Daniele Bertoni

il mio nome è Daniele Bertoni sono nato a Pietrasanta nel 1969 sono diplomato in arte applicata e disegno artistico, lavoro come truccatore, opero nella mia città dove ho uno studio d'arte... sono amante delle letture alternative ed è per questo motivo che vi mando un mio romanzo... se aveste intenzione di pubblicarlo fate pure purchè sia il mio nome sopra il titolo..... grazie e buona lettura.

"ESISTE UN POSTO... DENTRO L'UOMO"

Se penso a quante cose ho nella testa credo che potrei anche diventare pazzo... probabilmente già lo sono, ma chi se ne frega... ieri stavo in casa a guardare la televisione, davano il TG e credo che mai mi sono sentito più inutile di fronte a tale strumento, da cui venivano notizie di morte autografe da tutte le parti del mondo.

Questo mondo di cui faccio parte pieno di assurdità, di distruzione; in quel momento esatto, in cui il tormento prendeva corpo dentro di me, mia madre mise al fuoco il pranzo, mi cominciarono a venire i conati di vomito!

Questo mondo dicevo... che spesso guardo dalla finestra che riversa su questa umile e zozza città... questa mia città, che considero il buco del culo dell'universo.

Gente che demorde e mente sempre sulle sue azioni, ma soprattutto quelle che fanno della razza umana un vero sacco vuoto…quelle di cui ci si vergogna di ammetterne la lucidità... il vero scopo.

Ecco… io esco ho bisogno d’aria... in questo giorno che non so se di Primavera o di Estate, ma mi ritrovo in centro, nella via principale, la più lunga passeggiata verso l'assoluta inerzia della mente umana, il rifugio più sudicio e incline alla più alta quantità di merde esistenti in questa parte del paese italiano... mi trovo lì, a passeggiare con le mani in tasca distratto solo da qualche bel culo di passaggio e qualche tetta traballante e non solo, ma anche da begli occhi (pochissimi in circolazione) che appartengono quasi sempre a qualche insicura turista "Fai Da Te!"

Io cammino, di fronte a me si apre la marmaglia, le mille facce di merda che popolano la mia città che mi guardano e mi giudicano, anche se una bella fetta di quella gente neppure la conosco.

Mi fissano e mi seguono con lo sguardo, occhi pieni d'odio o d'ammirazione?

Mai avrò risposta e neppure mi interessa... so solo una cosa: _Che cazzo c’avranno da guardare!?_ E proseguo la mia passeggiata passando davanti a tanti negozi di cui sono anche cliente e ti vedo la troia della commessa del negozio d'abbigliamento, il bovaro dell'enoteca, il cornuto del fornaio, la ciociara della porta accanto, il sudicio del tabaccaio, la pustola marcia del calzolaio e anche la vacca della latteria... tutti mi salutano e mi sorridono mentre io conosco le loro storie da sempre... un’ abitudine secondo me che hanno gli abitanti di questa città, raccontare i fattacci loro anche a chi non interessa per niente... ma soltanto perché ispiri loro fiducia... e povero me, io probabilmente rientro in quel tipo di volto angelico e sereno secondo la gran parte dei sopra citati, a cui si può raccontare tutto senza preoccuparsi di nulla.

Anch'io quindi sorrido e saluto, ma nemmeno per l'anticamera del cervello mi viene voglia oggi di fermarmi ad ascoltarli... di colpo si spegne in me ogni qualsivoglia tentazione, ogni cosa divertente che possa distrarmi... oggi il mio paese e tutto ciò che lo circonda e lo popola mi fa letteralmente schifo.

Gente che sbava a destra, bimbi che si scaccolano a sinistra, vecchi che pisciano a pali di ferro dove anche i cani si servono della rugginosa puzzolente toilette, non curanti di chi li vede... poi ubriachi che vomitano agli angoli, qualche oca che sculetta con minigonne che sembrano più che altro mutande, deficienti che stanno al bar dalla mattina alla sera semplicemente perché non hanno nulla da fare... e altrettanti idioti, che guardano le vetrine, commentando i prezzi della merce esposta.

Mio Dio, che scempio, che razza di posto è questo... il TG dovrebbero farlo su questa inutile massa che popola il mondo, senza meravigliarsi se poi c'è qualcuno che uccide o si uccide... a volte servono gli spazzini della coscienza... a volte veramente servono!

Ad un certo punto, camminando lungo la strada, ti incontro alcuni amici; più che amici sono parte di quella mediocre, bassa lega intelligente, a cui mi appiglio per non essere solo.

Ripenso alle lasagne al forno di mamma, al mobile di camera costruito da mio padre che stà in pensione su cui ripongo i miei libri... per non fare la faccia disgustata alla loro visione... questi ragazzacci di cui vado pazzo, talvolta mi riluttano come i ratti delle fogne.

Quindi accendo uno dei miei più insignificanti ma luminosi sorrisi, qualche frase di convenienza e saluto pseudo calorosamente quelle fecce.

Loro non curanti dei miei pensieri, ricambiano con frasi di circostanza e poi mi propongono di andare con loro a fare un giro per le stradine ancora sconosciute della nostra deplorevole città.

Io trovo qualche scusa ma non funziona... e vengo trascinato in quella loro gita senza scopo alcuno, se non vedere volti mai visti e luoghi che rimarranno sempre oscuri... almeno nella loro testa.

Ed io penso... inesorabilmente a questo punto che è una delle tante giornate che mi urtano il sistema encefalitico :_Ma io che ce stò a fa con questi, ma chi li conosce questi marugani dal cervello come un pollo... che voiono da me... à nvedi che rottura de cazzo che sono, manco leggessero de libri che possino in quarche modo aprigli quel cefalo, che sembra più che artro un vero e proprio barattolo voto!_

Già chissà perché la mia testa quando fa un commento, si mette a riflettere in romanesco più che azzardato... quasi del tutto inventato... forse anche la mente ha un suo dialetto o meglio una sua lingua in cui pensa, riflette e si tartassa... ma resta il fatto che l'ascolto e ogni tanto mi ci faccio anche qualche risata.

I miei "amici" che hanno nomignoli come Bumba, Carnaro, Il Pendolo, l'Estroso, Crosta, Acido e Frusta... questi i loro nomi nel gruppetto che formano, una moda dicono, darsi soprannomi, ed io come mi chiamo?

Loro mi chiamano "IL PURO" ed io dovrei lusingarmi di questo nomignolo, sdolcinato, a me mi fa decisamente rabbrividire, anche perché di puro posso avere proprio un lobo del orecchio, comunque... accetto questo contrapposto, sempre meglio che un calcio nel culo.

Così ci ritrovammo tutti e sette in una zona vecchia della città alla ricerca di nuove e stimolanti emozioni... Bumba la prima cosa che fa approfitta del primo spazio libero per pisciare, il Pendolo si accende una sigaretta e l'Estroso si siede a gambe divaricate a guardare il cielo, che da dove siamo sembra più che altro un piccolo e deformato cerchio, in cima a vecchi palazzi desolanti.

Acido e Frusta si scambiano una gomma da masticare e cominciano a parlare a me di che secolo saranno questi palazzi e di che storie racchiudono i loro cortili... mentre il Crosta si spara una canna perché probabilmente è la sua più grande apertura mentale.

Ed io penso sempre guardandoli: _ A’ nevdi questi se credono che sia una guida da turismo e che se credono che dica loro tutta à verità .... poveri scamusciacazzi de mi stivali!_

Poi invece finisco sempre per soddisfare la loro richiesta, di "acume" e di non voglia di aprirsi ogni tanto dei libri, quindi ricade verso di loro una triste e angosciosa pena.

Io invece amo leggere... di tutto, ma soprattutto libri ricchi di un certo romanticismo strappalacrime, di cui la letteratura fortunatamente è ricca.

Bumba mi ascolta e sbadiglia, il Pendolo se tocca sempre le palle convinto di captare meglio facendo così, gli altri si stanno a distrarre tirando dei sassi a qualche gatto di passaggio ed io che parlo... e vedo... quelle insignificanti e penose facce di merda intorno a me, mi sento un cesso colmo del loro puzzolente fetido odore.

Finisco di parlare più in fretta che posso e cominciamo a camminare in lungo e in largo questo angolo di città, dove gli abitanti si contano su due mani e vedi anche facce ad intermittenza pulite, le meno pulite sono presenti e persistenti proprio come in centro.

I miei compagni commentano ogni cosa, parlano di tanto in tanto di calcio e di riluttanti scopate fatte la sera prima magari con la figlia della lattaia... ma questo interesse precario delle cose che ci circondano, mi fa stare male e di colpo mi gira la testa... un mancamento interno... uno sconforto tale, che di colpo mi fa rallentare la camminata... fino a farmi lasciare in dietro, così lasciato isolato, posso fuggire e godermi da solo le bellezze nascoste di questo posto.

Di colpo mi trovo in uno spiazzo che dà su una fitta boscaglia, dove ci sono alberi di diversa dimensione e di cartelli su cui sta scritto : _divieto di caccia_ e quindi mi inoltro, anche perché non ho fucile e abiti da cacciatore, proseguo sotto un sole acceso ed un cielo turchino, con andatura indifferente verso una stradina polverosa, non ci sono anime da queste parti, tutto ciò lo trovo estremamente meraviglioso... e mentre chissà cosa fanno le teste di cazzo dei miei ex compagni, a questo punto comincio a correre come un folle, lungo erbacce e fiori rosa, ridendo allegramente e nello stesso tempo pensando. "Ammazza che meraviglia sto posto … sembra de sta in Paradiso..."

Ed esausto mi getto su erba fresca a pancia in su e guardo il cielo che ospita uccelli cinguettanti che svolazzano da una parte all'altra, disegnando fantastiche geometrie... a voce alta comincio a parlare alla mia anima che sta chiusa dentro questo corpo magro ma ben saldo, mi accorgo in un solo istante che gli alberi e i fiori mi ascoltano silenziosamente e in quel momento inconfutabile e tanto rilassante per la prima volta nella mia vita mi sento vivo... e incontaminato.

Che si fottano i cittadini della mia città, in questo posto particolarmente straniero potrei anche ritrovare me stesso, che senza alcun dubbio mi si è perso in qualche mano immeritatamente, anche se il ricordo di quei palmi ancora mi fa stare bene al solo pensiero.

Il cuore batte irregolarmente e mi immergo nel profumo di erba scaldata dal sole e fiori inumiditi dall'afa... il corpo trasuda e la mente ribolle a quell'aroma naturale e mi sento trasportare di foglia in foglia come un qualsiasi insetto con le ali.

La beltà della natura è forse l'unica speranza per me... probabilmente, mi metto a riflettere su questa cazzo di realtà approfittando di questa unica occasione, in cui potrei perdere la cognizione del tempo... ma è anche probabile che l’abbia già persa nel momento esatto che ho oltrepassato quel segnale d'avviso.

La mente mi suggerisce di starmene con un filo d'erba tra i denti con le gambe incrociate a fissare un ramo piegato, su cui si posa un uccello stremato dal suo volo e mentre lui allarga le ali elegantemente, stirandole come si fa noi umani quando ci svegliamo la mattina e sbadigliamo... mentre si pulisce le piume, io azzardo un monologo sulla natura e l'uomo... continuare a cercarci tra aliti di vento senza confonderci con il pacato sentimento di chi si amò, anche se per un breve periodo amare... e seguire il cuore dove lui ti vuole portare, senza indagare e lasciarci trasportare in verdi vallate della sapienza, ancora avvolgere il sistema del mondo con foglie di ginepro e fili d'erba... occultando le nostre aspettative per ritrovare intatto il passato, dove per sbaglio lo abbiamo dimenticato, senza considerare il fatto che ciò che è stato ancora può servire.

Sentirsi giovani e belli, sani e robusti, come giganti arbusti e aspettare che la ruota giri nel verso giusto... arrivato a questo punto l'uccello spiccò di nuovo il suo volo e una farfalla si posò su un fiore giallo vicino a me, lacrime di gioia caddero dai miei occhi e continuai a parlarmi.

Domandarci come soffierà il vento oggi; cercarsi, di nuovo perderci, senza mai decidere che foglia lasciar cadere, detestarci per aver ferito, continuando a vivere in quel soffio di assurda bellezza tra impalpabili fili d'erba senza alcuna amarezza e rimpianto... piegarci per un istante e rispondere ad ogni apprezzamento, anche se inconsueto: _GRAZIE!_

Andare con la mente in vicoli di apatica borghesia e vedere gardenie negli occhielli per sentirsi nella inverosimile vanità sempre più piacenti, chiedersi cosa sarà mai questa bellezza di cui vogliamo l'assoluta guida... crearci un’inutile fuga che va oltre il ben emerito aspetto del fottuto spettro, riflesso in ogni specchio, che inconsapevole del nostro Io ci riflette nonostante i nostri peccati, restituendoci ancora come siamo e ci vedono fuori.

E' soltanto parte intrinseca di ogni essere, senza però mai confondere le carte dell'anima e quello dello spirito... è ebbrezza questa futile bellezza, un dentro e un fuori che si alternano, è in pratica leggerezza come appunto quella farfalla che continua a svolazzare su quel fiore giallo.

Intorno, vedo fili di un'erba tagliata di un prato, vedo gente che si aggira frenetica tra le strade della città senza tanti ripensamenti, ma pieni soltanto di condizionamenti.

Appare così in questo strano giorno d'isolamento da tutto, l'alito dell'amore, ma nel cuore si radica di giorno in giorno la mediocrità... vorrei ma non posso, devo ancora viaggiare e scendere da questa parabola.

Mi alzo e cambio luogo, mi ritrovo di fronte ad un fosso in cui scorre acqua così trasparente da far vedere sul fondo anche la capocchia di un ago.

Mi metto ad osservare quell'andare di diamanti liquidi, illuminati dal sole e come già è ovvio, mi accorgo che essere belli fuori è un falò che brucia con le sue alte fiamme, sia le donne che gli uomini di questo mondo.

Paura? Quando mai, soltanto la tensione dell’invecchiare... e l'acqua riflette il mio volto deformandolo grazie alla corrente.

Mi lavo il volto e in un secondo, mi riprendo.

Guardo avanti a me e intravedo un capretto che mi guarda dall'altra parte del torrente, sta masticando erba e rivolgendomi a lui proseguo la mia riflessione ad alta voce... già amico mio, dalle bianche corna, sembra proprio che sia così, ed anche se ti appare strano, anche per te, sarà lo stesso… quando l'involucro esterno che protegge l'interno si sciuperà, con il tempo che va, cosa mai potremo fare?

Anche chi ha dedicato tutto al bel aspetto, la carne non sarà più buona... e anche se adesso non sembra, tutto è portato a sparire e anche se non lo accettiamo resta il tempo a farcelo ricordare.

Ma se nutri l'interno amico caro... probabilmente ti sentirai sempre bello, anche fuori, patetiche sono le sembianze ancor di più patetico è il fascino, mai vorremmo invecchiare si potesse evitare… esistesse quell'elisir di lunga vita e voluttà... ma credimi il tempo non si può arrestare e la natura ha il suo percorso anche se credo possa sentirsi una lurida stronza, arrivati a questo punto. Lei ci crea, ci nutre, ci da la vita, e ce la toglie... nella stessa identica misura…io sarò carne per i vermi e tu probabilmente finirai sul vassoio di qualche cuoco, sotto forma di cotolette!

