Anna
Maria Fotino
ho lavorato a lungo in una amministrazione
dello Stato e ora mi occupo a tempo limitato di formazione presso il
Centro di formazione professionale della Provincia di Varese. Ho
collaborato saltuariamente con riviste di politica locale e per un anno
con la rivista VERIFICHE del Canton Ticino (Scuola e politica). Ho
pubblicato il libro di fiabe commentate FIABE E LEGGENDE DELLA PROVINCIA
DI VARESE (coautrice) per la Casa editrice Demetra. |
UNA SIGARETTA SPENTA
Il letto disfatto, i vestiti sul letto e la
biancheria per terra. Caterina entra nella camera da letto e comincia
meccanicamente a raccogliere tutto e a smistare i vari indumenti : la
biancheria nella cesta in bagno, il pigiama a prendere aria alla finestra, i
vestiti di Mauro nell'armadio. Di suo non c'è niente. Provvede di volta in
volta a collocare le sue cose al loro posto. Già ci sono i bambini a
provocare estenuanti discussione sul disordine in casa. Mauro una volta
metteva le sue cose al loro posto, facendo del suo ordine maniacale una
bandiera prima e successivamente approfittando del disordine dei bambini e
di Caterina per fare lunghe dissertazioni sulla funzione educativa
dell'ordine.
Caterina si affaccia alla finestra che dà sul giardino condominiale. Al
piano terra gli alti pini nascondono la luce di una bella giornata
autunnale.
Mauro sta scendendo la rampa che dal giardino conduce al garage. Non alza la
testa per cercarla alla finestra. Una volta lo faceva, anche se avevano
appena discusso. Sempre delle stesse cose, dei bambini, del loro disordine,
delle spese per loro. Se la prendeva con lei per tutte le stupidaggini di
tutti i giorni, la casa, mai abbastanza asettica, il pranzo, mai abbastanza
buono, il silenzio, mai abbastanza silenzioso.
Caterina chiude la finestra. Tanto lui farà finta che sia chiusa quando
passerà con il maggiolino giallo per andare al lavoro. "Potrei
scrivere i pensieri, i passi, i gesti che farà da questo momento in
poi" Già. Però è un gioco che non le piace, a volte addirittura le
fa venire la tachicardia, tanto verosimile è l'immagine che ne scaturisce.
Si allontana dalla finestra. Oggi partecipa allo sciopero, è in casa per
questo, più tardi andrà all'assemblea dei lavoratori del suo settore,
quello della scuola. Intanto approfitta per rimettere un po' in ordine, i
bambini sono in gita scolastica. Si guarda intorno desolata, quel lavoro,
mettere in ordine, lei lo odia, ma perché non era così prima di sposarsi ?
Sicuramente era quell'obbligo, quella pretesa che la casa fosse un museo che
la disturbava per sé e per i bambini, che le faceva pesare tutto come un
macigno. In fondo in casa veniva quasi tutti i pomeriggi Rosa, una signora
gentile e garbata che faceva i lavori più gravosi e quando la vedeva
triste, china a correggere i compiti la consolava come poteva. "Le
preparo un caffè, così si distrae un po'...". Quella premura, quando
era particolarmente depressa, le faceva bene come una carezza. Rosa era
anziana ma robusta e in buona salute, non le ricordava le carezze della
mamma sempre tenerissima, ma la rigenerava lo stesso, la vedeva come un muro
di sostegno e quando Mauro le lesinava i piccoli aumenti che chiedeva, si
sentiva mortificata. "Lascia che ci pensi io a queste cose, non dici
sempre che sono cose da donna ?" "Già, così ti portano via anche
la camicia"
Pensando a queste cose le era venuta una gran voglia di caffè, la panacea
di tutti i suoi mali, insieme alla doccia. In cucina Mauro aveva fatto
colazione da solo, come ormai da molto tempo. Diceva che i bambini gli
rovinavano il piacere del caffè che in realtà era l'unica cosa che mandava
giù al mattino. "E io ?" I primi tempi Caterina reagiva come ad
una offesa. "Tu la fai troppo lunga" era la risposta secca. Era
vero. La colazione del mattino era sempre stata sacra per lei. Sua madre
metteva sul tavolo la lattiera, il bricco del caffè, i biscotti o la torta
fatti da lei e chiacchieravano per mezz'ora, prima della scuola o dei corsi
all'Università, e chiacchierando sua madre vigilava che mangiasse, l'aveva
fatta tanto penare da piccola, non mangiava niente e lei allora le preparava
l'uovo sbattuto con lo zucchero e forse così l'aveva salvata
dall'anoressia, anche se allora questa terribile malattia non si conosceva.
