Valentina
Ceccatelli
sono nata il 16|9|86 a Prato (dove
ancora vivo) e allego un racconto che ho spedito anche al concorso per il
campiello giovani (e mi hanno detto che era troppo attuale e pieno di
"volgarità". ahahah. simpatici)
il racconto si chiama "La storia di Nico", top secret se si
tratta di una
storia vera o no. |
La storia di Nico
Ormai più nessuno, a scuola, pensava a Nico come a
un ragazzo normale. Era diventato un personaggio e, come tutti ragazzo
normale. Era diventato un personaggio e, come tutti
i ragazzi che diventano qualcosa del genere, o veniva amato o veniva odiato.
Era un ragazzo abbastanza alto, molto magro, con dei rasta castani che gli
incorniciavano gli occhi neri. Le ragazze lo trovavano bello, i suoi amici
gli dicevano che era un pazzo…e gli altri, quelli a cui stava sulle
scatole, dicevano che era solo un tossico schifoso. A Nico non importava di
quello che gli altri potevano pensare di lui…lui andava per la sua strada
senza dover guardare in faccia a nessuno. Aveva un carattere strano, Nico:
passava dall'ombroso all'euforico nel tempo che un raggio di sole usa per
bucare una nuvola. Una volta disse ai suoi amici "Ho letto su un libro
che chi ha sbalzi d'umore così frequenti è incline al suicidio, quindi non
preoccupatevi se domani non vengo a scuola" Poi si era
messo a ridere, con la sua risata argentina che faceva venir voglia di
ridere anche a te. Era così, Nico, in ogni momento in lui convivevano luce
ed ombra e, contrariamente
agli altri ragazzi, lui riusciva benissimo a convivere con entrambe. Nico
amava la musica, spesso diceva che se la musica non fosse esistita, questo
mondo sarebbe andato
"a puttane"…era una delle sue espressioni più usate, quando una
cosa andava male per lui andava "a puttane"…la scuola Nico? A
puttane! Com'è andato il compito? Mah…a puttane! Quando era giù di
morale ripeteva spesso "Che puttanaio!" Non a caso, chi non lo
conosceva bene pensava che fosse un pervertito. Ma Nico doveva essere
conosciuto bene, per essere capito…era un ragazzo come ce ne sono pochi:
pensava prima agli altri e poi a se stesso…cosa che, molto spesso, lo
aveva messo nei guai…ma lui continuava a farlo. Trovava che quello fosse
il modo migliore per vivere…Nico non guardava in faccia a nessuno quando
pensava di essere nel giusto. Fino a quel momento nessuna ragazza era
entrata "seriamente" nelle sue grazie…Nico, ma quando te la
troverai una ragazza? Mamma! Per ora sto bene così. O, visto dal punto di
vista dei suoi amici: Nico, ma sei gay? Ti va dietro mezza scuola e non te
ne fai nemmeno una?! Oh, ma che ve li fate i cazzi vostri? Aveva una
famiglia strana, Nico. Fra loro c'era un rapporto di tolleranza
reciproca, che molto spesso sfociava in guerra aperta. E quando scoppiava la
guerra, Nico telefonava a un amico o a un'amica e chiedeva se poteva restare
a dormire da lui per
due o tre giorni. Se gli dicevano di si non c'erano problemi, altrimenti
andava a dormire in macchina…era un tipo risoluto, Nico. Molto spesso
capitava che qualche primina gli mandasse un biglietto, lui lo leggeva e, se
era interessante, lo teneva, se conteneva solo discorsi idioti del tipo
"amo-i-tuoi-rasta-e-i-tuoi-occhi-mi-piacciono-un-sacco" lo
cestinava direttamente. Aveva una teoria, Nico, secondo la quale per
esprimere i propri sentimenti scrivere era più facile che parlare
direttamente a una persona… quindi qualcuno che scrivendo riesce solo a
sbocconcellare una frase sui rasta e sugli occhi, guarnita da un "hai
un bel culo" non aveva cervello abbastanza da sopravvivere per una vita
intera. Nico al massimo gli avrebbe dato da vivere fino a trent'anni, non di
più. Amava anche scrivere, Nico,diceva che lo aiutava a sfogarsi, aveva
già scritto molte canzoni che poi interpretava con la chitarra, ma non le
faceva sentire a nessuno…diceva che era roba sua. Ma in realtà si
vergognava a farle sentire…non era un tipo che amava essere al centro
