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E' nato un fiore
Le favole sono da sempre
il materiale con cui i bambini costruiscono il mondo salvo lasciarle
da parte per sempre ad un certo punto della loro crescita. Da quel momento
in poi si incamminano sulla strada che li porterà ad essere giovani
uomini e giovani donne. Alcuni rimangono più a lungo di altri
immersi nei fantastici mondi dove tutto ciò che la loro fantasia
crea è possibile e vengono definiti folli o geni. Altri da adulti
rinnegano completamente quelle fantasticherie infantili e si trincerano
dietro la vera verità che li protegge e li rinchiude nello stesso
tempo: una sicura prigione.
Molte e varie sono le cause che spingono le persone a questo totale
rifiuto delle favole; scetticismo, insicurezza, paura di essere tagliati
fuori da un mondo in cui tutto deve avere una spiegazione razionale
ma per Virginia non fu così. Fu un trauma che la consacrò
alla logica , razionale e sicura realtà. Lei aveva un bellissimo
bambino che come tutti i bambini credeva che il mondo fosse totalmente
a sua disposizione. Poteva piegarlo e modellarlo a suo piacimento finché
un terribile giorno con una sciarpa colorata si arrampicò sulla
soglia della finestra aperta e volò fino alle nuvole.
Il corpicino straziato che Virginia trovò sul selciato della
strada sotto casa non era che la prosaica adulta traduzione del suo
volo nell'infinito.
Da allora Virginia, invasa dal senso di colpa, consacrò la sua
vita alla salvezza dei bambini dai fantasmi delle favole.
Luogo eletto di espiazione era per lei la scuola elementare Carlo Collodi-
ironia della sorte - dove tutti i giorni impegnava il suo tempo a strappare
i bambini dal falso mondo delle favole per portarli dentro la triste
ma, nel suo modo di vedere, molto più sicura realtà. E'
inutile dire che dalla sua classe erano bandite storie filastrocche
ed invenzioni di ogni tipo. Ogni cosa doveva avere la sua spiegazione
tradizionale ed ogni bambino doveva capire ciò che poteva fare
in assoluta sicurezza e ciò che non doveva assolutamente arrischiarsi
a tentare. Le finestre erano sempre chiuse per ovvi motivi e nessuno
dei bambini della classe di Virginia si poteva permettere di raccontare
altro che la verità.
Questo terribile equilibrio fu spezzato, per fortuna, il giorno in cui
Alice entrò per la prima volta nella classe prima della scuola
elementare Carlo Collodi.
Alice era cresciuta con Marino che era uno dei rari esempi di adulti
che mantengono quella elasticità tipica dei bambini. Pronto a
credere e a far credere tutto a tutti lui aveva sposato la causa della
magia. Era mago, clown, saltimbanco, prestigiatore illusionista, mimo,
attore, disegnatore, regista e grande affabulatore. Aveva iniziato la
sua carriera girando per il mondo col suo camper-teatro e facendo spettacoli
di strada. Il suo destino e la sua maestria lo portarono a diventare
uno dei più grandi produttori di favole del mondo e di conseguenza
incommensurabilmente ricco. Faceva film di enorme successo, progettava
parchi a tema, i suoi spettacoli teatrali erano sempre esauriti nei
più importanti teatri del mondo, era conteso da tutte le televisioni
per dimostrare le sue doti magiche. Nonostante questo e nonostante la
nascita di Alice non smise mai di andare per le strade anche se dopo
la nascita della bambina aveva acquistato un enorme podere dove aveva
costruito un mondo fantastico. C'era un teatro, un magazzino di costumi,
un parco pieno di giochi e illusioni ed aveva una casa che da fuori
sembrava un misto tra un castello medievale e la casa di Gaudì
al Parc Guell di Barcellona. Lui e la piccola Alice erano sempre impegnati
a rotolarsi con la fantasia in mondi impossibili e continuavano ad ammaliare
la gente del paese in cui Virginia esercitava la sua missione.
A scuola Alice portò ciò che ormai mancava da troppo tempo.
Raccontava agli altri bambini di come lei e Marino si divertivano a
chiacchierare con i fiori del loro giardino, a prendere il tè
con il cappellaio matto e la lepre marzolina, a chiedere al Signor tempo
di portarli a spasso tra i castelli del medioevo e le creature della
luna. Faceva piccoli trucchi che Marino le aveva insegnato facendo sparire
penne e quaderni. Virginia era furibonda. Non sapeva come arginare quel
fiume in piena di fantasia che distruggeva in un sol colpo ciò
che lei andava costruendo da anni. Tentò di convincere la bambina
della impossibilità di tutto ciò che lei raccontava agli
altri bambini ma Alice tirò fuori dai folti capelli di Virginia
un fiore e glielo regalò.
"Parlagli con amore e lui ti darà ciò che di più
vuoi al mondo. Ma non dirgli cose cattive perché questi fiori
sono permalosi e si offendono subito" le disse Alice per tutta
risposta.