Mauro naturalmente ha lasciato sul tavolo la tazzina del caffè, la piccola
caffettiera e anche degli strani biscotti che Caterina non ricordava di aver
comprato. Da dove vengono? e come mai Mauro ha mangiato i biscotti ? Guarda
meglio. I biscotti sono contenuti in un tovagliolo di carta coloratissimo a
sua volta contenuto nella carta di alluminio. "Ma chi glieli ha
dati" pensa distrattamente Caterina. In realtà Mauro tornava spesso
con buone cose che gli regalavano i clienti dello studio di avvocato. A
volte anzi si sentiva infastidita da tutte quelle inutili leccornie che
avrebbero fatto la gioia di colonie di bambini degli Istituti, vicino casa
loro c'era l'Istituto provinciale per l'infanzia. Bambini abbandonati o in
stato di semi abbandono. Caterina sentiva una stretta al cuore ogni volta,
ed era tutti i giorni, che passava davanti a quel cancello. E invece i dolci
restavano in casa, accuratamente fuori dalla portata dei loro bambini, ai
quali erano vietati in nome di una austerità mai spiegata. Invece facevano
bella mostra di sé a tavola o in salotto quando c'erano gli amici quasi
come se da essi si dispiegasse una potenza, una autorità da esibire e di
cui far godere munificamente. Questi di oggi, però sembrano diversi dai
soliti dolci nazionali. Guarda meglio l'involucro di carta colorata e
capisce : sono dolci tedeschi, agli angoli del fazzolettone di carta
colorata c'è, quasi invisibile, il nome e il luogo di una pasticceria :
Shoell, Berlin. Un altro atto esibizionistico dal messaggio chiarissimo, le
abitudini non sono eterne, c'è un altro amore e ne onora l'assenza
mangiando i dolci che gli ha regalato, contrariamente, si, contrariamente
alle sue abitudini. Caterina prende l'involucro dei dolci, lo appoggia sul
mobile della cucina, poi apre il portellone della lavastoviglie e vi
introduce la tazzina, il piattino e la caffettiera. Non la laverà a mano e
senza detersivo come predica ogni giorno Mauro, se il caffè non risulta di
suo gradimento lo vada a bere a Berlino o dove cavolo altro abita il suo
nuovo amore tedesco. "Nei pressi di un forno crematorio" gli aveva
sussurrato un giorno in cui lui con aria fatua le stava raccontando dove
l'aveva conosciuta. Era successo il finimondo. Aveva in mano un oggetto di
ferro e lo aveva sbattuto sul tavolo della cucina, danneggiandolo. Si capiva
che le avrebbe dato uno schiaffo, ma questo non lo aveva mai fatto. Diceva
di aver paura della sua forza nell'ira. In effetti lei stessa si era pentita
di quella frase ironica e sprezzante, non era nelle sue abitudini e poi, si,
si era sentita meschina. Come dire che tutti i tedeschi sono nazisti, che
orrore, e poi che c'entrava con le loro faccende di coppia ?.
Da quella volta lui aveva dormito nella stanza degli ospiti e lei si era
rigirata per tutta la notte sentendosi a disagio. "Stà a vedere che mi
viene un altro bel senso di colpa !" aveva confidato ironicamente a se
stessa. Mauro era insuperabile nell'arte di far venire i sensi di colpa agli
altri. C'era sempre qualcuno lì lì per chiedergli scusa. Era un avvocato
ma la sua vis oratoria migliore la riservava per difendere se stesso, o per
attaccare. Nella sua professione invece, pur essendo capace non aveva mai
oltrepassato la soglia della dignità. Era stimato, ma le folle non
accorrevano a farsi difendere da lui e i suoi colleghi dello studio non lo
amavano appassionatamente. Era eccessivo in tutto, sferzante quando sarebbe
bastata un po' di decisione, ridanciano quando sarebbe bastato un sorriso,
permaloso e reattivo quando sarebbe bastata una richiesta di spiegazioni. Lo
evitavano e anche Caterina ultimamente lo evitava il più possibile.