dell'attenzione, infatti l'essere così famoso dentro la sua scuola lo
infastidiva parecchio, era una cosa che non sopportava. Un'altra cosa che
Nico diceva spesso era "siamo tutti quanti malati terminali"
citando "chissà chi", famoso autore sconosciutissimo. Per
spiegarsi meglio, rispondeva che, se doveva pensare che a cinquant'anni
sarebbe diventato un classico borghesotto con il suo appartamento in centro,
o magari con la villetta in periferia e l'orticello da zappare, per far
finta di essere contadini e nascondersi…lo diceva sempre "Preferisco
crepare prima" e lo diceva davvero seriamente, poi ripeteva "Io
sono un vero malato terminale, ma quando terminarmi lo decido io" una
volta gli era scappato da ridere e aveva aggiunto "Detta così sembro
uno yogurt" e aveva continuato a ridere, poi aveva detto "Sarà…ma
io molto spesso mi sento scaduto…senza nemmeno essere stato stappato"
e poi l'immancabile "Che puttanaio" e a quel punto tutti sapevano
che…oh-oh! C'è qualcosa che non va! Nico cos'hai? Nulla, affari miei. Ma
dai! Cercavamo solo di darti una mano! Non ne ho bisogno, nono voglio
l'aiuto di nessuno! E non lo diceva per cattiveria, ma Nico sentiva il
bisogno di uscire dai suoi guai con le sue forze e basta, senza nessuno che
lo spingesse da tutte le parti per dargli una mano.
Non ci credeva nelle coincidenze, Nico. Non poteva
essere una coincidenza il fatto che fosse stato interrogato in tutte le
materie che non aveva studiato. Stava pensando…
e ora chi li sente i miei? Che puttanaio. Prof, posso andare in bagno? Si
Nicola, va in bagno. Bene, mi ci voleva un po' di nicotina. Nicotina inizia
come Nicola. E Nico di
nicotina ne assorbiva parecchia, stava sempre con un cicchino in bocca…eppure
quando cantava aveva una gran bella voce, lui. E ora chi li sente i miei?
Mah…che puttanaio. Che gran puttanaio. Nico! Che ci fai qua? Ciao Andre!
No, nulla, solo a giro…ho bisogno di nicotina. Era sempre così, Nico. Se
poteva ti diceva sempre la verità. Se poteva. Che combini sabato sera? Nico
scuoteva la testa e diceva "Non lo so" poi, di solito, aggiungeva
"perché?" piegando la testa da un lato, come se avesse voluto
seguire meglio quello che gli veniva detto. Era fatto così, Nico. Fece
così anche quella volta. Andrea rise e gli disse:
sembri un cane quando pieghi la testa in quel modo…è uguale, ormai lo
faccio di mio, cosa c'è sabato sera? Facciamo una festa in una fabbrica
abbandonata. Ok, vengo…ah, Andre! Ma è legale? Penso proprio di no, non
ci si può entrare la dentro. Ok, meglio così, allora ci vediamo là. Poi
si girava e andava via. Spariva e riappariva come un'ombra e la maggior
parte delle volte nessuno se ne accorgeva. Amava il proibito, Nico. Tutto
quello che non si poteva fare lo attirava tantissimo, così si era messo a
fumare proprio sotto il cartello del divieto di fumo…era una scena strana
vedere Nico tutto concentrato
sulla sigaretta con sopra un cartello con scritto "vietato fumare"
Nico, dove vai? A una festa, mamma! Ok, ma non
tornare tardi! Mamma, ho diciannove anni ormai! Chiudeva la porta e usciva,
ormai prima di uscire diceva sempre le stesse
cose, tanto poi tornava a che ora gli pareva. Prendeva la macchina e andava
dove voleva, lui viveva soprattutto di notte. La macchina di Nico era una
macchina abbastanza
scassata: Nico l'aveva presa usata e molti pezzi sarebbero stati da
cambiare, ma lui ci si era affezionato. Si affezionava anche agli oggetti,
Nico. Quella sera arrivò alla fabbrica abbandonata, vicina a casa sua, con
un po' di ritardo…non amava gli orari, lui…così era sempre in ritardo a
scuola. Sentiva già la musica dei Doors che usciva dalla struttura…gli
sembrava quasi uno scheletro di un vecchio dinosauro, lasciato lì perché
dei pazzi ci facessero le feste dentro. Gli piaceva…amava i posti strani,
Nico. Appena entrato Andrea lo trovò subito…Nico! Allora sei venuto! Te
l'avevo detto che venivo, no? Sei da solo?