Mammole coperte di sole tra fili d'erba, adesso anneriti dalle mie amare sensazioni, cercano di rendermi più flessibile all'età che avanza... mammole bagnate e spiagge che ricordo come un tripudio al mio silenzio, qualche volta una luna che galleggiava tra un vento freddo e uno decisamente caldo mi restituiva bellezza e forza... un'intermittenza che si spande ovunque e in tutto quello che è il sistema dell'uomo... a questo punto, la mia mente crea una domanda: _Aoh...che stai a dì che voi aprì un cerchio su sto mondo che naviga in un mare de merda?_

La risposta è presto data... proviamoci ad immaginarci elfi o maghi, e, farci da soli un incantesimo solare, così per rimanere eternamente belli e affascinanti, oppure crearci uno scudo contro tutto e tutti senza però porci più la domanda su come sarà la vita domani!

Rivedo ora corpi distesi sulla riva del mare in un'estate, cosparsi di creme antirughe e nauseanti abbronzanti, soltanto per apparire unici e distinguerci dal colore della pelle più o meno scura.

Dire guarda come scoppio di salute... il sole, me ancora mi bacia... me invece mi strina... e intanto il mio amico capretto ha spiccato con una serie di balzi la sua fuga… mi immergo nel torrente, completamente vestito e prendo un sasso levigato da mano maestra, rivolgendogli le mie parole, proseguo in questo assurdo ma non tanto… viaggio solitario.

Caro sassolino, siamo cosmeticamente indipendenti patetici manichini, di questo mortale andare, pensa spendiamo e spandiamo la nostra leggerezza e forse abbiamo sbagliato tutto e non è certo questo, che il passato ha voluto insegnarci con l'esperienza e la storia.

Che il fatuo incendio del fascino, faccia parte dell'antichità, noi lo sappiamo bene, ma io credo che siamo solo fili d'erba a questo punto strappati dal suolo da una bufera composta da mille venti, credimi... siamo inutili e tanto stupidi da andarne fieri, del fatto che amiamo il nostro corpo... senza considerare il fatto che abbiamo un'anima da nutrire con la cultura la conoscenza e non con artificiali cosmetici o ricorsi chirurgici... diamo sfogo alla nostra mente e facciamo in modo che cresca e diventi lei la bellezza del nostro fuori... solo così potremmo dire: _ Che te credi a stantuffo...io sò bello solo pecchè me sento bello...ah!_

Allora avremmo vinto sulla mediocrità... il sole ancora alto illumina il mio viso, sento che la pelle ne assorbe l'energia e il sasso che di tanto in tanto bagno con l'acqua della corrente è lì lucido e levigato straordinariamente, che mi ascolta... altro che quei caccoloni dei miei… come dire… dimenticati compagni.

Sembriamo senza clorofilla, ma brilliamo comunque del nostro colore, ma pare a parer mio che ci lasciamo condizionare troppo dalla pubblicità non esiste cosmetico nella storia che possa arrestare il percorso della vita, si invecchia tutti, è la triste realtà bisogna accettarlo ed ovviamente volerlo.

Incondizionato esco con il mio sasso tra le mani e mi distendo al sole su un soffice cuscino d'erba asciutta, su cui ronzano api alla ricerca di un nettare sublime... rivedo tutta la mia esistenza fino a ieri e non mi sbalordisco di nulla, ma oggi in questa apatia e desolazione dello spirito mi lascio coinvolgere da tanta meraviglia e grandezza, che solo la natura riesce immancabilmente a darmi.

Alzando il sasso verso il sole, come il teschio di Amleto ringrazio Dio di avermi scaraventato in questo luogo, in cui a tutti dovrebbe essere concesso di entrare e rivolgendomi ancora a lui proseguo questo folle monologo.

Si vedono ancora certi miti, siamo noi a farne un MITO e così diventiamo mitomani... a questo siamo arrivati?

Certo quello o quella erano proprio arricchiti di straordinaria bellezza, peccato che però per rimanere tali, abbiano dovuto morire nel fior fiore del loro fascino, all'apice di una luce tanto divina da renderli talmente d'esempio in vita, che in molti che li stimano e li ammirano più da morti che da vivi e non sono più loro stessi!

Dimmi Dio... allora anche noi dunque bisogna perire giovani per avere la bellezza eterna, non credi anche tu sia ridicolo?

Potremmo pensare ad un patto con il Diavolo, ma lui non esiste almeno in una sola ed unica forma... proprio come te... e questo sasso!

Siamo stupidi, ma noi soltanto abbiamo voluto tutto questo e abbiamo certificato l'atto, bisogna vivere serenamente e mantenere integro il nostro dentro senza mai stravolgerlo con stupide illazioni e assurdi artifici e soprattutto stravizi.

Potremmo solo allora, vedere nella nostra convinzione la linfa vitale dell'interiorità e questo ci renderà belli anche al di fuori.

Amarsi e accettarsi è certo una rivincita su questo mediocre, superficiale, putrefatto mondo infame.

_E' un modo come un artro de poter esorcizzare stò marciume e rimanere un'orma armeno de questo tempo!_

Quindi ricordare come si era e non come si è, accettarne i difetti, possiamo... basta essere sicuri di poterlo e volerlo, come i fili d'erba al vento che sanno che lui li piega e li scuote per la sua volontà... mio Dio nostro padre immenso... crudele Destino!

Il sole determinato, con il suo calore continuava a irradiare ogni cosa intorno a me e il mio sasso era lì come simbolo della mia libera scelta di starmene solo, in un desolante giorno di assoluta inerzia, dove alla base di tutto stava il fatto sublime che la mia città e ogni suo singolo abitante non riusciva a solleticare il mio spirito creativo e la mia voglia di evoluzione.

Lì, come un pezzo di quel Paradiso nascosto da erbe e piante, con una colonna sonora del tutto naturale, continuavo a pensare a quanta merda sta là in centro e quanto marcio nelle menti degli esseri a me comuni, eppure... i fili d'erba intorno ai corpi coperti di sonno, in una realtà che sputa indecenze, in guerre senza speranza, sangue, cicatrici non rimarginate in quel cerchio chiuso, tra sentimenti e giornate gelate, così corre sul filo del rasoio il respiro della vita.

Fra nuvole in cielo, questo infinito volo catapultando il cuore oltre l'effimero, sfocia così in una simbiosi perfetta di fuga, con questa meraviglia di nostra madre... la natura.

Poi, trapela in questo prato di singhiozzi e pianti, uno sciame di insetti senza una vera identità.

Riesco a vedere anche farfalle senza un colore ben distinto, che ronzano come mosche su quei corpi, ormai cenere, succhiano il nettare della mia anima!

Così voglio uscire da questo triste calvario, voglio un mondo migliore, che giri nella direzione contraria, per rivedere come eravamo, lasciando dietro profondi solchi senza acqua.

_ Eppure rigenera vita muta quel rigagnolo! _Dio mio dimmi come, in che modo la mia vita deve fuggire ancora da questo melmoso luogo, che è l'ottusa mente di chi mi guarda? Dimmelo?

Quel momento in cui proclamo la mia infermità, verso questo spazio di verde così lontano da tutto e tutti!

Il sole si nasconde dietro gli alberi, mi sono accorto che stava per farsi sera ma continuavo a vagare con il mio dire liberatorio, in quella distesa paradisiaca, scordandomi delle ore e del dovere ritornare.

Il cielo si era fatto arancio, nello specchio del piccolo solco d'acqua, mi persi di vista, pensavo che la nostra bellezza sembra rivestire soltanto una superficie e che risente del sistema e del consumismo, così emerge senza capire, cosa è utile oppure no!

Si cerca sempre di essere belli, per apparire sorridenti e fermentati dalla beltà... amore e cuore, morte e dolore, sembrano non toccarci.

Nel istante in cui riflettevo la voce dentro di me suggeriva:_ Aho...che stai a pensà non te devi eclissà su tutta l'artra gente, tu sei un artra cosa... e non te deve toccà l'arcana debbolezza degli omini senza speranza!_

Ma io non ascoltai la sua imprecazione, anzi al contrario, ebbi una nuova spinta nel proseguire.

Evitiamo che tutto ciò ci tocchi e si appaia come non si è, per formale esibizione, non possiamo dare una spiegazione… così continuiamo a sorridere con spavalderia senza curarci del prossimo!

Ma quando si ritroverà e si ritornerà sulla strada della verità?

Non si può sapere, con certezza, se nella testa abbiamo solo ipocrisia e l’immagine subordinata di una pubblicità del cazzo!

Tutto ci sembra migliore di come realmente appare ma poi usiamo comunque quel prodotto.

Intorno ancora fili d’erba che si stanno coprendo di impercettibili gocce d’acqua, io procedo lento in questo "giardino dei pensieri" e mi trovo di fronte ad uno spazio senza alberi, come una specie di piazza verde un’immagine che in quel contesto era tristemente autunnale… ripensavo alle povere nostre coscienze impoverite di valori concreti.

Era come un intervallo pubblicitario quell’apertura, la luna che appena sorta mi stava sopra in un cielo appena blu cobalto, mi ispirò profondamente.

Dimenticai chi ero… e dove ero… per un breve istante, cominciai a girare su me stesso e sentii l’aria fattasi pungente entrarmi nell’anima come un affabile bacio che si ruba dietro una sensitiva e lussuriosa voluttà, un discorso per metà sensato, per l’altra metà idiota… ma che comunque rapisce il cuore.

Io credo e lo crediamo tutti, che quello che si vuole apparire è paragonabile ad uno sciame di farfalle color dello zolfo che muoiono al sole… così è la bellezza e l’amore!

Chiediamo all’estetica di farci un ritocco, per essere ancora perfetti contro il tempo, per affrontare la beltà di petto e ricadere poi su cuscini di neve, che oltre tutto, deve ancora accadere.

Ci scusiamo se non siamo disponibili e con l’abito giusto per l’occasione… ma è poi vero che: _ …per belli apparire bisogna soffrire!_

Una parentesi di questa società di merda.

Allora cosa facciamo, ci lamentiamo e piangiamo lacrime, sia per amore che per dolore senza respiro alcuno.

Volersi bene e male anche in questo luogo scarno e putrido come la mia città mentre intorno a me respiro libertà.

Luna d’ambra, uomo in ombra, ecco come mi sento adesso, ed esala dall’erba umida un dolce profumo.

Ci isoliamo inutilmente da tutto, se abbiamo una ruga in più di ieri, oppure il collo che somiglia a quello di una tartaruga.

Pianti di disperazione per certe frustrazioni che non si devono ripetere, probabilmente ci sentiamo come gardenie sulla giacca che si afflosciano secondo dopo secondo nell’arco di poche ore.

Ci immergiamo dunque nella vanità ed è come risorgere.

Soggioghiamo lo spirito e ci assicuriamo che tutto è perfetto ma non pensiamo minimamente ad un’autosuggestione.

Un seno di plastica per le vie del centro troppo gonfiato, ci fa restare comunque senza fiato.

Un’acconciatura ben studiata, ci da un’idea…dobbiamo copiarla.

Una carezza del vento, questa è la moda!

Ma forse è soltanto l’esibizione della banalità.

Adesso il cielo si è fatto nero e in cielo le stelle si sono accese, i miei occhi si riempirono del grande spazio intorno a me, la musica del canto dei grilli mi accompagna ad una nuova riflessione.

Mi sdraio con le mani dietro la testa e guardo in alto, mentre sento l’umidità entrarmi nelle ossa e un profumo di muschio mi inebria l’olfatto.

Guardo la luna discreta e musa ispiratrice, rivolgo a lei il mio silenzio…

Ecco che l’ho fatto, mi ritrovo in questo incantevole luogo, l’ho percorso in avanti ma ancora mi sento vuoto e tu, luna, come ti vedi bella o brutta?

L’uomo non sa amare, le piccole gioie di ogni giorno, questa erba sudata grazie alla sera che è calata dolcemente su di me, gli insetti che dormono con le loro antenne mosse dal vento, forse proprio quello zefiro sereno che invase il corpo della Dea Afrodite quando nacque dalla spuma del mare.

Ed io mi sento un filo d’erba in una città senza scampo.

Filo d’erba, verde speranza o quello giallo della logica, oppure il filo d’erba reciso dalla noncuranza.

I giorni che passano sono magri, sotto i miei passi solchi privi di relazione.

Ahh… se si vuole apparire come siamo, va bene… ma se vogliamo apparire per essere come non siamo avremo solo amarezze!

Bellezza amara ebbrezza di vanità.

Ma quale specchio ci darà mai una risposta, come fu data alla Regina cattiva di Biancaneve?

Lo scopriremo vivendo!

Lentamente mi alzai dal bel posto in cui ero, a tarda sera rientrai a casa prendendomi il rimprovero di turno… ma domani tornerò nel mio paradiso personale e sicuramente scoprirò ancora qualcosa di più a contatto con quel verde angolo di questa sciatta città.

Precipitai di nuovo in quella che io definisco apatia da focolare, a guardare il TG della sera che riproponeva le stesse ragguardevoli notizie, gremite di angoscia e desolazione.

Andai a dormire presto perché l’avventura era stata decisamente sorprendente e sentivo che non era ancora finita… non volevo finisse così presto.

Mi svegliai di primo mattino e con una scusa qualunque mi allontanai da casa e dissi che non sarei rientrato fino a sera.

Non diedi una spiegazione esauriente, ma nessuno insistette sul fatto.

Presi e mi calai di nuovo alle nove e venti in quella città deformata dal mio pensiero e dall’immagine di quel angolo di paradiso, in meno di venti minuti arrivai a destinazione ma mi imbattei nello scemo del villaggio e dovetti salutare la strega del bar dell’angolo prima di giungervi.

Arrivai all’ingresso del luogo e contro il segnale di divieto vi rientrai e andai nella direzione opposta di quella che presi il giorno prima, ormai ero passato.

Ero stanco, ma stranamente curioso di affrontare quel nuovo percorso…

Trovai dopo qualche metro allo svoltarsi di piante enormi un cancello arrugginito, era scardinato e oltrepassai quella ferraglia logorata dal tempo.

Una distesa d’erba verde e olmi disposti lungo il perimetro del grande prato, davano al luogo una forma quadrangolare e più avanti verso il centro un dosso riversava in uno specchio d’acqua stagnante, coperta di ninfee selvatiche.

A ridosso dello stagno, mi fermai a riflettere ancora sulla vita reale e sulla monotonia di ogni giorno, in quella che definisco la mia città piena di insignificanti esseri vaganti.

In quello spaccato di giorno, l’immersione fu totale, la mia anima fu completamente coinvolta.

Guardai con occhi stupiti di fronte a me e vidi una fontana immersa nel verde, che riproduceva una donna giovanissima completamente nuda, era in marmo bianco così lucido da sembrare appena fatta… zampillava da una brocca che la donna teneva inclinata verso il basso, uno stupefacente e meraviglioso getto d’acqua limpida.

Quella scultura mi diede modo di espormi in un nuovo monologo sulla società, sul fatto che io mi ero fatto straniero per essa.

Troppo marcio invade le strade, troppi pensieri negativi la mente, ma mi riallacciai al fatto che ero solo e che solo la natura poteva ascoltarmi… poteva ascoltare le esorbitanti uscite verbali di un savio un po’ pazzo.

