Massimo Botturi

Sono nato a Rho ( MI ) il 31-03-1960.
Sono sposato e ho due figli, Alice di 15 anni e Davide di 4.
La mia professione è impiegato in un’azienda commerciale di Milano.Scrivo da pochi
mesi,o per meglio dire ho ripreso a scrivere,dopo circa 20 anni di pausa.
E’ una passione che coltivo quando posso,quando il tempo tiranno della vita che conduco me lo permette .
Non ho nessuna pretesa di tipo letterale,le cose che scrivo,soprattutto poesie,sono cose mie che hanno un valore intrinseco aldilà di come sono scritte.
Ma è anche vero che in ognuno di noi c’è una parte che reclama la propria vanità, il mio io che in qualche modo chiede di essere soddisfatto per avere sempre ulteriori stimoli e continuare a scrivere.

SALLY

 Aveva trovato lavoro in una piccola casa editrice,quasi un sogno per Sally.

Più che un lavoro era un piacere. Passare ore tra i libri,anche se li doveva semplicemente catalogare,non le faceva sentire la fatica. E occasionalmente era incaricata di valutare delle piccole opere che giovani scrittori inediti mandavano.

Sentiva una grossa responsabilità nel contribuire alla riuscita di quelle aspirazioni interiori di ragazzi sensibili come lei e nello stesso tempo un grande dolore nel dover demolire quello che il mercato,grande regolatore ,non avrebbe assorbito.Quante volte si era trovata nei panni di quei giovani poeti e scrittori, e quante delusioni di tante mancate risposte o pareri negativi elargiti con formale freddezza.

Ora,quasi per gioco della sorte, possedeva la spada che avrebbe scisso il bene dal male.

Effettivamente quelle piccole e sofferte opere non possedevano quasi mai un valore spendibile e consumabile, ma provava per loro un caldo affetto e rispetto. Rispetto per la volontà e le passioni espresse da quei ragazzi che,come lei, riversavano nella loro dote tutto il loro mondo,dato in pasto a chissà quanti piccoli burocrati incapaci di percepire la grandezza e la bellezza di quelle cose.

Propose lei stessa le sue poesie e una serie di racconti brevi all’esame di critici di più alta caratura,riuscendo a farli pubblicare.

Aveva opportunamente evitato quelle con chiari riferimenti alla sua inclinazione Saffiana,solo chi è già affermato può concedersi il lusso di raccontarsi in completa libertà.

La sua vita era soddisfacente,sentiva la mancanza dei genitori però,soprattutto certe notti insonni,quando ripensava alla sua infanzia,e poi all’adolescenza.Erano stati buoni genitori,molto premurosi,anche se un po’ rigidi a volte. Forse era dovuto al fatto che con le bambine ci si sente quasi in dovere di chiudere la loro innocenza e purezza sotto una campana di vetro. Ma come la vita ci mostra in continuazione,non siamo affatto protetti e dobbiamo imparare da soli,dalle inevitabili ferite ricevute,ad accettare,ridimensionare e guarire.

La sua più grande fonte di preoccupazione ora era Giulia. La delusione di quell’uomo non poteva essere così importante da cambiare il suo umore. Forse i primi giorni, ma era ormai un mese che durava la sua tenebrosità. Si concesse qualche giorno di riposo, ma in realtà quei giorni diventavano opprimenti, e la sua depressione si manifestava nell’abbandono del suo corpo inattivo ,sprofondato nel letto.

Si raccoglieva come i bambini,su di un fianco,e piangeva sommessamente.

Non si alzava nemmeno per mangiare,e rifiutava con decisione ogni tentativo di conforto di Sally. La sua non era malinconia inconsolabile,era il rifiuto violento del contatto fisico. Si alzava solo per fare delle docce lunghe e ossessive. Si grattava quasi la pelle di dosso, e poi ritornava a letto tenendosi la testa tra le mani. Capitava di sentirla canticchiare,senza la gioia che metteva nel canto solitamente,ma lentamente quasi sottovoce,come se quella ninna nanna fosse rivolta a se stessa.

Il medico aveva diagnosticato una forte depressione,senza averla però potuta visitare,per il suo rifiuto energico.Era assolutamente necessario nutrirla,farla reagire,a costo di prenderla a schiaffi.

Scrollò con un movimento deciso le lenzuola ormai nauseanti dal letto e la trascinò letteralmente per terra. Giulia scalciava,come una puledra che non si lascia domare.

Fu una lotta fisica per qualche minuto,fino a quando non cedette vinta dalla debolezza più che dalla voglia di arrendersi, in preda all’ennesima crisi di pianto.

Il suo dolore aveva un’origine precisa,Giulia era stata presa con la forza. Solo questo capì dal vago e confuso discorso che le fece tra i singhiozzi. Capì quanto bastò.

