Roberto Cavallera

saluzzo (cuneo), 30.05.1968

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accordion

prima lo zero poi il meno. si consuma nella notte un bianco battesimo di gusto e tatto. peggio. con metodo vengon su sicilie intere di venti e di caldi raffermi e lucidi, ennesimi, perenni

respiri un delicato intreccio di pesti candite ai nervi. ne fai un tabacco che profuma come se t'avessi

hai una cera...

da lontano s'allungano terre improprie, raccolte nell'angolo dell'occhio. le tieni per farmele leggere, prive di grazie, veloci. le mescolo nel mio piccolo reame, con te, piccola da farmi fame

qua e là corpi che stanno, che fanno e non fanno. quasi nuovi. han tutti le lune storte, solstizie, pronti ad ararsi come piccoli orti, a seminarsi come piccoli morti

scritti con diligenza, a grumi, formano figure, dove la luce si dilata e viene meno, quasi nel mezzo. fanno in fretta ad espandersi come spume sabaude, scure. guarda come galleggiano come fanno

membra tenebre stese in bassi negrissimi piaceri, strette in palinsesti lombrosi e stinti replicati in giaculatorie in fiocchi davvero leggeri e gravi

quindi il saluto per mezzo d'una bocca appena presa

se senti grattare è il gatto, dicevi, bisbigliavi

son carabattole, folgori, i pianeti dei tuoi corpi, spinti fin dentro l'iride residua (storta perché discontinua, vuota perché puoi

mi dai da nascere quel poco, quel che basta

sospendo riavvio arresto

 

phantasmautomaton

chiamare senza separare senza vedere (non comprende
scesa in tenerezze sbozzate con tratti veloci (uno strazio, un soprassalto
ogni notte un battesimo (scivolano senza slancio le calze messe ad asciugare (ad altre, più preste, toelette
colta da un momento d'immaginazione grida labbra santo crema (venera se
sola, si corica, vestita come da un qualche fuoco, lo sente vibrare, lo sente pieno, ne indovina l'accento, apre le porte, entra un poco d'aria. di suo non ha niente, perde di continuo, prega confusamente a divinità rigorosamente singole solo prime, altissime. convinta che sappiano qualcosa. qualcosa le cammina sulla fronte, chiude le porte. sorpresa da uno spirito nobile, gli dice il suo nome, spiegandogli l'origine
dice che è il nome d'un santo femmina. lo spirito s'allontana, poi ritorna, le prende la mano, ha un accenno di volto, le chiede come si chiama
la prende in ordine sparso sul divano, senza posa
prego con pensieri i più teneri
venuto il termine
(prega a più riprese

era già, non sa bene, prende i ferri, cuce floride lane per l'inverno. chiede altri pezzi, supplicando. chiede della sua anima del perché tutto quel freddo, un eccesso, uno strazio. si prepara aspetta
apre le porte, credendo di svuotarle, sempre piene, aperte, interne

orgogliosa quando le dicevano prendi, questo è
s'accendevano dolci d'entusiasmo le sue giovani fibre
(esce

percorre la stanza, ha come un'espressione, ci mette sopra un'immagine, ferma, si tiene le mani, stanca, accende il lume a gas, prende cose che separa, sfila, ne fa lane, poi maglie, nastri, fa che nulla avanzi, avverte chiara la risposta