Il mio cuore nel silenzio di una giornata soleggiata, prese a parlare con quella pacata voglia di far capire.

C’è bisogno di tante primavere, di mille estati perché si plachi questa sofferenza.

Solitudine e indifferenza gli unici elementi che riescono veramente a fare vittime, in pratica, sono gli unici assassini reali di questa quotidianità.

Poli positivi, che si estendono su questa terra negativa, che soffoca con l’indecenza un cuore innamorato della vita… il mio, rammaricato cuore, che oggi si dedica soltanto a questo naturale spazio angolo verde, di una grigia città.

C’è bisogno di uscire per assaporare la libertà, magari per mano di chi riesce a cogliere nell’anima quel punto trasparente che invoca salvezza.

Il silenzio è morto e non si sa più cosa veramente fare nell’orrore, quindi viene spontaneo il desiderio di andarsene il più lontano possibile, solo per farsi ricordare.

Di fronte a tutte le angosce che mi assalgono in questo profumato e soave spazio, mi accorgo di azalee fiorite fuori stagione ma sono il simbolo, così credo, dei campi disseminati del sangue e l’odore del fermento, sale e nauseabondo mi fa soffrire.

La gente sembra calata in una routine pesante e pulsante, di quella nullità che per le strade di questa città riesco a scorgere.

Si rimane così indifferenti alle cose e questo ci uccide a nostra insaputa…. E grido: _Vergogna!_

E l’amore?

Quello poi viene soffocato tutti i santissimi giorni, dall’indifesa voglia di non guardare al dolore che si cela dietro ad un incontro.

Non riusciamo a spiegare le nostre paure, perché viviamo nella paura più obsoleta.

Lesioni celebrali che si moltiplicano nella melma di questa società e di questa lurida e poco puritana città.

E intanto, continuiamo a contare le vittime innocenti di cui le cronache sono piene.

Il mio grido è quello di chi chiede perdono e non viene ascoltato, così mi lascio morire e affogare nel suo dolore, io credo anzi, ne sono pienamente convinto, che tutti noi siamo dei veri assassini.

Intanto il sole continua a scaldarmi la pelle e di fronte alla figura luccicante e umida continuo a parlare come se veramente essa fosse lì, per darmi ascolto.

Ma la mente continua a rimproverarmi:_ Ahò…ma che fai, me sa che te sei rincitrullito quant’è vero che er Dio è er sacro patrono de questo mondo!_

Non la sento, la sua affermazione, ma penso che le incomplete testimonianze di chi crede di essere innocente e poi non lo è, funziona per questa società come io funziono da tramite in questo luogo di pura bellezza.

Tante volte siamo stati esposti al sole per decifrare il nostro cuore, poi chissà come riconciliamo l’anima sotto un cielo di stelle.

La pelle suda petrolio, il cielo piange benzina e siamo noi… noi soltanto che uccidiamo il mondo e chi vive in esso.

Noi siamo le vittime dei nostri stessi errori, senza accorgerci che tra poco suoneranno le trombe dell’Apocalisse.

Allora i sentimenti saranno cosa sentita e gli amici torneranno a chiedere perdono, ma saranno solo le vittime di circostanze estreme.

L’umiliazione sigillo di verità.

Cala ora in me un velo di oscura tristezza, chissà se mai vedrò di nuovo un’altra alba?

Cresce inesorabile la voglia di riflettere il proprio corpo in uno specchio e chiederci se veramente esistiamo…ed io?

Io chi sono?

Vorrei restare in questo posto mille giorni ancora, qui disteso tra cielo e terra respirando aria malata indecentemente, con indugio, per essere come mi sento e sperare naturalmente di sopravvivere a tutto questo blasfemo marciume.

Poli opposti tra una catena di stelle rosso fiamma, buchi neri e galassie senza luce… chiedere scusa di esistere questa la missione!

Molte altre volte ancora, per pregare, dare una conclusione all’ottusità e sperare che risorga il più forte dei sensi… l’amore!

Ma nel concreto, l’amore è solo una parola come tante, capace di renderci allegri e felici, soltanto fino alle prime incomprensioni.

Allora bisogna crescere senza domandarsi mai perché, il mondo ci ha creati per farci morire?

E’ solo un viscido serpente la morte!

Lui ti striscia invisibile accanto per tutta la vita, poi decide quando stritolarti e tu… tu non puoi farci niente.

Ecco che allora ti girano le palle e diventi cinico, indifferente, a quelle che sono le sofferenze altrui.

E così respiro sabbia desertica, qui dove c’è solo verde, è come soffocare in un mega aspirapolvere.

C’è di assurdo una metafora:_ La vita è un vuoto senza fondo e sembra davvero una cosa senza senso viverla!_

Piante e alberi da frutto ci fanno da cornice dietro le tende del cielo, credere che ci sia solo gioia e non dolore, è impossibile.

 

Poi ti accorgi che è nulla in confronto all’indifferenza che c’è tra un essere ed un altro, quindi viene naturale considerarci bestie senza amore vero.

Vogliamo divertirci, perché tanto vale vivere spensieratamente sapendo che bisogna morire, lo trovo decisamente blasfemo e piuttosto cinico, ma questa è la verità.

Non pensiamo a nulla, non ci impegniamo neppure a calcolare quale sia lo scopo della nostra esistenza, in questa che considero una maleodorante società.

Voglio risorgere tra le ceneri, come una fenice d’argento, voglio rinascere per vedere il mondo, come una cosa diversa… un mondo nuovo!

Il cielo improvvisamente si coprì di petali rosa, una leggera brezza che veniva da est, mi caricò d’energia positiva, fissavo quell’immagine davanti a me come se fosse una Dea di altri tempi, ad ascoltare ogni volta la stessa storia, si cade in quel tranello della falsità di cui il mondo è molto più che pieno, per rivelarsi poi un ago nel pagliaio delle verità.

Dio…dio come mi sento depresso, solo, in questa insignificante indifferenza!

La statua fu cosparsa di una leggera patina gialla, come polvere di polline, un profumo acre invase il mio olfatto e fui di colpo svuotato da pensieri positivi… ebbi il desiderio irrefrenabile di finire così la mia vita; davanti a quell’opera costruita da chissà quale mano maestra.

E’ così che avviene, si pensa al suicidio nel momento sbagliato.

E’ anche vero però che si nasce depressi per vocazione, ci vogliamo annullare dal mondo che dura quanto un fuoco di paglia nel momento esatto in cui tu ti senti nulla.

Ci limitiamo a credere a ciò che abbiamo davanti senza trarne un vero e proprio profitto.

Ci lasciamo coinvolgere da un senso di colpa che non c’è, ci affoghiamo nel caffè e diventiamo nervosi, distaccati, menefreghisti, ma in fondo al cuore ci preoccupiamo di tutto questo caos che ci sconvolge e coinvolge in maniera putrida.

Poi muoiono gli eroi, si annullano i miti, e, noi comuni mortali ci strappiamo la pelle e ci rompiamo le palle!

Limitandoci a convivere con questo nulla…la civiltà.

Un brivido mi scosse, mi sedetti sulla grande vasca di marmo coperta di muschio della statua di donna, che mi fissava, sporsi il capo nel suo interno, vidi il riflesso del mio volto in lacrime, quell’acqua trasparente, mi dava l’illusione di una vita migliore.

Ma su ogni volto c’è una maschera di ceramica bianca, sul volto di ogni essere umano ed ha la stessa medesima espressione fredda, quella dell’indifferente società che si lega alla vita di tutti.

C’è una maschera di ceramica, con un senso di inopportuna virtù, è la faccia del Male innocente.

Poi un verde prato avvolge i sogni di chi soffre e quella è l’unica evasione che è di obbligo, per sopravvivere all’ignoranza altrui.

Si sentono ancora caotici respiri in questo fangoso sistema del pentimento… la falsità ha molte sfumature…:_ Ahò che stai di novo a vacillà? E noeh, io me ne vado un te posso più ascortà amico bello stai pure a riflette su ir modo infame…io non ce la faccio ppiù!_

La mia coscienza si è arresa… ma nell’aria adesso si respira petrolio e gli aliti pesanti della gente che ci opprime, c’è una maschera sul volto delle persone, che ci circondano è una ceramica di maiolica dove l’acqua scivola in quell’apatia totale, che procura l’insensatezza!

Il mio cuore è come stretto in una morsa, mi bagno il volto con l’acqua della fontana e riesco a rinvigorire e distendere la mia tristezza, un dolce pettirosso si posa curioso sul dito indice della mano destra della statua, gira la sua testolina come a chiedersi cosa sto facendo, io lo guardo e lo saluto e dedico a lui il mio prossimo monologo.

Intanto si intravede un altro tramonto che trasuda all’orizzonte è il simbolo di una probabile perdizione.

Piante che si piegano al respiro di quest’uomo che cerca di chiedere perdono.

Non si sente più nessun canto, il pettirosso mi osserva sospettoso ma le muse sono sepolte, oramai nel cuore di un poeta.

Forse è l’incertezza del bene stare?

Oppure è quell’ indifferenza di essere vivo tra i morti?

Respirare per vivere e poi cibarsi del cibo degli Dei… flettersi all’ignoranza?

Mai!

Potenti e impotenti di fronte alla subordinazione del vincersi.

E’ difficile conciliarsi, difficile trasformarsi, difficile parlarsi senza spettegolare.

Vivere sembra quasi una condizione, più che una vera e propria esistenza.

E’ l’essenza della parola che ci porta ad essere sicari della nostra sorte… l’indifferenza è quell’arma che uccide più di quanto si pensi… talvolta o sempre!

Si polemizza la situazione mondiale, con paradossi esistenziali, si vuole cancellare i pensieri dell’umano sentimento, si limita la funzione dell’amaro cuore, che falsificato da uno sguardo diventa indifferente, anche se celato dietro un sorriso.

E’ forse questa la vita amico pettirosso?

Semplicemente è voler insistere su quel tasto dell’onestà che in pochi conoscono.

Essere umili che assurdità in questo tempo logoro, stai certo che è sempre lo spietato che vince sull’ottusità!

Si ride per ridere, si piange perché siamo segnati ogni giorno dal dolore, questa non cura uccide ognuno di noi e solo per mano nostra… che vergogna!

Si vive per se stessi e questo ci rende forti e talvolta spietati ma vivere è un po’ dannarsi il cuore o quel che ne resta oggi!

E il tempo, sembra di colpo arrestarsi, quando la mia mano rompe l’immagine nella fontana e la mente viene come pressata in un delirante e vorticoso soffio di vento.

Penso agli amici… ma quali amici? Dove sono finiti? Se mai ne ho avuti dico io…si può essere indifferenti alle bellezze del mondo, ma non là, dove hai donato sentimenti e capricci, ferire gli altri è come ferire se stessi, questa la realtà.

Vediamo dietro uno specchio della vita un’infinità di false parabole, che ci limitano gli sguardi ma non solo; anche il sentimento più vero.

L’amore è arma di sopravvivenza, un apostrofo rosa sulla parola scopare, o un cappello su di un cuore impazzito.

Esperienze negative ci fanno crescere, le positive tante volte si rinchiudono in cassetti per non farle fuggire… e si rischia di perdersi nell’indifferenza intesa come sigillo di vita vissuta.

Dove è finito il cuore?

Dove è finito l’amico fedele?

Dove?

Là nel quale nessuno può arrivare, tra alberi in fiore e un deserto dannato fatto di sabbia e vento caldo dove chi vive è semplicemente un uomo solo.

 

II°

Un sottile vento si spande per tutto il mio privato giardino dei pensieri, un vento che viene dal mare che oggi è caldo e profumato.

Tutto intorno, tristi circostanze e una totale indifferenza per le piccole cose… il pettirosso è volato via, ma la statua brilla ancora di una luce propria e mi libero della pelle che è stanca di subire, evado per un solo istante dal corpo e immaginarie arpe suonano e fanno da contorno al panorama.

Mi sdraio sulla vasca fredda e muschiata, con le mani dietro la nuca e guardo il cielo che si è fatto crepuscolare è magico, penso a quella gente la fuori che è succube dell’ignoranza, senza rendersene conto, subisce la vomitevole parodia dell’essere felice.

Poliedriche stelle sono salite nel cielo blu è buio ormai, nel sonno qualcuno sogna di già ma l’indomani l’indifferenza per le belle e piccole cose diventerà ancora oggetto di derisione o sberleffo.

Pace o odio si mescolano nella routine, il mare sembra essere agitato ancora una volta l’aria diventa soffocante e nessun profumo invade la mia mente stanca.

Forse anch’io mi sto rifiutando!

Torno a casa… qualcuno mi starà cercando, mentre cammino verso il cancello di ferro vengo assalito da metaforiche frasi sparse sul mio quaderno nero, una definita storia di perdizione tra quella gente comune, che ripugno come un topo di fogna morto o disumanamente schiacciato sull’asfalto.

Mi ritrovo nella strada centrale della mia città, solo luci di lampioni a farmi compagnia e i passi che vengono amplificati dal vuoto intorno.

Io sorrido come preso da un isteria irrefrenabile e comincio a correre verso casa… appena arrivo, mi accorgo che nessuno mi aspettava e filo subito a letto perché scorrano velocemente le ore di sonno, domani devo tornare nel mio paradiso personale.

Un pensiero prima di dormire prese campo nella mia mente:

_ L’ottusità indifferente, preludio di annullamento!_

Il sole era alto da poco più di due ore, mia madre stendeva i panni, mio padre leggeva il suo giornale, mio fratello ancora dormiva, il mio cane giocava con il mio pigiama ma io volevo uscire, andare, mangiai di fretta all’ora di pranzo e con una scusa dissi che andavo a trovare una mia amica e che sarei rimasto da lei a cena… ma non era vero.

L’epoca di oggi diventa una melodia sfiancata, gli sguardi sono fasciati da bende umide e nere e la forza tante volte, si sottrae alla voglia di starsene soli a riflettere su quelle guerre che ancora si combattono per l’ignoranza umana… necessità? Bisogno? Quale? Dove?

C’è solo fango, sangue e merda sulle suole delle mie scarpe adesso!

Evadere sembra diventata una fantasia, una forza superiore al normale e il cosmo sale e un giorno stanne certo che esploderà.

Arrivai in centro e le stesse facce mi apparivano come dipinti astratti su un muro e quando raggiunsi l’angolo delle mie disperazioni tirai un sospiro di sollievo.

L’indifferenza di cui siamo vittime ogni attimo della giornata mi fa accapponare la pelle, probabilmente sono una nuova vittima o un nuovo carnefice di questo fenomeno… e forse per questo motivo, ho gridato a cielo aperto:_ ALLARME ROSSO!_

Che fatica scrivere… cose vere e che fatica vincerle!

_Ohhhhh! Ancora stò a dormì e cerca de non esse invadente… tanto un te responno!_

La mia coscienza prevarica, ma io non l’ascolto, adesso c’è uno spiraglio di luce celeste di colore, che avvolge le mie idee probabilmente, è Dio… o soltanto l’immaginazione nel credere che possa incarnarsi in quella stupenda fontana in cui la fanciulla senza età ancora versa acqua nella sua vasca.

Il mio cammino dietro pali di vetro, trasparente, nudo e talvolta incosciente.

E’ forse una nuova identità?

