Giovanni Racalbuto

di professione segretario comunale di un piccolo comune di montagna,coltiva la preziosa amicizia con lo "scemo" del paese, dal quale riesce ad avere ogni giorno illuminanti confidenze.
Ha partecipato al concorso Nuovi Talenti indetto dal Corriere della Sera, e un suo racconto è stato selezionato e pubblicato sul Corriere n.13 del 7 giugno 1998. Da allora a causa di forti impegni di lavoro burocratico non ha più partecipato a concorsi letterari.
La voglia di scrivere gli è tornata adesso.

LE PAROLE DEL VESCOVO

A Sarbadone, per il continuo trascorrere delle stagioni degli uomini e della terra, un uomo che era stato coinvolto in due guerre mondiali e aveva duramente lavorato i campi, compì centotre anni . Il Vescovo,su segnalazione del parroco, mandò il suo Segretario per sottolineare un avvenimento straordinario e ,in più, il fatto che l'uomo era sempre stato particolarmente devoto,onesto,timorato di Dio, e (si pensava) fidato elettore della Democrazia Cristiana.
Per festeggiarlo, nella casa di campagna,dall'aia e la cucina immense, si erano riuniti vecchi dalla faccia di cartone bruciata dal sole e ragazze giovani dalle guance di melograno maturo e labbra di un rosso vivo. Essendo stabilito,nei millenni, questo destino per quella razza contadina:quanto più prorompente esplode l'adolescenza, tanto più rapida segue la decadenza,con un diffondersi precipitoso di rughe sulla pelle,che di anno in anno sempre più tradisce il desiderio di riconfondersi con la terra. Nell'eterno ritmo biologico delle cose, e dei viventi ,che delle prime sono lo specchio.
Tutti erano riuniti nella cucina dalle cui travi scoperte pendevano trecce di cipolle, salami e pomidoro, mescolati ai festoni e ai lampioncini di carta colorata attaccati per la festa. Per via dell'aria ancora fresca in quella giornata di primavera,ardeva, con scoppi e sussulti nel camino caratteristico,una fiamma che illuminava, vincendo le altre luci,l'ambiente, rompendosi poi in frammenti e macchie che, grossi insetti tropicali, inusuali in quelle campagne, correvano sul pavimento .
In questo stesso modo i pensieri dell'ultracentenario( che non era presente) sembravano evocati dal fuoco , simili alla memoria delle cose antiche che è solita salire rapida e silenziosa dalla vita .
Il Sindaco e il Maresciallo dei carabinieri parlottavano in sordi e sommessi brontolii, in piedi, in un angolo della cucina stringendo entrambi il proprio bicchiere di vino che aveva il colore e l'aspetto del sangue,eccitati nell'attesa dell'inviato del Vescovo.
Frattanto una nipote del vecchio o meglio del "grande vecchio", come era chiamato in famiglia, riempiva senza sosta i bicchieri dei presenti , andando avanti e indietro accaldata.
Il Maresciallo, già anziano, che l'aveva conosciuta anni addietro da carabiniere semplice, notava ora ,in quell'andare e venire concitato,che la giovinezza le si era ritirata, come per un riflusso della marea vitale, dal volto, dal collo e dai seni rifugiandosi, come ultimo rifugio, in quella zona nascosta che comprende le natiche e il bacino . Le cosce, anch'esse,il maresciallo le intuiva ancora sode,e pensava che l'immagine era quella di un piedistallo solido su cui è posata una pianta prossima ad appassire del tutto .
Il maresciallo fece un'ardita considerazione: Il basamento costituito da bacino,natiche,pube e cosce ,in cui non vi era la fredda inerzia della pietra,ma pulsava ancora invitante la vita, era simile a quello della fontana sull'aia poco distante. Qui un rigagnolo d'acqua scorreva lieve su un muro ad abbeverare le oche che vi tendevano con bramosia il lungo collo, brucando sulla parete di sassi la viva umidità che colava tra un verde e ondulato tappeto di muschio .
Le ragazze frattanto ridevano in gruppi variopinti , e la vita stessa esplodeva dai loro occhi , dalle bocche, dalle gole vellutate e fin dai piedi che per lo più calzavano zoccoli variopinti da cui, come frutti selvatici,sbucavano le unghie laccate per l'occasione .
