Tonio
Cantoro questo è un mio piccolo racconto...non penso di
dover dire molto di me in quanto questo è il mio primo
"lavoro". |
…Egli giuocava con l'idea e continuò a farlo con tenacia; la lanciava in
aria e la trasformava, la lasciava sfuggire e la riprendeva, le gettava
attorno l'iridescenza della fantasia, le dava le ali del paradosso. L'elogio
della follia, mentre egli proseguiva, si elevò a filosofia, e la filosofia
stessa si rifece giovane e, al folle ritmo del piacere, con le vesti
chiazzate di vino purpureo e cinta d'edera, parve danzare come una baccante
sulle colline della vita irridendo il tardo sileno per la sua sobrietà…(Wilde).
STORIA DI UNA TARANTOLA
Lo studio era impregnato dell'intenso odore delle rose e quando la
leggera brezza estiva frusciava tra gli alberi del giardino, fluiva dal vano
dell'entrata il greve odore di una singolarissima rosa incisa su un sasso.
Ogni qualvolta l'odore si insinuava, lo sguardo di Carlos si indirizzava
verso di esso ed inevitabilmente gli si stringeva il cuore.
Quel sasso simbolo di vanità!
Per malia o per destino, il giorno di San Paolo di Galatina, Carlos si
trovava su una spiaggia detta "Bona Vista", vicino ad un piccolo
cumulo di legna pronto per essere bruciato. Lì rinvenne una Tarantola: un
ragnetto nero, misterioso, affascinante.
La tarantola, in verità, era una donna dagli occhi neri, disarmanti,
trasformata così dalla Dea Minerva per colpa della sua vanità: la sua
dionisiaca tendenza ad eccedere era riuscita a trasfigurarla, presa nella
sua grottesca ambizione di assoggettare a se tutti gli uomini che le
giravano intorno. Carlos prendendola con se, non immaginava assolutamente
quale sarebbe stato il suo destino e quanto quell'animaletto avrebbe
influito sulla sua vita.
La notte, la tarantola, liberatasi dalla gabbia in cui era stata rinchiusa,
prese le sembianze della donna e si avvicinò a Carlos. Si sdraiò al suo
fianco e i due corpi si unirono in una armonia ideale, agevolata
dall'euforia ormonale in cui Carlos si trovava, dovuta al sonno, ma anche al
potere di seduzione di lei. Il giorno dopo Carlos, levatosi, cercava di
unire i pensieri e i ricordi di una notte magica passata sotto le stelle e
sotto lo sguardo candido ed amico della Luna: non trovava ragione! Aveva
passato una notte lancinante e non riusciva a capire… era sconvolto!
Riusciva solo a ricordare due grandi occhi neri che lo avevano sequestrato e
di tutto il resto aveva in sé solo la sensazione di un piacere e l'odore di
una notte d'amore.
La tarantola era fuggita! La donna non aveva fatto ritorno nella sua gabbia.
In quel momento Carlos stordito dagli avvenimenti notturni, non aveva badato
a questo piccolo ed insignificante particolare. Già, la tarantola era
fuggita!
Carlos continuava a non darsi pace: era pervaso dalla felicità, che non
riusciva a gustare al meglio perché non comprendeva da dove questa
provenisse.
Passarono i giorni e le notti di un'estate lenta ed afosa. Carlos con la
mente era lì, non riusciva a liberarsi, era come ipnotizzato. Aveva
percepito, però, qualcosa! Si, qualcosa era avvenuta in quell'animo
razionale e così timoroso di nuove avventure: quella notte la sua anima si
era liberata e per sortilegio si era messa ad amare.
Si, ad amare, ma chi? Ancora una volta quella stupenda donna era riuscita a
colpire, ancora un'altra vittima, ancora un altro uomo da far perire
d'amore. I giorni trascorrevano: l'estate entrava nel vivo. Fervevano i
preparativi per quello che era il più grande appuntamento della stagione:
la Notte della Tarantola.
Come ogni anno Carlos con i suoi amici partecipava a questo rito: si faceva
trasportare dal ritmo incessante e frenetico della musica dei tamburelli e
dei violini, e ogni volta si faceva trovare in uno stato di "trance
narcotico".
In quei giorni Carlos pensava spesso alla tarantola: confidava di ritrovarla
al "Bona Vista".