No! E’ solo la negazione di essere qualcuno o qualcosa che durerà nel tempo… Apollo mi sta a guardare e ride, mentre Dionisio beve dalla sua coppa un sorso di vita apparente, una sottile ebbrezza scaturita dal profumo indiscreto di mughetto e dal canto lontano di uccelli.

Io, sono veramente affranto e pieno di essere succube della più totale mancanza di intelligenza… sono veramente nauseato nello stare a guardare senza fare niente; che sia una forma di male?

No! Forse è soltanto il coraggio di voler mancare al disastro a cui l’altra gente va in contro… al totale e assurdo annullamento del sentimento.

Poi gli errori fatti, si pagano a caro prezzo.

E’ la verità, ma anche la bugia, è praticamente una contraddizione che abbiamo cucita addosso come un vestito su misura.

Rei, che fanno i sultani di un mondo che va sgretolandosi, come piccole statue di creta essiccata al sole.

Gente che ha maschere diverse dietro a quella fissa… una corazza?

Forse soltanto la cosi definita seconda pelle!

Si grida dietro e intorno, senza minimizzare i commenti e le bestemmie.

E’ il centro dell’ottusità e della più velata incoerenza questo buco del culo dell’universo e chissà quanti altri buchi sono sparsi nel mondo!?

Bottoni come un vestito, oro come gioiello e l’indifferenza diventa una totale "musica" senza note.

Ho paura di vivere qui… moltissima!

Ma, per vivere bene con questa paura evado nella parola… scrivendo quello che sento dentro e fuori di me senza farmene una colpa… e per questo essere condannato.

Perché poi?

Soltanto per aver messo a nudo la mia sensibilità e il mio sentimento!

Perché sono vittima consapevole delle circostanze e di quella seconda pelle che non ho mai voluto veramente!

E la mente suda, sgorga sangue senza controllo dalle timide mani di un bambino, le guerre e il dolore hanno sostituito, massacrato l’AMORE e l’ONORE.

Piange lo sguardo della fontana, mentre il cielo di una Vergine donna è stato offuscato da neri uccelli.

La pelle trema come terra in preda ad un terremoto sacro.

E la religione?

Che fine ha fatto?

Forse era anche quello un apostrofo sulla credibilità?

Oppure era soltanto un punto sull’orizzonte del nostro vivere bene?

Nel credere a qualcosa di così immenso, ci vuole polso!

Ci sono dei fiori aperti che emanano profumi talmente intensi da farmi scoppiare le meningi, ma non perché io sia fragile; al contrario, è dietro a questo aspetto che si cela una forte corteccia.

C’è solo indifferenza per le semplici cose… e questo è veramente triste!

E mi spoglio, nudo come mamma mi ha fatto mi immergo nella fontana intiepidita dai raggi del sole e immagino femmine di Lesbo che danzano nel vento di Eolo, una scena da teatro che mi aiuta ad evadere dalla chiusura mentale di esseri come ricci, senza opprimere i sogni che nel tempo si sono fatti astratti e caotici.

Allarme rosso, ovunque io passi o mi sieda, dietro o intorno alla mia sagoma solo fantasmi di vita.

C’è ancora paura di non volersi allontanare, la paura di restare, ma allora cosa bisogna fare?

Semplicemente stare a guardare come quel Dio greco che un dì ho sognato.

Piante e animali si fondono in questa foresta senza frutti, solo sterco sul suolo ecco… quella è la gente ottusa che è andata incontro al proprio destino di idioti.

Questo tempo che muore ci limita il piacere e il godimento… torno a ribadire che siamo solo morti viventi.

Mostri?

Quali mostri?

Dove sono?

Io non li vedo, io ci vivo, ma come si può fuggire e assaporare le belle cose se abbiamo solo orrore nel mondo o che il cinema e la TV ci proiettano senza esitazione?

Come faccio ad essere ottimista?

Metafore…metafore…da scartare come cioccolatini e sottolineare che anche quello è cibo per la mia mente e non per gli ottusi…ma una forma di egoismo senza alcun dubbio!

Corpi addormentati su letti chiodati forse è giunta l’ora di aprire gli occhi…allora gridiamo per volersi far capire quando parliamo, sembra di stare in un grande mercato di pesce.

Ma se il pesce dopo tre giorni puzza?

Cosa facciamo noi?

Semplicemente lo gettiamo e lo sostituiamo… è questa la cosa da fare?

Io dico che questo è un problema antico come la Bibbia.

Non possiamo forse definirci: schiavi di una meccanizzazione, troppo semplice, della nostra pigra voglia di vivere?

Bisogna secondo uno schema nuovo, ricominciare da zero… se vogliamo che l’indifferenza o il differente ci soffochi!

Ovunque drogati e puttane si scambiano commenti in un locale, immaginate che dialogo costruttivo… sembra di stare allo zoo con animali di tutte le razze, il circo del mondo e i suoi spettacoli!

Mi vedo esternato, inutile, forse sono da internare?

Ho come un presentimento, chi è normale oggi?

Forse chi si ammazza o ammazza?

Oppure chi legge e vive semplicemente documentandosi?

O ancora quello che fa sport che per essere primo si droga?

O è quello che ozia e vive della sua inerte presenza nel mondo?

O in questa terra così varia, è quello o quella che scopa dal mattino alla sera perché è l’unica risorsa di vita che gli o le resta?

Vedo diverse soluzioni per queste probabilità, l’esperienza del vivere con il bene è una convenienza… essere gentili con tutti senza TV; quella TV che fa più vittime che un mitra di un bosniaco!

Ma si può abolire?

No! Si può però guardare solo per le cose belle, quindi per pochissimo, o per niente… Che assurdità!

Musica ragazzi, bisogna ascoltare le parole, cantarle e respirare il sentimento di frasi scritte anche solo con le note di un fischiettare allegramente.

Attimi indescrivibili che sollevano lo spirito svuotato dal tepore della mia personale immersione.

E’ un imbecille quello che non riesce a costruire la sua vita…un semplice, mentecatto, deplorevole bigotto!

Io preferisco leggere… allargare quegli orizzonti della memoria che la vita ha cercato di annientare con la sua indifferente e paradossale esistenza.

Giorni passati a capire, ponendomi domande di vario genere, mentre è entrato uno spiffero di vento gelido nelle vene.

Vincere la fatica, dona saggezza all’essere che appare diverso!

Distinguerci nel caos di questa necrofila esistenza per le cose date, ricevute e fatte, con l’amore che il proprio cuore puro ha accumulato nei secoli.

Sembra una preghiera?

Forse credetemi lo è veramente… oggi c’è bisogno di dire e fare cose diverse per essere una firma da stimare in tutti i sensi!

E per finire come l’ultimo saggio del pianeta… mi spiace ma io non sono il Messia!

Non sono nessuno… solo un uomo stufo di questo proseguire come sempre.

_E che fai…me stai de nuovo a fracassà la cosidetta? Non ce provà… non ce provà!_

Un uomo dicevo…un uomo che è obbligato a stare all’erta ogni giorno, perché l’ignoranza altrui non lo schiacci definitivamente.

C’è un cervo che salta di fronte a me e intanto sono uscito dalla fontana che ancora brilla alla luce del sole, riesco a vedere anche ginestre sfiorite è forse un presagio?

O una chiave da scoprire?

Ad un qualsiasi lettore tocca scoprirlo.

Comunque non cambia nulla… l’allarme rosso continua a suonare amplificato, mi vedo maturato dall’esperienza, probabile che sia questo il mio segreto di vivere come un uomo semplice… probabile che sia il mio differenziarmi da altri che mi da il coraggio, di vivere e vincere, di stare con tutti e nessuno!

Forse, è proprio la mia poca saggezza, accuratamente studiata, che mi fa vedere le cose come stanno in questo macabro circo che è il nostro mondo.

E alzo il viso verso la statua che sembra aver cambiato espressione.

Mi sembra di respirare un’aria diversa ma il mio aspetto è quello di sempre… dentro sento che ho ancora qualcosa da dire, anche se la mia coscienza è lì assopita nel suo labirinto, senza volersi più destare.

Come posso giocare con la mia identità, giocare e sbalordire, questa è la forza di chi scrive.

Trasformare la realtà in un mondo diverso, completamente rinnovato.

Vedere gondole veneziane e tante maschere ma una sola identità, una sola presenza che per capriccio o per definizione, diventa pseudonimo o soprannome, ricercato o inventato soltanto per risultare diverso e non solo per vocazione.

Io, un mare con tante barche e un solo proprietario, io la possibile divinità non ancora svelata.

E se ci sono nuove ere, ci sarà un nuovo re, una assoluta predisposizione!

Interiorità, fragile sisma di un cuore spezzato da troppi intoppi.

Bianche spiagge di un mare antico, galeone con pochi pirati, ma tanti ladri.

Questo il mondo che va come una scheggia e frantuma la fantasia, ed io siedo sul trono, piangendo per il mio regno, che non avrà mai una sua dominante in questa parte dell’universo.

Poi bandiere e banderuole multicolore, un paesaggio di sole stelle e un Paradiso dove c’è scritto :_Pagare tassa di soggiorno!_ Che vergogna che oblio!

Da questa natura che porta con se la denominazione dell’essere, bisogna prendere spunto.

Si vedono cose bellissime che portano il benessere dentro il corpo, ma qualcosa di estremamente buono, spesso viene distorto dall’uomo mediocre!

Ho visto zanzare e libellule su uno stagno, assenti da questo universo che è entrato nella paranoia.

La natura e suoi sentimenti, vengono oscurati dalla paura di non rivedere i più celesti cieli che ogni giorno fanno parte del tetto della nostra vita.

Ho tanto timore nel cuore, forse è questo mio profondo amore per la pace?

E mi rivolgo a te mio Dio…voglia di dolcezza, amici che vanno e non restano, confusione sociale… domino il mio animo e i miei rancori, con storie d’amore che finiscono in lunghe e persistenti pause.

Giochi proibiti e illusioni di una realtà sporca e piena di incertezza, orgasmi gettati in un water nuovo di zecca.

Destrieri, fiumi di idee, tempeste, una ragione in più per evadere.

Un valzer di insetti sul mio cuscino d’erba, mentre intorno suoni conosciuti, tengono questo apocalittico sistema di cui l’odierna civile e moderna umanità è piana.

Viali sul tramonto e suoni di vento, la freschezza sul mio volto, che dipinto di tenui colori ricorda…

Getti d’acqua sui miei sogni, desideri infranti dalle lacrime di Cupido, distruzione di un rapporto!

Deserti ricolmi di noia, sudore freddo sulla fronte, mentre coccolo il mio cuore.

Gardenie nei cappelli e danze frizzanti dietro opachi specchi, volti nuovi e nuove virtù.

E tra il vello del mio omonimo senso del pudore, un raggio di luce inebriante scatena nuove ispirazioni ora mai gelate nel profondo IO.

E’ morto il mio cigno, il mio umore si è spento intorno a me, la natura si anima ed ipnotizza la platea.

Le foreste si inchinano al mio lamento, e l’anima si cosparge di melma.

Nell’aria c’è il desiderio di un cambiamento radicale, ma resta un estenuante viaggio accompagnato da inarrestabili attimi di fuga.

Un giorno stava passando, ancora una volta ero rivolto alla luna, questa sera è molto più grande, riusciva a rendere l’ambiente circostante un meraviglioso dipinto dall’aria sinistra.

Le mie pupille, gonfie dal disprezzo, dal dolore; mentre cerco altrove l’atenea aura del mio enigmatico essere, comparsa inconsueta in questo magico giardino.

Ma nessuno può avermi così… mi è impedito da quella che potrei definire la riluttante bava sociale, in cui purtroppo vengo immerso mio malgrado.

Le uscite sono annebbiate e i sortilegi sono chiavi di violino dipinte con vernice splendente.

Gli orgasmi sono consumati in incontri furtivi, sono rischiose abitudini che ci fanno da scudo dietro molte sembianze, ma che stanno per una ed unica identità!

Poi cerco di oltrepassare per l’ennesima volta il cancello, ma mi fermo e decido di restare sotto quel cielo stellato e spontaneamente dentro di me, si muove una calamità naturale è il grande bene che nutro nel profondo, per questo mio aspetto detestante.

Adesso noto di fronte a me astri irraggiungibili, vedo segreti sismi interiori, però vedo ancora le indecenze non ancora esplorate, e questo rende tutto, ancora più difficile da superare.

Trascino così l’anima come un sacco pieno in questo fango di società, traspare solo adesso il coraggio di farlo e la pelle respira.

C’è un’incoerenza divina tra suppellettili sul cuscino, c’è voglia e fremito di evadere in maniera infinita, verso un nuovo sistema solare.

Ma c’è il rischio di perdermi, in quella follia causata dal terribile dolore che taglia il cuore e i mille pensieri.

E’ forse un’incognita questo mondo?

Credo fermamente che la risposta la può dare il nostro caotico, parsimonioso Dio, che tutto vede, sopporta e sollecita.

Riesco a raggiungere casa a notte inoltrata, mi prendo il solito rimprovero ma sono stanco… tanto stanco che desidero soltanto dormire.

Il giorno a seguire, di nuovo andai dove ormai mi sentivo qualcuno, appesi la mia giacca ad un ramo mozzo di un vecchio pioppo, mi sedetti sul bordo della vasca di quella ormai amica fontana, guardai di fronte a me verso nord e riuscii a intravedere tra due cespugli di lillà un coniglio che mi spiava, io gli sorrisi ma quello balzò con uno scatto nella sua tana.

Io mi rivolsi all’edera che si arrampicava lungo il tronco di una betulla e lasciai le parole vagare.

Mi sentivo trasparente quasi nullo, il mio pensiero andava oltre le tende di quel sereno giorno e del mio scoprire.

Vedevo ghirlande funebri, di vite consumate dall’ipocrisia e dal collasso strutturale di una società a malapena alzata su esili pilastri.

La mia evasione quasi irreale, mi dava la sensazione del tradimento e del odio, la voglia di superare ogni barriera esistente nel cosmo.

I miei segreti sigillati e archiviati nel cristallino palazzo di Dedalo, mentre elicotteri si scontrano e bombardano il silenzio… il mio.

Tabù scalfiti dalle virtù, voluttà inconciliabili, lo spasmodico desiderio di lottare e vincere.

Paura di crollare e non potersi risanare neppure nel tempo.

Ripenso ai piccoli uomini che uccidono per sfamare le loro famiglie, destrieri di fuoco sulla scia di questa civiltà guerrigliera.

Il disgusto che mi assale verso quel governo dove a nulla serve la sensibilizzazione.

Le terre vengono dominate dalla non vita, tutte le concezioni vengono come inghiottite dalle belve che sono antiche più del tempo.

Le foreste in fiamme e l’inquinamento che si respira nell’atmosfera, menti malate che solcano le strade di questo universo, l’AIDS la peste del secolo!

Non c’è limite al male che domina, e la terra viene concimata da cadaveri e ottusità in una maniera tale da rendere anche questo meraviglioso luogo in cui sono immerso un imprecisato anfratto.

Vittime bambine, violenze carnali, sesso spietato che insanguinano pagine e pagine di giornali e rotocalchi, nessuno osa chiedere e tanto meno fermare questo putiferio, che sembra offuscare qualsiasi luce o via d’uscita… vedi cara Madonna di marmo che continui a gettare trasparente acqua sulla mia immagine riflessa, questo è un disonore per ogni essere umano che ancora si sente puro!