Quell’uomo , con un amico, aveva abusato di lei dopo averla ubriacata e dopo averle fatto aspirare cocaina. La tentazione di scoparsi una lesbica doveva essere stata troppo forte per rinunciare. E poi,in quelle condizioni,la cosa equivaleva a un consenso.

Solo con la ritrovata lucidità Giulia fu in grado di capire la violenza subita, ma non sapeva reagire in altro modo che violentando di nuovo se stessa ,come una sorta di punizione che si voleva autoinfliggere per non aver usato prudenza.

Era una stupida, se l’era cercato,se lo meritava. Avrebbe imparato ad accontentarsi dell’amore di Sally,così tenero e puro.

Bisognava fare qualcosa. Sally chiamò una psicologa e l’ospedale.

Giulia ora si abbandonava alle sue cure amorevoli. Non avrebbe sbagliato di nuovo.

Per la violenza subita sarebbe stato difficile individuare gli estremi per una denuncia penale,la droga avrebbe sicuramente complicato la sua posizione, ma non rinunciarono a tentare la strada della giustizia. Certo,avrebbe dovuto affrontare la vergogna e un ulteriore violenza,quella della giustizia maschile, ma Sally non avrebbe permesso a quei due maledetti una tranquilla esistenza.

Sarebbe rimasta in ospedale per almeno tre giorni,non tanto per curare ferite già guarite,ma per combattere un principio di denutrizione,e lottare contro quei mostri che la volevano aggredire ogni volta che prendeva sonno.

Non permisero a Sally di rimanere per la notte,ma la sapeva ormai in buone mani,nel ritrovato conforto dei genitori accorsi nel frattempo.

 Non riusciva a prendere sonno. Non ricordava da quanto tempo non dormiva da sola.

L’orrore di quella violenza la riportava a perdere la fiducia,la portava a pensare e a credere che nell’eterna lotta tra il bene e il male,non sono concesse distrazioni.

Come abbassi la guardia ti arriva un colpo mortale e non fai in tempo a riprenderti che te ne arriva un altro. Forse era vero che la felicità è solo una parentesi tra due dolori,la vita stessa era dolore,solo dolore.

Eppure l’aveva assaggiata la felicità,o almeno lo credeva.

Giulia era la sua felicità, Marco era stato la sua felicità. L’amore per i libri era la sua felicità,un mazzo di fiori imprevisto era la felicità,il caffè a letto con cornetti caldi portato da Giulia su un vassoio con una rosa era la felicità.. Lei che si infilava nella vasca da bagno con sali profumati era la felicità. Un bacio sulle labbra era la felicità.

I quadri di Giulia in una mostra personale erano la felicità. I suoi piccoli libri in vetrina erano la felicità. Giulia nuda sulla terrazza di notte mentre cercava le costellazioni era la felicità. Coprirla con la sua giacca era la felicità. Risvegliarsi abbracciata a lei come faceva con le sue bambole da bambina era la felicità.

Ma quale caro prezzo costava tutto questo!!!.

Non ci si può chiudere in casa,il mondo è fuori, e fuori tante ,troppe cose e persone erano pronte a infrangere questa felicità.

Avvinta dalla stanchezza si lasciò andare e sognò. Sognò sangue che colava goccia a goccia dalle perfette tendine della finestra della sua camera di qualche anno prima.

Ormai sul pavimento si era formata una pozza ben visibile e si espandeva avvicinandosi ai suoi piedi. Ma lei era impietrita ,non riusciva a muoversi e lasciò che il sangue la sporcasse.

Si svegliò sudata e con un angosciante presentimento . Si vestì in fretta e uscì di casa,solo sulle scale sentì lo squillo del telefono e si precipitò di nuovo in casa,ma non fece in tempo a rispondere. Aspettò qualche minuto,ma non squillò più e riprese le scale,destinazione l’ospedale,Giulia.

Non la trovò al suo posto,e non c’era nemmeno nel bagno. Non c’era nel corridoio e nemmeno nella stanza della televisione. Chiese a un’infermiera svogliata dove fosse,ma per tutta risposta ottenne solo un "Chi è lei e cosa ci fa qui ? ".

"Piccola mia,cosa hai fatto? Dove sei?"."Sono qui" le rispose Giulia,con in mano una bottiglia d’acqua. "Sono andata a telefonare ma non c’eri,allora mi sono fermata a fumare una sigaretta giù nell’atrio. " Ho avuto uno strano presentimento e mi sono precipitata qui.". "Mi sento di merda,ma non temere per me,quando tornerò a casa guarirò del tutto,ora vai, riposati,domani devi lavorare".

Si abbracciarono forte,"Sei la mia piccola?","Si,lo sarò sempre".

