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dràqc
nato poco più di trent'anni fa a Bergamo.
Sto con una ragazza fantastica e ho tante idee. Combatto e aspetto... |
IL CIRCO E IL VENTO:
Mi sveglio con una mano sul suo seno.
Sto attento a non muovermi per non toglierle il calore del mio palmo.
Il sole sta sfondando le imposte; non c'è più nulla dell'atmosfera
azzurrata di ieri sera. Ho sete. Piano piano mi giro di fianco.
I riccioli scuri, scomposti, e il suo volto verso la porta.
Sorrido chiudendo gli occhi.
Improvvisamente il telefono, sobbalzo.
Allungo la destra in fretta con la sinistra ferma sul suo petto.
Alzo il ricevitore, nessuno.
E' la sveglia.
Resto così, a braccia aperte per qualche secondo.
Mi riaddormento.
Sbattono le imposte.
Il vento mi sveglia che il sole è già dentro la camera e che la mia mano
sinistra è aperta sul suo cuscino. Lei non c'è.
C'è un vento forte e sano, l'aria è tersa
e un senso di pulizia avvolge le persone e i cartelli pubblicitari.
Periodo di elezioni, ovunque volti rassicuranti, a volte un po' ironici,
certi addirittura cinici.
Come enormi fumetti che fingono di parlare con le persone.
Cammino lentamente e mi piace ripetermi che è un giorno di settembre come
se capissi meglio dove mi trovo.
Tra le vetrine ci sono piccole strisce di muro, grigie in genere: a filo di
queste dove non scendono le grondaie poster sexy di donne in improbabili
pose eccitanti censurate con pezzi di carta rettangolari.
E' gente di fretta. Ogni locale ha da anni
preso i ritmi di un fast food.
C'è solo una coppia anziana che forse sta capendo quello che ha in bocca.
Per gli altri c'è un posto a sedere, una lista, qualcosa che immaginano
stuzzicante e il conto da pagare con la carta di credito.
Puzzo di moralismo e così mi giro e guardo i tetti delle case di fronte.
Seguo con lo sguardo una grondaia che si perde.
"Desidera?"
Non ho ancora deciso e la domanda è gentile ed impaziente.
Apro il menù e scelgo a caso.
Ho sempre la testa altrove, mi odio.
Torno a guardare i tetti e una pagina di giornale che il vento ha sollevato
fin lassù.
Qualcosa di breve e leggero mi sfiora la
schiena. Il braccio di una ragazza che mi sta chiedendo scusa.
Ha degli occhi bellissimi. Si è già girata e sta scrivendo.
Torno a consultare lo schedario senza ricordarmi il nome dell'autore.
Con la coda dell'occhio la cerco.
E' di spalle, con la borsa in grembo.
Le caviglie sottili sotto la sedia.
Una finestra sbatte per il vento.
Lei si volta di scatto: mi guarda. Le sorrido, anche lei.
Torno allo schedario e trovo il mio libro.
Qualcuno ha chiuso bene la finestra.
Ho messo una cassetta dei Suede.
Rallento e scalo.
" E' un incidente!"
Sono le prime parole che mi dice da quando è salito.
Ha un modo di non parlare di sé che mi irrita. Anche io sto in silenzio e
mi scopro poco.
Ogni pomeriggio, dato che abitiamo vicini, gli do un passaggio in ufficio.
Io lavoro part- time in un ufficio: prendo le telefonate.
Lui invece è part- time alle poste che sono proprio di fronte al mi
ufficio.
Ha una moglie giovane di circa trent'anni ma non ha figli.
Mi parla solo di calcio e di ciclismo.
L'unica cosa che lo interessi, al di fuori del lavoro è la fotografia, ma,
credendomi troppo poco iniziato ai suoi misteri sorvola sempre sul discorso.
E' qualche settimana che anche io parlo poco per vedere se reagisce, se mi
chiede qualche cosa.
Nel tragitto passo sempre vicino al negozio dove lavora lei ma non riesco
mai a vederla.
Devo sempre aspettare la sera.
Siamo già arrivati, il mio passeggero si congeda come al solito. Appena
sceso dall'auto il vento gli porta via il cappello.
E' la prima volta che lo scorgo sorpreso.
A piedi, con la calma calcolata di chi porta
un orologio vado a prenderla al negozio.
Oggi esce subito, ed è allegra, non sembra neanche stanca; prima di sera
amiamo passeggiare insieme.
E' un tramonto di luce grigia e affascina il ciottolato delle strade
vecchie.
A volte vorrei tutto un po' più liquido.
La luce, i sassi, i vestiti scuri e i profumi dei negozi.
Nuotarli invece che percepirli.
Provo a buttarle nelle mani questo pensiero ma sento che capirebbe solo se
anche le mie parole fossero più liquide.
Ci teniamo per mano.
La guardo spesso perché io amo guardarla. E' come se rinascesse nuovo il
desiderio che io ho di lei .
Mi parla, mi dice che vorrebbe comprarsi un completo grigio abbottonato
davanti ma che forse è troppo aderente.
Dice che è in un negozio vicino.
Ci andiamo e mi accorgo di trovarmici di fronte quasi senza esserci
arrivato: forse ho camminato sulle sue parole e sulle mie risposte.
Sono felice di essere qui, fermo con lei.
" Non credo sia troppo aderente e mi piacerebbe molto vedertelo
indosso. Credo che sia la più bella ragazza del mondo e lei sente il mio
pensiero e si arrabbia. Allora sto in silenzio per un po'.
