Simona C.

trentacinquenne romana sensibile e creativa. Dotata di buone capacità artistico figurative mi piace scrivere poesie e racconti brevi. Al momento nessun lavoro edito.

IL NON RE

C'era una volta un giovane leone profondamente insoddisfatto della propria condizione.
Lui trovava assai anormale ritrovarsi eletto a nobiltà, non per meriti speciali, ma soltanto per la nascita che lo vide, casualmente, appartenente a quella specie che, fin da tempi assai remoti, era stata incoronata come i "Re della Foresta".
Un ingiustizia bella e buona, da nessuno contestata, tanto meno dai leoni buoni a nulla e fannulloni.
Non ci stava il buon leone a tacere tale fatto ed a vivere tranquillo, servito e riverito, temuto ed adulato, per la prassi ormai consueta condivisa un po' da tutti. Lui voleva si esser fiero del consenso collettivo, ma voleva meritarlo questo scettro assai prezioso e non certo ereditarlo senza averlo conquistato.
Non sapeva come fare il giovane leone, sicuro che lo avrebbero preso per matto appena esposta la questione. Eppure voleva trovare una soluzione.
Ci pensò per giorni e giorni, senza perder la pazienza e con molta dedizione ma, purtroppo, questo non bastò a risolver la questione.
Alla fine, sconsolato, il giovane leone prese un grosso pennarello e scrisse su un cartello: LEONE SI, RE NO!
Se lo appese al collo e andò fiero a girar per la foresta… Credetemi davvero che, tra la grande confusione, il giovane leone attirò molta attenzione. Il messaggio che era scritto creò molta ilarità ma non ne fu colta tutta la genialità.
Anche il giovane leone non si era reso conto del reale valore di tale affermazione. Egli, infatti, stava invocando la Rivoluzione.

 

RACCONTO BREVE

Al risveglio, allucinata e pallida, mi ritrovai di fronte al Muro.
Un enorme muro di pietra: mostruoso, ostile, invalicabile e prepotentemente proteso verso di me.
Dietro di me il Vuoto.
Un vuoto infinitamente profondo.
Lo stato d'angoscia nel quale precipitai m'impediva di pensare.
La paura, come sbarre d'acciaio di una gabbia, comprimeva la mia mente.
Provai fisicamente un dolore lancinante alla testa accompagnato da estrema debolezza.
Sentii sopraggiungere un incontenibile desiderio d'abbandono, totalmente sopraffatta dal senso d'impotenza.
Fu allora che, con ostinazione, gridai, gridai, gridai.
Gridai talmente forte che mi ritrovai avvolta in un vortice di echi nel quale anche il Muro, sensibilmente, vacillava.
In equilibrio precario mi tappai le orecchie con le mani, chiusi gli occhi e caddi in ginocchio.
Cessato ogni eco tolsi le mani dalle orecchie e aprii lentamente gli occhi.
Il Muro era stato scalfito dalle mie grida.
Una piccola crepa, ora, limitava in me lo stato d'angoscia, lasciandomi intravedere una possibile penetrazione.
Mi alzai in piedi e subito mi resi conto di essermi riappropriata della possibilità di pensare.
La gabbia della paura nella mia mente si stava progressivamente allentando restituendomi anche le mie forze.
Avevo reso il Muro vulnerabile.
Lui era sempre lì, austero e oppressivamente presente.
Dietro di me, sempre il Vuoto.
Ora sapevo, però, che il Muro mi aveva riconosciuto e non relegato ad un altro nulla che cade nel Vuoto rinunciando passivamente alla sfida.
Avevo guadagnato, nei confronti del Muro, del tempo.
Tutto il tempo per pensare, senza gabbie nella mente, a come sconfiggere, gradualmente, quel Muro.