La mia mano trema, al vento che sfiora l’erba, il mio interno, segrete valli ospitano uomini immaginari feriti dalla demenza e dagli eventi di quest’epoca.

Fermarsi a respirare, denudati e poi rivestiti dall’ottusità.

Rincorrere mete irraggiungibili come un mite soldato senza scampo.

E dal cielo una stella sembra parlarmi.

Ma è il mio io che grida_Ahòòòòòòò e basta…se deve dà un taio a questo sparlare, lo voi capì che tanto nessuno te stà a scoltà!!!_

Ma io mi ribello al pensiero, ed esorto così respingendo qualsiasi infamia, ripercorro con la memoria e le dominanti spietate e selvagge che si incrociano nelle menti periferiche del sistema, controllo e respiro, poi sospiro, mentre il cuore è stretto in una terribile tanaglia.

Mi sento schiavo sporco di sangue non mio, mentre la mia penna ferisce ancora il mio animo pigro e scanzonato che soffre d’amore e di pietà.

Gioco con i mille fiori che mi circondano, chiusi in un boccio perlato di rugiada; penso ai politici che vogliono il potere senza sapere che cos’è realmente.

E mi ritrovo solo per vocazione e non per ispirazione.

Cado nel fango e poi danzo girando su me stesso, mi rigetto a terra, musica celtica mi scalda le membra e intravedo in un miraggio di lacrime, un’immagine di donna che mi viene in contro.

La statua sembra animata dalla mia disperata coreografia, come vorrei ora, mi vedessero i miei amici dalla pacata intelligenza, dai corpi come rigidi arbusti…come vorrei che mi vedessero mio padre, mia madre… mio fratello.

Ebbene… guardatemi putridi… guardatemi, la mia danza è il simbolo del dolore, trasformato in quella gioia che non riuscireste mai ad apprezzare… il mio ballo è poesia.

La poesia, l’unica cosa vera rimasta in questo schifo di mondo.

Avrei tante cose da dire, ma non sono pronto per combattere questo dominio di lurido letame.

Vorrei vincermi e per sempre vittima ferirmi, prima di dire la verità.

Boia che cerchi di tagliarmi la testa, che vuole il mio sangue in una coppa per dissetarsi e poi togliermi il resto, hai bisogno di nuove scosse, nuovi eventi, io credo che tu abbia bisogno di amore… solo amore!

In una sacca di nylon mi avvolgo e cerco nuovi percorsi.

Godo spudoratamente di una buona condotta, ma non so quanto potrei ancora resistere.

E vedi, così è quel verme che striscia al piede di un Dio solidale, che non può cambiare niente, perché tutte le cose sono destinate a perire.

Ho bisogno che qualcuno riesca a prendersi cura e guidare il mio essere.

Ho bisogno di qualcuno che sia vero, vicino a me… vivo soprattutto!

Tutte le volte la stessa cosa, un nuovo inizio e di nuovo, come sentinelle ci guardiamo attorno e la sigla anonima che ci tormenta diventa per me l’accento, paradossalmente sbagliando sempre qualcosa.

Il panorama è straordinario, il cielo è pulito ed io respiro aromi, ma la vita… la vita è un vero mistero.

Vorrei tanto che il mondo ospitasse questo mio bagaglio di parole che sono una vastità.

Ma non si può avere tutto, dominare chi mi sta cercando, un’incompletezza e una fragilità che sta dietro ad un carattere, che vaglia ogni cosa, per poi scegliere quella giusta.

Donne, uomini, che si incontrano per le strade e incrociano sentimenti che comunque non sono puri.

Bambini che non credono più alle favole, che sanno tutto sul sesso ancor prima che i genitori glielo insegnino…siamo veramente al culmine di un era, che si sta avvelenando da sola.

Si ricomincia con aliti di vento, sospendiamo lo spirito e lasciamo planare il cuore pienissimo di ansie.

Si vuole dominare, ed io cerco di avvicinarmi ad un piano diverso con diverse inclinazioni e predomino evolvendomi.

E tutto intorno si fa silenzio, il concetto di valore… scomparso.

Sono attimi di incoerenza, d’insensata saggezza, onorare l’amore quasi come in un incantesimo.

Ah…l’amore! Quante storie su di esso nate per errore, arrivate al successo e ad orgasmi troppo veloci.

Come vorrei che finissero le giornate magre, come vorrei!

E si diventa il sogno di qualcuno senza volerlo, il secondo posto di un libro ben scritto, ma io domino e mi domino sperando e soprattutto sperperando… ogni piccolo singhiozzo che sia sentimento!

Di fronte si apre uno scenario improbabile, uno sciame di lucciole mi girano attorno in maniera frenetica, ma questo spettacolo della natura mi riveste e mi fa sperare.

Una limitata esistenza, tra ricami di stenti, di puntini colorati, dipinti sui sentieri e i ventricoli del cuore.

Come sono austeri gli sguardi indesiderati sulla pelle che si proclama portatrice di storie e amorevoli avventure.

Frassini e abeti che si contraggono in un abbraccio di voluttà, mare dei Caribi in una visione speculare del cielo riflesso in un paio d’occhi neri, e il sogno in un dolore senza fine.

La dominante segreta si è formata tra lune spaziali e mitiche costruzioni tecnologiche, che hanno preso il posto all’umano sentimento… che perversione!

Per quanto fosse strano l’immersione in quel meraviglioso giardino, mi feceva perdere la cognizione del tempo, la mia folle corsa verso l’immortalità, è solo una serie di semafori lampeggianti sulla mia strada, percorsi indecisi che dominano il mio sentimento melmoso, sopra cumoli di fieno.

C’è una rana con occhi spalancati che cerca di catturarmi indifeso, sento l’orrore di un eco e l’urlo disumano di milioni di animali… fremo a queste proiezioni e mi accingo ad onorare questa terra consumata dal dolore e così mi riprendo.

Fugace, audace, temerario, incazzato, e un po’ come dire folle, disperato, che a passi prosegue verso l’oblio di questo mondo.

"A Daniè che stai de novo a turbatte… fatte vede..fatte curà!"

Ma un uomo impiccato nel deserto silenzioso di quella Dea dell’amore, sta lì e penzola nudo e inerme, sporco e carico di tutti i peccati dell’altra gente come lui…così affascinante!

Dove lui pende, sotto i suoi piedi sull’ombra nasce una piccola pianta…la mandragola, radice umana che nata dal seme di quel corpo appare grottesca creatura, portatrice di sfiga.

Io guardavo e pensavo chissà, se anche la società terminerà in quel modo dove al suo posto nascono piante di mandragola, in sostituzione della dominante, cieca, ottusa, di questa civiltà smagrita come una vacca sacra.

Ma in quel deserto un altro corpo viene sottratto dalla vita, una donna questa volta, però sotto di lei nella sua ombra proiettata dal sole, ci sta un utero in fiamme… la mandragola è scomparsa.

La visione di questo presagio mi scalfì il cuore che prese a battere forte, quasi a soffocarmi.

Su questa terra dominano Demoni e Angeli, santi e assassini… in questo tempo senza sabbia, ci sono elfi, fate che si discutono il potere, mentre c’è un debole lume di fiamma che si spegne nella mia mente attonita.

Intontito e fragile proseguo in questo mio recitare, sottraggo la voce e mi spio di nuovo nello specchio d’acqua della fontana.

Vedo la rottura di un mondo letale, una predominanza del male e un angelo con le ali tagliate, mi sento, un falco senza artigli… credo che l’apocalisse sia questo degrado sociale, questo naufragare in un mare di merda antica di secoli, sciolta dal nostro ottuso volere a tutti i costi, ciò che non meritiamo!

Una sporca odissea!

Poi fiumi di sangue, strane cellule dalle tante forme, strani malati… un virus contaminante che scorre nel mondo attraverso le sue vene e arterie, ne fa uno schiavo… è la fine di un deserto di vetro, nuvole e sparvieri, morti di guerra!

Paure oltre ogni limite, voci lontane di spiriti sottratti alla loro ragione.

Automobili scassate, silenzi di folla, funebre impatto.

Occhi che spiano coppie, donne violentate, bambini seviziati, neonati gettati nei cassonetti… ma dove è finita la moralità?

Ghirlande di rose, gigli neri ed iris in questo mio giardino dove nessuno ha scritto il suo nome.

Il nome di chi per errore ho amato e con me ha giocato.

Ora vedo nuove radure che spuntano sulla strada della coscienza, verdi prati, fiumi colorati d’ ambra e sento il vento che parla di un Re che domina le distanze… ha forse il mio volto?

Bianchi cavalli e neri corvi, una frase scritta appena su un quaderno sporco di impronte, un uomo che non ha una vita… ma ne ha mille!

Giovani donne dal pube biondo si affollano intorno alla figura astratta di un fallo, la violata forza della donna, padrona del mondo… colei che è responsabile quanto l’uomo di una degenerata civiltà.

L’uomo senza vita, il simbolo fallico del putrido sistema.

Pelle morta, seccata al sole.

Angeli che si chiedono perché i demoni sono vigili.

Che sia una luna trasparente, quella che con il suo raggio indica la strada… la fuga!

Ma fino a quando io avrò idee, non sarò parte di questo schifo.

E il sole sembra non voler più tramontare!

Il giardino si fece pieno di farfalle multicolore, la pelle tiepida chiedeva ancora luce, la fontana emanava nuovi getti.

In questa mia vita chi ha dominato è solo il cuore… questo mio cuore mai capito.

Frassini legati, intrecciati in una magica effigie di bronzo… un attimo di assoluto silenzio, attimo in cui ho creato.

Voci mute, un cappio e uno strappo così le virtù spariscono, come i sogni ma un dubbio mi assale… che il suicidio sia l’unica via d’uscita?

Ma la speranza nel mio cervello si trasporta oltre!

Le mie iniziali sono scolpite sulla pietra dura, diventando così una fissa incognita del mio passaggio… una tentazione, trasfigurazione o dominante del dominio!

Ultima Dea di un tempo morto… l’idea prevale.

Potenza e potere, gioie e dolori, fermezza e umile carezza della coscienza.

Ci sono strani padroni senza dignità, comprati, venduti, senza spirito, deformati in una falsa immagine… per comodo!

E sento che la fontana trasporta nel suo getto le mie parole, ma il carnefice si fa spazio tra le mie righe, vuole uccidere questo devastante essere proteso in un tempo e in uno spazio che non gli appartiene… e intanto sorge un nuovo sole e questa volta è la vita soltanto ad essere il personaggio del mio monologo…. Vita.

Una parola che diventa parabola di saggezza, come in un romanzo di Luis Sepùlveda.

Una parola che racchiude tutto.

La stessa parola che ingloba nel suo ventre tutti i significati esistenti, di tutte le altre parole…una parola che è inizio e fine.

Il poeta che scrisse "Foglie d’Erba" diceva: _ Come Adamo presto al mattino, che cammina uscito dalla capanna di fronde, rinfrancato dal sonno… guardami mentre passo, odi la mia voce, avvicinami, toccami, accosta la palma della tua mano al mio corpo mentre passo, non temere del mio corpo!_

Così vedo il nuovo inizio, il ricominciare e l’anima, cosa farebbe si contorcerebbe all’idea?

All’idea di un nuovo mondo?

Il terrore che sia uguale al primo, probabilmente la fa restare sulla difensiva!

Io non saprei definire un nuovo inizio… una nuova Genesi.

Ma sicuramente l’anima cercherebbe un punto di contatto, più sicuro e protettivo per potersi ambientare.

Allora, proviamo a vedere cosa un’anima come questa, al varcare la soglia della probabilità, rimane praticamente nuda, di fronte alla natura… alla vita.

La fontana ospita uccellini venuti a bere… ma non si muovono, pensano forse che anch’io sia parte dell’opera?

Credo invece… che per loro, io sia trasparente!

Tanto da risultare invisibile!

Ecco, che scompare tutto quello per cui l’uomo si è fatto in quattro, la tecnologia, la scienza e via di seguito.

Ecco, l’anima si confonde e si stabilisce in un ambiente a lei sconosciuto, sente che qualcosa accade, qualcuno si avvicina, vuole persuaderla ad abbandonare il suo scoprire nuove emozioni; quelle congelate dal tempo.

E così iniziò, senza controllo un preciso percorso senza condizionamenti… le nuove origini.

_ Mo so proprio curioso de sapè… quello che stai a tirà fora!_

Intorno a me di colpo il silenzio diventò sordo… il vento muto, scuoteva le chiome degli alberi e foglie morte, venivano avvolte in vortici vellutati.

Tutto sembrò rallentare, la fontana si fece cupa, il cielo coperto da nubi grigie fino a oscurare il sole... dentro di me il fermento e una forza incredibilmente grande diede spazio al nuovo personale viaggio... dimenticandomi dove fossi in quel momento e respirai a pieni polmoni, un’aria densa e l’anima prese il suo punto di contatto.

Una rana… cosa fa una rana sull’orlo di un fosso?

Si tufferà?

Si suiciderà?

Oppure la sua esistenza di rana, la rende a questi miei occhi e agli occhi della società un qualcosa di ripugnante… tanto da volerla morta?

Eppure, quella rana racchiude tanti misteri, tante stupide derisioni, ma io credo, anzi ne sono certo che essa ha anche sogni.

Ogni essere ha sogni… se ha una vita!

 

La RANA, che animale meraviglioso, quando gracida il suo dolore… l’amore, la sua prole, le sue conquiste... lei non pensa che ha intorno uomini crudeli, donne assurde, bambini spietati, vecchi porci o rimbambiti… è certo che lei non lo sa!

Ma il suo esistere è conosciuto da tutti, lei sa di non piacere alla maggioranza, ecco perché spera un giorno che si avveri quella fiaba dove la rana più brutta il rospo, si trasforma e diventa con un bacio, un Principe meraviglioso; ma l’assurdo è comunque vicino di casa in ogni luogo, Regione o Stato, deteriorando l’esistenza, trapuntandola di banalità per sopravvivere in questa realtà.

Ma avete mai pensato che forse, quella rana o rospo che sia… rappresenti noi stessi?

No? Peccato!

Ma qualcuno da arcipelaghi lontani, sospirò l’esistenza, erano giorni di pioggia e la gente si dilettava a cogliere bacche nere nell’Eden…simbolo di una sbagliata procreazione.

Ora mi domando: _ Quale forza ha spinto l’uomo a simili azioni ? "_ Nettare d’api in cortili di fiori dai mille colori, una felicità piena di insensatezza.

Poliedriche femmine ricurve, lavorano in campi disseminati da corpi, privi di vita, inizia così la nuova generazione?

Oppure tra quegli spazi e quelle materiali capacità c’è la comprensione?

Ricreo l’immagine dell’anima, colloco un nuovo simbolo, in canti orientali, scopro l’evasione come unico ristoro.

I nuovi eventi si rincorrono ma qual è il punto d’incontro?

Dove è?

Forse è fra la sabbia di una clessidra… oppure tra i petali degli anemoni… o nei meandri di questo semplice viaggio nell’inconscio?

Errori accumulati nella prefazione tra illusioni e qualche furia, che deriva in certi spazi ben disegnati!

E fermo, certo fermo, in una congiunzione occasionale, io proseguo la scelta di voler ricominciare.