Anche lei non parla.
Penso che questi minuti rubati alla sera siano bellissimi e so che lo pensa
anche lei.
Imbocchiamo un viale alberato.
Una tempesta di foglie secche ci viene incontro.
Il vento ci costringe a girarci e a camminare di spalle.
La sento ridere, sono felice.
Nel solito prato vicino alla stazione si è
fermato il circo.
A nessuno dei due piace il circo ma ci giriamo intorno per molto tempo.
Il tendone è bianco, qualche luce colorata ogni tanto si riflette sulla
strada.
Non c'è molta gente per le strade.
" Vorrei fare l'amore con te"
Silenzio.
" Anche io".
Il vento scuro della sera ci solleva fino in cima al tendone e per tutta la
notte ci copre le spalle.
SANGUE
"A farlo scendere lento è sangue.
Diventa subito sangue..."
"L'hai già detto, perché non vieni qui adesso? "
"...sangue dolce, forte; come ferro come tenere in bocca il ferro. Ho
la bocca rossa? "
"Smettila di dire stronzate e vieni qua vicino !"
" Avvolge la bocca scioglie la gola e scende fino alle ali..."
"..."
"Poi le rende leggere e poi puoi volare, non tanto alto, però puoi
volare! Io so volare sai ? "
" Sì, so che sai volare, ma adesso lascia giù il bicchiere e vieni
qua. Non si vola col bicchiere in mano!"
" E invece sì, guardami!"
Sale in piedi sul letto a braccia aperte e inizia a girare.
" Senti questa musica? "
" Non c'è nessuna musica"
" Ma sì, questa musica... sembra... sembra un valzer."
Poteva anche esserci quella dannata musica e di certo lui la sentiva.
"Vieni qui con me a ballare nel cielo"
Forse solo lui poteva vedere il cielo a mezzo metro dal soffitto.
" Non mi piace il valzer, mi ricorda le giostre delle fiere e le feste
dei paesi e la tristezza... dai, adesso scendi!"
" Allora io ballo da solo!"
" Perché non scendi? se atterri in fretta c'è ancora mezz'ora per noi
qui sulla terra.
" Aspetta... Sta finendo la musica, però... sì scendo, ho le ali
stanche"
"Scendi che te le massaggio!". Chiude gli occhi. Si sdraia.
" Sai che sei bello quando voli? ". Silenzio.
" Ho sete"
" Lascia stare, stai qui tranquillo. Appoggia la testa sulle mie
gambe".
Non si muove.
" Sai che penso che volerò sempre da solo?" Trascinava le parole.
" Ma ci sono io a guardare i tuoi voli".
E' chiaro che non sentiva.
"Mi sembra che tutti sanno tutto ma poi sono tristi."
" E tu sei triste?" Gli accarezzo i capelli, sono molto fini.
" Io no"
" E allora non preoccuparti!"
Aveva una mano sugli occhi per ripararsi dalla luce già tenue del
lampadario.
Spengo la luce.
" Posso stare sempre qua ?"
" Sai che devo lavorare!"
" Ma io ti amo"
" Lo so".
" Ho sete"
" Bevi dopo".
" Comunque non mi voglio più innamorare, Perché si perde troppo
sangue".
" Ma le carezze dietro le orecchie tolgono tutti i pensieri tristi,
vero?".
" Tu sai tante cose! ".
"Sei più tranquillo adesso?".
Riprende a non rispondere. Chiudo gli occhi un attimo e sento che mi infila
una mano tra le gambe.
" E' tardi, non facciamo in tempo".
Ma lui continua anche se questa volta mi ha sentito.
"E' tardi!"
Continua a muovere la mano con gli occhi chiusi e il respiro pesante.
Lo lascio fare senza incoraggiarlo.
Si muove pesante, si sfila gli slip fino alle ginocchia e mi sale sopra.
" Potresti anche essere più leggero visto che sai volare!"
Mi chiude la bocca con una mano e inizia a muoversi. Sempre con gli occhi
chiusi mi prende un seno in bocca.
Prova subito ad entrare.
Strascica parole con la sua bocca impastata di seno e del suo sangue di
prima, Lambrusco del 2002.
Lo osservo come sempre, per scrivere di lui. Forse è quello con più
fantasia, finali a parte. O forse è solo perché è giovane.
"Amore, voglio sentirti, mangiarti, non lasciarmi mai!"
" No, non ti lascio più piccolo mio"
In genere dice questa ultima frase quando sta venendo. E se gli rispondo si
calma subito.
Di solito stiamo abbracciati qualche minuto. E mi dice almeno venti volte
" ti amo Patti".
O mi racconta qualche ricordo così dolce che deve essere uscito da qualche
vecchio film che ha visto nei suoi pomeriggi da disoccupato.
Oggi comunque è tardi.
Me lo scrollo di dosso il più dolcemente possibile e lui fa per
addormentarsi.
Mi rivesto in fretta pensando che sono già le due.
Lo sveglio con una scossa e lui subito mi dice "Patti?"
" Mi chiamo Vera e mi servono i soldi, subito."
Alza solo gli occhi.
"Sono un'ora più il taxi."
Sembra non capire poi si alza e mi paga.
Girandosi per ributtarsi sul letto urta la bottiglia.
Il vino si versa sul pavimento come sangue ma non ne è rimasto molto.
Quando chiudo la porta che già dorme. |