Ma prima che giungesse il funzionario ecclesiastico, il maresciallo ebbe modo di pensare più compiutamente alla geografia della vita nel corpo delle donne : esplode nell'adolescenza su tutta la superficie della pelle, col tempo si consolida in aree più definite e, in fine, come una palude bonificata, si ritira attorno agli organi della riproduzione . Poi si disperde nell'evaporazione del nulla:un gorgo risucchiato dagli spazi che ruotano attorno al misterioso perno della vita.
Solo in certi casi l'umore vitale continua ad esistere, al di là di ogni logica aspettativa, condensato in qualche sacca del corpo, dimenticata dai venti della morte. Questo probabilmente stava accadendo all'ultracentenario che quel giorno si doveva festeggiare.
A quel punto dei pensieri del maresciallo le ombre saltellanti create dalla fiamma cominciarono a farsi lamentose,riempiendosi di sibili,cinguettii, brontolii e fremiti indistinti di vita .
"Sono gli animali del nonno" disse forte la nipote per tranquillizzare le persone presenti."Li alleva da anni qui accanto e fanno sempre così quando ricevono il cibo,un baccano infernale. Nessuno sa quante siano e, da tre anni, superato il secolo, allevare bestiole di ogni razza e tipo rappresenta l'unica sua occupazione da vecchio decrepito,sì,ma ancora arzillo ".
Bonario e mellifluo giunse il segretario del Vescovo,in abito civile scuro con collettino bianco e semirigido.Stringeva al fianco una cartella di pelle scura come per una sbrigativa faccenda da compiere in fretta .
Lo stanzone di quella casa contadina era gremito, e tutti abbassarono il tono della voce in segno di rispetto per la razza "ecclesiastico-cittadina" che così ,eccezionalmente, incontrava quella contadina .
La nipote del "grande vecchio" gli pose accanto l'antica poltrona di famiglia che gli era stata appositamente riservata . E,in quell'atto,prima che il segretario si sedesse,il maresciallo vi immaginò lei stessa seduta che,molti anni addietro, appena pubescente,con occhi attoniti osservava il turgido e scuro gonfiore formatosi al centro delle cosce magre.
L'immagine svanì cancellata dal segretario che si accomodò nella poltrona accennando al Sindaco e al Maresciallo perché gli sedessero a lato .E mentre apriva la cartella scura, posandola sulle ginocchia, la nipote corse ad avvertire il grande vecchio , considerando,tra sé e sé che la razza venuta dal Vescovado della città risaltava tra i contadini per la pelle più liscia e bianca,i denti più sani e la piccolezza delle mani . Solo un flaccido pallore del volto la rendeva diversa dalle ragazze che tacevano accomodandosi le gonne sulle ginocchia per apparire educate.
II segretario, senza perder tempo, aprì la borsa di pelle e vi vece scivolare sopra alcuni fogli bianchi mormorando al Sindaco quasi per un segreto :
" Devo leggere il breve ma sincero saluto inviato personalmente da Sua Eccellenza " E così dicendo i rossastri bagliori della fiamma gli si riflettevano nella lucida calvizie dando l'impressione di un cranio scotennato .
Era venuto il momento in cui doveva farsi vedere il festeggiato. E tutti cominciarono a cantare in coro le note strofette"…tanti auguri a te…tanti auguri a te…"
Il grande vecchio non si fece attendere. Asciutto e spettrale, stringeva nella mano destra un sacco di tela dentro cui si intuiva l'agitarsi di una vita misteriosa e convulsa . Si accomodò su uno sgabello di legno di fronte al fuoco del camino e la sua faccia apparve, in quella luce incerta, solcata da una fitta ragnatela nera che si addensava attorno a occhi piccoli e, infossati , lasciando stranamente qualcosa di liscio e luminoso sulla fronte, proprio alla radice del naso, ove generalmente nei vecchi si formano più cupe le ombre della morte . Doveva essere proprio quello il punto miracoloso, la rosea nicchia dimenticata dall'alitare del padrone del mondo .
" Vi saluto tutti" disse con voce ferma e senza distogliere gli occhi dal confuso agitarsi della fiamma, mentre la nipote gli metteva in mano un bicchiere di Sangiovese . Dal sacco che stringeva con l'altra mano ,tenendolo tra le ginocchia,uscivano frattanto, sommessi gemiti ,come se i pensieri del vecchio tutti in una volta, volessero esprimersi emergendo,attraverso la secca crosta della sua pelle, dal profondo della memoria .