Virginia pensò a suo figlio ed a stento trattenne le lacrime.
Tornata in sé punì Alice mandandola a sedere da sola in
fondo all'aula.
Il tracollo per Virginia era vicino. Una mattina di primavera con i
primi raggi di caldo sole che entravano dalle finestre sempre chiuse,
la maestra fu chiamata in segreteria e lasciò la classe col vecchio
bidello. Alice chiese all'uomo di aprire per un attimo la finestra per
far entrare un po' d'aria fresca e lui, che non condivideva la scelta
di Virginia anche perché non ne conosceva la tragica ragione
acconsentì. I bambini con Alice in testa si avvicinarono tutti
alla finestra e si inebriarono alla fresca aria d'Aprile. Il bidello
fu chiamato da fuori e si allontanò un'attimo. Questo bastò
ad Alice per salire su una sedia e poi sul davanzale della finestra.
Quando stava per mostrare a tutti i suoi compagni come si vola entrò
Virginia. Si gettò su Alice e tra le urla di terrore che le uscivano
dal cuore più che dalla bocca la prese e la tirò via di
lì. Chiuse la finestra e non riuscì neanche a rimproverarla
perché un pianto straziante le uscì dall'anima e le inondò
gli occhi.
Il giorno stesso decise che per il bene della bambina era suo dovere
andare a parlare con la famiglia. Conosceva la fama di Marino ed anche
per questo partì determinata e convinta a smontare tutto il castello
di falsità che lui aveva costruito intorno ad Alice.
Salendo sulla strada che conduceva alla tenuta di Marino si accorse
di avere con sé il fiore che Alice le aveva lasciato. Lo scrutò
per un po' senza capire che tipo di fiore fosse; non ne aveva mai visti
così. Le tornò in mente ciò che la bambina le aveva
detto circa le magiche capacità del fiore e questo la fece pensare
a suo figlio. Presa dai tristi ricordi non si accorse che era già
arrivata ma una voce la destò.
"Presto che siamo in ritardo, presto, presto". Uno strano
personaggio le stava indicando una piccolissima porta da cui sosteneva
sarebbe dovuta entrare. Virginia ripose il fiore in tasca e prima che
potesse esprimere i suoi fondati dubbi sulla possibilità di passare
attraverso quella apertura delle dimensioni di un topolino il personaggio
le porse una caramella.
"Mangiala e diventerai piccola" disse. "Oppure la porta
diventerà grande,non ricordo" concluse sospirando.
Virginia che non aveva alcuna voglia di andare oltre nella discussione
prese la caramella in mano e fece finta di mangiarla.
"Brava, brava".
Lei si voltò e trovò una porta a dimensioni normali; o
era lei rimpicciolita?
Entrò alla ricerca di Marino ma trovò un gruppetto di
persone che discutevano a bassa voce fuori dalla porta di casa. Chiese
con fermezza di poter vedere Marino ma gli astanti si guardarono stupiti
finché una donna disse: " E' morto!".
Virginia scettica fino in fondo ed, a questo punto, sempre più
preoccupata per Alice volle verificare.
Entrò in casa e trovò la camera ardente. Una banda suonava
musiche balcaniche mentre danzatori russi piroettavano per la stanza.
Personaggi dei film di Marino più famosi vestiti come nelle pellicole
erano lì a guardare esterrefatti la salma del grande mago adagiata
dentro una bara che somigliava moltissimo ad un piccolo disco volante.
Pezzi di fondali teatrali usati per gli spettacoli erano disposti ai
lati della grande stanza e acrobati, funamboli e clown distribuivano
dolci e facevano scherzi ai presenti. Nonostante che poteva sembrare
una festa per bambini l'atmosfera era triste. Nessuno sorrideva e tutti
sembravano essere lì perché obbligati. Qualcuno piangeva
di nascosto. Virginia sentì puzza di messa in scena. Si avvicinò
ad un uomo vestito da Bianconiglio e chiese spiegazioni. Il bianconiglio
le disse che tutto quello era lì perché Marino li aveva
obbligati per volontà testamentaria ma come poteva ella stessa
vedere non c'era niente di divertente. Virginia si avvicinò alla
salma e con due dita sulla giugulare verificò la morte di Marino.
Il freddo della morte la invase come non le succedeva dal tragico incidente
di suo figlio. D'istinto si allontanò dalla bara ed uscì
dalla stanza. Se ne sarebbe andata volentieri ed avrebbe lasciato tutti
quei folli alla loro pazza vita ma voleva portare via Alice da lì.
Uscita dalla casa sentì la voce di Alice provenire dal giardino.
Sembrava scherzare e giocare come sempre faceva in classe. Parlava con
il vento, con gli alberi e soprattutto con la sua bambola. Virginia
si avvicinò a lei e senza dire niente alla bambina la prese in
collo e le disse: "Vieni piccola ti porto via di qui".