Aspettava una spiegazione che non arrivava. Non voleva essere lei questa
volta a mostrargli le prove dei suoi tradimenti, anche se lui, come le altre
volte, aveva disseminato prove senza risparmio. L'ultima cosa che Caterina
aveva trovato era una lettera. Giaceva accartocciata in cima alla
spazzatura. Aveva accuratamente scelto il momento in cui nella spazzatura
non c'erano residui umidi che potessero danneggiarla o renderla illeggibile.
Il foglio stava lì, come se galleggiasse. Era stata accartocciato ma poi
aperto a scanso di equivoci, temendo che fosse ignorato o scambiato per i
soliti disegni buttati dai bambini. Lei c'era cascata di nuovo, aveva
guardato bene e poi con il cuore che sfarfallava per l'emozione e la rabbia
l'aveva preso. E l'aveva letto. Era una lettera per l'altra. Espressioni
tenere, letterarie, liriche. Scriveva bene e aveva una pessima memoria.
Alcune di quelle espressioni erano le stesse trovate nella raccolta di
pensieri rivolti ad un altro amore, uno di tre anni prima e ad un altro
ancora, quello di sei anni prima e perfino simili a quelle che avevano
commosso fino alle lacrime lei, Caterina, sua moglie, tredici anni prima. Ma
questa volta non gli aveva detto niente, anzi aveva buttato il sacco della
spazzatura riservandosi l'amara soddisfazione di lasciarlo nel dubbio. Aveva
letto o no ?
Quel giorno a scuola non aveva combinato molto e per salvare il suo profilo
professionale con se stessa e con i bambini di quella seconda media che non
meritavano di essere trascurati né danneggiati dai suoi sensi di fallimento
e di frustrazione, aveva chiesto loro di inventare una storia. Tema :
l'amore. E mentre loro scrivevano, si scambiavano idee e litigavano sui tipi
d'amore, lei correggeva altri compiti e ogni tanto davanti ai suoi occhi si
materializzava un foglio sgualcito con parole che ballavano e si
rincorrevano e grondavano lacrime.
Nella disseminazione di prove dei tradimenti comunque, la fantasia di Mauro
aveva toccato vertici incommensurabili. Tre anni prima, quando l'amore
imperdibile della vita era stata una ragazza romana, infelice e in rotta con
i genitori, per salvarla dalla depressione l'aveva portata tre giorni in
vacanza. A lei, Caterina, aveva detto che sarebbe andato a trovare un suo
amico d'infanzia in Trentino. Il piccolo Luca era malato, la solita
tonsillite con febbre altissima, quindi non potevano andare insieme e
comunque lei non avrebbe potuto lasciare la scuola. Solo che poi Caterina
aveva trovato sul cassettone, vicino alla fede che Mauro aveva dimenticato
di rimettere, una prenotazione per due persone in un albergo di Torre del
Lago Puccini. Lui amava la musica classica, quale destinazione più
romantica di quella in cui aveva vissuto l'autore di indimenticabili drammi
dell'amore. Caterina, al suo ritorno gli aveva fatto domande sul suo
soggiorno in Trentino, aveva chiesto di Nicola, della sua compagna e ne
aveva ricevuto risposte imbarazzate e sfuggenti. Allora aveva preso la
prenotazione e gliela aveva mostrata. Ne era seguito un litigio odioso. Lui
aveva alzato la voce e lei, nel timore che sentissero i bambini aveva
troncato tutto alzandosi e chiudendosi in camera da letto, col senso di
frustrazione di sempre, non tanto per quello che lui aveva fatto, quanto per
aver calpestato la propria dignità abbassandosi ad una scena di gelosia
senza capo né coda, senza decisioni e senza speranza. Da quel giorno aveva
giurato a se stessa che mai più gli avrebbe consentito di demolire il suo
orgoglio di donna. Erano già stati separati. Due anni in cui Caterina si
era chiesta quanta responsabilità aveva lei di questa separazione. Le
dinamiche erano sempre le stesse. Caterina a forza di tentare di essere il
più obiettiva possibile, a forza di mettersi al posto suo, finiva per
accollarsi tutte le responsabilità, passando ad eccessi masochistici che la
stroncavano e le avevano fatto perdere, senza che lei stessa se ne
accorgesse, ogni considerazione di se stessa. Era questo che li aveva
riportati a stare insieme, anche se l'avrebbe capito più tardi. Era questo
e anche il fatto che il grande amore del momento lo aveva lasciato. Caterina
lo sapeva, lui non faceva mistero delle sue storie, anzi, l'aveva cercata
per piangere sulla sua spalla. Ma poi aveva anche trovato le corde giuste
per farla recedere dai sempre più fievoli mai più che si era imposta e poi
c'erano i bambini e lei stessa in quei due anni si era guardata intorno e
non aveva visto uomini eccezionali. O non riusciva a vederli....E poi non
aveva ancora stabilito come dovesse essere un uomo eccezionale .
