M.D.M.

Io sono uno, nessuno o centomila…oops! forse l'hanno gia scritto da qualche parte

FELICE INCONTRO NELLA GLORIA

L'automobile, un oggetto strano. Ti esalta. Quando è nuova ed efficiente la vivi come una seconda casa. Sensazioni serafiche e inverosimili. I tuoi soldi, la tua anima, il tuo futuro…tutt'uno con essa.
Sei lei.
Anche Lorenzo la pensava così, qualche anno addietro.

Adesso non conta più niente. Il suo lavoro, la sua casa, non sono più nulla.
In questo momento Lorenzo è bloccato senza benzina. Le colline lo circondano: buio pesto e cielo stellato di novembre. Che pazzia partire a quell'ora di notte! E poi per andare dove?
Neanche lui lo sa…troppo forte il richiamo della disperazione. Sempre abituato al meglio, ad essere il primo, da sempre. Si guarda in giro, osserva una luce in lontananza. L'auto: vuole buttarla giù in discesa, caduta libera senza paracadute, dentro al precipizio. Che cavolo gli interessa, adesso, di quelle quattro lamiere? Solo stamattina gli hanno riferito del suo male. Nel giro di poche ore tutto crolla .La bellezza del suo narcisismo sparisce con il sole d'inverno, quando il medico legge il referto. Esce lentamente dall'ospedale, ricorda perfettamente le ultime parole dette, stampate a fuoco nel suo cervello: << Mi dica tutto, onestamente: voglio la verità! >>.
Non può fare diversamente, abituato e temprato per ogni imprevisto.
Non si aspetta però la fine imminente della sua vita.
Sale in macchina, la sua bella Porche. La sera prima…Greta, fantastica bionda con cui esce da qualche tempo. Riguarda i sedili in pelle. Le belle cosce vellutate, delle mani che cercano, frenetiche. Ricordi ancora freschi aleggiano nell'aria come il profumo di lei.
Il suo profumo di donna dappertutto, richiamo di un paradiso perduto.
Accende il motore. Quanta fatica per conquistare tutto. Il benessere. Respira a pieni polmoni. Ce l'avrebbe fatta ugualmente. Vincerà. In fin dei conti un dolorino al fianco non può degenerare verso la morte. Non è da permettere. L'energia di un Dio, imperterrito sarebbe guarito. Sì.
La realtà un'altra: il peggioramento graduale è in atto. Così dice il dottore. Dolori progressivi…nessuna speranza.
Lorenzo girovaga tutto il giorno e buona parte della notte. Senza meta.
Ha fame e non capisce bene da dove viene il malessere. Prende la tanica e si incammina in discesa a cercare benzina. Oblio senza uscita. Psicologicamente sta bene. Conta i passi camminando a bordo della strada. Nessun rumore. Gli uccelli non cantano. Nel silenzio disdegna la paura.
A un certo punto si accorge che le luci delle stelle e della luna non cadono più sull'asfalto.
Guarda verso l'alto: cime frastagliate d'alberi nascondono la visuale del cielo.
E'dentro un bosco. Il freddo si fa più pungente. Lentamente, mano a mano che procede, il corpo reagisce, vuole vivere. La fame, il freddo, il dolore, una sola entità.
Con un gesto rapido e ascensionale getta lontano la tanica, mette la mano gelata nella tasca del cappotto, alza il bavero.
Gira intorno come a cercare una luce, un movimento.
Niente.
Riprende a camminare.