Arrivò la Notte della Tarantola! Era il 22 agosto! E quella notte Carlos
andò sulla spiaggia, come trasportato da un'entità superiore che lo
guidava. Carlos si fidava del suo istinto e decise di farsi condurre. Era in
uno stato di estasi dovuto sicuramente al vino che insieme agli amici aveva
bevuto, ma c'era di più: il ricordo di lei, forse! Comunque era inebriato e
si sentiva bene e a proprio agio. Alzò la testa per osservare la sua amica
Luna che quella sera era particolarmente bella. Ad un certo punto il fiato
gli si bloccò. Udì una voce che proveniva dalla Luna…la sua dolce amica
voleva comunicare con lui.
La Luna provò a scoraggiare Carlos nel suo tentativo di cercare la
tarantola: gli raccontò tutta la verità su quello che era accaduto. Lo
volle fare perché lui aveva un'anima nobile e sincera e perché aveva
quelle capacità che, apparentemente gli uomini confondono con
l'intelligenza, ma altro non sono che contiguità dirette con il metafisico.
La Luna diffidò Carlos: gli raccontò di tutti gli uomini che la donna
aveva fatto soffrire sino a portarli alla follia o addirittura al suicidio.
Spiegò che la punizione inflittagli, quella di essere trasformata in una
tarantola, era stata voluta dalla Dea Minerva, in quanto la donna aveva
cercato con arti miserabili e meschine di assoggettare a se gli uomini.
Minerva aveva trovato perfido e indecoroso per una bella donna quello
stupido gioco, anche perché la sua stessa vanità l'aveva condotta a non
aver rispetto di se, quanto era divenuto sostanziale per lei il dominio
sugli uomini.
Carlos capì! Anche se era scintillato dall'amore verso quella donna. La
Luna era consapevole di ciò e diede a Carlos la facoltà di scegliere cosa
fare della donna. Poteva ucciderla, aveva questa possibilità! L'avrebbe
uccisa per il troppo amore, pensava. Una lama avrebbe lavato l'onta di cui
si era macchiata e a lui avrebbe ridato coraggio e forza. Lui poteva fare
questo!
Si avviò verso il "fuoco mai acceso", sicuro che l'avrebbe
incontrata lì, la sua piccola tarantola. Lungo la strada l'emozione lo
assaliva: uno stato di confusione lo pervadeva tutto.
I tamburelli e i violini da lontano annunciavano che La Notte della
Tarantola era iniziata! Quando arrivò vide la donna seduta vicino al
"fuoco mai acceso". Con una voce soave lei lo invitò a sedersi al
suo fianco. Lui si sedette e cominciò a parlare, con parole che si
scioglievano sotto l'alito della passione.
Furono parole di fuoco! Lo stato di trance lo aiutava ad essere forte e
deciso: sembrava avesse trovato la forza di opporsi a quella donna, tanto
dolce quanto spietata.
Ad un certo punto la donna invitò Carlos ad accendere il fuoco. Lui
comprese che se lo avesse fatto si sarebbe consegnato a lei per sempre.
Ad un certo punto, alzò gli occhi verso la Luna, che osservava interessata
e distaccata, e le disse che avrebbe voluto contenere in un fiore il ricordo
di quella donna. Un fiore, il cui profumo poteva rammentargli la vanità e
la stoltezza degli esseri umani e l'amore che non sono capaci di donare,
quanto sono presi dalla loro bramosia di imporsi sugli altri. Si! La
meschinità del mondo la voleva afferrare nel profumo di un fiore. E così
fu, mentre mille violini suonati dal vento accompagnavano l'ultimo abbraccio
e l'eroico coraggio di un feroce addio. Carlos andò via, lasciando la donna
vicino al "fuoco mai acceso", lacrimante, forse di lacrime vere,
questa volta, perché lei, forse, aveva compreso quanto piccolo fosse il suo
mondo, forse. Nello stesso momento in cui lui si allontanava la musica dei
tamburelli e dei violini si amplificava e lo investiva sino a impadronirsi
di tutto il suo corpo: il rito sciamano lo liberò dall'incantesimo.
Il giorno dopo Carlos si alzò di buon ora e andò al "Bona
Vista", verso il "fuoco mai acceso". Si accorse che il fuoco
aveva bruciato tutta la notte. Frugando tra la cenere trovò un sasso ben
levigato, profumatissimo, con su incisa una rosa in tutto il prodigioso
nitore della sua bellezza.
Nella sabbia, più distante, giaceva una donna, in abito da sera nero, con
un coltello piantato nel cuore ed il viso snaturato.
Aveva un foglietto in mano, con su scritto: "rosa que al prado,
encarnada, te ostentas presuntuosa de grana y carmìn banada: campa lozana y
gustosa; pero no, que siendo hermosa tambièn seras desdichada". Solo
esaminando i suoi anelli riuscì a riconoscerla. |