Andrea aveva annuito e gli avevo detto "aspettavo te" Nico l'aveva
preso da parte e gli aveva detto: usciamo, qui c'è troppa gente. Andrea
aveva capito al volo e i due erano
usciti dallo scheletro del dinosauro. Si erano seduti fra due cespugli e
Nico aveva subito iniziato a sdrumare…non era un tipo che perdeva tempo.
Andre, passami una cartina.
Tieni…che cos'è? Polline. Ok, ti faccio il filtro? Si. Come lo vuoi?
Fammelo un po' lungo. Ok. Andre era bravo a fare i filtri. Detta così è un
po' comica, ma era vero. Nico era
bravo a girare. Tutti e due insieme giravano una canna in meno di due
minuti. Avevano talento per queste cose. Buono questo fumo, Nico! Dove l'hai
preso? Ai giardini di fronte.
La prossima volta vengo con te. Ok. A volte Nico non aveva voglia di parlare…allora
si metteva a sedere e guardava in giro, poi si alzava e se ne andava senza
dire nulla a
nessuno. Ma quando era con Andre non lo faceva mai, non se ne andava. Andre
era il suo migliore amico…e di solito era lui ad accorgersi per primo che
Nico era in fase puttanaio,
come la chiamava lui.
Quel giorno Nico ebbe due botte. Una buona, una un
po' meno. Anche la sua vita somigliava un po' a Nico…luce e ombra erano
sempre a fianco. Andre e Nico tornarono allo scheletro di dinosauro…ci si
erano affezionati, a quel posto. Dai, Nico, ti presento una mia amica.
Flash. Ciao, sono Manuela. Ciao, io sono Nico…flash. Quella fu la prima
botta, quella positiva. Era stato un flash e Nico si era subito accorto che
quella ragazza era diversa dalle altre…Dai, Nico! Ti sei addormentato?
Muoviti, entriamo! Arrivo. Nico vedeva Manuela come all'interno di una bolla
di sapone traslucida.
Tutti si accorgevano che la risata argentina di Nico
si faceva sentire sempre meno. Era un tipo che rideva spesso, lui. Prima
rideva spesso. Ora Nico era quasi sempre in fase
puttanaio. Andre se ne accorgeva più di tutti. Ora era così diverso, Nico.
Eppure si era trovato la ragazza fissa… Manuela e Nico sembravano fatti
apposta…due pezzi a
incastro dello stesso puzzle. Eppure la risata di Nico non si sentiva più.
Ad Andre mancava, la risata di Nico…ma Andre non sapeva che mancava anche
a Manuela, la risata di Nico…lui pensava che avessero litigato, Manuela
pensava che gli fosse successo qualcosa in famiglia, ma nessuno capiva cosa
aveva rubato la voglia di ridere a Nico. Forse quella che c'era andata più
vicina era stata Manuela…ma aveva capito solo una faccia del diamante.