L'uomo non si aspetta certamente qualcuno, a notte inoltrata. Infreddolito, sul ciglio di casa, con un bel cappotto grigio, vestito elegante: un fantasma? All'inizio si preoccupa un poco. Il suo cane non abbaia e vive in mezzo ai boschi.
Pensa allora a un delinquente ma si accorge che sbaglia. Le sa riconoscere, le persone.
Lorenzo entra cautamente. Prende uno sgabello proprio di fronte all'uomo, siede, lo guarda e dice:<<Mi sono solo perso. Non abbia paura.>>
<< Zeb, il mio cane, avverte, in caso di pericolo>>.
<<Ho fame>> <<avrebbe un po' di cibo? Pago tutto.>>
L'uomo si alza, và verso la cucina alla sinistra della stanza e invita a servirsi delle scorte e ad usare i fornelli.
<<Fai come se fossi a casa tua, io riprendo a dormire.>>

L'indomani il sole è già alto quando un rumore profondo, come un mantice, sveglia Lorenzo.
Il grosso cane pastore davanti al suo viso, sul divano, bello sdraiato.
Occhi tristi, quella bestia.
<<E' strano si comporti così…>> dice l'uomo entrando dalla porta <<di solito è difficile essergli amico. Devi proprio piacerli>>.
<<Chi sei? Uno solo qui? Perché? Non c'è niente da fare in questo posto. Erba, alberi: una desolazione!>>
<< Calma, calma. Quante cose!>>