Erano tornati insieme e dopo un po' tutto era ricominciato...
I ricordi rallentano i gesti di Caterina. Si era ripromessa di mettere tutto
a posto prima di raggiungere alle undici l'assemblea . Voleva telefonare a
Luca e Valentina, la sera sarebbero tornati e lei doveva andarli a prendere
al pullmann. Invece sono le nove e ancora si aggira tra i suoi pensieri
senza cavarne nulla di nuovo, nulla che non sia già visto. Decide di fare
in fretta, vestirsi e uscire, tanto Mauro non viene a pranzo, Rosa farà in
tempo a rimettere in sesto la casa. Si avvia verso la doccia. Nel corridoio
c'è uno strano odore. "Devo eliminarlo" pensa, ma non capisce di
che si tratta. Si avvicina a un tavolino in penombra e resta di stucco : su
un piattino seminascosto dal vaso delle rose c'è una sigaretta spenta. Deve
essere lì da qualche giorno, come mai non se ne è accorta ? E come mai
Mauro, un fondamentalista antifumo, non l'ha buttata via e non ha fatto
indagini ? Del resto però lei è stata fuori casa due giorni, a sua volta
in breve gita scolastica con i suoi alunni. E' tornata la notte prima e si
è buttata distrutta sul letto. I ragazzini ti levano la pelle, e la sua
pelle è già quasi tutta via. Mauro l'ha attesa sveglio, ma dopo tre minuti
è andato a letto nella stanza degli ospiti. Praticamente non si sono
scambiati altro che un saluto.
Caterina gira tra le dita il mozzicone di sigaretta. Se non fosse per
l'odore di spento un certo gradevole profumo lo conserva ancora.
Improvvisamente Caterina lascia cadere il mozzicone per terra.. L'orlo del
filtro è intriso di rossetto, un rossetto chiaro, quasi rosa,
impercettibile. E' stata in casa. Hanno usato la sua casa, hanno toccato le
sue cose, le cose dei bambini, il suo letto e che altro ?
Caterina prende un clinex dal bagno, lo usa per raccogliere la sigaretta, lo
butta nella spazzatura, non in casa ma nel raccoglitore condominiale. Si
sveste, si infila sotto la doccia, lascia che il getto caldo lavi via tutto
il marcio che si sente addosso, usa il guanto di crine perché l'operazione
riesca meglio, poi prende l'accappatoio pulito dall'armadietto e vi si
nasconde, anche il viso, i capelli, tutta. La posizione fetale dentro
l'accappatoio la fa star meglio. Si inonda di profumo, prende una valigia,
la mette sul letto, la riempie di pochi vestiti suoi e dei bambini, la
chiude. Si veste, chiama un tassì e si fa portare nell'albergo più vicino
alla scuola dei bambini. Sul tavolo della cucina ha lasciato il numero
telefonico del suo avvocato.
Caterina guarda l'orologio : sono le dieci e cinquanta. E' in tempo per
l'assemblea. |