Il cielo è meraviglioso e mi veste l’anima che piano, piano, diventa nuvola e vola… vola…vola come il gabbiano Jonathan Livingston.

La fontana continua a gettare la sua acqua non curante del mio sfogo, un passero solitario si posa delicatamente sul bordo della vasca e intinge la sua testolina, poi si scuote arruffando le penne, poi spicca un volo confuso verso un cespuglio di lillà.

I miei pensieri si fanno più caldi e diventano senza data, trasportando detriti di ogni genere, pericolosa occasione del cuore di fare chiarezza!

E quindi il plasmare le forze degli esseri inumani, diventa d’obbligo e cerco così nell’anima un simbolo… della verità.

La gente urla, beve dal calice di pietra di nuovi eventi, il destino diventa una tomba sulle teste ottuse di questa società.

E rane unite alle serpi, continuano a fare da cornice alla simbologia di quest’anima trasportata in nuovi gironi di saggezza.

Ho deciso, adesso non voglio più muovermi da questo giardino… il motivo è che nulla mi attende fuori da esso!

Una lumaca si libera dal suo guscio… una follia andarsene senza protezione!

Ma quale essere è protetto dall’insensatezza?

Si apre ora una porta nella ragione, un cenno, un gesto operativo, una lapidarea contorsione.

Steli e facili imprese contenuti, ora diradati che si amplificano in corali esibizioni… la paranoia, solo paranoia, che nasce nel cuore distrutto dall’amore!

Canti di libertà?

Oppure di dolore?

Percorro a ritroso questa clessidra dimenticata, tra uno spazio ed un tempo incontenibile.

Varco adesso soglie non ancora esplorate!

Vedo un punto d’incontro, tra l’anima e il corpo, in distese aride senza più terra… nubi, quelle distanze, quei sogni!

Le passioni contengono cuori che si sanno isolare, i pensieri diventano diario scritto di getto, l’infinito non esiste!

Adesso creo… forme e non saprei come spiegare il sistema, ma saprei risolvere un eventuale problema.

Eterea donna che vive nel mio sguardo, un bacio dato e un orgasmo ottenuto, sigillo così con il seme ogni uscita insensata dell’estasi, gusto ogni goccia di pura felicità.

Le spiagge lontane da questo luogo sono coperte di vapore, i poli sono opposti nell’esistenza di un’altra anima, che si incarna in piante di mandragola e fili di gramigna.

Mani che si ergono come rami su estese praterie, con poca erba verde… cuori sottratti alla memoria… esangui.

L’esplosione di certe pretese, parità di diritti e di parti, lascive effusioni di animali legati da una catena.

Ora ci sono uomini su quella distesa, ma io continuo a vedere nubi… solo nubi!

Maschere di petrolio, si mescolano tra la sabbia di quelle spiagge, c’è chi guarda indisturbato un rapporto orale tra il Bene e il Male.

Ed io, in questo spaccato di Paradiso, con uno spicchio di luna accesa, cado inesorabile in una disperazione senza fine!

E nella pace di questa sera, lontano dalla merda della mia città, sorvolo ancora viali grigi decorati da giganteschi platani.

Scrutando ancora la natura e i suoi meravigliosi movimenti.

Cammino, solo mi inoltro in un fitto bosco, mi ritrovo vicino ad un fossato e scopro la sagoma in un tronco di pioppo, ha inizio un sofferto supplizio dentro di me… mi accorgo che qui è nata Eva ed è morta nello stesso momento, tra aghi di pino spazzati dal vento!

E’ forse una premonizione?

O questa è l’ultima azione?

Nettare e appiccicosa melassa, su alcuni gradini umidi di una vecchia baracca, nebbia sopra le chiome degli alberi, fino a rendere tagliate le cime… evidente che Eva si è incarnata in una foglia.

E in questo pazzoide modo di vedere le cose, deformo la realtà!

Tradimenti, immutate frustrazioni, conclusione di una frase.

Pare pallido il volto di chi, non ha perso ancora la ragione e somma alla sua vita, ad un pugno di erba secca!

Gialle estati ricordo…perdute in una strada dove i cipressi si piegavano alla mia ombra.

Essere stato un’anima randagia, non porta luce, oltre essa che solitamente ci illumina sta l’altra fonte di illuminazione, molto più intensa e piena di meraviglia… ma l’anima che riesce a riflettersi in uno specchio, potrà vedere la sua bellezza interiore o l’orrore che ospita, a seconda di come in vita l’essere umano si è comportato nei confronti del prossimo… oppure di quanto vero e sincero sia stato con se stesso.

Oltre la luce… c’è sempre la luce, ma dipende da noi stessi!

Una vecchia Eva sogna di perdersi in gocce di pioggia, qualcuno coglierà per lei il nuovo frutto.

E’ un inizio di questo punto d’incontro, tra le spine di una rosa che gocciolano sangue.

E’ la vera esistenza di chi ha vissuto per rinascere in una nuova generazione!

Il silenzio si fa interminabile, il momento in cui ella riesce ad avere un rapporto efficace con l’anima, la terra trema.

Nacquero così i crudeli… i figli di troia, che hanno popolato in due modi il mondo, Caino e Abele o semplicemente la bontà e la crudeltà o viceversa!

Resta comunque un perno arrugginito, quello tra chi nasce e continua a lottare contro tutto e tutti…l’anima si adegua al suo corpo come il pene alla vagina, ma è senza dubbio apocalittica questa conclusione!

E nella nuova situazione, indenni sono le mie idee, mille altre Eve e mille altri Adami, poltriranno su cuscini d'erba, per riemergere dalla terra e tornare così argilla!

Meglio essere riplasmati… ripercorrere tutto dall’inizio, o in altro modo.

L’evento del declino è stato musicato da Angeli senza testa… ma si fanno ancora progressive indagini per risolvere lo strano quesito.

E nel mio cuore radici!

" A rieccoce… un no voi proprio capì… che un se po’ cambià er monno! Lo voi comprenne oppure no? "

In questo caos, emergere e ritrovare la ragion per cui (il buon senso), è un’mpresa ardua.

Poli che diventano unico polo, narcotica visione, ore macinate per ritrovare il punto d’inizio, il nodo della matassa!

Dove siamo?

Come viviamo?

Perché siamo qui?

Credo profondamente che risposta a tali quesiti non esista!

Ma possiamo solo fare delle presupposizioni, senza renderle fondate, dare libero sfogo ad una labile logica per questo poi volteggiare frastornati!

E’ divertente, se riesci con la mente a ribellarti a tutto questo inferno!

Nell’inconscio è difficile trovare una soluzione a questa nuova Genesi, sarebbe come mettere una parentesi tra la fine e l’origine di chi, o cosa… bisogna metterci in prima fila, salire sul palco del mondo e fingere… bisogna recitare!

Recitare è sottrarsi da un ruolo fisso e interpretarne tanti… tutto per vivere in armonia con noi stessi e rendere facile la vita con gli altri.

Tollerare!

Eva adesso si riposa nell’ombra di un gelso, Adamo incanta le sue mille rane con un flauto rubato… i figli si sono addormentati su un cespuglio di margherite immacolate!

Io spio nella notte gli occhi di un gufo!

La mia sensazione di perdizione che prevarica le distanze, il limite e mi accorgo di non essere come sempre avevo immaginato di essere.

Sapersi distinguere sembra che non basti in questo manicomio di mondo, ripenso ai miei amici alle loro mancate risposte, al vuoto delle loro menti.

Anch’io vorrei in questo angolo lontano anni luce dalla schifezza della mia città, poter avere la capacità di odiare quanto amare e in certi momenti saper urlare, piangere e ridere, ma qui in questo luogo dove mi trovo, la mia disperazione nessuno può coglierla, se non questi alberi, questi cespugli, questi fiori, questi sassi, questi rami, quella fontana e gli animali che popolano questo Eden.

Vago nell’oscurità dei pensieri, ho un nome, per gli amici un nome a metà ma non ho amici, sono perduto, solo e abbandonato al mio destino, il mio cuore è colmo di tristezza e fa male… la colpa è solo sua.

Di colui o colei che non ha saputo amarmi!

Ciao… piantina che stai nascendo su quel grigio terriccio, sono sempre io e parlo da solo come i pazzi o gli scemi, perché qui dove mi trovo non c’è nessun altro che possa comprendermi .

Ma ora mi accorgo che anche precedentemente, quando ero in mezzo a quella gente e frequentavo altri posti, non avevo nessuno che poteva comprendere il mio spirito e il mio stato d’animo… la mia insonnia!

La solitudine è stata la mia sola compagna in tutto questo tempo, ancor prima di crescere e diventare ciò che sono oggi, questa civiltà l’ho sempre divisa a metà.

Loro e me… io e loro… e questo è veramente triste.

Mi piacerebbe avere qualcuno con cui dividere un dialogo, qualcuno a cui potrei rivolgere domande sul mondo.

Vorrei sapere di più sulla violenza… per poi saper combatterla con le mie mani.

Mi chiedo sempre perché certa gente odia, perché altra ama, nel mio profondo penso che non serva a nulla come voler colpire un astro celeste… ma probabilmente questa è la vera vita.

Troppo più grande delle proprie aspirazioni… delle proprie illusioni… dei sogni stessi, navighiamo in un mare di merda e tutto ci sembra meraviglioso quando viviamo alla giornata.

In questo luogo dove ho ritrovato me stesso, inesorabilmente sottovalutando che nella realtà vivo in quell’infernale città che molti invidiano, in questo posto mi pongo libere domande senza una risposta, da parte di qualcuno se non io stesso; qui il giorno e la notte si susseguono e si fondono in una cosa sola, proprio come è la vita e la morte.

La mia reale esistenza è sopravvivenza tra gente comune, in una sorta di coma apparente vago tra di loro e sorrido anche quando non ho nulla per cui sorridere o ridere.

Inutile credere che ci siano posti migliori, tutto il mondo è paese… sono in questo stato per colpa di un gesto, di una parola, un’intera frase, uno sguardo che mi ha procurato un dolore grandissimo, la cattiveria è terribile e non so neppure da quanto piango e mi chiedo se caso mai non sia la signora nera che crede di potermi portare via in anticipo.

Ma che non si illuda… ho ancora tante cose da dire e altre da fare!

E poi fino a che ho sogni, sono intoccabile, le ansie, i ricordi, le paure e i desideri, saranno sempre qui e non scapperanno via, come lasciati liberi di vagare dopo il sonno eterno.

Allora cerco sempre di attaccarmi ad un pretesto, ad un’idea… e cerco anche in un gesto insignificante il conforto, ma basta una piccola cattiveria a far crollare tutto.

L’indifferenza la mia peggiore nemica, i gesti che per molti sono senza importanza per me hanno un valore gigantesco, possono essere causa di orribili conseguenze o di gioie inesauribili.

Il non perdono, da parte di qualcuno che involontariamente ti ha causato un dolore se pur piccolo… ti fa sentire inutile e depresso, una fase di un percorso solitamente diciamo; allora vorresti scomparire per sempre tanto finiresti per non mancare a nessuno.

E anche se poi arrivano le scuse… ed è passato del tempo, può anche risultare troppo tardi e la causa del tuo dolore, quel qualcuno, avrà un terribile senso di colpa che lo perseguiterà per tutta la vita.

Senza magari comprenderne il motivo… senza pensare che magari la causa delle sue notti in bianco, o dei suoi terribili sensi di vuoto, possono essere causati da un piccolo, insignificante, leggero gesto d’indifferenza o di incomprensione.

Io ho paura… di stare da solo, ma in questo posto dimenticato da tutto il resto della gente, la mia mente si apre e non sento la solitudine.

È strano quasi miracoloso!

Penso ad Eva e Adamo ai loro figli, alla chiesa che li osanna e li condanna, alla grande montagna di nome Religione, il modo più semplice per avere un incontro ravvicinato con Dio.

Penso all’amore, al bacio, al sesso, al piacere della carne, al gioco, alla vita… cerco la verità del mio essere vivo tra i morti, o morto tra i vivi.

La religione a cui credo è qualcosa che fin da piccoli ci hanno messo nella testa, il più grande capolavoro di congestione mentale… perciò esiste.

Ma è normale che l’uomo debba crederci?

L’uomo deve credere pur a qualcosa… altrimenti che senso avrebbe la sua vita!

" Ce re siamo… à cocco me stai a rende nervoso! "

Ma io non bado alla coscienza che mi rimprovera…è roba da matti, le salme inerti, inflessibili al grigiore della routine, all’opacità del condizionamento… sono solo cuori di chi non riesce a guardare oltre il proprio naso!

E la mi anima si contorge al persistere di questo inquinamento, da parte dell’uomo ottuso… l’unico padrone indiscusso che comanda da un pulpito costruito su misura!

La felce azzurra dipinge il mio corpo disteso, il piccolo verme sale e scende dalle mie caviglie, la farfalla sbatte le sue alucce sul mio naso, il passero mi guarda dal più alto ramo di un leccio, il ranocchio spia con i suoi grossi occhi nell’ombra di uno stagno il mio procedere, una libellula sbatte ripetutamente sulle mie distrazioni, le formiche trasportano la mia voce in una sorta di dispensa, una larva di chissà quale insetto racchiude ogni mio singhiozzo… ed una rosa canina si arrampica sulla corteccia del mio cuore assorto, in cerca del nutrimento giusto per resistere a questo mondo.

Mi abbandono ancora ad un’ alba e non so quale… la pelle sporca di terra, gli abiti stracciati, assomiglio molto ad un barbone.

Ma l’esistenza di un barbone chi lo dice che sia peggiore di quella di un normale osservatore!

Tutto scorre, nessuno mi cerca, probabilmente sono stato dimenticato, tra le sfere di un emisfero, tra i meridiani di un tropico… forse è lì che vive e respira la verità!

E Adamo congiunge il suo dito indice a quello di Dio per l’ennesima creazione o forse congiunzione astrale tra il Bene e il Male.

 

 

VI°

Le maldicenze vengono giustificate tra schiaffi morali e politici, nuovi eventi si prospettano senza una logica, il mondo viene soffocato dalle nuove generazioni, il mal di vivere è la sintesi contorta dell’essere.

La terribile aspettativa di un mondo più giusto, la paura contagiosa per ragazzi sensibili che non sanno ribellarsi e soprattutto adattarsi a questo cesso di società… il suicidio la migliore scelta per loro.

Questi giovani fragili fili d’erba nella tempesta, l’espressione di disgregazione individuale e sociale, questa loro condanna di essere presenti, il male maledetto dell’incapacità di divulgare i propri stimoli creativi e sentimentali, il soffocamento dei valori che diventa la causa inaspettata del disagio.

Dentro di te soffochi ragazzo… e questo soffocamento ti consuma, non ti lascia più e ti porta inesorabilmente ad uno stato di assenza dal mondo, verso la morte che ti tende divertita la sua ossuta mano.

Fin dai tempi antichi il suicidio è stata la soluzione di qualsiasi incapacità di ribellione, nei confronti di qualsiasi tipo di disagio sociale etc…

Questi adolescenti che non sanno cosa sono le piccole gioie di ogni giorno, non sanno apprezzarle perché si sentono loro stessi piccoli e insignificanti… pieni di complessi e di paure.

Sempre più simili a robot.

Cresce a dismisura questo suicidio, anche nel bel paese in cui viviamo la causa spesso è l’amore o una malattia incurabile… o più semplicemente il contorno.