La luce del sole lo abbaglia appena aperta la porta per uscire. La giornata, stupenda.
Con gli occhi socchiusi e gonfi cerca di capire in che razza di posto si trova.
La casa è circondata da una piccola radura tutta intorno.
Poche decine di metri la dividono dagli alberi che sorgono alti, circondando l'abitazione.
Al centro, a circa cinque metri dalla porta, un pozzo. Collegate, diverse tubature portano dietro la casa. Allunga lo sguardo e in lontananza vede l'uomo allontanarsi sempre di più tra gli alberi.
Facile confondersi in mezzo a tutta quella vegetazione, bastano pochi metri nel bosco per sparire completamente. Il cane invece torna indietro. Di dimensioni notevoli, da far paura.
Lorenzo rimane guardingo per un po'. Improvvisamente si lascia andare per terra, sul gradino del porticato, dietro di lui. Non reagisce. Il quadrupede rallenta la sua corsa fino a fermarsi, si accovaccia. Amici. Lo accarezza senza più timore. Il cane rimane qualche minuto poi torna in mezzo al bosco. Adesso è solo con i suoi pensieri. Non sa dove sono l'uomo e il suo cane. Non gli interessa più di tanto, d'altronde. Le ore passano. Decide di approfittare ancora delle scorte messe a disposizione dallo sconosciuto. Entra in casa a mangiare. Appena finito si accorge che qualcuno sta lavorando sul pozzo. Esce: lo sconosciuto è tornato. Del cane neanche l'ombra.
<< E Zeb, dov'è?>>
<<Ah, lui!>> …<<sarà ancora là della tomba>>.
Lorenzo è sorpreso e imbarazzato:<<Non per essere indiscreto, ma a quale tomba ti riferisci?>>
<<C'è una tomba in cima alla collina. Non ne hai mai sentito parlare? La conoscono tutti>>.
<<Non sono di queste parti…ma di che tomba si tratta?>>
<<E' quella di mia moglie.>>
<<Per questo vivi qui?>>
<<No>>gli dice, guardando con un sorrisetto sulle labbra<<sono sempre stato qui, ancora prima di
arrivarci. La mia vita è stata, è e sarà in questo luogo>>.
Lorenzo non ha più rispetto. Spinto dalla curiosità prosegue nelle domande:<<Perché allora?>>
L'uomo si fa loquace, stimolato da tanto interesse nei suoi confronti.
<<Devi sapere che Lei morì qui per raggiungermi. Scivolò sul sentiero. Cadde sbattendo la testa. Il suo amante era con Lei…non poté fare nulla. Da quella volta tutti pensano che io sia un demonio.
Mia moglie veniva a chiedere il divorzio. C'è rimasta secca. Ma io non la odio, neanche Zeb la odia. Andiamo sempre a trovarla. Ogni giorno. Lei odiava questi posti. Per questo mi ha lasciato. Amava la città, il benessere, la bella vita. Mi aveva abbandonato ed è andata a vivere con un altro. Il suo amante…nemmeno i soldi del funerale e della tomba s'è degnato di tirar fuori. Ho provveduto io. L'ho sepolta sulla collina.>>
Lo sconosciuto non sembra abituato al dialogo e un discorso così lungo poi…
Lorenzo si tocca il fianco dolorante e finalmente afferra il motivo del perché è lì, in quel posto.
La "prova".
Il destino non è segnato.
Deve salvare gli altri per salvare se stesso.
Solo così vince.
Buio. Lorenzo, seduto sull'orlo del pozzo, i piedi penzoloni nel vuoto.
Non vede niente. Ogni tanto sente rumori metallici provenire da dietro, alle sue spalle, verso la casa.
Lo sconosciuto sta ancora lavorando alacremente con i suoi strumenti.
<< Sono stufo >> dice. Raggiunge Lorenzo ai bordi del pozzo << per oggi basta, continuerò domani! >>. Lorenzo capisce che è quello il momento per chiedere.
Dal pomeriggio non pensa ad altro, quell'uomo a lui estraneo e le sue verità.
D'improvviso reagisce: << Devo farti una domanda. E' molto importante.>>
L'uomo sgrana gli occhi e guarda cercando di capire le intenzioni, i pensieri.
Riesce a malapena a intravedere la sagoma della sua testa, ciondolante verso il vuoto.
<< Chiedimi pure >>
<< Prima di rispondere devi riflettere molto attentamente. Ti lascio tutto il tempo che vuoi. >>
<< Và bene >>.
<< La domanda è semplice …ascolta bene: se tu trovassi la persona della tua vita, il tuo ideale perfetto, lasceresti tutto, ma proprio tutto, per seguirla? >>.
Lo sconosciuto gira sui tacchi, quasi scocciato e si incammina verso la casa senza proferire parola.
Lorenzo rimane di sasso. Diventa rigido. Sente i passi dell'altro allontanarsi sempre di più.
Fino a quel momento, da seduto, dà la schiena, non può vedere le espressioni facciali.
Forse è meglio così. Quella domanda se l'è posta spesso, negli anni.
Non ha alcun dubbio adesso: la sua risposta è sì. Se ne frega dei soldi, del lavoro, delle donne, del successo, di tutto! Lui, non trova mai quello che cerca. Sempre alla ricerca spasmodica di qualcosa di meglio. Il suo ideale. Magari fosse successo. L'unico scopo della sua vita. Sarebbe stato finalmente felice. La felicità…quella cosa che lui non ha mai avuto. Non sa neanche dove cercarla.
E' tanto difficile da trovare? Sembra di si. Non se ne dà pace. E' benestante, ha tutto: ma dov'è il confine tra il potere del suo status e il suo vero Io? Chi può sapere se tutto quello che hai dagli altri è spontaneo o dovuto? Questo crea infelicità. Lorenzo pensa che solo un vero amore, l'ideale perfetto, può dare la felicità. Quella vera. Il tormento di questa situazione perdura da anni.
Non conoscere il perché delle cose è logorante. E Lorenzo soffre.
Il suo malessere si accentua quando vede i genitori. Classico matrimonio, negli anni, senza motivo di vero amore. La solita routine borghese a cui anche lui si deve assuefare. Come una droga.
Di zitellone per lui da sposare, i suoi genitori, ne trovano tante. Peccato, non fa per lui, quella vita, e lo dimostra. E' l'esatto contrario di quello che vogliono i suoi genitori. Da figlio unico o ti ribelli o non hai altre possibilità.
Solo al momento capisce di sbagliare a porre quella domanda, allo sconosciuto. Quando ricollega il tutto ai suoi genitori. A quelle domande tanto odiose che fanno, tormentandolo ancora di più.
D'improvviso capisce cosa prova quell'uomo. Si immedesima nella sua situazione.
Riesce ad afferrare il suo malessere, la sua fuga verso la casa. Inorridisce al pensiero dei suoi genitori. Alla loro insistenza nel voler conoscere e sapere tutto. La loro morbosa curiosità. E fai questo così e quell'altro cosà. La scuola, gli studi, la laurea, il lavoro e tutto il resto passano davanti agli occhi della sua mente in quell'istante della vita che avrebbe dovuto essere stata in un modo e invece è in un altro.
Fa quello che vuole, della sua vita? La sua razionalità è venuta meno.
Quando si rende conto cerca di alzarsi. Vuole chiedere scusa allo sconosciuto.
Qualcosa però lo tiene legato. Ha vergogna. Davanti a quell'uomo così gentile con lui e soprattutto così ospitale.
Non lo conosce nemmeno e lo tormenta con le sue domande.
Si sdraia ai bordi del pozzo e si addormenta.