Nessuno aveva capito la seconda botta che aveva subito Nico.
Nico ora viveva solo, i suoi si erano separati e lui
era stato cacciato da casa. Che puttanaio, Nico. Ma perché non ridi più,
Nico? Nico! Perché non rispondi? Cosa sono
quei buchi nelle braccia?
Manuela capì. Non era difficile. Tutti i soldi che
Nico guadagnava dopo aver lasciato la scuola sparivano. Nico sperava che con
quella roba che si buttava in vena potesse
ricomprare la sua risata. Non era possibile. Lo sapeva. Ma ne aveva bisogno.
Nico, ti stai uccidendo. Lasciami in pace, Manu, lasciami in pace. Manu non
poteva lasciarlo in
pace. Non se la sentiva di lasciarlo in pace. Lasciarlo in pace avrebbe
significato lasciare che si ammazzasse. No, Nico, non ti lascio in pace.
Manu aveva tirato su le
maniche a Nico e aveva visto i buchi. Nico era scoppiato a piangere. Vedeva
di nuovo Manu come dentro una bolla di sapone…solo che non era sapone ora,
erano lacrime. E il
loro sapore era amaro. Ho paura, Manu, ho paura. Manu l'aveva fatto mettere
a letto e aveva aspettato che si calmasse, poi gli aveva detto: Nico, non
ridi più. Questa
roba non ti farà ridere mai più. L'aveva abbracciato e aveva ripetuto la
frase un'altra volta, mentre Nico cercava di eliminare la bolla intorno al
mondo che vedeva. Ma la bolla diventava sempre più densa e più sfuocata.
Non Avrebbe più potuto ridere, con quella roba dentro.
Aveva la febbre, Nico. Aveva la febbre e stava male,
la bolla non se ne andava…ma con lui c'erano sempre Andre e Manu. Doveva
passare uno schifo per poter riavere la sua
Risata. Nico sapeva che non sarebbe stata più la stessa. Sapeva che sarebbe
stata meno pura, meno allegra. Ma più viva. Lo sapeva, lui. Manu e Andre lo
aiutavano a disintossicarsi, ma lui non avrebbe più potuto ridere come
prima. Lo sapeva. Come sapeva che appena finite le crisi d'astinenza sarebbe
stato subito bene. Solo che aveva
paura di perdere se stesso in mezzo a quel liquido bianco che si mischiava
col rosso nelle sue vene.
Nico era disteso a letto da…troppo tempo, non lo
sapeva nemmeno lui. La sua testa era così pesante…credeva di sprofondare,
Nico. Adesso il letto mi inghiottirà…io non
voglio più esistere. Dimentica la vita, così lei si dimentica di te e ti
lascia un po' in pace, Nico. Esisti ancora, Nico. Anche se hai le braccia
segnate e la risata quasi spenta. Non smettere di prendere la vita a calci.
Prendila a calci finchè non ti lascerà in pace. Hai fame,
Nico? No Manu…grazie. È parecchio che non mangi ormai! Lo so, non ho
fame, grazie comunque. Sai che Manu è disperata, vero? Lo sai e non puoi
farci nulla. E questo ti fa
sprofondare ancora di più nel puttanaio che ti si è creato intorno. Che
succede? Stai sprofondando sempre di più. Aiutatemi, sto morendo. Sto
morendo.
Cos'è successo? Nico stava incredibilmente bene. La
bolla era scomparsa. Le crisi erano finite. La testa era leggera e il letto
non era più minaccioso. Nico ne era uscito? Si,
la vita aveva deciso di lasciarlo in pace. Manu e Andre se ne accorsero
subito dagli occhi di Nico, non avevano più quella patina di disperazione
che avevano prima. E Nico
finalmente rise, rise fino alle lacrime, rise finchè non scoppiò a
piangere fra le braccia di Manu e Andre, che finalmente avevano liberato
Nico da quella bolla in cui si era rinchiuso.
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