Cosimo Piovasco sono un pirata sono un signore professionista nell'amore, ne' alto ne'basso, non magro ma grasso. Chi sono? sono un poeta, e cosa faccio? scrivo, e come vivo? vivo! |
orca miseria
Augustin era il suo nome. Non era troppo male la sua vita da Orca assassina (ma lui si era sempre dichiarato innocente). Pinneggiava per mari senza troppi perché o percome, viveva, insomma, in una serena e perenne umidità. Un bel giorno si imbatté in un saggio capodoglio, che se non fossero saggi sarebbero sempre incazzati per come gli è toccato di essere brutti. Il saggio capodoglio girava intorno a Augustin facendo il vago ma si capiva che voleva attaccare discorso. "Che cerchi vecchio ma saggio capodoglio" attaccò Augustin che si era avvisto delle sue manovre. "Tanto per principiare vecchio sarai te!" fece brusco il capodoglio offeso "e per seguitare dirotti, o bellimbusto, che devi guardarti dalle grandi ombre sulla superficie del mare" "Caro il mi' chiorbone" ribatté Augustin fattosi sprezzante, "da che il mondo è mondo sono tutti gli altri che devono avere paura di me, anzi se non fosse che mi fai proprio schifo, t'ammollerei un bel morsotto nelle lonze" "Allora vai dritto per lo scoglio aguzzo e poi torna a raccontarmi quello che hai trovato, bel mi' brodo!" gorgogliò inviperito il capodoglio saggio e non più tanto giovane (a chiamarlo vecchio s'incazzava sempre). Andò l'orca, e, come un tonno, finì imbracata nelle fitte maglie di una robusta rete (per coloro che troppo perspicaci non sono le ombre erano pescherecci della Guyana guarniti di guardie guantate guatanti). Fu così che Augustin si trovò nel rinnovato acquario di Bahia Margarita ad esibirsi in balzi e sbuffi per grandi e piccini, e più che balzava e sbuffava, più che gli giravano le palle. "Ma non ti vergogni, grande e grosso come sei, a fare lo scemo davanti a tutti, tu che dovresti terrorizzare i mari?" bisbigliò un bel giorno, con il filo di voce che ancora le era rimasto, una triglia fresca che gli davano a pranzo. "A voler essere sinceri mi è subentrato un gran giramento di palle, ma tant'è, che posso farci?" rispose a bocca piena Augustin mentre stava masticando una sogliola che sapeva di amianto. "Come che puoi farci, te ne puoi andare, e, se non mi mangi, ti dirò come" mormorò la triglia che aveva preso coraggio. "Lo sapevo che voi triglie non fate mai niente per niente, io ho fame e quello stronzo di guardiano tutti i giorni toglie dal mio pasto i pesci migliori per farsi il fritto, ergo mi toccherà di mangiarti" "Va bene, bel mi' bischero, mangiami ora e passa il resto della tua inutile esistenza a fare il pagliaccio in cambio di qualche pesce di scarto" "Beh, tu non sei una brutta triglia e sei pure fresca". Faceva il gradasso Augustin, ma in cuor suo sapeva che la triglia aveva ragione da vendere. "Ti mangerò per ultima" disse l'orca divorando un gigantesco muggine. Era una scappatoia per prendere tempo, non voleva ammettere la ragione della triglia, ma nello stesso tempo era roso dal tarlo della curiosità. Terminato di scofanarsi il lauto pasto composto di pesciame variamente ammarcito, Augustin si avvicinò alla triglia che, impassibile, attendeva in silenzio il suo turno. "Orbene" disse l'orca leccandosi il baffo. "Or dunque" disse la triglia. Una vacua sospensione s'impossessò dei molti metri cubi d'acqua della vasca, tanto che persino le particelle attive del cloro trattennero il fiato. L'orca ottusamente perplessa, la triglia oltremodo volitiva. "Quelli che ti hanno rinchiuso in questa vasca sono esseri strani" asserì seria la triglia frammentando gli indugi. "Non ti seguo, e poi non si era detto che ti avrei mangiato lo stesso" arrancò la tarda orca stupita contemplando i frammenti d'indugi. "Ho sentito il tarlo della curiosità che ti rodeva e ho capito che non avevi scampo" sentenziò con sicumera la triglia. "Cotanta sicumera mi sta proprio sulle palle, princìpi a diventarmi antipatica" sbuffò l'orca sentendosi derisa. "Montagna di ciccia bianconera, guarda che non hai valide alternative a disposizione, o sempiterna vasca o ascoltare discorso intrigliato" ostentando impensata baldanza la triglia soggiunse. Quantomeno annichilito Augustin si sentiva in trappola dentro una trappola, praticamente in trappola al quadrato. Reprimendo un moto di orgoglio che fece increspare le acque deglutì sonoramente e con un rivolo di voce mormorò: "Bando alle ciance, triglia di merda, diamoci un taglio, dimmi quello che sai e non ti mangerò" gli uscì un suono comparabile a quello del dugongo afflitto da coliche gassose, dal che risultò evidente ai più che l'avrebbe sbranata con grande gusto e piacere. "Come ti stavo dicendo diverse righe sopra, prima di questa lunga digressione utile solo all'esercizio letterario dell'autore, a quelli che quivi ti tengono recluso non gliene frega un cazzo se a te girano le palle a passare l'esistenza tua a fare il buffone per loro, purtuttavia sono molto attenti alla tua salute per tutti i soldini che con le