Massimo
Pistis
è nato ad Ales in Sardegna,ove risiede. Si è laureato in Lettere a Cagliari, con una tesi di Storia moderna sul periodo rivoluzionario sardo (1794-1796). Scrive da sempre e di tutto, poesia, prosa, saggistica, articoli per riviste. Nel 1995 ha fondato l'Accademia po sa die sarda. E' autore del romanzo "Estremisti!", inedito. Una sua testimonianza appare su "Lou Reed in concerto" (controcultura 9 - Stampa alternativa). |
Gentile editore, ho il piacere di informarti di un’improvvisa notorietà che il tuo sito ha avuto nel mio pittoresco paese natale. Qualche pinzochero/a, servendosi di una organizzazione non bene individuata, ma certamente nostalgica, quanto sciatta, nonché anonima e mafiosa, ha pensato bene di inviare il brano "Bologna 1977" alle circa 200 famiglie del posto, definendo il racconto "vero 'saggio' pornografico", additando dunque il sottoscritto al pubblico ludibrio, almeno nelle intenzioni, per scopi evidentemente personali/privati, visto che il sottoscritto da tempo non svolge alcuna attività politica militante. La fonte di tale particolare iniziativa propagandistica è ben circoscrivibile, comunque facciamo finta che sia stata capace di mantenere il suo mafioso anonimato, dunque consentimi editore di rispondere da qui. Riguardo all'epiteto di "pornografico", sicuramente, se un racconto del genere venisse proiettato al cinema per quel tipo di pubblico, si leverebbero le urla di "troppa tramaaaaa!!!"... e per questo come al solito una risata li seppellirà... La cosa più offensiva che sono riusciti a scrivere nelle righe di presentazione del racconto (peraltro destinato al pubblico di Stampa alternativa e non indistantamente alle famiglie di un paese; dunque semmai i pornografi sono loro!) è che io starei dietro una facciata di persona per bene. Sapendo cosa intende questa risma di gentaglia per persona "per bene", gli risbatto in faccia l'epiteto, se lo tengano per loro il perbenismo. Per quanto mi riguarda non ho mai nascosto di essere un estremista di sinistra, cristiano, pacifista e nonviolento... e io il racconto l'ho firmato, non mi sono nascosto come loro dietro il vigliacco anonimato. Allego alcuni commenti critici al racconto e in uno spirito di bontà anarchica e cristiana, allego un mio racconto su un miracolo di Santa Greca, vediamo se anche questo lo inviano a tutti i cittadini del posto. Grazie editore, Massimo Pistis Bologna settantasette di Massimo Pistis Racconto ironico e puntuale, quello di Massimo Pistis, ambientato in un tempo ed in uno spazio che non ci sono più. Lo spazio, una Bologna da cliché, quasi mitizzata; il tempo, quello dell’impegno e dell’utopia giovanili, in cui, nel mondo variegato della sinistra, si intrecciano sferzate strutturaliste e nuove impostazioni di riformismo umanista; qui struttura e sovrastruttura, invece di essere due elementi di una stessa visione del mondo, di un sistema, collidono fino a far sentire i limiti di qualcosa che sempre più appare come imposto o autoimponentesi. Emerge, quindi, il carattere storico-sociologico di un pezzo letterario che Pistis, con onestà intellettuale (confermata dall’espediente tecnico di utilizzare un io narrante donna lontano dall’autore), a vent’anni di distanza da quei momenti ha il merito di sottoporre all’attenzione del lettore, come una riflessione circa quel clima culturale e le contraddizioni ad esso relative. Interessante appare anche la scelta di far provenire da un luogo assolutamente “altro”, rispetto il centro della scena, i due protagonisti, in un incontro, effervescente e foriero di catarsi, tra provincia e “centro culturale-metropoli”. La catarsi si configura come un “viaggio nel viaggio”. Un viaggio che è lo spostarsi, tra una città e l’altra per finire e tornare sempre in quella che è l’emblema del dibattito di quegli anni, alla ricerca entusiasta di un riscontro-riconoscimento politico-culturale, ma che è anche un vagare all’interno della Bologna-madre (e matrigna? Che dire della malcelata delusione rappresentata dal ritrovarsi desinare in uno squallido self-service con vino sofisticato?) e soprattutto (come ogni viaggio, del resto) ricerca interiore. Tuttavia, chi sembra fruire a pieno di questa esperienza è Stefania, che, grazie ad un incontro fortuito e non voluto, si trova, a vivere un’esperienza che la pone su un livello altro rispetto a quello prevedibile, collocandola al di fuori dei percorsi tracciati, fino a farle compiere una scelta simbolica in un luogo simbolo, quello del centro congressi nel bel mezzo di una relazione tenuta proprio dal suo compagno. Il linguaggio, volutamente scevro da orpelli di qualsiasi tipo, e la struttura