. Una
leggera fitta di emozione ed ansia di drogarsi, gli scuote un poco lo
stomaco. Ingoia la pasticca. Alza lo sguardo e la ragazza gli sorride.
Sorridendole anche lui dice "Grazie, ciao!". Poi rivolto a Simone
"Bene! Ora va meglio…"
Anche Simone va alla fontanella e ingoia la sua pasticca di ecstasy. Fanno
due passi e incontrano il Krestino che fatto di ketamina, gli dice che l'ha
trovata. Loro gli dicono delle pasticche. Si perdono tra la gente, e si
riuniscono ad un gruppetto di loro amici. E' un andare e venire, star soli e
ritrovarsi, girare insieme e poi soli e poi sempre insieme e di nuovo a
gruppetti… e soli… e insieme…
Ora Special K è in preda ad un'ansia di farsi, non vede l'ora che la
pasticca incominci a circolagli e ad entrare nel pieno degli effetti. Decide
che è meglio farsi una passeggiata. Si stacca dal gruppo senza dire niente
e inizia a girare. Non sa quanto. Poi ad un certo momento ha un piccolo e
non spiacevole rigurgito in pancia. La pasticca inizia a fare effetto. Si
ritrova abbracciato a Simone a girare per il centro. Escono e rientrano. Si
sente magnificamente. Sente il calore e la luce dell'amicizia, ma anche un
bene generico, che però non abbraccia il tutto, ma solo quello che gli
piace personalmente. Girano… poi si riuniscono col Krestino. Non sanno
quanto tempo è trascorso e neanche ne provano, a riguardo, il minimo
interesse.
La pasticca inizia un po' a diminuire gli effetti, ma non a cessare. Special
K vuole qualcosa che lo rimandi in orbita. Sa che Simone ha un'amica che ha
la keta. Gli chiede se gliene può dare un grammo a buffo. Simone dice di
si, ma domani deve assolutamente darle i soldi. Special dice che è ok, che
domani glieli darà sicuramente, e che lui non fa i buffi se poi non può
pagarli. Simone accetta e lo porta dall'amica. Special K lo ringrazia, pensa
che l'ha conosciuto solo il giorni prima, ma per il modo in cui si trattano
da vecchi amici, gli sembra di conoscerlo da molto tempo.
Ora Special si trova vicino ad un tavolo, allinea due grosse strisce
bianche. Ne tira su una col naso e l'altra l'offre al Krestino. Simone non
usa ketamina. Ora si sente rilassato perché fa effetto subito, e torna nel
suo piacevole limbo da drogato. Si sente meravigliosamente fatto di droga.
Ricomincia a girargliene molta nel corpo. E' mattina. L'alba. Il centro si
sta svuotando.
Ora sono tutti e tre sdraiati per terra, nella parte al chiuso. Gli altri
amici se ne sono andati. C'è molta meno gente. Sono impallati.
Quando si stufano decidono di andarsene. Escono alla fioca luce del sole ed
è una sensazione strana vedere che è mattina. Vanno all'auto. Special K è
in grado di guidare, gli effetti delle droghe si sono notevolmente smorzati,
ed è conscio di come sta. Guida piano per la città deserta. C'è un po' di
grigiore, il sole non è sorto del tutto. Non ci sono né suoni né rumori
di motori e né clacson che squillano, in giro; non c'è traffico; nessuna
persona. La città sembra addormentata e senza alcuna voglia di svegliarsi.
Special K fuma di continuo, ma solo per concentrarsi meglio alla guida.
Ognuno di loro è perso nelle proprie cose. Finalmente raggiungono il loro
quartiere. Decidono di fermarsi ad un prato, per riprendersi.
Stanno seduti nell'erba, nella calma piatta della mattina. Special K e il
Krestino sniffano ancora un po' di ketamina; Simone rolla una canna e se
l'accende. Poi si addormenta con quella accesa fra le dita. Se la prendono
loro e fumano, dopo che Simone dice "Tranquilli, tutto ok, solo un po'
di sonno… sto bene così…"
Nel prato c'è una calma piatta che impregna tutto, anche le loro menti già
alterate. Si parlano poco, ma è lo stesso, è come se si parlassero.
