Andrea Mucciolo

Nato a Roma l'11 luglio 1978.
La sua opera prima è un piccolo romanzo "Divieto d'uscita" (Eremonedizioni, 2006).
Un suo racconto è stato pubblicato sulla rivista "Inchiostro" (nº 55) nella sezione "racconti bonsai". Attualmente vive a Roma.

PENSO

Il 4 marzo 1952 ci deve esser stato qualche sbaglio grosso: io sono nato. Per fortuna, questo passo falso è stato emendato anzitempo, perché il 6 aprile 1997 io sono morto. Eccoli qui, tutti quanti, al mio funerale. Parenti, amici, colleghi. D'aria luttuosa ha ben poco questo servizio funebre. Sembra di stare alla presentazione d'un libro o, per dirla con parole nude e crude, ad una scampagnata. Se qualche venditore ambulante di Kleenex cercasse di fare qualche affaretto piazzando fazzoletti, rimarrebbe deluso: lacrime non scendono da occhi aridi, non scorrono per guance asciutte. Certo, non me l'aspettavo. Ed è qui la mia miopia, causa della mia amarezza. Credevo come tutti, d'avere degli amici, persone che mi stimassero, che provassero gioia dalla mia compagnia… Credevo…
La mia vita è stata un ologramma, mal fatto e ora svaporato per sempre. Con le illusioni ho costruito castelli. Fidandomi della gente mi son messo i paraocchi. Li sento, quello che dicono; li vedo, come sorridono…

"No Vito non era una persona cattiva, ma era di un'invadenza… In pratica si autoinvitava ogni volta che organizzavamo qualcosa, eppure tentai di dargli a intendere che la sua compagnia non ci era gradita; non si inseriva bene nel gruppo, era troppo diverso da noi…". Stefano, mio amico? Quindi stavo sulle palle a tutti eh?
"E poi vi ricordate al ristorante o al pub quante storie faceva: "Questo non lo mangio perché non mi fido, questo no perché è pesante, io non bevo e poi domani mi devo alzare presto…
Che palle ragazzi!"
"Già, è per questo che negli ultimi tempi organizzavamo le uscite di nascosto…".
"È sempre stato così, fin da bambino. Quando ci veniva a suonare a casa, a me e mia moglie, perché voleva giocare col nostro cane, a volte fingevamo di non essere in casa; non era come tutti gli altri bambini che giocava tranquillo no, cominciava a rompere con tremila domande, era una mitragliatrice. Noi volevamo starcene in pace per conto nostro ma no, non era possibile…". Mio zio paterno. Lui e sua moglie li consideravo i miei secondi genitori. Ero furbo vero? Chissà, forse anche ai miei sarò stato sulle palle così, anzi di più, loro che dovevano sopportarmi tutti i giorni.
"Guardate è brutto dirlo: ma sono contenta se ne sia andato! Ah, l'ho detto! Con lui non si poteva fare nulla: la discoteca no perché si vergognava, il pub no perché era astemio, il mare no perché il sole "rovinava la sua pelle chiara e delicata", la montagna neanche perché lui soffriva il freddo… E che cazzo! Ma che davvero! Quindici anni sono marcita insieme a Vito, ora voglio rifarmi, sono ancora giovane…". Mia moglie. Pensavo almeno lei mi capisse. No. Sono un fallito. Uno sprovveduto.
Mi vedo disteso. Il mio viso ha un'aria di pace, poiché quando sono morto ancora non sapevo.
Ho mischiato dei barbiturici con degli antidepressivi… No, non volevo uccidermi, ero solo molto giù, non mi resi conto di ciò che stavo facendo.

Hanno finto per me, che carini! Non volevano ferire i miei sentimenti… STRONZI!! Fottetevi tutti quanti… Tolgo il disturbo, anzi, l'ho già fatto. La gente mi passa vicino, si fa il segno della croce e prosegue oltre.
Bisogna per forza schiattare per conoscere la reale opinione che le persone hanno di noi? Sì, nessuno è mai sincero… Nessuno è mai sincero… Nessuno è mai… Penso a queste parole… E considero…

Già, nessuno dice la verità. Anch'io parlavo male delle persone alle loro spalle; anch'io scansavo da me esseri umani che non mi erano simpatici, ma che magari avevano bisogno d'aiuto; anch'io fingevo, facevo il falso, leccavo il culo…
Sono un ipocrita, dovrei stare zitto, non posso proprio criticare nessuno. Nessuno dà senza ricevere, me compreso.
Mi stanno portando via, mi metteranno in un loculo. Qualcuno propone di andare tutti quanti ad una trattoria qui vicino, dove, sostiene costui, preparano delle linguine allo scoglio come da nessuna parte. E poi il vino. Hanno una carta dei vini fornita ed economica. Cosa si può volere di più?
Sto qui fermo… Ora che devo fare? Dove devo andare? cosa diverrò?

……………………….


La stanza è vuota. La stanza è buia. La stanza è quieta. Non posso piangere, non posso sbattere la testa al muro… Sono impalpabile, evanescente, incorporeo.


Ecco qualcuno mi si avvicina… Chi è? Ho terrore, mi sta prendendo il panico, l'angoscia, mi sento smarrito…


"Seguimi", mi sussurra l'angelo. Le sue ali sono enormi, forse è un arcangelo.
Ma ha detto "seguimi", giusto? Le parole hanno una delizia inesprimibile. Vado, lo seguo, tra immagini di ambienti eterei, celestiali. Estasi, visibilio, felicità, queste parole ora possono descrivermi.
"Presto sali, è tardi!". Una specie d'autobus m'aspetta, sospeso non so dove. Salgo, sorrido, a chi sarà mio compagno per l'eternità.
"Ciao a tutti!", urlo. Sono esaltato.
"Appena in tempo!", mi dice l'autista, un cherubino. L'autobus parte. Si libra nell'immensità aerea.
Ora non sento più odio. Non provo più rancore. Ho il quadro chiaro. Mai più cercherò la finzione, mai più perseguirò finalità vane e sterili. Se solo l'avessi saputo prima…
Mentre l'autobus svolazza tra colori di cui non sapevo l'esistenza, immagino quando rivedrò tutte le persone che ho incontrato nella mia vita, qui… Sarà così, pregherò come devo, la mia grande forza del perdono elargitami dal Sommo m'aiuterà in questo… Allora non ci sarà più odio, e potremo parlarci senza ipocrisia e doppiezza; ambiguità.