La mattina dopo si sveglia alle prime luci dell'alba. Ha una coperta sopra di lui.
Lo sconosciuto provvede anche a questo.
Lorenzo è meravigliato di come riesce a dormire in quella situazione, in bilico sul pozzo, all'aria aperta. Vede l'uomo che lo ospita uscire dalla casa con in mano una tazza.
<< Lorenzo ti ho fatto il caffè! >>
<< Tieni. >>
<< Come fai a sapere il mio nome ? >>
<< Stanotte hai parlato nel sonno. >>
<< Veramente? >>
<< Si >> Annuisce lo sconosciuto.
<< E…cosa ho detto? >>
<< Perché lo vuoi sapere? Hai paura che abbia scoperto i tuoi segreti? >>
<< Ma…Tanto io non ne ho di segreti. A proposito…scusa per ieri sera. >>
<< Scusa di che ? >>
<< Sono stato stupido a farti quella domanda. >>
Lo sconosciuto lo guarda, sorride: <<No!>>
<< No che cosa? >> chiede Lorenzo.
<< La risposta alla tua domanda è no, invece, dimmi tu una cosa … non hai mai pensato che può essere l'ideale, l'amore perfetto, a lasciare tutto per te? Perché dobbiamo essere sempre noi a lasciare tutto e mai gli altri? E perché dobbiamo soffrire così per avere l'ideale? Non si può giungere a un compromesso? >>
Lorenzo non valuta mai le situazioni e capisce che l'uomo ha ragione.
Solo adesso se ne rende conto.
Il problema della sua spasmodica ricerca e di tutte le sue domande sta in se stesso, nella sua incapacità ad accettarsi. Tranquillità, per guarire. Come quello sconosciuto, anche lui deve imparare ad aspettare.
Attendere silenziosamente gli eventi della sua vita.

I giorni passano, come l'inverno d'altronde.
Lorenzo dimentica tutto.
La sua macchina, abbandonata sulla strada, il suo lavoro, la sua vita.
Soprattutto la malattia.
Dicono che a volte i medici si sbagliano, un miracolo improvviso, qualcosa che scatta e fa rivivere le persone.
Lorenzo con il tempo impara un'altra legge.
Quella del bosco.
L'essenza del suo amico sconosciuto.
Un cane, Zeb, intuisce il dolore e per questo ti è amico. Sensibilità.
Tutto sembra lontano lontano.
La caccia, la pesca e tutte le piccole cose del suo nuovo mondo non lasciano più tempo al dolore.
Lo sconosciuto insegna molto e Lorenzo si sforza di capire.

Non so dirVi come finisce questa storia.

Forse Lorenzo torna alla vita di sempre.
O…trova finalmente il suo ideale.
Oppure rimane con Zeb e lo sconosciuto fino all'arrivo della morte.
E se è ancora vivo?

Sta a Voi decidere.



Questo racconto si rifà a un pezzo musicale di Ry Cooder.
" Happy meeting in glory " dall'album "Jazz".
E' un classico americano, veniva cantato ai funerali della gente di colore, credo…ma, alla fine, che importanza ha?