 Averla di nuovo a casa era confortante,poteva sicuramente tenerla d’occhio e darle tutto quello che fosse servito alla sua rinascita. Perché quello che necessitava era una rinascita .

Cercò di trovare la concentrazione tra quei libri che avevano tutte le risposte tranne quella che cercava :"PERCHE’? ".

Si trascinò letteralmente fino alla fine della giornata e tornò a casa stanchissima,esausta.

Nell’ultimo mese non aveva fatto altro che occuparsi di Giulia,e cominciava a tradire un crollo fisico. Mentalmente aveva ancora molte risorse,non poteva ancora permettersi di riposare,ma temeva di non riuscire ad essere presente come sarebbe servito. La guarigione,quella interiore, era lontana,sarebbe stata lenta e dolorosa,lo sapeva,ma confidava nell’amore,soluzione unica di tutti i suoi mali.

Si tolse le scarpe e le lanciò sotto il tavolo,per una volta l’ordine poteva aspettare.

"Giulia sono tornata!!,cosa facciamo per cena? .Se vuoi vado a prendere una pizza,sono troppo stanca per cucinare!! Giulia mi hai sentito??".

Giulia non rispose,e non avrebbe mai più risposto.

Era nella vasca da bagno,nell’acqua calda ormai colorata di rosso,il rosso del suo sangue. Sembrava dormire,sembrava sorridere,ma due tagli netti e precisi la riportarono alla realtà delle cose. Sul bordo della vasca una cartina aperta e la lametta giaceva per terra ai suoi piedi, appena venata da una striscia scura di sangue rappreso.

Sullo specchio il vapore lasciava intravedere una scritta fatta con le dita,quando l’umidità riempie e permea la superficie." SALLY TI AMO ".

I suoi vestiti erano piegati perfettamente su uno sgabello e le piccole ciabatte ben allineate vicino alla porta.

Era troppo tardi,Giulia apparteneva già ad un altro mondo.

 

Sally oggi ha 40 anni. E’ una donna matura,come una pesca che ha raggiunto il suo giusto grado di dolcezza e tenerezza. Il suo corpo farebbe perdere la testa a qualunque uomo e donna. I suoi capelli sono solo un po’ increspati,ma hanno conservato,seppur più corti,il fascino dei salici piangenti.

Solo gli occhiali riposavista tradiscono gli anni passati e le centinaia di ore sui libri. La bambina ordinata di un tempo sta lottando per mettere ordine nella sua anima.

Il tempo non guarisce affatto le piaghe,ma le trasforma e le rende accettabili,lasciandoci sul volto i segni indelebili dei nostri travagli."Le rose del volto già sono pallenti" recita la Traviata,ma ben altre rose Sally porta in serbo nel cuore.

E’ diventata la numero due della piccola casa editrice e la passione per le passioni è cresciuta insieme a lei. Scrivere ormai è la sua vita,e non c’è niente di meglio del dolore che ti scava dentro per esprimere quanto di più vero e forte c’è in noi. Il mondo,sia pur con tutte le violenze, le brutalità e le crudeltà,reclamava le sue tenerezze,reclamava come la terra d’agosto reclama l’acqua ,quelle grandi verità,quei grandi atti d’amore che rappresentavano i suoi libri.

Una parte di quel mondo che Giulia aveva deciso di abbandonare si aggrappava alla vita disperatamente perché l’istinto e la propensione al bene era ancora fortissimo. L’umanità si sarebbe salvata se solo avesse ascoltato con predisposizione e gioia quelle pulsioni positive che coltivava inevitabilmente dentro. E il suo compito era quello,riuscire a far vedere in ognuno di noi quanto di bello e giusto ci fosse,per diventare migliori. E nello stesso tempo ne traeva forza lei stessa.

Gli anni passati da sola,rifiutando di dividere la propria vita con chicchessia ,avevano fatto di lei una roccia impenetrabile,una quercia solida e inespugnabile,che solo la scrittura riusciva a scalfire e a mettere a nudo.

Quando scriveva vinceva ogni dolore e ogni barriera. Tornava ad essere quella piccola amante che si abbandonava tra le braccia di Giulia,completamente sottomessa a giochi raffinati ai quali non sapeva e non voleva sottrarsi. Era un viaggio dentro se stessa,senza paure,senza compromessi.

Come Narciso,si specchiava nella propria poesia e si amava. Riusciva ad accettare la sua solitudine come qualcosa di grande,di sublime,e non l’avrebbe cambiata con la convivenza o la compagnia di nessuno.

Si era ritirata in una isolata casa di campagna ormai da qualche anno. Le moderne tecnologie le permettevano di ricevere manoscritti da esaminare senza doversi recare in ufficio. Cosa che tra l’altro faceva almeno una volta alla settimana,e in quell’occasione non mancava di portare fiori sulla tomba di Giulia.