Guardano. La loro mente viaggia tramite gli occhi… Non sanno quanto ci
rimangono, ma ci rimangono. Tutto è immobile e lontano da loro.
Ora hanno, soltanto, bisogno di riposarsi in un letto, magari dopo una
doccia, e per questo motivo tornano a casa.
In macchina
Erano fermi dentro l'auto di lui davanti casa di lei.
Lei cercava di guadagnare un po' di tempo. Lui qualcosa a cui agganciarsi
per poter arrivare ad un contatto fisico con lei.
Grazie per avermi accompagnato, disse lei a lui.
E' un piacere, figurati! mi piace stare in tua compagnia…
Lei si accese una sigaretta.
Anche lui.
Lei voleva un avvicinamento da parte di lui, ma non lo voleva in un modo
brusco, non voleva sembrare una di quelle, ma allo stesso tempo, desiderava
che lui, comunque, qualcosa facesse, anche di brusco, anche se, forse, lei
avrebbe detto di no ad un suo eventuale bacio, dato così improvvisamente e
inadeguatamente, secondo le esigenze che sentiva dentro, ma lo avrebbe
comunque valutato attentamente e tenuto in massima considerazione durante i
giorni a seguire, senza, ovviamente, far sapere niente a lui, che lo avrebbe
dovuto capire a modo di mago.
Lui non voleva sembrare rozzo e troppo avventato, non voleva che lei
pensasse che a lui interessasse solo il sesso, perché non era così. Si
rendeva conto che non c'erano poi troppe alternative di avvicinarsi
gentilmente data la circostanza, se non quella di non avvicinarsi. E chissà
quando l'occasione si sarebbe ripetuta. Forse mai. Provava del disagio.
Lei lo notava, ma preferiva scaricarlo tutto su di lui, dandogliene la
colpa.
Lui sapeva che lei sapeva quello che stava provando, ma preferì dirsi a sé
stesso che si sbagliava.
Lei aveva un'aria finta disinteressata, solo impegnata a fumare, quando
invece tutti i suoi sensi erano all'erta e se solo lui avesse sbattuto una
ciglia, sicuramente, se ne sarebbe accorta. Si sentiva in lotta con sé
stessa, in un misto di amore-odio per tutto, aspettando una predominanza,
una conquista e si sarebbe lasciata, comunque, conquistare. Ma non avrebbe
mai fatto il primo passo. Quello proprio no. Era inammissibile.
Lui era sicuro che lei non avrebbe mai fatto il primo passo ed era un po'
incavolato per questo. Ma più che altro, a guardar bene le cose, era solo
arrabbiato con sé stesso. Non riusciva a trovare niente che nella sua mente
fosse, secondo lui, un comportamento adeguato alla situazione, se non quello
di non fare niente, contrario a tutti i sentimenti che provava.
E intanto, il tempo, nel suo corso inarrestabile passava.
Anzi bruciava.
Lei parlò.
Sono stata bene stasera al compleanno di…, domani un po' studierò poi…
Potremmo andare a fare una passeggiata in centro, no?
Vedremo… disse lei pensando che, forse, le sarebbe potuta capitare qualche
altra alternativa migliore il pomeriggio seguente, e anche perché voleva
che lui fosse insistente verso di lei, e non voleva lasciar trasparire
quanto fosse interessata a lui, desiderava così.
Lui si sentì demoralizzato dalla risposta di lei. Non capiva
l'opportunità. Ma solo il rifiuto, non la possibilità di tutte e due,
l'accettazione ed il rifiuto. Non si sentiva sicuro di giocare le sue carte.
Aveva paura di un rifiuto. Si dava già sconfitto in partenza. Ma c'erano
sempre i suoi sentimenti. Era incapace di dargli uno sbocco pratico.
Lei finì la sigaretta e pure di aspettare.
Lo salutò.
Lo ringraziò e scese dalla macchina.
Lui mise in moto.
Lei si avviò verso il cancello di casa.
Lui attese che lo aprì.
Lei si girò e lo salutò di nuovo, sorridendo, con la mano. Attese ferma.
Quando poi fu sicura che non sarebbe successo niente entrò e chiuse il
cancello.
Lui ingranò la marcia e partì.
Rimasero soli con i reciproci sentimenti.
Si sentivano entrambi frustrati. |