Marina
Indulgenza 28 anni vissuti tra
l'afoso, arretrato, profumoso Sud e la fredda e paludosa Romagna. Nomade
un po' per esigenza, un po' per vocazione, attualmente vivo a Roma ma il
mio sogno è quello di aprire un ristorante a Lipari.
Scrivere è una necessità, una funzione primaria come mangiare, bere,
respirare.
Un piccolo saggio di ciò che la mia mente "malata" riesce a
produrre.
"La mia vita è stata un fucile carico in un angolo" (E.Dickinson)
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LA FRETTA
Ho sempre avuto fretta, da quando sono nata. Mia
madre racconta che mancava un mese alla data ufficiale e all'improvviso si
sono rotte le acque. Ero io che scalpitavo. Parto rapido, il mio corpicino
scalpitava nell'entrare al mondo.
Avevo fretta di crescere, così imparai presto a parlare, a camminare, a
mangiare da sola. All'asilo la mia fretta in tutto era benevolmente definita
intelligenza. In fretta imparai a leggere e a scrivere. Compiuti i cinque
anni le maestre consigliarono ai miei di farmi fare un esamino che mi
permettesse di accedere direttamente alla seconda classe elementare. Così a
sei anni mi ritrovai con indosso un grembiule bianco di due taglie più
grandi da sfruttare per la crescita, una cartella con due quaderni, un
astuccio di matite colorate e un libro di lettura. Ero seduta in un
banchetto di un'aula con i muri alti e spoglie, piena di bambini più grnadi
di me di un anno. Non mi piaceva, volevo andarmene via da li in fretta.
Vissi il periodo dalle elementari alla prima media come una corsa. Lì il
mio interesse passò dallo studio ai primi turbamenti nei confronti dei
ragazzi. Mi piacevano e avevo fretta di imparare a baciare come i grandi.
Ricordo una festa pomeridiana, un ballo lento improponibile e il ballerino
di turno, povero malcapitato di quel giorno provvisto di apparecchio ai
denti, che in fretta "costrinsi" a darmi il fatidico bacio. Non fu
una gran cosa e immagino cha anche per lui non fu un'esperienza grandiosa.
Ma avevo fretta di perfezionarmi. Provai diversi baci di diversi ragazzi,
guadagnando da una parte una tecnica migliore, dall'altra la fama di
quella-che-bacia-tutti-mettendo-anche-la-lingua. Così capitava che a
qualsiasi ora del pomeriggio suonasse al campanello di casa quanlche
dodicenne più o meno occhialuto, più o meno brufoloso che, con la scusa
dei compiti si intrufolava nella mia cameretta e provava i miei baci. A me
andava bene così.
Crescendo i baci non mi bastavano più. Avevo fretta di sperimentare il
sesso. Il primo anno di liceo mi dedicai alacremente a questo obiettivo. Fu
un rapido susseguirsi di palpeggiamenti vari sotto i banchi di sucola, nei
bagni durante la ricreazione ma sempre meno in camera mia. I miei mi
obbligavano a lasciare la porta aperta se saliva su un maschietto. Bruciai
le tappe. Scoprii il sesso fatto in fretta sui sedili sporchi e maleodoranti
di automobili in prestito. Oramai la mia fama di troia era conclamata.
Gli anni dell'università sono volarono. Avevo fretta di laurearmi ed
ottenere la mia indipendenza, sposarmi e fare in fretta un figlio.
A 24 anni ero laureata con il massimo dei voti, dopo pochi mesi avevo già
trovato un lavoro che in fretta mi portò ad un discreto benessere. Mi
sposai con un inglese dopo due mesi che lo avevo consociuto e ne impiegai
altrettanti per separarmi. Ho un figlio nato da un frettoloso amplesso in
uno squallido hotel di Parigi. Anche lui è cresciuto in fretta ed è già
andato via da un pezzo.
Ho scoperto che mi resta poco da vivere. Ho un cancro che si sta espandendo
in fretta.
Ho deciso che oggi è il mio ultimo giorno. Pretendo una morte rapida come
è stata la mia vita. È tutto pronto: sul comodino ci sono le chiavi di
casa e della cassaforte ed una busta con le mie ultim volntà. Voglio una
sepoltura veloce cho non superi i dieci minuti.
Ed ora lasciatemi premere il grilletto...ho fretta. |