sintattica piana, lineare, pongono questo racconto nella linea tracciata ormai da tempo dai “confessionali” americani, quella di uno stile netto, pulito che si rivolge al quotidiano con lucidità e senza mediazioni. La stessa scelta contenutistica, che richiama alla memoria Genet, Miller, ma anche, in parte, il Tondelli di “Altri libertini”, o “Frigidaire” di Pazienza, conferma la posizione di questo brano all’interno di una tradizione consolidata, quella di una modernità ironica e disincantata, “generosa” e, nel contempo, tagliente nei confronti dell’ “attuale”… Maurizio Ruggeri Lorenza Moroni Bologna 1977 Di Bologna se ne respira l’aria, nel suo stereotipo di città “compagna”, nella sua accezione politica e conviviale (gaudente?) insieme, con le sue osterie, la sua socievolezza sentita come “giusta”, in cui trovarsi “a casa” da qualsiasi angolo si provenga, salvo condividerne lo spirito di città “rossa”, e in essa anche il diffidente e taciturno Barbaricino è finalmente autorizzato a lasciarsi andare, a fidarsi della città, lasciandosi coinvolgere nella sua anima materna - quasi che il contrario sarebbe farle torto – calda e “impegnata” insieme, e la pronta disponibilità fisica del nuovo arrivato è un tuttuno del “darsi” per intero intellettualmente ed emozionalmente, a chi è lecito darsi per intero, perché comprensivo, sodale, capace e pronto ad accogliere. Questa è la Bologna che Stefania, la protagonista, ci fa conoscere come vissuta da Antonio, ma non da lei, non partecipe dell’atmosfera respirata (dello spirito) dal compagno. Nel suo distacco la città rimane sullo sfondo - potrebbe trattarsi di una qualsiasi città, e diventa burla, per cedere il campo all’osservazione dei meccanismi della seduzione. Man mano il racconto si capovolge, dal dettaglio degli sguardi all’attenzione e al piacere rivendicati dalla narratrice, il protagonista esce piano piano di scena, ed è lei a divenire protagonista, invadendo l’intera scena, “in forte vena sovrastrutturale”, forse anche lei sedotta al fine - e forse anche in barba al suo compagno, dalla “grande signora”. Il racconto, fresco e spedito, è un ironico inno al capoluogo emiliano degli ultimi anni ’70. Per sua stessa genesi di breve racconto in chiave “alternativa”, rimangono volutamente fuori gli aspetti legati agli anni di piombo.
(gm) MIRACOLO A VILLAGRECA …Evito la collisione, freno, testa coda, panico, attendo il botto… il booottooooo… subbuglio mentale, frenesia sanguigna, cuore in gola, consapevolezza dello zero… il booottooooo aaaahhh, strozzato, paralisi, incoscienza, sorpresa, sensi catapultati nell’eludibile, percezione della sensazione di vuoto, materializzarsi del baleno, sballottaggio, stridore di freni, pibitziri,[1] mosca, zanzara, geco, formica… AAAAHHH! aaaahhh! aaaahhh... Il problema è la radio… in colonia, il paesaggio collinare destabilizza la trasmissione, crea fruscii, scariche… Una lente ha interposta, tra se e l’occhio, una pagliuzza di evangelica memoria che rende instabile la vista… Il rumore soffocato del motore concilierebbe il sonno, l’attenzione viene e va come i pensieri intricati e simultanei, che variano nello spazio, nel tempo, nella terza e quarta dimensione, con musiche possibilmente dei Fifth dimension. If carpe diem, allora dimensioniamo il tempo, per la necessità di comprenderne il trascorrere, del non poter afferrare il momento appena sfuggito, come vivere sul nulla perché tutto scorre e non si ha più niente. Così non possiedo l’esser là, perché poi sono lì… e, potrò mai dire d’esser qui? The trip goes on… garage, benzina, cintura e radio non oltre il depuratore, fiancheggio il treno sconosciuto, privo di rotaie, segno delle croce non oltre il primo luogo santo, percepisco un profumo dei miei avi e vado oltre nel saliscendi di mammelle variegate, raramente generose. Capannelli soliti richiamano alla mente i dejà-vu empirici e nemmeno esternano commenti. Oltre il ponte e oltre il cespuglio compromettente, mi appropinquo to Serzela, che ogni volta riedifico, poco prima di scalare a tavoletta russian mountains e appena dopo gestisco la gimkana tra la conquista del selciato uniforme e i contenitori ancora asciutti di pozzanghere. Su questa terra concepita di nessuno, ma di pochi, fluttuo verso l’autobahn… e Wir fahren fahren fahren auf der Autobahn, Wir fahren fahren fahren auf der Autobahn, Wir fahren fahren fahren auf der Autobahn, Wir fahren fahren fahren auf der Autobahn, Wir fahren fahren fahren auf der Autobahn, Wir fahren fahren fahren auf der Autobahn, Wir fahren fahren fahren auf der Autobahn....... In prossimità di Villagreca mi sovvengono suggestioni bizantine, vorrei girare