Alice si irrigidì e costrinse Virginia a rimetterla coi piedi
per terra.
"Hai parlato con il fiore?" chiese direttamente Alice a Virginia.
Virginia tentò di essere conciliante ben sapendo che la rigidità
non era un buon metodo.
"Certo che ci ho parlato, ma come sapevo già il fiore non
mi ha risposto perché i fiori non parlano".
Alice scosse la testa.
"Parlaci vedrai quante belle cose ti dirà!" e così
dicendo si incamminò verso l'interno del giardino. Virginia trattenne
a stento la sua rabbia e seguendo la bambina si incamminò anche
lei.
Passeggiando Alice si rivolgeva agli alberi che senza l'aiuto del vento
scuotevano le loro fronde e rispondevano alla bambina. L'acqua della
fontana zampillava fuori creando meravigliose coreografie alle quali
si accodò una musica che Virginia non capiva da dove potesse
provenire.
"Vieni andiamo nell'isola del tesoro" disse Alice prendendo
per mano una sempre più stupita Virginia e trascinandola verso
una collinetta adorna di siepi e cespugli.
Virginia decise di imporsi con la forza. D'altra parte a volte un adulto
lo deve fare per il bene del bambino che non può crescere con
le testa piena di illusioni. Questa era la logica giustificazione che
spinse Virginia a comunicare la tragica verità ad Alice.
"Marino è morto Alice. Non lo vedrai mai più ma tu
devi essere forte e portarlo sempre con te nel tuo cuore. Ora andiamo"
"Ma che dici. Marino è volato in cielo a prendere la mamma
sulla nuvola dove abita per portarla qui. L'ho visto io partire col
disco volante. C'erano anche tutti i suoi amici a salutarlo" e
voltandosi verso il giardino come se qualcuno stesse ad ascoltarla continuò:
"Vero?"
Tutti i fiori del giardino girarono la propria corona come fanno i girasoli
verso di lei e abbassarono i petali in segno di assenso. Il vento passò
veloce attraverso i rami e le foglie degli alberi e sibilando disse
"Siiiiiiiiiiii". Moltissimi animaletti reali e di fantasia
uscirono dai loro nascondigli. Le api roteavano intorno alla testa di
Alice insieme a tutti gli insetti facevano il girotondo. Gli uccelli
iniziarono ad intonare una canzone che cantava il ritorno di Marino
e per finire arrivò lo strano personaggio che aveva accolto Virginia
fuori dalla casa ripetendo le stesse parole: "Presto, presto che
siamo in ritardo".
"Basta" urlò Virginia disperata.
"Non è vero, non è possibile. Tutto questo non è
possibile. I fiori non parlano, gli alberi non cantano, gli animali
non possono capirci e i morti non tornano"
Mentre le credenze di Virginia venivani pian piano distrutte dalla potenza
del mondo e delle creature che lo abitano gli insetti si erano compattati
ed avevano formato la sagoma di Marino ed eran o così tanti e
così compatti che la figura del mago morto pareva avere la densità
della persona viva. Questo impossibile Marino, che con la sua sola presenza
faceva diventare pazza Virginia, si avvicinò alla maestra e disse:
" Prova a chiedere al fiore se fa tornare il tuo piccolo Jacopo,
ma con gentilezza mi raccomando".
Virginia ripensò al fiore che aveva in tasca, alla finestra aperta
con Alice sul davanzale, agli anni di scuola passati a distruggere la
favole dei bambini, al giorno in cui suo figlio Jacopo si buttò
dalla finestra con una sciarpa colorata al collo dopo che lei gli aveva
raccontato la favola di un bambino volante. Prese il fiore in mano.
Tutto il giardino festeggiò ed ogni essere dalle pietre agli
alberi parlava a Virginia in un linguaggio che lei non conosceva ma
capiva che le chiedevano di parlare al fiore.
"Amatissimo fiore meraviglioso, io non so il tuo nome ma anche
io avevo un fiore che colorava di gioia e felicità la mia vita.
Poi un giorno qualcuno lo ha strappato dalla terra del mio cuore su
cui era nato e cresciuto e da quel giorno io non ho più parlato
con un fiore. Si chiamava Jacopo".
Il fiore allargando i suoi petali ed in modo un po' altezzoso le parlò.
"Osvaldo. Io mi chiamo Osvaldo e se proprio te lo devo dire il
tuo fiore non è un gran che. Non capisco perché quando
hai uno come me vuoi quello Jacopo così rinsecchito e con i petali
cadenti. Voi umani siete sempre un poco eccentrici comunque se è
quello che veramente vuoi eccolo lì dietro di te. Prima di girarti
puoi ripensarci ti do un ultima occasione guardami bene non sai cosa
ti perdi".
Virginia lasciò cadere Osvaldo si girò e riabbracciò
non solo il suo piccolo Jacopo ma anche tutto un mondo nuovo e meraviglioso
che schiudeva davanti ai suoi occhi.
"Alice
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