La delusione in qualcosa o per qualcosa, è anche essa una causa.

Come un’ incomprensione.

Ma spesso chi sceglie il suicidio come soluzione ai problemi, è soltanto un vigliacco incapace di affrontarli.

Il disagio è solo uno dei tanti mali del mondo… c’è chi ne soffre e sopravvive convivendoci, o preferisce andarsene lasciando agli altri il dissapore della vita, così come sta.

Una parodia, una stupida, ironica, insignificante frase tra le frasi; patimenti fastosi della stupidità… ma ci sarà pur da qualche parte il mutamento del sistema?

Può essere!

In tanto caro il mio bel germoglio verde, continuano a muoversi le stelle in questo cielo, cupo e sudicio, su queste rose sfiorite e questi anemoni rinsecchiti.

Apocalitticamente parlando si muove in maniera opposta da dove Eva, l’Anima e Adamo stanno marciando… l’alba è sorta, in tutto il suo bagliore ferendo i miei occhi con milioni di aghi.

La pelle si scalda, il cuore brucia, sento un gran bisogno di lavarmi in quel rigagnolo d’acqua… sento il bisogno di restare ancora qui, nel verde manto di questo angolo!

Sbadiglio al nuovo giorno anche se non ricordo quale giorno sia, le bianche visioni fanno dell’uomo un’anomalia, si deturpano le trasformazioni, tra un nero persistente e un passato che non esiste.

Tutti in fila indiana, cerchiamo in una fragile decomposizione della moralità, un inizio che mai avverrà.

La donna si è svegliata senza l’uomo, la mela è quasi finita, ed è lei a voler ridurre al minimo il torsolo.

Ma i semi di quel frutto, sono la procreazione e chi li semina un giorno, ne raccoglierà il senso, il valore.

Lei ha seminato quei semi su un giaciglio di terra umida e scura, con la speranza di un rinvigorimento totale.

E’ giunta la partenza del nuovo traguardo, in quei semi la conoscenza delle cose diventa vita stessa, bisogna coltivarli con amore sostenerli… e poi i loro germogli proteggerli alle intemperie, mai distrarsi è pericolosissimo!

Si vive, si patisce e si muore e forse poi si torna!

L’assurdo è che non vogliamo crederci, intanto lui ha imbracciato un’arma a doppio taglio, ha deciso che qualcuno oggi cesserà di vivere, forse proprio uno dei suoi figli, colui che si crede sia la causa di tutto questo casino di cui il mondo è sommerso.

L’impossibile diventa possibile, il mio giardino piano, piano scompare davanti ai miei occhi, la soglia spinosa del cuore prende spessore e vedo le nuvole che fanno disegni nel cielo, decisamente nitidi ai miei occhi… sigilli di un tempo remoto che torna.

Il punto d’incontro tra me e il mondo è sempre più vicino, con passi lenti e ansiosi sta arrivando, mentre Eva ha strappato un fiore la rosa porpurea del Bene, poi l’ha donata all’anima che a sua volta non curante del rischio l’ha data all’Adamo.

L’unione sconveniente della passione, alla ricerca dell’origine.

Un connubio perfetto, un’indole senza la metafora… la realtà!

Le palpebre calate in un sonno assurdo, il sole che tinge tutto di bianco la contrazione dei muscoli facciali, un grido e il nuovo arrivato è giunto al cospetto della luce… cosa ne farà Dio di lui?

Ed Eva pallida si erge tremante con l’Idolo tra le sue braccia esili… chi è?

Quale sarà il suo nome?

E il suo destino?

Qualcuno un giorno tenderà la sua mano, per condurlo in questa realtà, in cui io vivo e vi celebrerà il rinnovamento!

Resto a fissare il germoglio, mentre un vento tiepido penetra fin dentro le ossa, rigenera le cellule celebrali questo evento.

Ma nella mia coscienza c’è silenzio… forse lei è morta e risorge così in una delicata forma, due foglie carnose coperte di gocce d’acqua.

L’anima sembra coperta da un manto viola, la sua ombra si propaga lungo gli argini scoscesi del fiume in cui Adamo ha gettato l’arma…la sua DIFESA!

C’è l’ansia e lo stress e qualche nota di squilibrio in questo mio conversare, ho anche paura di eccedere ma sono certo che qualcuno mi soccorrerà.

Intanto che sono in attesa del salvatore o salvatrice, mi guardo attorno e mi accorgo di aver conosciuto i limiti e fatto cose senza scrupoli.

Tante volte ho sbagliato senza pensare, nessuno però ha cercato di comprendere, nessuno sforzo da parte delle persone che mi circondavano.

La gente bada solo alla propria persona… e Eva cuce un nuovo abito.

L’egoismo prevale su tutto e chi come me non sa essere egoista, si sente come un pesce nella rete del pescatore.

Mi pare che tutto rimanga scia nel tempo, come una firma del vento!

Tutte le volte che apro una finestra respiro un’aria nuova, la giornata agli inizi, ringrazio Dio di darmi la fortuna di svegliarmi ogni mattino, vedo e sento cose strane quotidiane, che inesorabilmente mi soffocano.

Intorno a me nuovi spaccati di natura, mentre Adamo si spoglia della sua unica foglia e scatena l’ira della passione e comincia a piovere.

Mi metto sotto una grande foglia di non so quale albero, mentre scopro che veramente gli opposti si attraggono.

Io da sempre vivo di contrapposti.

Lo spettacolo di questa pioggia fredda sembra rivestire la natura di una particolare patina, ma è solo una mia visione.

Io non ho nessuna intenzione di uscire da questo Paradiso scoperto per caso e mi calo in un dialogo con le gocce che adesso vestono anche il mio corpo dalla testa i piedi.

So di rischiare un malanno, ma si rischia ogni giorno perché questo mondo è malato da tempo e nessuno può più curarlo.

Non ci sono limiti allo disfacimento!

Sembra tutto un manto viola, anche l’ombra che si propaga lungo gli argini di un rigagnolo d’acqua sporca.

L’idolo nato da Eva viene battezzato e ancora deve sorgere.

I fiori bianchi, sono stati colti da un cespuglio d’ortiche nel prato di Caino.

Ma nel cuore ci sono nuove radici e nuove rane, che in gruppi più numerosi vanno fino al centro del nucleo del mondo per abolire l’ipocrisia.

E la fantasia da povero mendicante, vaga in un’altra direzione… senza senso!

Forse un giorno l’uomo troverà la strada, o forse no, ma almeno ci ha provato, ha colto l’opportunità per farlo… io ci ho provato e mi sono adattato ad ogni evenienza, senza lasciarmi contaminare.

Una rana si è staccata dal gruppo, ha balzato nel buio, Eva ha sussurrato alcune parole in creolo ma Adamo, ancora bagna il suo idolo.

Viaggio oltre la frontiera del nulla, ancora prima di arrivare al punto d’incontro!

Non mi limito, cerco di oltrepassare l’insuperabile, le gocce continuano a coprire me e i contorni e sento la mente stravolta da altri mille pensieri…ho fame!

Di fronte a me si aprono scenari meravigliosi, la pelle è tutta un brivido e nell’acqua sporca riesco a scorgere le strane figure che stanno dietro ogni specchio, ombre senza fine… anche loro lo sanno che quegli esseri soprannaturali che vivono in questo Eden particolare, sono le paure di ogni singolo essere umano.

Molteplici facce intorno e soprattutto con me.

Inferiori di sicuro, ma comunque proiettate verso il futuro.

E in fila scomposta, si affrettano Eva e compagni verso il fossato ricolmo di acqua trasparente e molte ore passano, prima che venga raggiunta la meta.

Giorni e mesi ci impiega l’uomo a capirsi e a capire!

Poi mi convinco lentamente sollecitato, che non c’è un ritorno e ripercorro emozioni dimenticate.

Intanto la pioggia ha cessato di cadere, forse il tempo sa già che fine faranno i sogni… ma io no purtroppo.

No…niente è dato per scontato!

Piante d’acacia e di alloro decorano il mio percorso senza fine, fino a giungere inaspettatamente ad una specie di Oracolo.

Una costruzione straordinaria di origine atzeca in cui mi rifugio per comprendermi!

Mirabile specchio della mia età, del mio vivere instancabilmente senza capire che ciò che sono, è probabilmente un miraggio.

Da dove cominciare, non c’è mai stato un inizio quasi sicuramente… come finire, ma forse neppure una fine c’è mai stata!

Questo mio essere così sensibile, maledettamente vulnerabile ha sempre dato modo che nulla potesse intaccarmi, nei contrapposti della vita… ma era solo una labile illusione.

Sembra facile parlare di me in questo luogo, nel luogo, ma lo trovo indiscutibilmente complicato, le mie depressioni, le mie inclinazioni, le qualità, i difetti, le detestanti capacità di fantasticare, la fuga da una realtà che dolce e amara delimita ancora la mia presenza in quest’altra dimensione del magico compreso universo.

Passo giorni piovosi a oziare, notti insonni a scrivere e creare, con la consapevolezza che mai sarò un GRANDE.

Ho attraversato le fasi della vita come tanti, ma quello che in qualche modo mi ha sempre diversificato da quelli della mia età e del mio tempo, è stata questa predisposizione innata verso l’arte e i suoi derivati!

Mi guardo attorno e vedo che ho un pubblico che ascolta il mio monologo davanti a questo dimenticato Oracolo, decine di uccelli di razza diversa che in silenzio dalle alte colonne di marmo logoro mi ascoltano, io sorrido al sole che filtra dalle fronde degli alberi che sembrano piegati, verso di me in un inchino regale… e pensare che ci sono volute tredici ore a venire alla luce di un giorno variabile del mese di Giugno dell’anno 1969, pare che fin dai primi anni di vita cominciai a recitare la vita, a creare quell’identità che mai, dico mai, mi fu imposta dai miei genitori, che tanto tolleranti hanno sopportato ogni mio capriccio, ogni mia trasformazione psichico mentale!

Ma la cosa buffa è che di ogni cosa che nell’infanzia ho raccimolato con i pro e i contro, oggi si diramano in me come canali d’acqua crescente.

Continuo a giustificarmi per la mia sensibilità innata, per ogni cosa che giorno per giorno viene ampliata dentro.

La conoscenza delle cose…le piccole cose, la curiosità dei fatti e verso le persone per me sono materia di studio, è grazie a tutto questo che io riesco a crescere e a vivere.

Solo nell’adolescenza mi sono accorto di quale valore dare a ciò che ho imparato, grazie all’ambiente circostante, compreso il nucleo familiare e ho cominciato a carpire e capire ogni qualsivoglia di cose compresa l’esigenza… il mio IO richiede, io do.

La mia mente ha sempre avuto fame di sapere ed elaborare ciò che ha appreso, le mie mani hanno poi dato esito ad opere diverse con i più svariati canali di sfogo.

Il mio dolore viene trasformato in qualcosa, come una scultura oppure uno scritto o un disegno e così… anche la più grande gioia.

Intanto gli uccelli unici osservatori del mio dialogo in questa piccolo tempio dei pentimenti e dei più fuggitivi esternamenti, si sono come disposti in cerchio… o almeno è così che li vedo e mi sembrano.

Io sono al centro e ad ogni ascoltatore parlo.

Come è strana la vita vista da questo giardino amici miei… tutto sembra verde e pieno di luce e la fuori, ancora combattono guerre, la gente si uccide, parla alle spalle, si annoia e vegeta su sedie arrugginite di un vecchio bar, oppure compra abiti a costo elevato perché così vige la moda.

Che assurdo, rivedo i miei amici che sembra che mi cerchino, ma è solo un’immagine frammentata di un giorno qualunque.

Io amo starmene in silenzio qui in questo Paradiso… o l’anticamera del Purgatorio o comunque sia un luogo sperduto in un angolo della mia città, che se pur serenamente distesa su una pietra-santa, mi preoccupa per quanto sia piena di demoni, spettri e gente comunque brutta, cattiva.

Brutta e cattiva dentro più che fuori.

Mi mancano ore di sonno, ma sembra inutile e assurdo pensare a dormire proprio ora che ho ritrovato una parte di me.

Le sofferenze amici volatili, sono volate su nel cielo, questo cielo che oggi sembra non volersi mai oscurare.

Eppure non troppo lontano da qui, al di là di quegli alberi dalle rigogliose fronde, il cielo minaccia di piangere ancora.

Io ascolterò quelle lacrime e di loro mi bagnerò… chissà magari riscopro il piacere di bagnarmi nuovamente di pure gocce di beatitudine.

Ho amato ( ricordo vago…), qualche tempo fa una ragazza che nelle giornate di pioggia adorava spogliarsi e uscire… io sarò già fuori domani e anch’io mi spoglierò!

VII°

Un rumore desta la mia attenzione dagli uccelli che sembrano adesso parlarsi, chiedersi cosa io stia blaterando.

Ma la ragazza di cui ho fatto accenno era soltanto un’ombra di passaggio, ne avrei di cose da raccontare sulle giornate di pioggia in cui io e lei ci cibavamo del corpo… del piacere intiepidito soltanto dai nostri respiri.

Ma non è argomento che tratto oggi e forse mai lo tratterò domani!

So solo che sto bene…sì, proprio bene con me, voi e questo Oracolo che non perdona, lascia vedere meravigliose cose del mio passato.

Come è fantastico, fantasticare sulle cose… che senso di libertà, che tenera carezza il vento che ti scuote, che sollievo il raggio di sole che attraversa il colonnato, che profumo nell’aria di vegetazione e di rose canine.

Che silenzio!

Un gatto, spia la mia allegria, ha fatto visita nel mio spazio, mi è venuta fame e dentro un taschino dei miei pantaloni tiro fuori uno snack al cioccolato… la cioccolata ha sempre alleviato lo stimolo della fame, ed anche qualche periodo triste.

Ne do un pezzo al gatto, che mi fissa con due occhi d’oro con pagliuzze d’agata rossa, il suo manto fulvo è stupendo, miagola e nel suo miagolio sento tutta la quotidianità che fuori da questo giardino incantato, sta marciando frettolosamente per le strade, consumandosi di noia.

Io godo pazzamente di aver scoperto questo posto… sarà il nostro segreto che ne dici micio?

Lui mi fissa e muove la sua coda come il pendolo di un orologio, la ricurva come un punto interrogativo e pianta i suoi artigli sul terreno e poi si struscia alle mie gambe.

Fa le fusa, vuole un pezzetto del mio cibo ed io stacco un quadratino del biscotto e glielo lancio…lui lo mangia e poi fugge.

Che bastardi i gatti!

Sono ruffiani…selvaggi…impertinenti…lo guardo e lui si è posato su un sasso, mi guarda con un’aria indecifrabile e io…rido!

Rido talmente di gola e acutamente che spavento tutti i miei spettatori, che con un battito d’ali all’unisono scattano un volo ed escono dal tempio.

Il gatto resta come interdetto e continua a fissarmi.

Poi mi appoggio ad una colonna… mi tremano le gambe.

Il senso di vuoto che ho nella mente, mi fa vacillare… e mi addormento!

La mattina è arrivata silenziosa, sono avvolto nella mia giacca, vicino a me dorme il gatto sornione che ho chiamato Alex, in ricordo di un amico e di un locale, che fuori da questo parco sono sempre gli stessi e che ancora sono allo sbaraglio in cerca di una giusta collocazione.