tue pagliacciate si fanno. Oltre al biglietto d'ingresso ci sono i peluches dell'orca, le penne dell'orca, le magliette con l'orca (che, detto tra noi, non ti somiglia nemmeno tanto) e compagnia cantando" "C'è anche una compagnia che canta?" fece Augustin basito "Nel senso e via dicendo, oppure etc. etc., madonna, ma cosa c'hai in quel chiorbone, e meno male che l'orca è fra i cetacei più intelligenti, immagino quelli stupidi" boccheggiò con stizza la triglia fattasi quasi arrogante, quindi proseguendo: "Tornando a bomba (e non mi dire 'dov'è la bomba' o stronzate del genere perché sennò sembra un dialogo fra Gianni Agus e Peppino De Filippo che fa Pappagone), tu non devi far altro che smettere di mangiare, così deperisci, così i tuoi carcerieri si preoccupano, così i giornali ne scrivono, così ne parlano i tiggì, così viene qualcuno di eco, geo, naturainsieme, verdenostro, ambientiamoci o qualche programma tivvù del genere, che ti fa un bel servizio con tanto di musica struggente, così i bambini si commuovono, così interviene la L.I.S.C.A. (Lega Internazionale Salvezza Cetacei. Angosciati) e hai svoltato: una grande ditta di tonno in scatola sponsorizza l'operazione Orca back home , ti imbracano, ti caricano su un bel cargo, magari se hai culo la Calypso di Jacques Cousteau, diretta televisiva via satellite, grande vendita di gadgets con l'orca con la lacrima prima e l'orca con il sorriso poi, ci fanno sopra anche un cartone animato da cui viene tratto un film di ualtdisnei in cui risulta che le tue erano pene d'amore e che subito al largo c'era la tua fidanzata orca che non aveva mai smesso tutto questo tempo di aspettarti disdegnando le avances di fior di orchi cicisbei che la insidiavano. Insomma, una gran lavata di coscienza collettiva, e a te non resta che rivolgere per l'ultima volta l'occhio languido alla telecamera (mi raccomando guarda bene qual'è che fa il primo piano, non guardare il totale e soprattutto non metterti a cercare la camera in diretta che fa proprio un brutto effetto) e dirigerti poi "maestoso e imponente come vero dominatore dei mari" (come dirà il commentatore) verso il largo, in culo a loro e alle loro coscienze. Messaggio ricevuto, bel mi' chiorbone?". Augustin era rimasto senza sbuffi (nel senso senza parole). Era un piano così intrigliato da risultare perfetto. Tutto il risentimento che gli aveva fatto gonfiare il petto alzando minacciosamente il livello dell'acqua nella vasca si trasmutava in incredula ammirazione per l'ingegno acuto della piccola e insignificante triglia, la quale, senza altro motto profferire, approfittando dello sbigottimento orchico, si era, ratta e silente, infilata nelle condutture di scarico della vasca che portavano dirette in mare. "Non si sa mai che a quel turullone non ritorni l'appetito" pensò fra se. E qui vorrei aprire una parentesi su questo strano, ma affascinante personaggio della triglia. Essa si era laureata brillantemente in Storia dell'Arte Medioevale, ma, avendo vissuto la sua gioventù negli agitati anni settanta, si era impregnata di ribellismo a volte anche fine a se stesso. Aveva, così, rinunciato a una carriera accademica che si preannunziava brillante, per dedicarsi ad una sua personale rivoluzione fatta di continue contrapposizioni verso tutto ciò che poteva rappresentare il potere: il padre, il datore di lavoro, l'autorità costituita, in una parola il mondo così com'era. Sua migliore prerogativa divenne fare il contrario di quello che sarebbe stato logico che facesse, anche la logica gli appariva come una odiosa autorità. Si era trovata, così, a navigare a braccio in un mare di occasioni perse, pur dotata di sorprendente talento ancora non aveva capito cosa farsene. Tuttavia non le mancava l'intelligenza che il suo vagar di fiore in fiore quale ape in cerca del miele della vita aveva trasformato in perspicacia e in gran canoscenza de li peccata humani, come attesta la sunnarrata vicenda. Quale possa essere la sorte sua nell'immenso mare dell'ignoto solo il destino cinico e baro può saperlo. Regredendo alla primitiva situazioncella, Augustin decise di applicare alla lettera i consigli della triglia. Incredibilmente tutto andò esattamente come previsto, anche se la Calypso ormai aveva i suoi anni e Jacques Cousteau, decisamente rincoglionito per tutto il vento che aveva preso nel cervello sulla tolda della sua nave, sbagliò manovra e fece prendere all'orca tutta imbracata una capocciata tremenda sul fianco già rugginoso della Calypso. Appena in mare Augustin riservò il più languido sguardo di cui era capace alla telecamera due, quella del primo piano, e, maestoso e imponente come vero dominatore dei mari, pinneggiò rapidamente verso il largo. "Deficiente, non hai visto che è un'orca, balenottere azzurre voglio io, non orche, coglione!" gridò rauco il comandante Yashimoto al povero Fujimura che aveva appena arpionato un'orca per errore. Ad Augustin restò solo il tempo di pensare: "Farmi beccare dai Giapponesi è proprio il colmo!" |