La bellezza di quei posti erano l’ideale per la sua creatività,non aveva mai sopportato la città,quell’ammasso deforme di gente sconosciuta e barricata dietro porte e cancelli sempre più spessi e antifurti sempre più rumorosi.

Non era schiva,tutt’altro. Aveva allacciato rapporti buoni con i vicini di casa. Vicini per modo di dire,in quanto in collina separano le case almeno un centinaio di metri. Sally, semplicemente voleva evitare di dividere la sua intimità con altre ,dopo Giulia.

Non cercava la solitudine,la desiderava solamente nelle piccole cose che riguardavano la propria cura:la toletta,cucinare o sentire i grilli prima di dormire.

C’erano una serie di gioie e piaceri che poteva assaporare solamente per conto suo e riservava la buona compagnia ,per altro sempre minuziosamente selezionata, al resto delle sue ore,all’ozio e all’allegria.

Ci furono amori sporadici,momentanei,ma mai trascendentali,mai coinvolgenti al punto da dedicarcisi anche con l’anima. Amori di breve durata,meteore di sesso e spensieratezza,senza varcare mai quella soglia che ci fa perdere completamente la testa. Non le contava più le sue amanti,e le dimenticava presto,come del resto loro dimenticavano lei.

Era una tacita complicità,ore di felicità senza compromessi senza promesse,senza solenni impegni per il futuro. Un futuro che sembrava sempre più vano,sempre più frutto di sognatori ad occhi aperti. Quando il mattino si alzava e contemplava il corpo stanco ma bello della sua giovane ninfa caduta come un frutto maturo scosso dal vento nel suo letto,l’unico desiderio era quello di vederla alzata,vestita e in procinto di andarsene. Così,senza un indirizzo,un numero di telefono,senza un arrivederci.

Solo Annalisa durò più del solito,perché aveva una sensibilità che riusciva a toccarle la punta del cuore. Provò ad innamorarsi di lei,ma non ci riuscì. L’innamoramento non è un sentimento a comando. Le sue ombre non le permettevano di lasciarsi andare come un tempo,ormai anche negli amplessi più coinvolgenti tutte le sue sensazioni erano sotto controllo.

Erano sempre ragazze giovani, che vedevano in lei una sorta di guida spirituale,una guida che conduceva le danze,con l’esperienza di quarantenne raffinata. " Insegnami l’amore " le chiese una volta Annalisa. "L’amore si impara ma non si può insegnare. Ti posso solo insegnare a riconoscerlo e ad accettarlo. Non lo fare mai scappare,non averne mai paura,non ce n’è mai abbastanza per sprecarlo e lasciarlo andare via ".

Annalisa l’amava veramente. Era molto più giovane di lei,ma già abbastanza grande per un amore travolgente,completo,eterno. Osservando i quadri di Giulia si era spogliata un pomeriggio con l’intento di farsi ritrarre,ma Sally non sapeva fare ritratti,la poteva solo scolpire nella propria mente per non dimenticarla più. Annalisa sembrava un agnello sacrificale,nuda e abbandonata era pronta a tutto,desiderava diventare l’ancella di quella che considerava la sua regina. Aveva idealizzato Sally come un’accanita fan idealizza un cantante o un attore. Era in quella fase così magica che ti impedisce di vedere le cose in modo esatto. Tutto di Sally le sembrava perfetto,non solo il suo corpo.

Fu Sally a riportarla alla realtà,trattandola come una mocciosa che gioca a fare la donna ,non conoscendone che solo in parte i segreti.

Non avrebbe fatto di lei una donna,non le interessava. Lei,che parlava d’amore in ogni cosa che scriveva ,ora rifiutava l’unico vero amore che la vita,dopo Giulia le stava offrendo. E pianse. Pianse quando vide Annalisa fuggire,più delusa e amareggiata che arrabbiata.

 La chiamò, senza trovarla mai, i giorni seguenti. Forse si faceva negare,del resto ne avrebbe avuto tutte le ragioni. Annalisa meritava di più di quell’anima travagliata,incapace di uscire da quel dramma di venti anni prima.

Rinunciò a lei e si ritirò nella sua splendida solitudine,cominciando un nuovo racconto.

Qualcosa in lei le diceva che sarebbe stato l’ultimo.

Stava per precipitare nell’ennesima crisi esistenziale che l’accompagnava ormai come l’unico vero filo conduttore di tutta la sua vita.

 

Ci volle quasi un anno e un paio di amori consumati,per finire il suo racconto.

Il titolo era "GIULIA" , e nella prima pagina una dedica speciale:

"SEI LA MIA PICCOLA ?" " SI LO SARO’ SEMPRE ".