Mi stendo e sbadiglio e Alex anche lui si stira e sbadiglia, forse ho trovato un amico di ventura? Intanto mi segue, mentre io vado dietro una colonna a pisciare.

Mi chiedo, se a casa mi cercano… ma non me ne può fottere proprio nulla, la mia vita sembra essersi bloccata tra l’erba di questo prato e le mura di questo rudere!

Alex è fermo e attento, ad ogni mio movimento, segue con quei suoi occhi a palla le mie azioni e poi miagola, miagola, a non finire.

C’è bisogno di mangiare qualcosa… la cosa migliore è andare in centro, prendere qualcosa e tornare… la decisione è tra quelle che mi prendono meglio!

Così lascio Alex in attesa del mio ritorno, ma lui mi segue e decido di portarlo con me… faccio un salto a casa a rovistare nella credenza, trovo un biglietto che mi dice: _Ben tornato noi siamo partiti, le cose sai dove sono, buon fine settimana!_

È firmato da mia madre, io lascio cadere il biglietto sulla cesta della frutta e torno a fare provviste, per la mia personale fuga dalla realtà… neppure mi chiedo dove siano andati, io e Alex dobbiamo arrangiarci.

Il giardino è ancora lì splendido, il mio loculo vecchio è ancora sordo, gli uccelli ci fanno visita e nessuno mi cerca…ahhhhhhhh che bello vivere!

La beltà è stare bene con il mondo, nel momento esatto che del mondo non te ne frega un cazzo.

Io e Alex passeggiamo per l’oracolo e scopriamo angoli stupendi in cui sbocciano fiori che prima mai avevo notato.

Colori vivaci, come il mio cuore in questo momento, Alex sembra aver annusato qualcosa ma non so cosa, si struscia sull’erba umida ed io fisso il suo movimento come rapito.

I gatti sono estremamente vicini ai loro parenti africani.

Sono tremendamente acuti, lasciano il segno e delimitano il territorio, ma Alex stà praticamente facendo sua una carogna di un topo… che schifo!

Però pensandoci bene quel topo potrebbe rappresentare la società, nel suo fetore, nel suo marciume, nella sua morte quotidiana… che diavolo di un gatto!?

Ripenso a quando la mia coscienza ragionava in romanesco-inventato, ci ripenso e la cosa la trovo delirante, ma nello stesso tempo divertente.

Ma era il mio fuggire dalla realtà… e la paura di essere solo mi portava a ragionare con me stesso in modo diverso, con un accento diverso come se fossi due persone distinte.

Alex fa un salto e poi ne fa un altro, salta da un sasso piccolo ad uno grosso dell’Oracolo… io lo osservo e mi stringo a me in una sorta di improvviso brivido.

Quanti pensieri nella testa, quanti sogni l’uomo cova dentro di se, quante barriere si trova davanti l’uomo nella sua vita.

In una pozzanghera, mi rifletto, questa volta il mio volto è veramente affranto ma poi mi volto verso il mio amico gatto e sorrido, lo rincorro, lui scappa a zampe elevate, con le orecchie abbassate e la coda dritta come un fuso… lui mi miagola, mi invita a seguirlo in un’insenatura dell’Oracolo dietro una ammuffita colonna.

Uno spazio illuminato da un debole sole mette in risalto tutta la bellezza di quel paradiso, un arcobaleno di fiori circondano alcuni resti di un architrave e poi Alex si avvicina ad un involucro di stracci e di nylon, ma la cosa anche se sorprendente non mi sconvolse più di tanto.

Io ero ad una distanza di circa sei metri da quell’ammasso di sporcizia, ma Alex era come se quella cosa la conoscesse da tempo.

Da sotto quella specie di bozzolo vidi spuntare una testa all’apparenza umana, dico all’apparenza perché era grigia e quelli che dovevano essere capelli, apparivano più che altro come dei candelotti di fango unti e fetidi.

Una voce rauca e masticosa disse:_ Pedro…amico mio sei tornato!_ probabilmente si stava riferendo al gatto, che io chiamavo Alex, subito lui fece le fusa a quell’essere non essere con due mani grandi sporche e callose accarezzava l’animale.

Stavo per uscire di scena… ma nel momento che stavo per tornare nella mia zona, la voce mi chiama.

_Ehi…. ti ho visto sai … grazie di avermi riportato il gatto!_

Con tono soffocato risposi:_ Prego!_

Ma fui spinto non so da cosa ad avvicinarmi a quella figura, l’unica capace di ascoltare e di parlare in questo luogo incantevole, dimenticato da Dio!

Fui incuriosito dalla sua indole serena, non ci misi molto a capire che quella figura era una donna, una barbona neanche tanto vecchia, con due occhi blu intenso su quel viso logoro, uno sguardo decisamente vivace per essere in una condizione disperata.

Le chiesi come si chiamava e lei mi rispose con un sorriso, senza tutti i denti:

_Io non mi chiamo, sono gli altri come te che mi chiamano!_ Rimasi spiazzato da quella risposta e inclinando la testa da un lato, ella mi fissava con estrema dolcezza… poi disse:_Non temere la tua domanda era precisa, ma io non ho un nome, non ce l’ho mai avuto…ne ho avuti tanti, diversi nella mia vita… ma questa vita non vita, non mi permette di avere un nome, perché io non sono considerata neppure una persona, anzi molto meno di un essere umano._

La donna senza nome… una disadattata che non si sentiva considerata una persona, una creatura indifesa e straordinariamente intelligente.

Cominciò a raccontarmi del perché si trovasse lì; io l’ascoltai catturato mentre Alex o Pedro stava sulle mie gambe incrociate.

_Tutto ebbe inizio alla fine degli anni settanta, avevo circa vent’anni all’epoca, ed ero sposata con un uomo bellissimo e ricco… so che può sembrarti strano oggi, crederlo, ma è così anch’io ero bella!

Ero cresciuta orfana e allevata da diverse famiglie, fino al giorno in cui fui messa in un collegio di suore, lì… tenuta fino ai miei vent’anni appunto e poi scappai da quell’edificio in cerca di me.

In una città vicino a Roma conobbi Dario quest’uomo bellissimo, che mi prese con se e cercò di aiutarmi… mi chiamava Dada ma il mio nome mai lo seppi veramente.

Mi innamorai di lui e ci sposammo in forma strettamente privata e familiare, mai saprò quanto valesse quel matrimonio senza carte che lo documentassero, con lui conobbi la vita o presunta tale.

Tutto di quel periodo era fantastico, feste, incontri intellettuali, persone di ogni genere e razza…io mi dilettavo a dipingere e fare piccole mostre che riscuotevano sempre in un ambito ristretto un discreto riscontro… ma Dario voleva dei figli ed io non potevo darglieli perché un medico riscontrò che ero sterile e giorno, dopo giorno, il mio mondo meraviglioso, la mia nuova vita ebbe un tracollo.

Persi tutto, stima e amici e mi ritrovai sola nuovamente questa volta per la strada.

Spesi tutti i miei risparmi in dieci anni, non mi rimase niente e così decisi di essere la donna che oggi vedi davanti a te.

Un’incognita, né donna né una cosa, semplicemente un involucro di carne raggrinzita e sgraziata che per un’altra vita si è trascinata da una strada all’altra, da una panchina all’altra e dimenticata da tutto e tutti.

Qui dove mi hai trovato ci sono da tre anni, mi adatto insieme a Pedro a sopravvivere mangiando, quello che trovo, ma soprattutto topi di campagna e qualche insetto che cucino personalmente sul fuoco che anche mi riscalda nell’inverno.

Rimasi di sasso, intorno si era fatto tutto silenzio, la "Donna senza Nome" un tempo chiamata Dada, mi rese incredibilmente triste, mi intenerì il cuore e le offersi tutto quello che avevo di commestibile nelle mie tasche… la donna con occhi luminosi, allungò le sue tremanti mani e prese ciò che le offersi con un sorriso pieno di tenerezza.

Mentre mangiava, io la guardavo e notavo una certa classe nel masticare, che quasi appariva ridicolo in quel contesto.

Non riuscii a fare niente per quella donna, se non restare con lei quella notte a cercare un’idea per toglierla da quel posto e sistemarla in una più consona struttura.

Il mio giardino, era anche il suo giardino adesso, ma non aveva più quel fascino iniziale, era diventato troppo affollato.

I miei pensieri si erano come assopiti, tutte le mie parole si erano incollate a piante, fiori, sassi, acqua, cielo e cose di altro tipo… mi ero come bloccato di fronte a quella creatura senza nome.

Mentre dormiva la osservavo, aveva l’aria tranquilla, beata direi e il mio cuore si strinse in una morsa e cominciati a piangere nell’assoluto silenzio di una notte stellata.

Domani farò qualcosa per lei… domani questo posto tornerà quello che era, senza me.

La notte passò turbata da sogni irrequieti!

L’alba illuminò il posto in cui ero e mi svegliò… subito mi girai verso la Donna senza Nome ma dove lei dormiva non c’era più nulla e nessuno, anche Alex era sparito con lei e fui colto da uno sgomento tale da non comprendere ciò che era accaduto.

La donna senza nome, si era come volatilizzata, con lei tutte le mie prospettive… dentro comunque mi aveva lasciato qualcosa ma ancora non capivo cosa fosse

VIII°

Nella mattinata un sole tiepido illuminava l’Oracolo come in un sogno incomprensibile, tornai nel loculo dove mi ero addormentato la sera prima con Alex, presi le mie cose e mi avviai verso l’uscita del giardino, mentre camminavo rivedevo gli occhi della donna senza nome, i salti del gatto, la pietra con cui parlavo, i numerosi uccelli che ascoltavano le mie divagazioni, la fontana con la statua, il coniglio etc… tutto mi passava davanti, come se fossi su un treno in viaggio per chissà dove e come un interruttore spento non riuscivo più a capire la predisposizione della "stanza" in cui mi ero calato.

Davo calci a ciottoli, masticando una tavoletta di cioccolata e pensavo a quanto avrei voluto restare in quel paradiso ma mi sembrava tutto insensato come la voce in romanesco che parlava dentro di me.

Nonostantetutto sentivo una grande libertà; nel mio spirito uno svuotamento totale del mio animo, strada facendo feci una sosta su un grosso tronco cavo, seduto completamente soddisfatto della mia scoperta mi prese un senso di angoscia… tutto perché non sapevo cosa mi sarebbe aspettato al rientro delle mura domestiche in cui mi sentivo soffocare, ma poi trasalì dentro di me la certezza che quando avrei voluto sarei potuto tornare in quel meraviglioso posto sospeso tra una fittizia realtà e un possibile sogno.

Un forte battito del cuore, l’ultimo pezzetto di cioccolato, una risata risonante e ripresi a camminare.

Incontrai un bruco che si muoveva nella sua fiera andatura buffa su un ramo di un rovo, sicuramente alla ricerca del posto ideale per costruire il suo bozzolo.

Il cielo era di un azzurro meraviglioso neppure una nuvola ad offuscare il sole raggiante, il verde delle piante sembrava finto da tanto che era splendido e i fiori avevano tutti aperto la loro corolla alla gioia della vita, il mio corpo risanato sapeva che era giunta l’ora di proseguire sempre lentamente verso quell’uscita poco lontana e già visibile.

Già sentivo il rumore delle automobili, l’odore schifoso dello smog, il parlare a ruota libera di certe comari pettegole, i miei amici o presunti tali che mi fanno una marea di domande del perché non mi hanno visto per tutto questo tempo…e dove ero andato quel giorno, che mi avevano perduto per strada.

Ma non sarebbe trapelato alcunchè della mia avventura, era solo mio quel posto e nessuno doveva scoprirlo, in quel luogo c’è molto di me e dei miei desideri, rancori etc…

Ero così fiero di me, che quasi non ci credevo.

Avevo recuperato un senso nella vita ed ero pieno di profonde ispirazioni poetiche e mi misi a citare un verso che tempo a dietro avevo scritto:

 

 

_Di cera io sono mi sciolgo al primo calore

e mi raffreddo al primo dolore,

sono una perla nera

in un cesto di perle bianche

una maschera

tra tante stanche…

una statua di metallo che

brilla di luce riflessa

una fatalità perversa … una catena che si spezza!_

Avevo accumulato energie positive, da ogni mio incontro in quel giardino, dall’acqua alla donna senza nome, dentro era come se si fosse aperto in uno spazio infinito tutto quello che la vita mi aveva dato e tolto.

Avevo parlato con tutto meno che… con gli esseri umani; anche se la barbona era umana come struttura per me non era altro che un’immagine della mia fantasia, un miraggio o più probabile il desiderio inconscio di parlare con qualcuno che sapesse anche lui o lei parlare.

E la barbona era una donna…e sicuramente quella donna che avevo sempre deisiderato di conoscere, anche se in una condizione disperata.

Il custodire quel mio segreto con le persone la fuori era una decisione, presa con il cuore in un pugno.

Che grande esperienza, che meraviglia sapere che tante piccole cose possono ascoltare e trasmetterti energia vitale.

Quel bruco, ultimo contatto, sarebbe diventato farfalla un giorno, sarebbe volato nella sua libertà oltre il giardino, in cerca di fiori nuovi e della sua stessa sorte.

Era bellissimo… la vita è meravigliosa se vista con gli occhi di un sognatore, o di uno spirito libero.

Il sangue era come in ebollizione quando uscii dal giardino e sembrò scomparire come in un’allucinazione alle mie spalle, ma gli uccelli che si erano alzati in volo sembravano salutarmi con un arrivederci.

Presi a camminare lungo la strada per la città, lo facevo come avvolto in un tepore coinvolgente e mi guardavo i piedi per non incrociare gli sguardi delle persone, mi avrebbero rubato qualcosa del mio segreto e quindi arrivato a casa… dove tra l’altro nessuno ancora era rientrato mi abbandonai al soffice contatto del mio letto.

Caddi in un sonno estenuante, così rilassante da farmi sentire le ossa di gomma… mia madre la mattina seguente mi svegliò convinta che fossi andato a letto tardi quella sera, ma io in casa non avevo mai dormito nelle sere passate.

Dissi un buongiorno e sorrisi in una veste completamente rinnovata alla mia famiglia, sempre quella, sempre la stessa con i suoi casini e i soliti schemi giornalieri, ma anche la routine mi appariva meno noiosa, dentro di me avevo il mio segreto che mi teneva sempre pieno di energia.

Di tanto in tanto quando una situazione diventava difficile, parlavo alla mia coscienza in romanesco, ma era inutile non rispondeva alla mia richiesta… era morta!

Allora con la mia fervida immaginazione, parlavo con quel sasso, con quella fontana o con la donna senza nome che mi sembrava di vederla tra tutta quella gente di città, coperta dei suoi due stracci e della sua vita in cerca ancora di un nome.

Già… avevo proprio parlato con tutto, meno che con gli esseri umani!

Improvvisamente fui destato e il mio magico giardino, da un giorno a l’altro divenne circondato di filo spinato e a nessuno era permesso entrare, un cantiere edile aveva avuto il permesso di costruirci un parco!

Ma per me resterà sempre il posto magico della mia rinascita come persona… e a tutti sarebbe lecito avere un giardino dei pensieri in cui potersi ritrovare che esista o meno non è questo che fa la differenza, un luogo speciale può essere anche dentro, in un angolo nascosto del proprio cuore!