per le vie alla ricerca di caratteri somatici ellenici residuali dell’antica colonia, imbudrìus[2] dai sudditi dae su[3] Judike de Kalaris, de piasanus e aragonesus. Rallento… sono oltre il limite dei cinquanta orari… Si trovano raramente documenti precedenti al seicento, molto dice la chiesa di san Costantino Imperatore (!?). Chiedo a Sonia che storia è questa, ci si fa i santi in proprio! No, è tale solo per le chiese orientali… Scorgo il campanile normanno-arabo... e a destra il baluardo non ceduto e non sacrificato alla superbahn… … su tziu annantis est lentu![4] Si può avere la certezza dei santi? Mi sovviene di riflesso un flashback di santa Greca, un culto antico, diffuso, anche in chiese di altri santi… martire o monaca, nobildonna valenzana abbadessa “in monasterio et ecclesiae sanctae Grecae martyris in villa de Decimo”, trecento, nominata da Antonio delle Carte, avo di Renato, forse… I monasteri medioevali sorgevano quasi sempre a custodia di sepolture di santi. … Troppo lento, mi sposto sulla sinistra, lo sorpasso… un gesto meccanico avvolto dai pensieri… Verso il 1560 l'arcivescovo Antonio Parraguez de Castellejo ordinò che la chiesa fosse restaurata, e durante i lavori tra le macerie fu ritrovata un’epigrafe marmorea contenente il nome di Greca. Solo a restauri conclusi, il nuovo arcivescovo Francisco del Val, verso il 1590, ordinò che l'epigrafe fosse riportata nella chiesa da cui proveniva. Nel 1618 l'arcivescovo Francesco l'Esquivel, riordinando il calendario liturgico della diocesi, sulla base della tradizione e dell’epigrafe, inserì tra le feste dei santi anche quella della "martire Greca". Nel 1624 il cappuccino Serafino Esquirro, diretto collaboratore di mons. Desquivel, pubblicò il testo dell'epigrafe. …Mercedes ha fatto la stessa valutazione… la scorgo casualmente nel retrovisore, ignorato dal touring tour in atto… Si scavò sotto l'episcopato di mons. Ambrogio Machin de Aquena….. …evito la collisione, freno, testa coda, panico, attendo il botto… il booottooooo… subbuglio mentale, frenesia sanguigna, cuore in gola, consapevolezza dello zero… il booottooooo aaaahhh, strozzato, paralisi, incoscienza, sorpresa, sensi catapultati nell’eludibile, percezione del senso di vuoto, materializzarsi del baleno, sballottaggio, stridore di freni, pibitziri, mosca, zanzara, geco, formica… AAAAHHH! aaaahhh! aaaahhh... Un attimo saettante di lucidità, un attimo singhiozzante di riflessione, del flusso di vetture retrostanti, pensieri analoghi? Essendosi scavato l'intero pavimento della Chiesa, si trovò una sola tomba verso il centro dell'aula sul lato sinistro. Si trattava di un cassone in pietra coperto da pesanti lastroni, che conteneva uno scheletro femminile: per esclusione fu ritenuta la tomba di santa Greca. Le reliquie furono divise in due parti… Evito la collisione, freno, testa coda… Il brusco movimento del volante congiunto alla frenata di terrore gli fece perdere il controllo dell’automobile, stridore di freni, sbandata, la vettura si stava capottando, poi ricadde in un movimento innaturale, prese diverse direzioni, impazzita… era inatteso, assurdo… … Gravi conseguenze, gravi conseguenze, gravi conseguenze… la Mercedes prosegue… la fila di vetture davanti avanza freddamente, imperturbabile… Dietro, stessi pensieri? A bordo drasticamente interrotti… Nel 1882 il suo nome, assieme a tanti altri santi sardi, fu tolto dal Calendario Diocesano per volontà della Sacra Congregazione dei Riti, ma l'anno appresso, papa Leone XIII ordinava che nell'elenco delle feste, tra i nomi venerati con culto locale venisse reinserito anche quello di santa Greca, con la qualifica di martire. Con decreto del 15 maggio 1914, fu estesa a tutta la Sardegna l'ufficiatura dei "Martiri cagliaritani", tra i quali è ricordata santa Greca… …Movimenti sconosciuti, indecisi, casuali, la macchina è di traverso in seconda corsia, destinata al guard-rail di mezzeria, ulteriormente sospinta dal tamponamento a catena, ai 130, 120 o 100, 90 km orari… un movimento ancora, miracoloso, la macchina si arresta, le gomme sono fumanti, bruciano, l’odore è nauseabondo, si spegne… In lontananza sopraggiunge un’automobile bianca, perplessi, terrorizzati a bordo, rallenta, si ferma… Accendo il quadro, incredulo, confuso, miracolato, metto in moto, riparto…
BOLOGNA 1977: IN FORTE VENA SOVRASTRUTTURALE Avevo ventun anni quando misi piede per la prima
volta a Bologna. C'ero già stata più volte con l'immaginazione: le osterie
di fuori porta, l'Osteria delle dame, le torri, Piazza Maggiore... fu qui
che approdammo io e Antonio Cabiddu in un soleggiato e umido giorno di
novembre ed era anche domenica. |