Il segretario dopo aver guardato attorno con aria interrogativa che
chiedeva spiegazione su quei rumori(senza ricevere alcuna risposta), attaccò :
" Sua eccellenza mi ha inviato espressamente per portare il saluto della Chiesa e il suo personale nonché i più fervidi auguri al sig...... che compie oggi centotre anni . Sarò breve nel leggere il messaggio"....Si schiarì la voce come per sottolineare che, da quel momento in avanti le parole non erano più sue ma di " Sua Eccellenza", cambiando inconsciamente anche il timbro della voce. "Poiché è giunto a nostra conoscenza che nel piccolo comune di Sarbadone un uomo ha raggiunto i centotre anni di età e poiché sappiamo che lo stesso è stato un cittadino esemplare, dedito ai doveri delle pratiche religiose ,della Patria, della Famiglia e del Lavoro , abbiamo, in questa radiosa giornata di primavera, l'onore e il piacere di porgergli i nostri vivi auguri di buon compleanno e le nostre felicitazioni per l'invidiabile traguardo raggiunto ... "
La gente presente ascoltava attenta mentre il "grande vecchio", sempre con gli occhi fissi a un punto indefinito posto al di là della fiamma del camino,posato il bicchiere di vino , accarezzava con la mano libera,il sacco che non cessava di stringere caparbiamente tra le gambe .
Le sue lunghe dita ossute e deformate dal lavoro e dalla campagne di guerra acquistavano, da quel movimento, una leggerezza indefinita (come per l'addio a qualcosa che non si vuol perdere ed è la vita stessa),che durò fino a quando le parole del segretario caddero vuote e incessanti con la monotonia degli adempimenti burocratici e liturgici della Chiesa.La loro fine fu sottolineata da uno scroscio di applausi.
Allora, nel silenzio che ne seguì, il vecchio si alzò in piedi proiettando un'ombra enorme che creò lo sdoppiamento di sé stesso , per il crearsi ,nel medesimo tempo, di due fantasmi: del faticoso passato e del nulla futuro .
" Tutti avete ascoltato il rappresentante del Vescovo" disse con una voce flebile e profonda che non era già più di questa terra. "Ora ascoltate me che parlo con la filosofia che si esprime per mezzo degli animali e che ho appresa appena superata l'età dei cento anni
" Le parole del Vescovo sono state striscianti e prive di fantasia come il rospo che, per rendere più agile, ho privato della pelle rugosa".
" Il discorso è stato cieco come il pipistrello a cui ho conficcato in tasta occhi di vetro".
"Il ragionamento è stato falso, come il furetto che ho castigato cucendogli il muso" .
"Eludere il senso dei veri sentimenti è pungente come il porcospino cui ho strappato gli aculei" ..E così dicendo estraeva dal sacco le bestiole straziate scaraventandole a terra, come il seminatore di un seme dolente,prossimo alla morte . Queste si dibattevano e finivano, disperatamente avventandosi sulla fiamma del camino per cercare la liberazione dal dolore, o si scagliavano contro i vetri della finestra per un'inutile fuga.Gridando di raccapriccio i presenti di coprivano il volto aggobbendosi per fuggire il ribrezzo che davano le ali stroncate i becchi strappati o le zampette mutilate o
Correvano tutti nella vana intenzione di evitare che alle gambe o nei capelli si avvinghiassero quei poveri brandelli di vita che, così mutilati,avevano , nei più dei casi, perso il loro originario sembiante .
Solo quando il sacco fu vuoto il grande vecchio si sedette nuovamente sullo sgabello, con la solennità di un aruspice dopo il sacrificio,circondato dagli ultimi fischi e fremiti delle sue bestiole, nella cucina dalla quale ogni persona era fuggita.
Alla radice del naso la zona liscia , tra il reticolo delle rughe,sembrava farsi ancor più trasparente e addirittura luminosa come una carta oleata posta contro un lumino funerario .
Si udiva, da fuori, il segretario del Vescovo che mentre correva saltellando diceva a voce alta :
" E' inaudito, è inuadito, … si tratta certamente di una premeditata possessione del demonio!… E poi più piano,come a sé stesso "Vade retro,vade retro!!"